La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 28 aprile 2016

L'agenzia di rating Fitch e la riforma costituzionale

di Sergio Farris
Fra le valutazioni attribuibili alla riforma costituzionale approvata il 12 aprile, che verrà confermata o respinta dai cittadini a ottobre, vi è quella che la considera una riforma storica, ovvero la modernizzazione che il paese attenderebbe da decenni, quella che la giudica inadeguata rispetto al conseguimento delle stesse finalità che essa si prefigge, quella che la giudica dannosa perchè costituirebbe una grave involuzione del quadro politico, istituzionale e democratico.
Il punto di partenza di qualsiasi ragionamento non possono che essere, ovviamente, le ragioni del “si” alla riforma. Una di queste ragioni è stata ben esplicata dalla agenzia di rating “Fitch” in un suo comunicato concernente l'Italia pubblicato il 22 aprile (1). Dopo avere paventato il rischio che l'Italia, in vista delle elezioni generali del 2018 aumenti le cosiddette spese da “ciclo elettorale” e posticipi il raggiungimento dell'obiettivo di medio termine del pareggio di bilancio, vi si legge testualmente: “sta per giungere a conclusione, dopo la doppia lettura in parlamento, il percorso di riforma costituzionale. A ottobre si terrà il referendum.
La riforma farà cessare il sistema di bicameralismo perfetto e renderà più semplice i rapporti di governo fra stato e regioni. Questo dovrebbe rendere più efficace l'azione politica e, insieme alla legge elettorale approvata nel 2015, rendere i prossimi governi più stabili. I rischi di breve termine di una crisi politica sull'azione di governo sono stati tenuti sotto osservazione fin dall'insediamento di Matteo Renzi, avvenuto a febbraio 2014. Nondimeno, i rischi politici potrebbero aumentare significativamente se gli elettori dovessero respingere la riforma costituzionale al referendum di ottobre, anche se non riteniamo questo molto probabile”. 
Intanto, lascia perplessi il fatto che un'agenzia privata, la quale si occupa di stima del rischio associabile ad attività finanziarie, possa permettersi sussiegosamente di prendere posizione in merito a una riforma della “legge fondamentale” di una paese sovrano. Dopodichè, appaiono evidenti la assoluta dogmaticità della teoria sottesa a tale presa di posizione (se non viene approvata la riforma aumentano i rischi di instabilità politica e quindi, i rischi per i titoli italiani nei mercati finanziari) e il sottile riferimento al potere di influenza esercitabile dall'agenzia medesima nel condizionare i movimenti dei capitali finanziari nell'imminenza del voto. 
Ma, ancora di più, la posizione di “Fitch” conduce a considerare che, il valore della stabilità dei governi, ovvero una delle finalità della recente riforma costituzionale, è fondamentale per gli operatori nei mercati finanziari. 
Perchè le agenzie di rating si preoccupano tanto della continuità e dell'efficacia dell'azione di governo? Ovviamente perchè un governo stabile è reputato maggiormente in grado di perseguire le politiche di austerità, le uniche ammesse oggi in Europa! Ossia le politiche maggiormente gradite, in quanto emanazione dei loro interessi, alla comunità finanziaria internazionale. Nello stesso comunicato si legge, forse non a caso, che “fra i fattori che potrebbero far risultare un rating negativo vi è il disordine politico, che scombussolerebbe la politica economica e fiscale”.
Addirittura, si dichiara, è stato tenuto sotto osservazione il rischio che potesse interrompersi l'attività del governo Renzi, il governo alla cui riforma della costituzione, “Fitch” dichiara ora pieno appoggio. Un governo, quello in carica, il quale non ha mostrato finora alcuna impermeabilità rispetto alle sollecitazioni provenienti da organismi economici internazionali, come il Fondo monetario internazionale. Lo ha dimostrato soprattutto in occasione della riforma che, abolendo l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, ha reso più flessibile di quanto già non fosse il mercato del lavoro, riforma nota come “jobs act”. E lo ha dimostrato dichiarandosi a favore del TTIP (Transatlantic Treaty of Investment Partnership), cioè il famigerato trattato di libero scambio che Stati Uniti ed Unione Europea si apprestano a stipulare (grazie al quale imprese private potranno nientemeno impugnare norme di uno stato sovrano che ritengano lesive dei loro interessi). E' evidente che, ai protagonisti del settore finanziario internazionale, interessa la presenza in carica di governi che si distinguono per essere docili esecutori dei dogmi oggi imperanti, primo fra tutti la liberalizzazione sperticata dei mercati (i cui benefici per la maggioranza dei cittadini sono, peraltro, ancora da dimostrare).
I cittadini che, in occasione del referendum confermativo di ottobre, hanno intenzione di esprimere voto contrario alla riforma costituzionale approvata il 12 aprile, non dovranno farlo perchè essa debba essere ritenuta poco adeguata rispetto alle sue stesse finalità. Dovranno farlo perchè essa costituisce una grave involuzione del nostro quadro politico, istituzionale e democratico.

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