di Alessandro Gilioli
Non sono andate come sono apparse sui giornali italiani, le elezioni portoghesi: non è esatto, almeno, che dopo anni di obbedienza alla Troika gli elettori abbiano entusiasticamente premiato il partito che ne ha eseguito i dettami.
Basta vedere le percentuali, ma anche i seggi: il premier conservatore uscente è sceso diversi punti rispetto alle ultime legislative e non ha più i numeri per fare una maggioranza, mentre i tre partiti contrari alle ricette della Troika (socialisti, Blocco di sinistra e alleanza verdi-comunisti) hanno preso - assommati - il 51 per cento dei voti: ma anche loro difficilmente sarebbero in grado formare una maggioranza, sia per le questioni politiche che li dividono sia per la fragilità parlamentare.
Fatti loro, direte, ma qualche segnale interessante su quello che sta succedendo in Europa arriva anche da Lisbona.
Intanto sull'astensionismo, che ha superato il 43 per cento: è un record, in Portogallo, e rende di nuovo l'idea - se ce ne fosse bisogno - della crisi di rappresentanza delle democrazie nella Ue. A me sembra che sia profondamente sbagliato considerare fisiologico anziché patologico il fatto che quasi un cittadino europeo su due ormai rinunci a determinare il futuro politico del suo Paese. E la fuga dalle urne non è una consolazione per nessun perdente. È invece il problema per eccellenza da affrontare, se crediamo nella democrazia.
Se invece si guardano i dati percentuali portoghesi, quello più politicamente dirompente per gli equilibri locali riguarda il Blocco di sinistra (BE), che ha raddoppiato i voti e i seggi, diventando la terza forza del Paese dopo conservatori e i socialisti. Il Blocco di sinistra - se vogliamo semplificare - è un po' l'equivalente di Syriza o Podemos, e siede nello stesso loro gruppo a Bruxelles. A questo turno, per la prima volta ha superato il 10 per cento. Non è l'unico partito che sta a sinistra dei socialisti: l'altro, fatto dalla federazione tra comunisti e verdi, ha preso poco più dell'8 per cento, praticamente come quattro anni fa.
Naturalmente, lo scazzo politico che si apre in queste ore a Lisbona è molto simile a quello che da noi ha riguardato, ad esempio, la Liguria: senza il successo del Blocco di sinistra, i socialisti avrebbero superato i conservatori e ora sarebbero pronti a governare; per contro, quelli del Blocco di sinistra fanno presente che se loro esistono e raddoppiano i voti è per gli eccessi di moderatismo dei socialisti, che pur essendo critici verso la Troika non hanno mai messo in discussione alcuni dogmi liberisti come la priorità della riduzione della spesa pubblica.
Insomma, anche in Portogallo si pone la questione che ha devastato i socialisti in Grecia e li ha messi in forte crisi in Spagna: perdono a sinistra. Forse perché sono diventati troppo simili ai loro avversari. E, dove c'è ancora una destra, in generale l'elettorato conservatore preferisce l'originale all'imitazione. È ormai cosa talmente evidente che lo ha scritto qualche giorno fa - e qui l'ho ripreso - anche il Financial Times.
Ecco: se la questione dell'astensionismo e della crisi di rappresentanza è il problema per eccellenza delle democrazie europee nel loro complesso, la questione dei partiti storici della sinistra che si sono spostati al centro credendo di vincere (e invece vedono nascere forze che sottraggono loro voti decisivi a sinistra) è il problema per eccellenza di chi ha cuore politiche sociali più eque e ridistribuitive: cioè degli elettori di sinistra.
Come sapete, proprio per questo il Labour ha appena scelto un'altra strada - e vedremo come finirà.
Quanto all'Italia, in qualche modo e magari con altri attori, anche noi siamo e saremo sempre di più dentro questa dinamica.
(L'infografica sopra è presa da Público )
Fonte: L'Espresso - Piovono rane
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