La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 5 ottobre 2015

Il disadorno Jeremy Corbyn

di Alex Nunns
Ore dopo essere stato proclamato nuovo leader del Partito Laburista britannico Jeremy Corbyn stava parlando a decine di migliaia di dimostranti a una manifestazione di sostegno ai profughi nella Parliament Square di Londra. Dietro il palco, mentre il suo discorso si avviava alla conclusione, una falange di giovani volontari in magliettere rosso fuoco con la scritta “SQUADRA CORBYN” si organizzava in un cordone protettivo pronto a far passare il loro leader attraverso la massa di sostenitori estasiati, telecamere televisive, giornalisti e ansioni di selfie in sua attesa.
Solo tre mesi prima, dopo un’altra grande manifestazione in giugno, Corbyn si era trattenuto esattamente nello stesso luogo, indisturbato, a chiacchierare liberamente con passanti benevolenti. E’ impossibile esagerare quanto improbabile apparisse allora che Corbyn, un parlamentare veterano ribella della sinistra del suo partito, sarebbe stato presto alla guida dell’opposizione ufficiale a Sua Maestà. Per decenni emarginato dai suoi colleghi parlamentari e ignorato dai media è il massimo marziano, trascinato alla vittoria da un fenomeno di base che lo ha eletto con il 59,5 per cento dei voti, 40 punti in più del suo rivale più prossimo al 19 per cento ha un mandato senza paralleli nella storia politica britannica.
In realtà la manifestazione di giugno, alla quale Corbyn aveva parlato, aveva mostrato il primo segno che qualcosa di straordinario potesse star per accadere. Indetta di un’atmosfera di abbattimento a sinistra dopo la vittoria del Partito Conservatore alle elezioni generali in maggio, la manifestazione anti-austerità aveva inaspettatamente attirato centinaia di migliaia di dimostranti, e potenziali elettori di Corbyn. “C’era un movimento in cerca di una casa”, dice il comico Mark Steel, uno dei fondatori dell’Assemblea del Popolo, la vasta organizzazione ombrello per campagne e sindacati, che aveva organizzato la protesta. “Nessuno aveva riconosciuto che sarebbe finita in questo modo, ma eccoci qua”.
Che questo movimento abbia assunto la forma di una campagna per la dirigenza di Jeremy Corbyn è doppiamente sorprendente perché l’uomo è l’antitesi dello stereotipico agitatore di sinistra. Privo della travolgente capacità retorica del suo mentore, lo scomparso Tony Benn, e senza nulla dell’infiammato carisma di Alexis Tsipras, Corbun non era percepito come una minaccia dai suoi colleghi parlamentari. Straordinariamente lo stile diretto, disadorno di Corbyn è divenuto una risorsa, identificandolo come totalmente diverso dai venditori addestrati ai media della classe politica britannica.
Elettricità già nell’aria
Anziché essere un prestigiatore di un movimento, Corbyn ha agito come un parafulmine conduttore di una carica elettrica già nell’aria. I suoi sostenitori sono vari per età e storia, ma ci sono almeno tre categorie individuabili. Il primo e più notevole gruppo è quello dei giovani, per il quali il neoliberismo post 2008 si è tradotto in scarse prospettive di lavoro e in affitti da furto. Non è una coincidenza che l’archetipico sostenitore di Corbyn sia uno sbarbato, dotato di elevata istruzione e che probabilmente lavora in un bar. Questo gruppo anagrafico è stato politicizzato dalla triplicazione delle tasse universitarie nel 2012 che ha creato un risentimento generazionale e un movimento studentesco molto più radicale di quello cui la Gran Bretagna era abituata.
Un secondo pilastro di sostegno è il movimento contro la guerra. Corbyn è stato fino a poco tempo addietro presidente della coalizione Stop the War che ha organizzato la marcia di due milioni contro l’invasione dell’Iraq nel 2003, la più vasta protesta della storia britannica. Lindsey German, organizzatrice di Stop the War, ritiene che l’eredità di tale dimostrazione “abbia in larga misura alimentato” la campagna di Corbyn. “Quello era un numero enorme di persone che odiavano ciò che aveva fatto il Partito Laburista, che ce l’avevano con Tony Blair”, afferma. “Molti anziani che hanno lasciato il Partito Laburista a causa dell’Iraq ora torneranno”.
L’importanza delle manifestazioni di piazza è snobbata per una specie di riflesso condizionato dai media britannici, ma nessuno resoconto del fenomeno Corbyn sarebbe completo senza di esse. Corbyn ha parlato a una tale quantità di dimostrazioni su una tale gamma di cause – dalla Palestina alla salute mentale – che ha potuto contare su un nucleo di sostenitori motivati dal momento in cui è stata annunciata la sua candidatura.
Il tezo gruppo è la classe lavoratrice organizzata. All’apparenza ciò certo non sorprende. Nel settore pubblico, dove i sindacati ancora conservano forza, le paghe sono state congelate per anni e i servizi tagliati e privatizzati. Molti sindacati sono ora guidati da segreterie generali tendenti a sinistra. Anche così è stato uno shock per la dirigenza del Partito Laburista quando i maggiori sindacati, Unite e Unison, si sono schierati con Corbyn in risposta alla pressione della base.
