La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 5 ottobre 2015

Il mondo (e la pace) a scuola

di Giampiero Monaca
Scrive Alexander Sutherland Neill della scuola di Summerhill (una delle più note esperienze di pedagogia libertaria, ndr): «La gente mi chiede continuamente: “Ma come potranno i vostri allievi adattarsi alle porcherie della vita?”. Io spero che questi ragazzi liberi saranno i primi ad abolire le porcherie della vita!».
Ho discusso, e continuo a farlo, con colleghe, psicologi, genitori che motivano la durezza di un certo modello di insegnamento, con la necessità di preparare sin da piccoli i bambini a fronteggiare un mondo infingardo, agonistico, a volte crudele e spietato. La mia pratica a scuola – nel senso che è teoria messa in pratica con la massima convinzione e continuità possibile – è di far crescere i bambini e le bambine in un ambiente solidale, aperto, accogliente, nel quale ognuno cerca, persegue e favorisce il più possibile il bene proprio insieme agli altri, insieme a quello degli altri.
Questo non significa vivere sulle nuvole e lontani dalla realtà, ma prendere coscienza delle storture del mondo, confortati da un ambiente solidale. Ai nostri bambini e alle nostre bambine non nascondiamo le ingiustizie del mondo: mentre spieghiamo le guerre puniche o la conquista della Gallia da parte di Giulio Cesare, parliamo ad esempio dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Lo studio delle guerre mesopotamiche di 6.000 anni fa invece ci permette di raccontare del saccheggio continuo di risorse a scapito delle popolazioni impoverite del sud del mondo imposto per concedere a noi occidentali il lusso di sperperare e vivere al di sopra delle nostre possibilità. Discutiamo insomma dell’assurdità del nostro sistema, anche delle contaddizioni inevitabili di chi vuole cambiare il mondo, per cui, anche quando protestiamo per qualcosa di giusto, o mandiamo mail per cause nobili o umanitarie, o andiamo a manifestare… lo facciamo usando risorse rapinate in qualche modo.
Tutto questo lo facciamo senza troppe metafore e senza nascondere le brutture dietro a favolette, ma spiegandolo con termini rispettosi della crescita emotiva dei bambini in modo che possano sviluppare compassione (profonda) percepire l’altro come un potenziale altro sè… Sappiamo che gettiamo semi in terreni fertili, lasciando ad ognuno la possibilità di svilupparsi in libertà.
Cerchiamo dunque di suscitare prima di tutto interrogativi, impegnandoci con loro a trovare soluzioni, a volte proponendo i nostri comportamenti, non come esempi da seguire ma come eventi di cui tenere conto. Ognuno poi, pian piano trova la propria strada. I nostri bambini e le nostre bambine (e noi stessi con loro) sono privilegiati perchè vivono relativamente in pace e in abbondanza (grazie ad un sistema economico sbagliato): lo sanno, ne ragioniamo, lo sperimentiamo e lo dimostriamo… La nostra scelta è di avversare questo sistema dal di dentro.
Naturalmente i bambini sanno benissimo che altrove e in altri momenti verrà chiesto loro di studiare mnemonicamente, o di tracciare le linee di un disegno nel modo e con la procedura preferita dall’insegnante e guai a discostarsi, che la loro fantasia o opinione viene relegata a contorno di una prestazione regolare e puntigliosa. Non lo nascondiamo, così come non nascondiamo loro quel che sta dietro a gran parte delle etichette delle loro scarpette sgargianti all’ultima moda.
Cerchiamo semplicemente di fare in modo che possano crescere ad occhi, cuore e mente aperti e strettamente connessi, in modo da avere strumenti intellettivi, empatici e morali per fronteggiare difficoltà, ingiustizia e solitudine. Un po’ come i giardinieri che quando la piantina è ancora tenera la proteggono, eliminano i parassiti, e se è il caso mettono di fianco anche un rametto per permettere di crescere piante robuste ed autonome.
Se il mondo ha delle ingiustizie è anche perchè i bambini crescono nell’aridità e nell’iniquità, se gli studenti si devono “guardare le spalle ” dai loro insegnanti e dai loro compagni e non li percepiscono come compagni di strada, da grandi, non avranno compagni e colleghi con cui cooperare, ma nemici da battere e sopraffare, non avranno superiori visti come esempi , ma dei capi da “fregare”. Se vogliamo una società più giusta e solidale, non abbiamo scorciatoie: dobbiamo proporre una scuola e un apprendimento più giusti e solidali.

Fonte: comune-info.net 

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