di Eleonora Ciminiello
Quando sei stata per la prima volta ribelle? “Mi ricordo che ero nella pancia della mamma e volevo uscire. Ho cominciato a tirarle tanti calci per farmi sentire fino a quando lei, stanca, non mi ha fatto nascere. Ecco, quella è stata la prima volta che sono stata ribelle”.
A parlare è una bimba delle elementari, la quale, alla domanda “Quando pensi di esser stata per la prima volta ribelle”, posta dalla sua maestra Stefania, ha visto già nella nascita il suo primo atto di ribellione, il primo momento in cui ha ritenuto di doversi fare sentire con tutte le sue forze, fino a quando non è riuscita ad ottenere ciò che voleva. Ribelle proprio come la sua maestra.
Che racconta:
Che racconta:
“Luglio 2011, Val di Susa. Partiamo dal Salento verso la Val di Susain cinque su una piccola utilitaria. Facciamo piccole soste in autogrill prima di raggiungere chi sta difendendo la Terra. All’arrivo non mi sento le gambe, ma ad attenderci trovo anziane nonne e donne attorno alle cui gambe si aggrappano i bambini, e papà e nonni pronti a difendere con il loro corpo la propria famiglia e la propria terra.
Ci investe il fumo dei lacrimogeni CS, lo stesso CS che, con la legge del 18 giugno del 1975 n. 110, è stato classificato come arma da guerra di terza categoria, in altre parole arma chimica. A sottolineare la tossicità e la pericolosità dei lacrimogeni a gas CS ci ha pensato anche la Convenzione di Parigi, ratificata poi in Italia nel 1997, attraverso la quale si proibisce l’utilizzo di CS in ogni scenario bellico. Dal 1991 le forze di polizia italiane sono dotate di lacrimogeni a gas CS e quel giorno in Val di Susa le usarono su di me, che avevo di fianco bambini, donne, uomini ed anziani, i quali non si sono lasciati intimorire da quella inaudita violenza.
«Seguite il sentiero di montagna e raggiungete il secondo blocco nel bosco. Lì troverete altri ragazzi come voi: noi teniamo impegnata la polizia anche di qua così resistiamo su più fronti». A dirmi queste parole una donna di settant’anni, affiancata dal marito in stampelle: «Se non avessi queste stampelle verrei con voi a difendere la mia terra, ma andate voi che siete giovani, noi penseremo a tenerli occupati anche da questa parte».
All’imbrunire siamo ripartiti per tornare in Salento dalla Val di Susa: il giorno dopo era giorno di lavoro, e con la pelle gonfia e irritata dai lacrimogeni sono tornata a fare quello che faccio per lavoro e per passione, l’insegnante di bambini”.
Il racconto di Stefania mi investe come un treno in corsa, e come si difende una terra lo vedo scritto negli suoi occhi, che a sua volta l’ha visto scritto negli occhi di una donna di settant’anni, la quale con ogni probabilità l’ha letto negli occhi profondi di sua madre.
Perché quando è necessario difendere la propria terra dalle ingiustizie, dai veleni, dalla morte non servono caporali e generali, serve un popolo, serve la gente che sceglie di vivere e non morire, che sceglie di salire su un albero per difenderlo anziché guardare dall’angolo della strada i manifestanti, che sceglie di agire anziché fermarsi, che decide di prendere sulle proprie spalle la paura per presentarla in conto a chi vuole usarla contro di lui.
Paura, indifferenza ed interesse: più dei tagli, più dei pesticidi, più dello spettro di morte che nelle ultime settimane aleggia nel cielo salentino, sono proprio la paura innescata nel popolo e la sua inguaribile indifferenza, le armi utilizzate per la distruzione, senza scordare l’interesse, padre di ogni guerra, anche quella che ogni giorno ha per campo di battaglia l’animo umano, e per protagonisti il Conscio e l’Inconscio.
E intanto rileggo grazie a questa amica Sangue di quella Terra (di Pinuccio Giuri, M. Luisa Mastrogiovanni, edito da Lupo, 2007), perché voglio sentire dalla bocca deicontadini che lottarono in Terra d’Arneo (tratto della penisola salentina, lungo la costa ionica ndr) le loro storie, i loro pensieri, i loro suggerimenti… per comprendere se anche loro avevano paura, e lasciare che io capisca a cosa si sono aggrappati per sconfiggerla.
Qual è stata la scintilla che ha scatenato tanto coraggio, se una scintilla c’è stata. Se così non è io riesco a dare a quel coraggio una sola spiegazione: loro erano “ribelli” fin dalla nascita ... mentre la maggior parte dei salentini odierni sono nati con parto cesareo e senza troppi spintoni. Perdenti prima ancora di nascere, prima di rendersi conto perché era giusto lottare.
Pubblicato anche su leccecronaca.it
Fonte: comune-info.net
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