Molte di queste spinte sono familiari in tutta Europa. Quello che è diverso nel Regno Unito è che non c’è una tradizione di partiti vincenti a sinistra di quello Laburista. Il sistema elettorale uninominale maggioritario secco assicura che piccoli partiti, come i Verdi, siano quasi interamente esclusi dal Parlamento. Senza alcuna possibilità di successo elettorale di una Syriza o di un Podemos britannici, il sentimento anti-austerità ha trovato invece espressione nello stesso Partito Laburista, che molti avevano ritenuto irreversibilmente blairizzato.
Prende piede la Corbynmania
Il Partito Laburista è stato trasformato da un’impennata dei membri e da un nuovo sistema di elezione del suo leader. Chiunque poteva votare se pagare una quota una tantum di tre sterline. Il piano era stato ideato dalla destra del partito; i blairiani, infatuati dalle primarie statunitensi, pensavano che aprire elezioni interne al pubblico in generale avrebbe ridotto l’influenza degli iscritti al sindacato e avrebbe ancorato il Partito Laburista nel campo del mitico centro. Con loro orrore la proposta delle tre sterline è stata accolta dalla sinistra che ha apprezzato l’ironia di usare un meccanismo blairiano contro i blairiani. La struttura era perfetta per i media sociali – consentendo alle persone di firmare con un click e di incoraggiare gli amici a fare lo stesso – il che è stato di grande vantaggio per Corbyn che ha un forte sostegno su Facebook e Twitter.
“Stiamo parlando di una dinamica che si è verificata fuori dal Partito Laburista e poi, grazie al cambiamento della struttura, ha trovato eco all’interno”, dice Hilary Wainwright, una scrittrice socialista femminista e da lungo tempo collaboratrice politica di Corbyn. Ella afferma che il fermento a proposito della campagna di Corbyn “ha dato ai membri esistenti la fiducia di votare per lui e ha contribuito a creare la sensazione di un movimento di massa con grandi assemblee”. Corbyn ha parlato in 99 riunioni in tutto il paese, spesso dovendo tenere discorsi extra in strada all’esterno per quelli che non avevano trovato posto nei locali. La gente l’ha chiamata Corbynmania.
La domanda per il futuro è se questo elettorato mobilitato sarà forte abbastanza da proteggere Corbyn dagli attacchi cui andrà incontro e in effetti se esso potrà essere sostenuto. Un’offensiva è inevitabile perché su molti temi le posizioni di Corbyn sono direttamente opposte a quelli che lo stato britannico considera i propri interessi. Egli trova difficile pensare a situazioni in cui impiegherebbe la forza militare britannica, si oppone al bombardamento della Siria, non aggiornerebbe le armi nucleari della Gran Bretagna, ed è critico del “ruolo globale” della NATO. Sull’economia egli affronterebbe l’industria finanziaria della City, eserciterebbe controllo politico sulla banca centrale e rovescerebbe l’ortodossia thatcheriana rinazionalizzando ferrovie e servizi. E’ ambiguo sulla Brexit (l’uscita del Regno Unito dalla UE), appoggiano un’”Europa sociale” riformata. E’ un fiero critico del trattamento della Grecia da parte dell’Europa e dell’accordo commerciale TTIP pianificato tra UE e Stati Uniti.
Non è ancora chiaro quante di queste posizioni diverranno politica ufficiale del Partito Laburista. Tra il leader e la base – generalmente allineati – ci sono i colleghi parlamentari laburisti di Corbyn, il suo maggiore ostacolo. Per la maggior parte sono stati eletti nell’era Blair-Brown e hanno trascorso le loro carriere definendosi contrari alla sinistra. “Nessuno ha mai tentato di guidare il partito con un sostegno così scarso tra i parlamentari”, dice Lance Price, ex direttore delle comunicazioni di Tony Blair. “Jeremy Corbyn avrà un compito molto difficile”.
La strategia di Corbyn consiste nel democratizzare il partito, ripristinando i poteri decisionali dell’assemblea annuale per aggirare l’opposizione dei parlamentari. Price ritiene che Corbyn abbia “in mano un sacco di leve del potere” e considera improbabile l’idea di “un leader di estrema sinistra intrappolato in un partito la cui piattaforma politica è in qualche modo diversa”.
Scissione o autodistruzione?
Alcuni parlamentari stanno già parlando oscuramente – ma anonimamente – di una scissione, ma la prospettiva di una tale mossa non appare probabile. I blairiani sono stati umiliati nella corsa alla presidenza. La loro candidata, Liz Kendall, ha ricevuto solo il 4,5 per cento dei voti. Il loro problema è ideologico. Qualsiasi dinamismo avesse il blairismo esso derivava da fonti non disponibili nell’economia post-crollo.
