La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 1 novembre 2015

Berlinguer non era un conservatore

di Pierpaolo Farina
Nel 2014, nel trentesimo anniversario della scomparsa, c’è stato un tale affollamento di riscopritori e nostalgici di Enrico Berlinguer che la famosa via di Damasco, se facesse parte della topografia nazionale, sarebbe sembrata Piccadilly Circus la notte di Capodanno. E’ durato giusto lo spazio di una lacrimuccia e due parole di circostanza, perché poi, finite le elezioni, quelle del 40% a Renzi, gli ipocriti e gli opportunisti erano già impegnati su altro, qualcosa di ben più importante del mettere in pratica “il modo d’essere” di quel signore che ancora oggi è il leader più amato della storia repubblicana. Erano già andati a reclamare poltrone.
Enrico Berlinguer non è mai stato sopportato dalla classe dirigente di questo Paese, tanto meno da quella comunista: lo contrastarono silenziosamente in vita, facendogli passare di tutto, per poi cercare nei decenni dopo la morte di infangarlo, di sminuirne la portata delle svolte e delle innovazioni.
Persino le poche luci presenti in quel ritratto dello sconfitto (che non ha mai messo radici nella società) erano usate per mettere in risalto le ombre. Perché Berlinguer non è stato perfetto e ha fatto i suoi errori, ma rispetto ai suoi contemporanei e a chi è venuto dopo di lui ha lasciato un’eredità che sarebbe dovuta essere usata come base per il futuro, invece fu messa in soffitta.
Ed è anche per questo che la Sinistra non ha più un’identità: il peccato originale sta proprio nell’aver ripudiato una tradizione e una cultura che erano parte indispensabile di quel rinnovamento che alla fine non c’è stato.
Rinnegare i propri padri, nella speranza di trovare eredi, e inventare nuove identità per non dover fare i conti con quella che effettivamente avevano, ha portato i post-comunisti a produrre solo una cosa: una marea di orfani e figli unici come il sottoscritto, che con la disintegrazione della dimensione collettiva si sono rifugiati in gran parte in un arido e desolato egoismo individualista. Poi, per fortuna, c’è chi continua ad impegnarsi, ma un’elaborazione politico-culturale moderna, non appiattita sul neoliberismo, capace di coniugare la vera essenza della Sinistra con le nuove sfide del nostro tempo, non esiste. E così Lor Signori, anziché diventare padri di una nuova eredità, sono rimasti gli eterni giovani di quella vecchia.
Erano così preoccupati a dimostrare all’Italia intera che non erano più (e non erano mai stati in alcuni casi) comunisti, che non si sono minimamente preoccupati non solo di definire una volta per tutte cos’erano (e cosa volevano diventare), ma soprattutto cosa pensavano e volevano fare per dare una voce alle speranze di chi ha sempre votato a Sinistra e oggi non la vota più: in poche parole, a chi vuole un Paese Diverso da quello che ci hanno lasciato i corrotti, i collusi e i cretini che ci hanno governato e ci governano tuttora.
Quando è nato enricoberlinguer.it nel 2009, di Berlinguer non si interessava nessuno. Dopo cinque anni di lavoro, dopo piazze intitolate, il libro più venduto, francobolli emessi e centinaia di migliaia di giovani che lo hanno conosciuto, Lor Signori se lo sono ricordati l’anno scorso solo per mero calcolo elettorale. Hanno fatto passare noi ventenni come degli ignoranti senza arte né parte, quando la “rinascita” del mito di Berlinguer è merito soprattutto nostro. Ora, dopo averlo utilizzato per i loro fini, tra cui l’improbabile legittimazione di una riforma del Senato che non ha nulla a che vedere con l’idea di riforma dello Stato che aveva l’ex-leader del PCI, questi poveri uomini attaccati alla poltrona utilizzano l’utile idiota intellettuale di turno per ritirare fuori argomenti vecchi di 20 anni e provare a demolirlo definitivamente, sfruttando il periodo storico assai favorevole all’Uomo della Provvidenza di turno che ha usurpato la parola Sinistra per realizzare in via definitiva il progetto craxian-berlusconiano.
Ma checché ne dicano Lor Signori, nei primi anni Ottanta Enrico Berlinguer era riuscito a mettere a fuoco i grandi temi di una nuova politica di Sinistra, al di là della tradizione comunista, che abbracciava il pacifismo, l’ambientalismo e, soprattutto, quell’idealismo che i comunisti hanno sempre rifiutato per un materialismo storico che non poco ha contribuito alla loro disfatta: basti pensare alla proposta di investire sull’energia solare nel 1983, alla fede nel ruolo dell’Europa (da contrapporre “sia al decrepito comunismo reale sia al neoliberismo portatore di ricchezze per pochi e di ingiustizie per molti”), così come al progetto diun’economia mondiale con Olof Palme, alla valorizzazione della diplomazia dei popoli, ai movimenti per la pace, al ruolo dei giovani e delle donne in politica e nella società, da non usare come bandierine da sventolare in vista delle elezioni.
Ma è quella sua capacità di anticipazione che oggi lascia stupiti: soprattutto con la Questione Morale, aveva intuito la degenerazione che stavano vivendo i partiti, la loro trasformazione in macchine di potere e di corruzione. E aveva capito che la mancanza di fiducia dei cittadini nelle istituzioni è il centro del problema italiano, perché ha portato e porta “alla formazione di poteri occulti ed eversivi, la mafia, la camorra, la P2”, che fanno affondare la democrazia in una palude, nell’attesa del nuovo uomo della Provvidenza.
Berlinguer era l’austerità nello spirito e nel fisico, l’onestà delle mani pulite, il coraggio dello strappo da Mosca, la complessità del compromesso storico, la speranza di un mondo nuovo, la profondità dei pensieri lunghi e l’eredità di Antonio Gramsci. Berlinguer era un poeta (Benigni), ma non era la Madonna (Scalfari). Berlinguer era, infine, la Sinistra quando questa parola aveva ancora un senso.
E non era un conservatore. Le vere svolte, a Sinistra, le ha fatte Enrico Berlinguer, e non sono state svolte da poco. Quando si parla di lui, ci vorrebbe un po’ più rispetto. Ma del resto non si può pretendere rispetto da chi non sa cosa sia la vergogna.

Fonte: Qualcosa di sinistra 

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