La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 4 novembre 2015

La notte del dramma peronista: in Argentina a imporsi è la destra

di Alessandro Zabban
Senza mezze misure i titoli dei principali quotidiani argentini il giorno successivo alle elezioni generali: si parla di "notte che ha cambiato la politica argentina", di "impatto enorme ed eclatante" di "fine della leggenda del kirchnerismo invincibile". Commenti a caldo che però enfatizzano un cambiamento storico che lunedì 25 ottobre scorso è stato persino più travolgente delle aspettative. Ci si attendeva infatti che la coalizione della Presidenta Cristina Kirchner uscisse ridimensionata dalla contesa elettorale, dato che l'impossibilità costituzionale per la pasionaria argentina di ricandidarsi, aveva inevitabilmente indebolito la sua coalizione di forze peroniste di sinistra "Fronte Per la Vittoria", ma in pochi - a cominciare dai sondaggisti e dagli analisti politici - si aspettavano una tale debacle.
Certo, come ci mostrano i dati ufficiali della Direzione Nazionale Elettorale (figura 1), l'erede della Kirchner, il candidato giustizialista Daniel Scioli, alla fine l'ha spuntata con nove milioni di voti e il 36,8% dei consensi, abbastanza da ottenere la maggioranza relativa, ma il leader della destra liberista di "Cambiemos", Mauricio Macrì, Capo del Governo della Città di Buenos Aires nonché Presidente della celebre squadra di calcio del Boca Juniors, è arrivato ad un incollatura da lui, ottenendo il 34,33% dei suffragi, in decisa crescita rispetto alle primarie nazionali dove si era fermato appena sopra la soglia del 30% (se ne era parlato qua).


