di Nicola Fratoianni
Si corre il rischio concreto di non vedere più riconosciuto l’universalismo del diritto alla Salute. Per questo è fondamentale rispondere alle sue domande, per definire un orizzonte, e offrire una proposta di modello di welfare in sanità. Mi sia permesso però dire qualcosa in merito a quanto affermato dallo stesso Cavicchi sui sistemi sanitari, quando afferma che «i modelli di stato assistenziale sono divisi in tre regimi: liberale, conservatore-corporativo e social democratico, si può dire che Renzi punta a superare il regime social democratico (modello «universalistico» per il quale i diritti derivano dalla cittadinanza e i servizi sono offerti a tutti i cittadini senza nessuna differenza) per affermare a un tempo un regime liberale (welfare «residuale» in cui i diritti sociali derivano dalla dimostrazione dello stato di bisogno) e a un tempo conservatore-corporativo (modello particolaristico, le tutele dipendono dalla professione esercitata)».
Voglio ricordare che l’Italia è riconosciuta, dai sistemi sociali, come non appartenente a questi tre in maniera pedissequa: esiste infatti il cosiddetto Welfare Mediterraneo, di cui l’Italia fa parte.
Infatti i paesi del Sud Europa hanno diverse analogie nella struttura economica, demografica e sociale, tra cui industrializzazione tardiva, esperienza del fascismo, la presenza di colture ortofrutticole che presentano picchi di domanda in alcune stagioni (e conseguente esistenza di forza lavoro sotto occupata per un periodo dell’anno), ruolo della famiglia diverso rispetto ai paesi anglosassoni.
Il Welfare Mediterraneo per altro è anche caratterizzato da una forte divisione tra soggetti forti e deboli, da prestazioni generose per le categorie centrali del mercato del lavoro quali i dipendenti pubblici e i lavoratori dipendenti di grandi imprese, arrivando ad offrire risposte modeste per le categorie più deboli come i lavoratori precari, stagionali, autonomi, dipendenti di piccole imprese, e così via. Inoltre i paesi mediterranei, tra cui l’Italia, vedono un continuo ritardo nella creazione di una rete di sicurezza contro il rischio di povertà e in una rete che protegga i più deboli del sistema. La stessa nascita del SSN alla fine degli anni 70 giunge in ritardo come rete di protezione.
A questo modello si aggiungano un forte corporativismo delle categorie, la presenza «ingombrante» della chiesa cattolica e la deprivazione socio-economica del Mezzogiorno, che influisce in maniera determinante e negativa sulla qualità della salute e sulla possibilità di accesso ai servizi. La scarsa disponibilità di reddito è un determinante di salute: meno reddito, meno tutelata sarà la salute.
Ecco perché più che inserire l’Italia nei modelli proposti, bisognerebbe evidenziare il fatto che un certo tipo di politica, oggi trainata da Renzi, non farebbe altro che accentuare il modello di Welfare Mediterraneo che invece noi fortemente contrastiamo. A tutto ciò si aggiunge il fatto che oggi le contrattazioni dei rinnovi contrattuali introducano forme di assistenza sanitaria integrativa, dichiarando nei fatti l’incapacità del SSN ad erogare welfare. Non ultimo l’abbandono della pletora di persone in non autosufficienza, in cui il sistema misto vede ricadere economicamente su tutti, tranne che sullo stato, un’offerta degna di un paese avanzato.
Noi siamo chiari: l’Italia deve difendere il proprio sistema sanitario (oggi semmai socio-sanitario) universalistico basato sulla fiscalità generale. Il modello cui guardare è quello Social-democratico (non inteso in senso politico ma in senso sanitario), osteggiando con ogni forma di lotta democratica la deriva verso i sistemi liberale e conservatore-corporativo. Noi di Sinistra Italiana su questo siamo chiari e netti ed è nei principi fondativi del nostro congresso nazionale.
Non crediamo che l’appello finale di Cavicchi, rivolto alla sinistra diffusa, possa estendersi con i termini chiari e netti con cui ci siamo rivolti noi qui e che sono ribaditi nell’appello alla partecipazione alla Giornata europea di azione contro la commercializzazione della salute che si è svolta il 7 aprile scorso.
Fonte: il manifesto
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