La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 5 ottobre 2015

La crisi dei profughi nelle Americhe

di Arun Gupta
Nel 2011 , Ana Cañuenguez ha attraversato di nascosto il confine con gli Stati Uniti per la seconda volta. Otto anni prima aveva lasciato per la prima volta El Salvador. Ana dice: “E’ stata una decisione molto difficile fuggire dal mio paese e lasciare lì la mia famiglia e tutta la mia gente, ma avevo 6 figli, uno dei quali era morto per grave denutrizione. Non guadagnavo abbastanza per dare loro da mangiare.”
Nel secondo viaggio, Ana ha portato i suoi due ultimi figli, Mario di 13 anni ed Erick di 11. “La loro vita era a rischio a causa delle esplosioni delle gang a El Salvador,”, ha detto Ana, 43 anni, al telefono, tramite un interprete. Ana prima è dovuta andare in Messico, “per recuperare i miei figli.” La polizia dell’ufficio immigrazione aveva sottoposto a fermo Mario ed Erick e stava per rimpatriarli.
“Per due mesi ho lottato e ho pregato che venissero rilasciati. Quando finalmente li hanno liberati, abbiamo ripreso la strada verso gli Stati Uniti. Abbiamo attraversato il
Deserto di Chihuahuan, vicino a El Paso, in Texas.
Ha preso in prestito più di 10.000 dollari per pagare un trafficante che ha detto loro di portare un bagaglio leggero dato che per il viaggio ci sarebbero volute soltanto 8 ore.
Sotto il sole cocente di agosto, la loro guida si è ammalato a causa di un colpo di sole e si è perduto. “L’acqua e il cibo che avevamo sono finiti il secondo giorno,” ha detto Ana Cañuenguez.
“Abbiamo passato cinque giorni nel deserto. Correvo così tanto ma non ho smesso perché stavo lottando per la vita dei miei figli. Finalmente abbiamo trovato una casa nel deserto. Il proprietario mi ha chiesto perché ero in quell’inferno con i miei figli. Ci ha dato acqua e dei biscotti salati. Gli ho raccontato un po’ della mia storia e ha detto che ci avrebbe aiutato, ma che ci avrebbe consegnato alla polizia di frontiera.
Ana e i suoi due figli furono rilasciati ma hanno chiari ordini di espulsione, come due degli altri suoi figli che risiedono nello stato dello Utah dove Ana fa le pulizie negli alberghi a tempo pieno e vive con il padre messicano dei suoi due figli nati negli Stati Uniti, anche lui privo di documenti. Nessuno dei 4 figli di Ana a rischio di espulsione è ancora idoneo per il programma federale che rinvia l’azione per l’espulsione, ma come famiglia non sono ancora una priorità alta per la sua attuazione.
Ana dice: “Sono terrorizzata perché non voglio venire separata di nuovo dai miei figli. Se dovessi andarmene, tre di loro dovrebbero restare qui. Ho così tante speranze e sogni: vorrei essere in grado di comprare una casa, di farmi un giardino insieme ai miei figli, di piantare dei fiori. Non posso fare queste cose perché ho paura di essere espulsa.
Quella paura non ha impedito ad Ana Cañuenguez di unirsi a un pellegrinaggio di 160 km chiamato “Stiamo bene insieme” (WE Belong Together) che iniziava in un centro di detenzione per migranti a York, in Pennsylvania e che finiva a Washington, D.C. Con altre cento donne che hanno marciato per 8 giorni, Ana, camminava avendo ai piedi le stesse scarpe da tennis nere che portava quando si era persa nel deserto con i suoi figli.
“I miei piedi sono pieni di vesciche e di tagli, ma il dolore che sento non è sufficiente a fermarmi,” ha detto Ana un po’ di ore dopo aver visto la sfilata per il Papa nella capitale. “L’ho fatto per la mia famiglia e per gli 11 milioni di immigrati privi di documenti che vogliono vivere con le loro famiglie. Vogliamo essere trattati con dignità e parità e affinché la gente non consideri gli immigrati come persone che non hanno alcun valore, come persone inutili. Voglio toccare i cuori delle persone, e condividere il mio lavoro e le mie storie con il Papa, cosicché possa essere la nostra voce con i politici.”
Le parole di Ana hanno di fatto trovato un’eco in quelle del Papa nel primo discorso papale mai rivolto prima al Congresso. Papa Francesco ha detto: “Il nostro mondo
sta fronteggiando una crisi di rifugiati di proporzioni tali che non si vedevano dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.” Ha anche notato le migliaia di persone delle Americhe che “viaggiano verso nord in cerca di una vita migliore per loro stessi e per i loro cari.”
