di David Lifodi
In Brasile, nel solo 2015, sono state assassinate 318 persone Lgbt: in pratica, si è verificato un delitto omofobo ogni 27 ore. Nel più grande paese dell’America latina, denuncia l’Asociación Brasileira de Lésbicas, Gays, Bisexuales, Travestis y Transexuales, le persone Lgbt rischiano quotidianamente la vita. A livello di sicurezza non va molto meglio in Argentina, dove però non solo è garantita la cittadinanza, ma durante gli anni del kirchnerismo sono stati compiuti notevoli passi avanti, anche se desta preoccupazione l’arrivo alla Casa Rosada di Mauricio Macri, che anni fa paragonava l’omosessualità ad una “malattia”.
Brasile e Argentina, due paesi ad ampia maggioranza cristiana, a proposito dei diritti Lgbt hanno intrapreso due strade differenti. In Brasile, dalla scuola al posto di lavoro, spesso le persone Lgbt finiscono per essere emarginate, a partire da piccole umiliazioni quali il divieto di utilizzare i bagni pubblici femminili nelle università a vere e proprie azioni di violenza premeditata. Ancora, a livello nazionale, non sono stati presi provvedimenti di alcun tipo, ma qualcosa si inizia a muovere a livello municipale. Ad esempio, il governo di San Paolo ha varato il progetto denominato significativamenteTransciudadanía, consistente nell’offrire una borsa di studio di 800 reais alla popolazione Lgbt che si trova in situazioni di vulnerabilità sociale, costretta a vivere per la strada, affinché possa studiare ed inserirsi nel mercato del lavoro. Tuttavia, in Brasile, l’obiettivo principale resta quello di far approvare al Congresso una legge di identità di genere come è avvenuto in Argentina, dove dodici anni di kirchnerismo “hanno trasformato il paese, in particolare sulla questione delle identità civili e sessuali”. Il numero di gennaio di Le Monde Diplomatique ha dedicato un ampio reportage ai progressi del paese sotto questo punto di vista, sottolineando le storiche scuse dello stato pronunciate il 2 luglio 2012 dall’allora presidenta Cristina Fernández Kirchner, la quale consegnò la prima carta d’identità ai transessuali esprimendo il suo rammarico perché avevano atteso così tanto. L’aspetto più innovativo della legge consiste nel fatto che ognuno, indipendentemente dal sesso attribuito alla nascita, può definirsi come uomo o donna tramite una semplice dichiarazione allo stato civile. In un contesto in cui l’80% dei transessuali non ha altra scelta che vivere di prostituzione, come dimostrato da uno studio dell’Associazione di lotta per l’identità travestita e transessuale (Alitt), il diritto all’identità si è imposto piano piano al centro del sistema normativo argentino. Ad esempio, in ogni ministero esiste un ufficio per il genere e la diversità sessuale. Non solo: il ministero del Lavoro si occupa dell’inserimento nel mondo del lavoro di persone trans, si impegna per introdurre clausole di non discriminazione nei contratti collettivi e concede assegni di formazione. Si tratta di passi importanti in un contesto in cui meno del 15% delle persone trans ha terminato gli studi alle scuole superiori. Altrettanto significativo il percorso dell’Università nazionale di Avellaneda, con un programma che permette ai transessuali di poter terminare la scuola primaria e secondaria per poi poter proseguire gli studi nelle facoltà universitarie. Non c’è da stupirsi, del resto, poiché, oltre al riconoscimento del diritto all’identità di genere, in Argentina nel 2011 era già stato approvato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, mentre nel 2013 il diritto alla procreazione medicalmente assistita per tutte le donne. Se l’aborto, in Brasile e in Argentina, è sempre stato considerato come un argomento che fa perdere voti (e in ogni caso sia Dilma Rousseff sia Cristina Fernández si sono sempre opposte alla legalizzazione dell’aborto, per cui è facilmente immaginabile anche la posizione di Macri), l’identità di genere ha trovato un ampio fronte di sostenitori anche grazie all’impegno delle Madres de la Plaza de Mayo. Spiega a Le Monde Diplomatique Emiliano Litardo, avvocato nel Fronte nazionale per l’identità di genere: “In Argentina, negli ultimi trent’anni, le nonne e le madri della piazza di Maggio hanno costruito l’idea che l’identità era un diritto umano. Il movimento per l’identità di genere si è ispirato a questa lotta, dandole un altro significato: là dove le nonne vedono l’identità in termini biologici ed essenzialisti, i trans la interpretano come una costruzione sociale e una scelta personale”. Il riconoscimento di Cristina Fernández delle responsabilità dello stato nella transfobia, al pari delle scuse del marito Néstor per il dramma dei desaparecidos durante gli anni del regime militare, ha contribuito a costruire l’idea dell’identità come diritto, ponendo le condizioni per un cambio di rotta che adesso rischia di essere affossato dal macrismo.
Se la omotransfobia uccide, è altrettanto vero che progetti come quelli del municipio di San Paolo, delle università argentine e della Casa Rosada pre-Macri possono servire per garantire i diritti alle comunità Lgbt di due dei maggiori paesi del continente latinoamericano.
Fonte: La Bottega del Barbieri
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