La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 5 ottobre 2015

Siria: costruire la pace

Da più di quattro anni la Siria è teatro di una terribile e sanguinosa guerra civile. Le stime sulle vittime dirette e indirette di questa guerra parlano di centinaia di migliaia di morti, ma nessuno può tenere in modo esatto un simile macabro conteggio. Ancora di più e sono in continuo aumento sono i profughi che disperatamente cercano di fuggire dalla guerra e dalla fame, con il loro carico di orrori, e si scontrano contro la sordida sordità della Unione europea e contro i muri e le cinture di filo spinato alzate da governi xenofobi, razzisti e fascisti come quello di Orban in Ungheria.
E non se ne vede la fine.
Anzi, la Siria è pericolosamente diventato il terreno di scontro delle grandi potenze, denso di rischi di una deflagrazione di un vero e proprio conflitto mondiale, e di conquista da parte dell’Is, che oramai ne controlla grande parte del territorio. 
Non se ne vede la fine, perché una soluzione militare è impossibile.
Invece la Francia, come già fece in Libia, ha iniziato a bombardare sul territorio siriano, con il compiacimento dell’Arabia Saudita. Così sta facendo la Russia – che pure a suo tempo aveva avanzato una intelligente proposta di mediazione - suscitando un crescendo di accuse da parte degli Usa di colpire non l’Is, ma i ribelli che combattono Assad, che gli stessi Usa hanno foraggiato di armi di cui si è poi facilmente impadronito l’Is.
L’Occidente ha enormi responsabilità e ha sbagliato tutti i propri calcoli. L’idea fondamentale di eliminare Assad, verso cui non abbiamo alcuna simpatia politica, foraggiando militarmente forze ambigue e prive di consenso popolare si è rivelata un boomerang. Così come l’idea che la Turchia di Erdogan potesse essere un efficace bastione nei confronti dell’Is, mentre invece quel governo sta massacrando i curdi, l’unica forza popolare che ha avuto il coraggio di opporsi concretamente al califfato.
La guerra dunque aggrava il problema. Bisogna fermarla!
Non ha alcun senso pretendere l’allontanamento di Assad prima dell’apertura di un tavolo di pace. E’ un modo ipocrita per continuare la guerra e permettere ogni sorta di massacro, costringendo la popolazione alla fuga per mare e per terra.
Il problema di quali saranno gli assetti politici interni alla Siria è successivo al cessate il fuoco, alla fine della guerra civile, alla costruzione di una coalizione contro l’Is e deve comunque essere una questione decisa dal popolo siriano. Per ora Assad, cioè il governo di Damasco, è uno degli interlocutori indispensabili di quel tavolo che va aperto, e che l’Onu deve garantire, quantomeno assieme agli Usa, alla Russia, all’Iran e altri paesi arabi. Dove anche l’Unione europea dovrebbe e potrebbe fare la sua parte se riuscisse a parlare con una voce sola e non a presentarsi con quella carica di guerra e di interessi materiali che con cui parlano paesi come la Francia e la Gran Bretagna. Mentre l’azione del governo italiano o è inesistente o poco credibile dopo le avventure libiche.
La complessità della situazione siriana e mediorientale, le implicazioni di tipo geopolitico ed economico che essa comporta con altre aree del mondo, ci impegnano in un ulteriore e costante approfondimento della analisi e della discussione. 
La costruzione di un immediato processo di pace in Siria è un elemento decisivo per la pace nel mondo, per affrontare alla radice, nel rispetto dei diritti delle persone alla vita e al lavoro in ogni parte del mondo, il problema dei profughi e dei migranti; per evitare che l’avanzata dell’Is stabilisca un dominio sul Medioriente e non solo e stabilizzi il Califfato; per impedire il massacro del popolo curdo; per fermare la distruzione materiale dei tesori che antiche civiltà hanno lasciato all’umanità intera e che ne costituiscono la storia.

Fonte: L'Altra Europa con Tsipras 

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