La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 4 novembre 2015

Riforme, referendum confermativo, opposizione

di Franco Astengo
L’approvazione del pacchetto di “deformazione della Costituzione” si è verificata in un clima di avvitamento della dialettica parlamentare, d’imbarbarimento nei comportamenti istituzionali, di affermazione di principi del tutto negativi conformismo tesi alla conservazione di piccole porzioni di potere da parte di gruppi e di singoli.
E’ il caso di riflettere su questi elementi intesi quali indice di una situazione politico – istituzionale di consolidamento di un Regime testo ad affermare forme di potere personalistico, di riduzione e svuotamento degli elementi fondamentali della democrazia repubblicana.
Una riflessione che deve essere rivolta al referendum confermativo, previsto per la primavera o l’autunno 2016.
Un appuntamento al riguardo del quale deve essere prestata una particolare attenzione, preparando la possibilità che in quella sede si affermi con forza una presenza politica di opposizione non solo al disegno che fin qui si sta affermando, ma dotata anche di una sua precisa identità nel proporre un’alternativa non semplicemente racchiusa nell’ambito di una logica di tipo istituzionale, che pure risulta già molto importante.
Senza tema alcuna di impropria enfatizzazione verrebbe da dire che è necessario esprimere un “NO” che abbia il valore dei 100.000 rifiuti che, nel 1929, si misurarono con il plebiscito mussoliniano.
Ne ha già scritto qualcuno ma vale la pena di ritornare sull’argomento e di fissare con chiarezza i termini di quella che sarà, quel giorno la posta in palio.
Il referendum confermativo sulla “deformazione della Costituzione” rappresenterà, infatti, un vero e proprio plebiscito con oggetto il Regime personalistico che si è instaurato e, in quel modo, si cercherà di consolidare per un lungo periodo.
Tra l’altro avremo occasione di verificare un intreccio che rappresenta il vero e proprio punto di stravolgimento dell’impianto istituzionale previsto dalla Costituzione Repubblicana: quello riguardante l’intreccio indissolubile tra il nuovo sistema elettorale (costruito per favorire artificialmente una maggioranza assoluta, inesistente nella realtà sociale del Paese, per il futuribile “Partito della Nazione”) e l’impianto costituzionale che si rivelerà, con la modifica del Senato e delle Province, elemento portante del progetto di secca riduzione dei margini democratici.
E’ questo il punto sul quale impostare la battaglia del “NO” in vista del 2016, collegandone il netto pronunciamento con i temi dell’economia, del sociale, della condizione materiale di vita dei ceti più deboli, di tutti coloro colpiti dalla ferocia della gestione capitalistica che questo governo sta esaltando attraverso provvedimenti anti-popolari, di allineamento ai diktat europei e al “modello Marchionne”.
Un governo che offre anche lo spettacolo di rigurgiti nazionalisti e militaristi, davvero incongrui nella complessità di vicende internazionali inedite rispetto alle fasi più recenti, nelle quali si esprimono tensioni belliche tra le grandi potenze di estrema pericolosità.
Sarebbe dunque bene pensare a un “No” complessivo e globale che si esprima nel referendum come elemento di un’identità alternativa chiaramente individuabile e confrontabile da vaste masse.
Di conseguenza assieme alla piena partecipazione al Comitato per la Democrazia Costituzionale che dovrà rappresentare il punto di riferimento nell’elaborazione e nella direzione all’interno dello scontro referendario per tutte le forze democratiche sarà necessaria, anche, una particolare forma organizzativa che dovrà essere assunta da una sinistra d’alternativa posta in condizioni adeguate al livello dello scontro e, soprattutto, nella dimensione del post appuntamento elettorale.
Queste poche righe sono state scritte, quindi, semplicemente per richiamare l’attenzione e per cercare che si faccia in modo di non arrivare impreparati a un appuntamento del tutto vitale per la prospettiva stessa della democrazia in Italia (ed anche in Europa: quell’appuntamento, infatti, avrà un grande valore anche in quel senso).
Una democrazia che non potrà essere valutata come indifferente nelle sue forme istituzionali (Parlamento, Governo) e nelle sue dimensioni sociali: il testo della Costituzione, in particolare nei suoi punti “più alti” della dimensione politica, dall’articolo 2, all’articolo 3, all’articolo 12, all’articolo 34 dovrà essere considerata la guida di questa battaglia politica.
In tempi di revisionismo feroce, quale quelli che stiamo vivendo, ricercare i punti salienti relativi all’attualità della Costituzione Repubblicana esige però una premessa di carattere generale.
Una Costituzione di carattere progressivo come quella Repubblicana possiede al proprio interno un equilibrio nell’espressione delle parti che la compongono che rende di grande difficoltà le modifiche poiché esiste un punto da rispettare assolutamente: quello del rapporto tra la prima parte, quella riguardante i diritti e i doveri delle cittadine e dei cittadini e la seconda relativa all’impalcatura dello Stato.
Per questo motivo ogni variazione va attentamente valutata come si è potuto notare negli ultimi tempi seguendo il lavoro della Corte Costituzionale che sempre più spesso ha emesso sentenze di incostituzionalità delle leggi emanate in regime di governo frutto di istanze extraparlamentari e comunque derivanti da un’idea “maggioritaria” dell’azione legislativa.
La Costituzione invece rappresentò il frutto dell’incontro tra le grandi culture “storiche” operanti nel nostro paese: quella liberaldemocratica, quella cattolica, quella della sinistra socialista e comunista.
Culture ben identificate proprio sul piano della filosofia politica da precisi riferimenti teorici che connotavano l’identità di ciascuna delle parti contraenti n un disegno comune di affrancamento e riscatto dalla ventennale dittatura fascista.
E’ su questo punto che si realizzò l’equilibrio già accennato tra le due parti del testo costituzionale, che va assolutamente confermato pena la fuoriuscita da un quadro di democrazia progressiva di carattere sociale che rimane il punto distintivo, anche sul piano dei riferimenti internazionali in materia, della nostra Carta.
In sostanza occorre caratterizzare con precisione, all’interno di un vasto schieramento democratico, la presenza di una sinistra alternativa che si muova anche nell’ottica di una propria riorganizzazione e riaggregazione politico – sociale cercando di recuperare, per quanto possibile, nella vasta area che la crisi della sinistra tradizionale ha lasciato libera alla disaffezione e al richiamo delle sirene populistiche e qualunquiste.

Fonte: Esseblog

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