La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 6 ottobre 2015

Non solo Usa: anche l’Italia ha un problema con le armi da fuoco

di Antonio Murzio
«Non accettava la separazione dalla moglie e l'ipotesi si potere perdere anche la figlia che avrebbe potuto andare a vivere con la madre. Sarebbe questo il motivo per cui un uomo cinquantenne ha ucciso la figlia di 21 anni. Secondo la prima ricostruzione, il padre, autista di camion perfettamente integrato e regolare, avrebbe sparato alla figlia con una pistola detenuta legalmente per uso sportivo, quindi avrebbe rivolto l'arma contro se stesso. L'omicidio-suicidio potrebbe risalire alla giornata di ieri».
La notizia arriva da Ferrara ed è datata 5 ottobre 2015. La riportiamo non per parlare dell'ennesimo omicidio di genere o di un altro orrendo delitto computo in ambito familiare. L'attenzione è su quella “pistola detenuta legalmente”. Di quante armi dispongono gli italiani?
Quante sono quelle “legalmente detenute”, che comunque possono essere utilizzate in maniera impropria, come le cronache quotidiane raccontano, e quante sono quelle detenute illegalmente? Chi rilascia i permessi e per quali usi?
Abituati a guardare a quello che accade oltreoceano, con gli americani che contano più armi di abitanti - con il conseguente aumento di stragi e omicidi di massa, ultimo caso nell'Oregon -, spesso ignoriamo che nella disponibilità degli italiani ci sono ben sette milioni di armi: un cittadino ogni dieci dispone di una pistola, di un fucile, visto che le armi in dotazione alle forze dell'ordine sono solo un milione.
A stilare la statistica, che pone l'Italia al quindicesimo posto nella classifica mondiale dei 178 Paesi monitorati, è il sito indipendente Gunpolicy.org. Per armi possedute, secondo lo stesso sito, in Europa l'Italia è terza dopo Germania e Francia. Il primo posto sul podio al Belpaese spetta invece, secondo i dati questa volta dell'Unione europea, per la produzione di armi.
I dati sulla diffusione delle armi di Gunpolicy.org vengono ricavati dall'unica banca dati ufficiale, che è quella della Polizia di Stato, nella quale sono registrate 1 milione e centomila armi (rilevazione 2014) e dall'incrocio di dati provenienti da altre fonti non ufficiali.
A rilasciare il porto d'armi per difesa personale sono gli uffici territoriali del governo. Alle guardie giurate particolari viene rilasciato il porto d’armi per difesa personale. Pertanto, senza ulteriori autorizzazioni, possono detenere anche altre armi. Gli appartenenti alle forze dell’ordine, invece, tranne gli ufficiali di Pubblica sicurezza, come qualsiasi altro cittadino per detenere altre armi devono munirsi dei titoli di polizia previsti dalla normativa vigente.
Se è la Prefettura a decidere su chi ha i requisiti per il porto d’armi a uso difesa personale, spetta agli uffici della Questura il rilascio dei porti d’armi per uso sportivo (il tiro a segno, ad esempio) e per uso caccia.
Il ritiro di armi destinate alla rottamazione è un altro dei compiti a cui è deputato l’Ufficio armi della Questura.
I requisiti per il rilascio è subordinato a particolari caratteristiche del soggetto (ad esempio assenza di condanne penali) e in presenza di particolari circostanze, come ad esempio in caso di autodifesa. Dal punto di vista formale, esiste una distinzione tra licenza di detenzione di armi e licenza di porto di armi, che consente il trasporto delle armi al di fuori della propria abitazione. La prima include anche l'autorizzazione necessaria (nulla osta) di presentare in armeria per poter procedere all'acquisto. Tuttavia non tutti i tipi di armi sono acquistabili e detenibili da parte dei privati, come ad esempio i fucili d'assalto.
Secondo l’Anpam, l’associazione nazionale dei produttori di armi di Confindustria, il nostro Paese ha una delle legislazioni più severe al mondo. Contrapposta alla loro, la tesi di chi vorrebbe controlli ancora più ferrei nel rilascio di porti d’arma. È il caso della senatrice del Pd Marilena Adamo, prima firmataria cinque anni di un disegno di legge (ripreso in parte nel maggio scorso da un nuovo progetto di legge a firma Amati-Granaiola) che richiedeva che per i rilasci e i rinnovi dei porti d’arma «si dovrebbe presentare anche la certificazione della salute psichica, cosa che ancora non viene fatta». «Tutta la normativa - spiega ancora l’Adamo - dà più attenzione all’onorabilità della persona, al fatto che non abbia precedenti, che non all’equilibrio psichico».
Il ddl fu bloccato e etichettato come “demenziale” sulla rivista per appassionati “Armi e tiro”, che sull'ultima strage nell'Oregon commenta: «Bisognerebbe analizzare con obiettività gli avvenimenti per cercare di capire. Senza trarre la facile conclusione che ovviamente non ci piace, che le armi producano automaticamente violenza. Sono gli uomini che la producono». E che esulta alla sentenza del Consiglio di Stato che riapre la possibilità di detenere armi anche a chi ha precedenti penali per i quali ha scontato una condanna ed è pertanto da ritenersi “riabilitato”, portando la procedura dal “diniego automatico” a una “valutazione discrezionale più ampia”, come accadeva prima dell'emanazione di una sentenza del 16 luglio 2014.

Fonte: Linkiesta.it 

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