La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 5 ottobre 2015

Il discorso di Raul Castro al'Onu

di Raul Castro Ruz
Stimati capi di Stato e di Governo, Distinti capi di Delegazioni,   Signor Segretario Generale delle Nazioni Unite, 
Signor Presidente, settanta anni fa, a nome dei popoli, i componenti di questa organizzazione hanno firmato la Carta delle Nazioni Unite. Ci siamo impegnati a preservare le generazioni venture dal flagello della guerra e a costruire un nuovo modo di relazionarci sotto la guida di un insieme di propositi e di principi, che dovevano favorire un'epoca di pace, di giustizia e di sviluppo per tutta l'umanità.
Tuttavia, a partire da allora, sono stati costanti le guerre di aggressione, l'intervento negli affari interni degli Stati, il rovesciamento con la forza di Governi sovrani, i cosiddetti “golpe morbidi” e la ri-colonizzazione di territori, che sono stati perfezionati con modi di agire non convenzionali, con l'impiego di nuove tecnologie e brandendo presunte violazioni dei diritti umani.
È inaccettabile la militarizzazione del cyberspazio e l'impiego segreto e illegale delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni per aggredire altri Stati, come pure lo è chi distorce la promozione e la protezione dei diritti umani, utilizzandoli in modo selettivo e discriminatorio per convalidare e imporre decisioni politiche.
Malgrado la Carta ci richiami a “riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana”, il godimento dei diritti umani continua a essere un'utopia per milioni di persone.
Si nega all'umanità il diritto di vivere in pace e il suo diritto allo sviluppo. È nella povertà e nella disuguaglianza dove si devono cercare le cause dei conflitti, generati dal colonialismo e dalla spoliazione delle popolazioni autoctone, in primo luogo, e più tardi dall'imperialismo e dalla ripartizione in sfere di influenza.
L’impegno assunto nel 1945 di “promuovere il progresso sociale ed elevare il livello di vita” dei popoli e il loro sviluppo economico e sociale, continua a essere una chimera, quando 795 milioni di persone patiscono la fame, 781 milioni di adulti sono analfabeti e 17.000 bambini muoiono ogni giorno per malattie curabili, mentre le spese militari annuali in tutto il mondo ammontano a oltre 1.7 milioni di milioni di dollari.
Con solo una frazione di questo importo si potrebbero risolvere i problemi più pressanti che attanagliano l'umanità.
Perfino nei paesi industrializzati sono già praticamente sparite le “società di benessere” che ci venivano presentate come il modello da seguire. I sistemi elettorali e i partiti tradizionali, che dipendono del denaro e dalla pubblicità, sono sempre più alieni e distanti dalle aspirazioni dei loro popoli.
Il cambiamento climatico mette in pericolo l'esistenza della specie umana, e gli Stati devono assumere responsabilità comuni ma differenziate, di fronte alla indiscutibile realtà che non tutti i paesi sono responsabili allo stesso modo, né scialacquano le risorse naturali e umane in un consumismo irrazionale e insostenibile.
Le conseguenze del cambiamento climatico sono particolarmente devastanti nei piccoli paesi insulari in via di sviluppo e impongono una tensione addizionale alle loro fragili economie. La stessa cosa succede in Africa, con l'incremento inesorabile della desertificazione.
Solidarizziamo con i nostri fratelli caraibici e chiediamo che sia dato loro un trattamento speciale e differenziato. Sosteniamo i paesi africani e reclamiamo per loro un trattamento giusto, trasferimento di tecnologia e risorse finanziarie.
Signor Presidente, con la creazione della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC) e, in particolare, con la firma da parte dei capi di Stato e di Governo, nel gennaio del 2014, del Proclama dell'America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, è stato dimostrato che, al di là delle nostre differenze, possiamo procedere verso l'unità e il conseguimento di obiettivi comuni nell’ambito della nostra diversità.
Nel Proclama, riaffermiamo l’impegno indistruttibile con i principi della Carta delle Nazioni Unite e del Diritto Internazionale e per risolvere le differenze in modo pacifico, come pure la convinzione che il pieno rispetto al diritto inalienabile di ogni Stato a scegliere il suo sistema politico, economico, sociale e culturale, costituisce una condizione essenziale per assicurare la convivenza pacifica tra le nazioni. Chiediamo che questi principi servano anche da base alle relazioni di altri Stati con la nostra regione.
La Repubblica Bolivariana del Venezuela conterà sempre sulla solidarietà di Cuba di fronte ai tentativi di destabilizzare e di sovvertire l'ordinamento costituzionale, e di distruggere l'opera iniziata dal compagno Hugo Chávez Frías e continuata dal Presidente Nicolás Maduro Moros a beneficio del popolo venezuelano.