E’ più probabile che la destra cerchi una rivincita all’interno del partito, anche se ciò dovesse dimostrarsi autodistruttivo per il laburismo. Gli avversari di Corbyn possono agevolmente raccogliere i 47 parlamentari necessari per indire una nuova competizione per la presidenza. La dimensione della vittoria di Corbyn preclude una mossa simile nel breve termine: una base infuriata semplicemente lo eleggerebbe di nuovo. La destra attenderà un momento opportuno, ad esempio dopo elezioni locali, scozzesi o europee in cui il Partito Laburista raccolga scarso consenso. Nel frattempo si esprimerà contro Corbyn sulla stampa e bloccherà le sue politiche in parlamento.
Ken Livingstone, l’ex sindaco di Londra e alleato di Corbyn, ha una visione meno catastrofica e afferma che i parlamentari Laburisti “non contano realmente perché se Jeremy riesce a collegarsi con il pubblico britannico e i sondaggi mostrano che sarà il prossimo primo ministro, tutti questi parlamentari lo aduleranno nella speranza di ottenere un posto”.
Paragonati ai colleghi di Corbyn i Conservatori sembrano avversari più diretti. La loro strategia è cristallina, dimostrata in un video di attacco che presenta Corbyn come simpatizzante di Hamas, Hezbollah e persino di Osama bin Laden. Il loro approccio aggressivo è stato sintetizzato in un tweet di David Cameron che diceva: “Il Partito Laburista è ora una minaccia alla nostra sicurezza nazionale, alla nostra sicurezza economica e alla sicurezza della vostra famiglia”.
“Che segnale manda ciò al MI5, ai servizi di sicurezza?” chiede il fondatore di WikiLeaks Julian Assange, un uomo con un’estesa esperienza dei servizi segreti. Assange, la cui condizione Corbyn ha sollevato in parlamento in passato, ritiene che se il leader del Partito Laburista manterrà una linea forte sulle armi nucleari di Trident e sulla NATO “ciò libererebbe considerevoli risorse dedicate a fermarlo prima delle elezioni. Se apparisse che diventerà primo ministro gli interessi sono così elevati che è possibile una quantità di cose”. Assange ritiene che Corbyn dovrebbe prendere sul serio questa minaccia. “Ha già fatto marcia indietro dall’affermazione che si sarebbe ritirato dalla NATO. E’ saggio non combattere contemporaneamente su tutti i fronti”.
E’ sicuro che Corbyn sarà combattuto dalla stampa che è passata da incomprensione frastornata a panico apocalittico prima di posizionarsi su un beffardo disprezzo. Questo atteggiamento non è limitato ai media di destra, di proprietà di miliardari; ogni grande giornale si è opposto alla candidatura di Corbyn alla dirigenza. I suoi primi giorni in carica hanno dato un assaggio di quello che seguirà: quando ha scelto di non cantare l’inno nazionale in una cerimonia di commemorazione della Battaglia d’Inghilterra, i titoli hanno strillato: “CORB INSULTA LA REGINA”.
“Lo sa Dio che cosa tireranno fuori per denigrarlo” dice Mark Steel. “Saranno straordinariamente malvagi. Ma la difesa contro ciò è il movimento. Improvvisamente diventa più difficile raccontare quelle bugie se c’è un milione di persone che dice: “Oh, non è vero, sai”. Corbyn ha parlato di “convertire il Partito Laburista in qualcosa di più di un movimento sociale”. La sua mancanza di appoggio tra i parlamentari può costringerlo a mettere in atto quelle parole, proprio come l’ostilità della stampa richiede lo sviluppo di una strategia dinamica sui media sociali.
“Se tutti noi che abbiamo votato per Corbyn ora non ci coinvolgiamo, o aderendo al Partito Laburista o appoggiandolo, allora questa intera campagna non sarà nulla di più di un “like” su Facebook”, avverte il cantante Billy Bragg. Egli desidera un’alleanza aperta, progressista, una “sinergia della sinistra”, forse coinvolgente la collaborazione con i Verdi. Natalie Bennett, la leader del Partito Verde, non chiude la porta all’idea. “Abbiamo avuto un Partito Laburista è che stato a favore dell’austerità, delle privatizzazioni, della armi nucleari Trident e dell’interventismo militare. Sono tutte cose cui il Partito Verde si oppone; sono tutte cose cui si oppone Jeremy Corbyn. Dovremo vedere quale Partito Laburista emergerà … Tutto sta cambiando.”
Il fatto che il movimento contro l’austerità in Gran Bretagna si sia realizzato all’interno di un partito consolidato potrebbe sembrare una scorciatoia, un enorme vantaggio. Ma porta con sé grandi handicap. Il Partito Laburista non è stato creato per contestare lo stato. Non è un’organizzazione ribelle come Syriza. Per riuscire Corbyn dovrà trasformarlo in un partito attivista capace di sostenere l’incredibile impennata che lo ha portato alla presidenza. Se l’eccitazione generata negli ultimi pochi mesi potrà essere trasmessa nei prossimi anni al pubblico più vasto e se gli eventi gli saranno favorevoli, Corbyn ha una possibilità. Ma se il movimento si dissipa e se egli sarà costretto a dipendere dai vecchi centri del potere, allora sarà schiacciato.

Pubblicato su www.znetitaly.org
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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