di Giuseppe Bronzini
Nonostante sia pacifico che la Carta dei diritti dell’Ue si applica ad ogni atto, anche nazionale, che è il prodotto di un’azione dell’Unione e dei suoi organi, la Corte di giustizia in una serie di decisioni “pilatesche” si è sinora rifiutata di esaminare nel merito le misure nazionali di austerity. Anzi in alcune sentenze sono state giudicate “proporzionate e necessarie” le durissime misure adottate da Grecia, Portogallo, Romania.
Solo la Corte costituzionale portoghese in passato aveva giudicato iniqui e lesivi del contenuto essenziale dei diritti sociali fondamentali alcuni provvedimenti di risanamento del bilancio nazionale (inducendo così il Governo a reperire in altro modo i fondi per rispettare gli impegni europei). Con le recenti sentenze sul blocco dell’indicizzazione delle pensioni e del rinnovo dei contratti nel pubblico impiego la nostra Corte costituzionale sembra essersi allineata a quella portoghese.
Tuttavia, l’azione dell’Unione che incide su diritti sociali fondamentali continua a necessitare di una verifica giurisdizionale “europea” che si saldi ed integri con i rimedi interni, se si vuole salvare il cosiddetto modello della “tutela multilivello”.
«La Germania deve lo slancio della sua ascesa economica, di cui si alimenta tutt’ora, alla saggezza delle nazioni creditrici che nel 1954 le condonarono la metà dei suoi debiti»
Jürgen Habermas
«Quando sento i tedeschi dire che sono mossi solo dall’etica e che sono fermamente convinti che i debiti debbano essere pagati, penso: ma questa è una barzelletta. La Germania è esattamente il Paese che non ha mai onorato i suoi debiti»
Thomas Piketty
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Fonte: Europa in movimento
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