La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 5 ottobre 2015

Per il Bloco de Esquerda una rinascita al femminile

di Goffredo Adinolfi
Senza ombra di dub­bio il grande vin­cente della gior­nata elet­to­rale por­to­ghese di dome­nica scorsa è stato il Bloco de Esquerda che, rad­dop­piando i pro­pri voti, e rac­co­gliendo il 10% dei con­sensi, ha por­tato il pro­prio gruppo par­la­men­tare da 8 a 19 depu­tati. Nato nel 1999 e, da allora, sem­pre pre­sente in par­la­mento, da un punto di vista strut­tu­rale il Be ha una genesi non del tutto dis­si­mile da quella di Syriza: come il suo alleato greco nasce dall’alleanza di forze della sini­stra esterne al Par­tido Comu­ni­sta Por­tu­guês (Pcp) e al Par­tido Socia­li­sta, (Ps).
Nel 2011 il Bloco entra in una crisi molto pro­fonda, le urne allora lo ave­vano seve­ra­mente punito e, causa pro­fonde divi­sioni interne, la dis­so­lu­zione appa­riva a molti come un dato acqui­sito. E invece, gra­zie a un pro­fondo pro­cesso di rin­no­va­mento, che ha visto anche un pas­sag­gio di testi­mone non trau­ma­tico a una nuova gene­ra­zione di diri­genti, ha deter­mi­nato una vera e pro­pria rina­scita. Fon­da­men­tal­mente sono tre le figure intorno a cui è stato rico­struito il par­tito, tutte e tre donne: Cate­rina Mar­tins, 42 anni, por­ta­voce, Marisa Matias, 39 anni, euro­de­pu­tata e Mariana Mor­ta­gua, 29 anni depu­tata all’Assem­bleia da Repu­blica.
L’affermazione del Be dev’essere inqua­drata anche in una chiara ten­denza euro­pea che vede i socia­li­sti in con­stante e cre­scente emor­ra­gia di voti e, al loro fianco, svi­lup­parsi una sini­stra anti-austeritaria ma non pre­giu­di­zial­mente anti-europea. Anzi, è pro­prio vero il con­tra­rio, il Blocoè un par­tito che da sem­pre ha sen­tito la neces­sità di radi­carsi all’interno delle isti­tu­zioni euro­pee e di raf­for­zare le alleanze con i par­titi mem­bri del Gue/Ngl. Un coor­di­na­mento cen­trale nel quale i legami tra la Matias e il lea­der di Pode­mos Pablo Igle­sias sono molto forti e dal quale sem­bre­rebbe emer­gere, per la prima volta, la volontà di defi­nire poli­ti­che alter­na­tive non più a par­tire dai sin­goli stati ma diret­ta­mente da Bru­xel­les. Non è un caso che nel pro­gramma elet­to­rale del Be la que­stione euro­pea venga trat­tata nel primo punto e non è un caso che, con­tra­ria­mente a quanto suc­cede troppo spesso, il seg­gio euro­peo, occu­pato prima da Miguel Por­tas, ora dalla Matias, abbia sem­pre rive­stito un luogo di prima impor­tanza nell’organigramma del Bloco.
Un par­tito al fem­mi­nile dun­que, prag­ma­tico nella sua azione, ma deciso nella defi­ni­zione e nella difesa delle sue idee. Capace di trarre inse­gna­menti non dog­ma­tici da quanto gli suc­cede intorno. Così, sulla scorta dell’esperienza del governo di Ale­xis Tsi­pras, dalla quale è emersa chia­ra­mente l’impossibilità per un sin­golo mem­bro di opporsi alle poli­ti­che defi­nite all’interno dell’Unione mone­ta­ria, la prin­ci­pale pro­po­sta por­tata avanti dal Be, è stata quella di pro­muo­vere una con­fe­renza euro­pea per la ristrut­tu­ra­zione dei debiti dei paesi della peri­fe­ria dell’euro e per la can­cel­la­zione del trat­tati fiscali.

Fonte: il manifesto 

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