La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 6 ottobre 2015

Ancora un passo verso il peggio

di Vincenzo Comito
È noto come nell’ultimo periodo pezzi molto impor­tanti del nostro appa­rato impren­di­to­riale siano caduti in mani stra­niere senza che si potesse regi­strare anche, paral­le­la­mente, una ten­denza oppo­sta, quella di vedere cioè altret­tante società stra­niere venire acqui­site da dei capi­ta­li­sti nostrani. Abbiamo spesso depre­cato in pas­sato, anche su que­sto gior­nale, tale stato di cose e que­sto quasi ogni volta che si mani­fe­stava qual­che impor­tante caso di per­dita di nostre imprese qua­li­fi­cate; che finis­sero in mani fran­cesi, sta­tu­ni­tensi, arabe, giap­po­nesi, tede­sche, o cinesi non era poi molto importante.
E’ ancora di que­sti giorni la noti­zia della acqui­si­zione della Grom, pro­dut­trice di gelati, da parte della Uni­le­ver; l’operazione non è tanto impor­tante per le tutto som­mato ridotte dimen­sioni dell’affare, ma per il suo valore in que­sto caso molto sim­bo­lico di un made in Italy qualificato.
Aspet­tiamo comun­que tre­pi­danti il pros­simo caso, che, siamo sicuri, si veri­fi­cherà imman­ca­bil­mente a breve ter­mine.
Per altro verso, sono in corso da tempo delle grandi mano­vre su Tele­com Ita­lia e nes­suno sem­bra ancora una volta preoccuparsene.
Abbiamo rego­lar­mente stig­ma­tiz­zato in pas­sato lo spi­rito ormai rinun­cia­ta­rio del nostro sistema indu­striale – ovvero, come direbbe il grande sto­rico Fer­nand Brau­del, l’ennesimo tra­di­mento della bor­ghe­sia nazio­nale — e l’apparente e palese indif­fe­renza del governo, in que­sto come in altri casi, uffi­cial­mente almeno, in nome di un neo­li­be­ri­smo d’accatto.
Ebbene, con­fes­siamo che appena si è comin­ciato a par­lare della pos­si­bile acqui­si­zione della Rcs libri da parte della Mon­da­dori, circa sette mesi fa, abbiamo invece vana­mente spe­rato che, in assenza evi­dente di qual­che altro edi­tore nostrano che avesse i soldi e la voglia di rischiare, qual­che azienda stra­niera si facesse avanti rilan­ciando la posta e vin­cendo alla fine la preda.
Ma nes­suno si è mostrato all’orizzonte; l’accordo era pro­ba­bil­mente già da tempo stato siglato nelle segrete stanze dell’economia e della poli­tica e non vogliamo nean­che imma­gi­nare le con­tro­par­tite che sono state messe a punto sot­to­banco per il via libera all’operazione. Ed ora a con­clu­sione della par­tita siamo anche obbli­gati ad assi­stere al ghi­gno trion­fante di Marina Berlusconi.
Non ci sem­bra molto plau­si­bile, come fa anche qual­cuno tra i nostri intel­let­tuali, spe­rare ora in un inter­vento dell’antitrust romano–uno dei tanti enti inu­tili, ma di quelli che cer­ta­mente Renzi non abo­lirà. L’aria che si respira nella capi­tale è da un pezzo abba­stanza mefi­tica per spe­rare in una deci­sione ade­guata dell’ente. Ma magari ci stiamo sbagliando.
Quasi nes­suno si è dun­que vera­mente acceso per l’episodio, al con­tra­rio di quanto sarebbe suc­cesso solo qual­che anno fa. D’altro canto, si dimo­stra ancora una volta come que­ste cose non inte­res­sino molto da noi – la cul­tura non for­ni­sce da man­giare, come diceva Tre­monti, né influenza in maniera signi­fi­ca­tiva un’opinione pub­blica ormai peral­tro devi­ta­liz­zata.
Mica si trat­tava in ogni caso dell’acquisizione dei gior­nali della stessa Riz­zoli, della Gaz­zetta dello sport o del Cor­riere della sera; quelli non sono cer­ta­mente in vendita.
L’unico pre­mio di con­so­la­zione a cui abbiamo avuto diritto è stato quello di vedere che almeno la Adel­phi, al con­tra­rio dei mar­chi Riz­zoli, Bom­piani, Mar­si­lio, Fab­bri, sia stata esclusa dalla par­tita e che essa stia ritor­nando, a quanto sem­bra, nelle mani del suo fon­da­tore e primo proprietario.
Ci augu­riamo almeno che ora una fetta con­si­stente degli autori che pub­bli­ca­vano con la vec­chia Riz­zoli cam­bino casacca e comin­cino a pub­bli­care da qual­che altra parte, con­sci peral­tro che pro­ba­bil­mente per­de­ranno in forza media­tica e in copie ven­dute. Vedremo in quanti ne avranno la voglia e il coraggio.
Del resto molti autori Bom­piani, oggi tra i mar­chi ceduti, ave­vano in una let­tera aperta di molti mesi fa dichia­rato il loro allarme per la pos­si­bile ope­ra­zione; essa avrebbe, in effetti, visto il nuovo gruppo con­trol­lare una quota del 40% del mer­cato libra­rio, cosa inau­dita in altri paesi civili –nel 2014 il fat­tu­rato con­giunto è stato di 460 milioni di euro. Con tale ope­ra­zione, ricor­da­vano gli autori, si sarebbe con­qui­stato un potere quasi mono­po­li­stico nei con­fronti di autori e libre­rie, essendo poi tale nuovo gruppo anche in grado di met­tere in dif­fi­coltà le pic­cole case edi­trici, non tute­late in alcun modo da noi, al con­tra­rio che in altri paesi euro­pei. Ad esem­pio, in Fran­cia non è pos­si­bile ven­dere i libri sotto al prezzo di copertina.
Ci reste­rebbe da capire per­ché la Riz­zoli, e die­tro di essa i gruppi indu­striali e finan­ziari che la gover­nano, abbia dato for­fait. Il punto è che l’azienda si tro­vava piena di debiti, in un mer­cato in piena muta­zione, toc­cato dalla crisi, ma anche e forse soprat­tutto da Inter­net e da feno­meni come Ama­zon. Gli spazi di movi­mento si restrin­gono e forse solo un’azienda come la Mon­da­dori, che fa parte di un gruppo con una forte e vasta espo­si­zione sul fronte dei media, non­ché gui­data da una per­sona che rie­sce a usare in maniera molto spre­giu­di­cata le leve del potere, può spe­rare di sopravvivere.
E’ facile imma­gi­nare che fra qual­che tempo fioc­che­ranno i licen­zia­menti e i pre­pen­sio­na­menti. Dopo di che, forse, anche la Mon­daz­zoli, come già viene chia­mato il nuovo mon­strum edi­to­riale, verrà ceduta all’estero al miglior offerente.

Fonte: il manifesto 

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