E’ stato un gentile rimprovero per il fatto di dare addosso ai migranti che è diventato eccessivo prima dell’elezione presidenziale del 2016. Il miliardario Donald Trump ha inghiottito tutto l’ossigeno nella sala chiamando gli immigrati messicani: stupratori, commercianti di droga, e criminali. I candidati Repubblicani hanno chiesto l’espulsione di tutti i migranti senza documenti oppure l’auto-espulsione,” dicendo che gli immigrati dovrebbero abbandonare la loro lingua, storia, cultura e bloccando una riforma significativa dell’immigrazione. La maggior parte dei candidati Democratici che propongono una strada verso la cittadinanza, appoggiano anche la ulteriore militarizzazione del confine e vorrebbero espellere molti immigrati senza documenti. Nessun candidato, nemmeno Bernie Sanders, appoggia questo tipo di ampia amnistia sostenuta da Ronald Reagan e approvata dal Congresso nel 1986 e che ha fatto diventare cittadini degli Stati Uniti 2,9 milioni di immigrati privi di documenti.
La presunzione è che ci siano soluzioni politiche per una crisi che non finisce. A parte Sanders, però, nessun candidato di un partito importante riconosce che in gran parte sono le politiche statunitensi che alimentano il flusso dei migranti. E’ simile alla crisi dei profughi in Europa dove i leader politici che avevano appoggiato con entusiasmo le guerre americane in Medio Oriente, stanno ora sfuggendo alla responsabilità per i milioni di profughi creati dalle loro politiche.
Molti dicono che le persone delle Americhe che scappano dalle persecuzioni dovrebbero essere chiamati rifugiati. Natalicia Tracy, direttrice del Brazilian Workers Center (Centro dei lavoratori brasiliani) nel Connecticut, dice: “Si dovrebbe chiamare crisi dei rifugiati, non crisi di migranti. Li chiamano così per ridurre la responsabilità di accogliere quelle persone.”
Clay Bogs del Washington Office per l’America Latina, è d’accordo. Dice che la crisi degli Stati Uniti e quella Europea sono diverse per numero di rifugiati e per le condizioni dalle quali scappano, ma ci sono delle caratteristiche comuni. Boggs dice: “Un gran numero di persone sono obbligate a fuggire dalle loro case. I loro viaggi spesso implicano spesso dei pericoli.” Dice che gli Stati Uniti e i paesi europei “in una situazione di ricevere questi profughi sono in grado di farlo. È una cosa gestibile. E’ realmente soltanto un problema di volontà politica.
Nelle Americhe Boggs evidenzia le politiche statunitensi che minano la sicurezza economica e politica, creando profughi, come la guerra per la droga, gli accordi di libero scambio, e l’eredità delle guerre degli anni ’80 in America Centrale.
Ora nuove politiche stanno rendendo i percorsi verso nord perfino più pericolosi. Un’indagine condotta in Messico ha riscontrato che vengono rapiti circa 20.000 migranti all’anno. Le morti di migranti lungo il confine occidentale degli Stati Uniti, hanno raggiunto una media di 400 all’anno da anni, malgrado il fatto che il numero degli arresti al confine sia il più basso fin dagli anni ’70. Questo è in parte dovuto alla crisi economica statunitense e alla pressione che Washington sta esercitando sui governi per rendere più duro il viaggio. Però, centinaia di migliaia di persone fanno ancora quel viaggio ogni anno.
Boggs dice che il programma per il confine meridionale degli Stati Uniti, iniziato nel luglio 2014, ha causato un 70% di aumento delle espulsioni di cittadini centro-americani dal paese. Il programma sta rendendo l’attraversamento più pericoloso, spingendo i migranti come Ana Cañuenguez a dipendere di più dai trafficanti. Questo rafforza il crimine organizzato e intensifica la corruzione del governo nella regione, destabilizzando ulteriormente le nazioni e provocando nuove fughe di migranti.
I profughi continueranno a venire fino a quando le politiche statunitensi devasteranno i loro paesi. Tracy dice: “Si può costruire un muro alto come il cielo, ma la gente sta morendo di fame. Rischieranno ancora per avere una vita migliore.”

Originale: teleSUR English
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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