di Paolo Fantauzzi
Sei miliardi e 570 milioni da spendere entro fine anno. Ovvero 108 milioni al giorno compresi i sabati, le domeniche e i festivi. Calcolando anche le ore notturne fanno 75 mila euro al minuto.
Sta tutta qui l'impresa disperata che l'Italia dovrebbe compiere nei prossimi due mesi per non perdere i soldi stanziati da Bruxelles nella programmazione 2007-2013. Il prossimo 31 dicembre scadono i termini per rendicontare l’impiego dei fondi strutturali che la Commissione europea concede per ridurre le disparità economiche e rilanciare lo sviluppo. Solo che, quando mancano ormai una manciata di settimane, il ritardo accumulato è praticamente incolmabile: su 28 miliardi, a oggi ne abbiamo utilizzati poco più di 21. Di questo passo, anziché un bimestre ci vorrebbero tre anni.
A radiografare questa drammatica situazione è un dossier dell'associazione Openpolis che l'Espresso presenta in anteprima e che evidenzia la cronica incapacità italiana di mettere a frutto le opportunità offerte dalla casa comune europea. Senza contare che non si tratta di una generosità a senso unico: i soldi che Bruxelles mette a disposizione vengono alimentati col contributo degli Stati membri. E Roma spende in media 14 miliardi l'anno per partecipare al budget dell'Unione.
PEGGIO DELLA GRECIA
E dire che le cose, almeno sulla carta, si erano messe al meglio: nel 2006, al momento di dividere la torta dei fondi strutturali fra i Paesi membri, soltanto Polonia e Spagna avevano ottenuto più soldi. Tanta fiducia da parte di Bruxelles si è però rivelata mal riposta: col 76,5 per cento siamo 25esimi su 28, dieci punti sotto la media Ue. Fanno peggio di noi soltanto Slovacchia, Romania e la Croazia, che riceve denaro solo da un paio d'anni.
Portogallo, Lituania ed Estonia sono a un passo dall’en plein con l'impiego quasi totale delle risorse. I Paesi scandinavi li seguono a un’incollatura. E passi pure per i tedeschi primi della classe, che si attestano attorno al 90 per cento. Di sicuro, però, qualche domanda l’Italia dovrebbe farsela se perfino la Grecia, maglia nera d’Europa col suo debito pubblico stratosferico e protagonista quest'estate dello psicodramma sull'uscita dall'eurozona, è riuscita a fare meglio di noi (e a togliersi la soddisfazione di sopravanzare pure l'odiata Germania). Risultato: da terzi per quantità di risorse a disposizione siamo finiti al quinto posto per il loro utilizzo. Praga e Berlino, che pure in partenza avevano molto meno denaro, ne hanno infatti saputo spendere di più.
L'ETERNO RITARDO
Un disastro che ha cause soprattutto burocratiche ed è dovuto all'incapacità della pubblica amministrazione di redigere progetti seri e controllarne poi l'esecuzione. Basti pensare che l'Italia è rimasta ferma due anni: i primi pagamenti sono stati effettuati solo nel 2009, quando le altre nazioni già avevano mosso i primi passi. E in seguito non è andata meglio, visto che abbiamo viaggiato a lungo a una velocità dimezzata rispetto al resto d'Europa.
Una situazione così grave da costringere la Ue nel 2011 a venirci incontro. Quando il ritardo iniziava a farsi preoccupante (al Sud varie regioni erano ancora praticamente ferme), la Commissione europea ha suggerito un trucchetto facile facile: togliere risorse ai progetti irrealizzabili, concentrarle dove i lavori erano partiti e al contempo ridurre il cofinanziamento nazionale (la percentuale di denari messi dall'Italia): anziché fifty-fifty, insomma, una quota più bassa, in modo che dal punto di vista contabile i soldi spesi sarebbero stati soprattutto quelli di Bruxelles.
Un espediente che non ha però evitato degenerazioni e distorsioni paradossali, come ha raccontato l'Espresso nel corso degli anni: i fondi per il turismo al Sud dati a veterinari , odontoiatri e centri estetici oppure alle sagre di paese , fino al caso-limite delle grandi opere che non sono nemmeno partite.
UN POPOLO DI IMBROGLIONI
L'incapacità di usare i soldi in maniera lecita non ha impedito tuttavia all'Italia di detenere il primato quanto a ruberie. Soltanto l’anno scorso l’Olaf, l’organismo comunitario per la lotta alle frodi, ha scoperto l’utilizzo illegittimo di quasi 100 milioni. Di questi, quasi 60 riguardavano proprio i fondi strutturali. Truffe che spesso vedono protagonista la criminalità organizzata attraverso prestanome e imprenditori compiacenti. In Sicilia, per ottenere i finanziamenti destinati all'agricoltura, Cosa nostra ha iniziato da tempo a mettere le mani perfino sui terreni di campagna , mentre nel reggino i finanziamenti sono addirittura finiti in tasca a un boss della 'ndrangheta latitante .
La principale vittima di questi raggiri è il ministero dello Sviluppo economico, che eroga - specie al Sud - sussidi alle imprese per interventi nel campo delle energie rinnovabili, della ricerca e del risparmio energetico. A seguire: Regione Calabria, Puglia, Viminale, Sicilia e Campania. Un primato che suscita la comprensibile irritazione di Bruxelles: nel 2011, considerandola palesemente inaffidabile nei controlli , la Commissione ha preteso che a gestire una parte dei soldi destinati alla Calabria fosse il ministero dell’Istruzione.
I dati citati nell'articolo sono di Openpolis
Fonte: L'Espresso
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