Figura 1. Il risultato delle Presidenziali. Fonte: www.resultados.gob.ar

Staccato il terzo incomodo Sergio Massa, il peronista di destra i cui voti (21,3%) risultano ora decisivi, dato che il sistema elettorale argentino, in mancanza di una maggioranza netta (45% dei voti, o 40% con distacco dal secondo di più di 10 punti), che non si è concretizzata domenica scorsa, prevede il ballottaggio fra i primi due contendenti alla carica presidenziale. I suoi 5 milioni di voti saranno l'ago della bilancia per decidere chi sarà a guidare il nuovo esecutivo argentino, ma lo stesso Massa sembra aver già dato una indicazione di voto, elogiando il "cambiamento" venuto da questa tornata elettorale, parole che hanno spinto molti analisti a scommettere in un endorsement più o meno ufficiale per il leader della destra liberista Macrì.
Lo scenario attuale è dunque quello della massima incertezza ma sicuramente la tendenza in atto suggerisce di pensare a Macrì come il vero favorito del ballottaggio. Sempre nel suddetto articolo della settimana scorsa, si era anche rimarcato come le elezioni avrebbero in un modo o nell'altro segnato la fine dell'era Kirchner. Ora però il rischio è che queste elezioni possano mettere una pietra tombale sopra il peronismo di sinistra tutto.
Se i dati economici negativi (stagnazione del PIL, inflazione al 25%, fuga di riserve dalla Banca Centrale ecc...) hanno sicuramente giovato al successo delle destre, La Kirchner ci ha messo del suo per favorire questo risultato difficilmente pronosticabile. Cristina ha indubbiamente sbagliato molto, soprattutto nel gestire il suo rapporto con Scioli, appoggiandolo con diffidenza e senza mai troppa convinzione. Che fra i due non ci sia mai stata una grande simpatia, lo si sapeva benissimo, del resto lo stesso Scioli ha sempre dichiarato di voler smorzare i toni più radicali del populismo di sinistra, avvicinandosi su posizioni centriste, cosa ovviamente non gradita dall'establishment kirchneriano (che infatti aveva in un primo momento puntato su F. Randazzo, sconfitto però alle primarie). La campagna elettorale si è dunque tutta basata su questo doppio binario, questo "ossimoro dialettico", con le parole dell'analista Joaquín Morales Solá, fra l'irruenza radicale della Kirchner e la moderatezza progressista di Scioli, che ha senza dubbio disorientato l'elettorato peronista. Grave poi l'errore della Kirchner di voler farlo passare come un burattino nelle sua mani nel tentativo di "tranquillizzare" l'elettorato più di sinistra: non solo questa mossa non ha funzionato, ma si è verosimilmente rivelata persino controproducente sulla credibilità politica dello stesso Scioli, con ogni probabilità percepito come debole candidato di un partito in evidente stato confusionale e in crisi di identità politica. 
Questo atteggiamento estremamente aggressivo e autoritario della Kirchner non sembra essere dunque piaciuto all'opinione pubblica che ha premiato la figura rassicurante e pacata di Macrì che ha messo in pratica una campagna all'insegna del fair play elettorale e di parole chiave come "dialogo", "convergenza" "apertura", "riconciliazione". Ma gli errori della Kirchner non finiscono qui.
In concomitanza con le elezioni presidenziali si sono svolte anche quelle legislative, che hanno rinnovato metà della Camera dei Deputati e un terzo del Senato, e quelle della provincia di Buenos Aires, da oltre trent'anni un feudo peronista. L'errore più grave della Kircher è stato proprio compiuto nella scelta del candidato per queste ultime elezioni locali, ricaduta sull'ambigua figura di Aníbal Fernández, accusato di coinvolgimento in crimini legati al narcotraffico. In questo frangente, in un contesto di grande voglia di cambiamento e di ascesa delle destre, si è materializzata, forse non così inaspettatamente, la sconfitta più bruciante per il Fronte Per la Vittoria, come mostrano i risultati qua sotto.
Il Fronte Per la Vittoria (FPV) ottiene dei buoni risultati solo nei distretti della città di Buenos Aires mentre nella provincia trionfa quasi ovunque Cambiemos e la sua candidata, l'astro nascente della destra María Eugenia Vidal (39,49%) che diverrà ora governatrice della Provincia. Sorprende il numero enorme delle schede bianche (oltre 730,000: il 7,66%) segno della disillusione di molti peronisti rispetto alla scelta di candidare il controverso A. Fernàndez e che ha di fatto contribuito significativamente alla vittoria della destra che ora controlla a sorpresa sia la provincia che il comune di Buenos Aires.
Ma i guai per Kirchner e soci non sono finiti qua. L'esito delle legislative, infatti, che come si diceva si son tenute nello stesso giorno delle Presidenziali per rinnovare metà della Camera dei Deputati e un terzo del Senato, hanno segnato un'ulteriore sconfitta per il fronte "oficialista".
A causa infatti della risicata affermazione, il Fronte della Vittoria coi suoi alleati arriva a perdere la maggioranza assoluta alla Camera dei Deputati (la mantiene però al Senato con 42 seggi su 75) passando da 130-133 seggi su 257 a soli 117, lasciando - anche se solo virtualmente - la possibilità alle opposizioni unite di costituire una nuova maggioranza, come si vede nella figura sottostante (3).
In una votazione molto partecipata, in cui si è recato ai seggi l'80% circa degli aventi diritto, occorre anche sottolineare il dato negativo del Fronte della Sinistra, che non riesce a sfruttare la crisi dell'"oficialismo kirchneriano e anzi rispetto alle precedenti consultazioni, perde molti consensi: si ferma al 3,27% dei voti e raggranella, insieme ad altre forze di sinistra minoritarie, appena 4 deputati. La sinistra invece continua a non essere rappresenta nella camera alta.
Il grande stato di confusione e di incertezza politica in cui è precipitata l'argentina dopo 12 anni di dominazione peronista durerà almeno fino al prossimo 22 Novembre, data in cui si celebrerà il ballottaggio fra i due contendenti alla presidenza della Repubblica Argentina. Per ora, quel che appare certo è che ad avere il vento in poppa è Macrì, mentre Scioli, pur partendo dal piccolo vantaggio virtuale raggranellato nel primo turno, è costretto a remare controcorrente. Staremo a vedere se si consumerà la definitiva metamorfosi politica dell'Argentina o se il peronismo di sinistra avrà ancora un ruolo chiave nella politica del paese sudamericano.

Fonte: Il Becco

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