Allo stesso modo, va la nostra decisa e illimitata solidarietà alla Repubblica dall'Ecuador, alla sua Rivoluzione Cittadina e al suo leader, Rafael Correa Delgado, che si è convertito nel bersaglio dello stesso copione di destabilizzazione applicato contro altri Governi progressisti della regione.
Solidarizziamo con le nazioni dei Caraibi che richiedono giusti indennizzi per gli orrori della schiavitù e della tratta degli schiavi, soprattutto in un mondo in cui la discriminazione razziale e la repressione delle comunità afrodiscendenti stanno crescendo.
Confermiamo la nostra convinzione che il popolo di Puerto Rico merita di essere libero e indipendente, dopo di più di un secolo di sottomissione alla dominazione coloniale.
Solidarizziamo con la Repubblica Argentina nel suo legittimo reclamo della sovranità sulle Isole Malvinas, Sandwich del Sud e Georgia del Sud.
Ribadiamo il nostro appoggio solidale alla Presidentessa Dilma Rousseff e al popolo del Brasile nella difesa dei suoi importanti risultati sociali e della stabilità del paese.
Riaffermiamo il nostro rifiuto all'intenzione di estendere la presenza del NATO fino alle frontiere della Russia e all'imposizione di sanzioni unilaterali e ingiuste contro quella nazione.
Salutiamo con favore il cosiddetto accordo nucleare con la Repubblica Islamica dell'Iran, che dimostra che il dialogo e il negoziato sono l'unico mezzo effettivo per risolvere le differenze tra gli Stati.
Rinnoviamo la nostra fiducia nel fatto che il popolo siriano sia capace di risolvere da se stesso le sue differenze e chiediamo che cessi l'ingerenza esterna.
Una soluzione giusta e duratura al conflitto del Medio Oriente esige, inesorabilmente, l'esercizio reale del diritto inalienabile del popolo palestinese a costruire il proprio Stato dentro le frontiere precedenti al 1967 e con la sua capitale a Gerusalemme orientale, fatto che energicamente sosteniamo.
Durante le ultime settimane ci hanno colpito le immagini delle ondate migratorie verso l'Europa, che costituiscono una conseguenza diretta delle azioni di destabilizzazione che la NATO ha promosso ed esegue nei paesi del Medio Oriente e dell’Africa del Nord, e del sottosviluppo e della povertà imperante nei paesi del continente africano. L'Unione Europea deve assumere, in modo pieno e immediato, le sue responsabilità con la crisi umanitaria che ha aiutato a generare.
Signor Presidente, dopo 56 anni di eroica e abnegata resistenza del popolo cubano, sono state ristabilite le relazioni diplomatiche, e le ambasciate nelle rispettive capitali, tra Cuba e gli Stati Uniti d’America.
Ora incomincia un lungo e complesso processo verso la normalizzazione delle relazioni che sarà raggiunta quando si porrà fine al blocco economico, commerciale e finanziario contro Cuba; quando sarà restituita al nostro paese il territorio illegalmente occupato dalla Base Navale di Guantánamo; quando cesseranno le trasmissioni radio e televisive e i programmi di sovversione e di destabilizzazione contro Cuba, e quando il nostro popolo sarà indennizzato per i danni umani ed economici che patisce ancora.
Finché tutto questo persisterà, continueremo a presentare il progetto di risoluzione dal titolo “Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d'America contro Cuba”.
Ai 188 Governi e popoli che hanno sostenuto qui e in diversi forum internazionali e regionali la nostra giusta richiesta, ribadisco l'eterna gratitudine del popolo e del Governo cubani per il loro sostenuto appoggio.
Signor Presidente, Cuba celebra, con profondo impegno, il 70° anniversario dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Riconosciamo che in questi anni si è tentato, ma non è stato fatto in modo sufficiente, di proteggere le generazioni presenti e future dal flagello della guerra e del loro diritto a un sviluppo sostenibile, senza esclusione. L'ONU deve essere difesa dall'unilateralismo e profondamente riformata per democratizzarla e per avvicinarla ai popoli.
Come aveva indicato in questa stessa sala 15 anni fa il compagno Fidel Castro Ruz, leader storico della Rivoluzione cubana - e cito: “Chiunque comprende che l'obiettivo fondamentale delle Nazioni Unite, nel secolo pressante che comincia, è quello di salvare il mondo non solo dalla guerra ma anche dal sottosviluppo, dalla fame, dalle malattie, dalla povertà e dalla distruzione dei mezzi naturali indispensabili per l'esistenza umana, e deve farlo alla svelta prima che sia troppo tardi!” - fine della citazione.
La comunità internazionale potrà sempre contare sulla sincera voce di Cuba di fronte all'ingiustizia, alla disuguaglianza, al sottosviluppo, alla discriminazione e alla manipolazione; e per lo stabilimento di un ordine internazionale più giusto ed equo, al cui centro si trovi, realmente, l'essere umano, la sua dignità e il suo benessere.
Molte grazie.

Fonte: Contropiano 

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