La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 5 ottobre 2015

L'inquinamento per il popolo

di Luca Sforza
Volkswagen, l’auto per il popolo. O auto popolare. Già, perché l’industria che porta questo nome ridondante e accattivante (per il popolo - e il popolo era parola e concetto importante un tempo, nel bene come nel male mentre oggi è screditata e dimenticata) venne fondata nel 1938 proprio per realizzare un’auto per i tedeschi. Una utilitaria: nell’etimologia, qualcosa di utilitario, che si prefigge solo ciò che è materialmente utile, che ha requisiti di praticità e di basso prezzo (e di basso costo di produzione). In salsa tedesca era il perseguimento dello stesso obiettivo di Henry Ford: democratizzare l’automobile.
Eravamo ormai in pieno fordismo. Un modello produttivo ma anche sociale che oggi sembra scomparso – così dicono gli economisti mainstream - ma che è invece più forte e diffuso che mai, anche se si chiama post-fordismo o economia della rete e della condivisione. E fordismo anche nella Germania nazista come nella comunista Urss, perché la catena di montaggio, che era stata introdotta da Ford nel 1913 era diventata poi il modello organizzativo dell’intero mondo industrializzato. [E pare, si dice che Hitler tenesse in bella mostra sulla sua scrivania una fotografia proprio di Henry Ford, mentre il Nyt aveva definito Ford come il Mussolini di Detroit. Ovvero: strette affinità elettive tra totalitarismi politici e forma-impresa, affinità condite di mito della macchina e della velocità, di marca futurista].
Auto per il popolo , dunque, ma dopo lo scandalo di questi giorni viene spontaneo definirla come auto contro il popolo. Nella più classica delle eterogenesi dei fini. In nome del profitto, della competizione e della globalizzazione, la Vw non ha esitato a barare, a truffare i consumatori, ad aggirare norme e leggi. In realtà, essere contro il popolo era implicito nel concetto stesso di automobile perché la suademocratizzazione (e la famosa e mitica Ford T) nascondeva sotto l’apparenza e l’illusione di qualcosa di virtuoso e appunto di democratico, un modello non solo economico ma soprattutto sociale in realtà anti-sociale e anti-democratico, oltre che irresponsabile (anti-ecologico) in termini di futuro, posto che l’effetto serra di oggi è anche effetto di quella causa.
La democratizzazione dell’auto di Ford – come l’auto per il popolo di Hitler – si basava sulla creazione sì di consumi di massa, ma sempre più individualizzati. Invece di potenziare il trasporto pubblico, che avrebbe inquinato di meno, si favoriva il trasporto privato e individualizzato (o familiare, perché la famiglia è – si dice - il fondamento della società). Che dava maggiori profitti (quindi da potenziare), al prezzo però dellasocializzazione delle perdite (ancora, il classico modo di essere del capitalismo e dei capitalisti, ieri come oggi con le banche too big to fail), ovvero congestione del traffico e soprattutto inquinamento. Consumi di massa, la Ford T nera, come da noi la famosa Topolino e poi la prima 600 e poi la 500.
Consumi di massa, ma individualizzati appunto (e modelli sempre meno standardizzati, in apparenza e sempre più personalizzati, sempre in apparenza), perché il capitalismo si basa sul mercato, sul far perseguire a ciascuno i propri interessi egoistici, narrando poi la favola della magica composizione degli interessi egoistici grazie alla altrettanto magica (o religiosa) mano invisibile che fa magicamente (o religiosamente) incontrare domanda e offerta, ma anche l’egoismo privato del consumatore con l’egoismo privato del capitalista. Capitalista che gioca sulla attivazione/induzione dei nostri bisogni (soprattutto ieri, quando ci mancava quasi tutto), e (oggi) dei nostri desideri e dei nostri capricci (e Mandeville, già nel ‘700, riconosceva che mentre i bisogni sono limitati, i desideri sono invece infiniti, come poi la psicologia ha confermato dicendoci che siamo appunto e soprattuttosoggetti desideranti), dimenticando ogni responsabilità, ogni etica, ogni bene comune e ogni ben-essere collettivo. E questo stimolando/titillando anche il nostro strutturaletecno-entusiasmo che inarrestabilmente e irrazionalmente (essendo noi appuntosoggetti desideranti – o forse e meglio: oggetti in cui è facile attivare/promuovere desideri) proviamo per ogni innovazione – tanto che oggi l’innovazione tecnologica è l’unica innovazione che davvero perseguiamo e a cui ci entusiasmiamo, avendo dimenticato o rimosso ogni idea/possibilità/capacità di innovazione politica, culturale e sociale.
Auto per il popolo che diventa dunque (e non poteva non diventare) auto contro il popolo, ma per il capitalismo, auto per il profitto di pochi e per i manager con i superbonus.
Qualcuno oggi favoleggia di fine del modello-auto che inquina, perché (finalmente) lo scandalo Vw potrebbe portare al trionfo dell’auto ibrida o meglio ancora elettrica, liberare i nostri cieli dal CO2 , ridurre l’effetto serra e produrre altre meravigliedavvero per il popolo, per l’ambiente e per le generazioni future. Ma sarà invece - sempre e ancora - un’auto; sia pure elettrica o a idrogeno o altro ancora. A vantaggio del profitto e del capitalismo (e dei capitalisti). Attivando - ancora e sempre - desideri egoistici e di breve durata, ogni modello di auto elettrica venendo presto superato da quello successivo (si chiama consumismo), sicuramente migliore, più accessoriato, più prestante e performante, eccetera eccetera. Le solite cose, il solito marketing, la solita pubblicità. Risolveremo (forse) il problema dell’inquinamento, ma certo non quello del traffico, perché sarà ancora e sempre un muoverci individualmente ed egoisticamente (come nella nuova sharing economy) e francamente non si vede una grande differenza tra essere in coda su un’auto diesel o a benzina ed esserlo su un’auto elettrica.
Eppure, volete mettere la bellezza di stare da soli, nella nostra auto luccicante e colorata, comunque connessi con il mondo e con gli altri?

Fonte: Alfabeta2

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