di Antonio Sciotto
«Ho subìto un ricatto da parte di Landini, un ricatto politico. E poiché non mi sono piegato sono stato licenziato dalla Fiom». «Bellavita non rappresenta più l’unitarietà della Fiom, quindi in maniera libera e trasparente la segreteria ha considerato conclusa la sua aspettativa sindacale. Per rispetto a tanti lavoratori che hanno perso il posto non usi il termine “licenziamento”: tornerà al suo posto di lavoro, all’azienda da cui era in distacco». In queste due accuse reciproche la bufera che sta attraversando la Fiom.
Sergio Bellavita, funzionario nazionale dell’organizzazione dei metalmeccanici ed esponente dell’area di minoranza in Cgil Il sindacato è un’altra cosa è stato destituito dal suo ruolo (ma non dal Comitato centrale e dalla Direzione Fiom) a causa di un contrasto con la segreteria che la squadra di Maurizio Landini ha giudicato insanabile. Bellavita, che è anche (e resta) componente del Direttivo Cgil, è l’erede di Giorgio Cremaschi alla guida dell’area di minoranza: lo scontro è finito su tutti i giornali forse perché in qualche modo ricorda il conflitto che per diverso tempo ha visto contrapporsi lo stesso Landini a Susanna Camusso.
L’area guidata un tempo da Cremaschi e poi da Bellavita non ha mai raggiunto numeri elevati (oggi ha il 7,4% in Fiom e il 2,6% in Cgil). Da almeno due anni si è interrotto anche il filo che tradizionalmente – almeno riguardo alla dialettica rispetto alla Cgil e alle sue varie categorie – la legava alla Fiom. Tanto che all’ultimo Congresso, nel 2014, le vie di Cremaschi/Bellavita e Landini si erano già nettamente separate. Nel frattempo, dopo l’aspro conflitto tra il leader della Fiom e la numero uno della Cgil che aveva attraversato lo stesso Congresso, negli ultimi due anni tra i due segretari è scoppiata la pace: e sulle politiche contrattuali, il contrasto al governo Renzi e il progetto della Carta dei diritti più i tre referendum, Landini e Camusso navigano sostanzialmente in armonia.
Nelle fabbriche però – o perlomeno in alcune – si è sviluppato uno scontro. All’area di Bellavita aderiscono infatti diversi delegati Fiom della Fca di Melfi (una minoranza rispetto al totale delle Rsa Fiom) e di Termoli (in questo caso ha la maggioranza rispetto a Landini). Il primo episodio a creare attrito è la partecipazione dei delegati dell’area a un presidio a Melfi, nel 2015, contro il «modello Marchionne»: «Eravamo insieme a Cub, Usb, Slai Cobas, politici di M5S e Prc: era una protesta simbolica, non voleva aprire una vertenza, ma già allora Landini mi disse che la nostra partecipazione, non avendo avuto autorizzazione da parte della Fiom, avrebbe avuto conseguenze pesanti», racconta Bellavita.
Qualche mese dopo il conflitto si riaccende per uno sciopero a Termoli, deciso a maggioranza dalle Rsa contro i nuovi turni Fca (modello firmato da Fim e Uilm ma non dalla Fiom): il segretario Fiom Molise fa appendere in bacheca la non adesione della Fiom, sconfessando i delegati. Nel frattempo si era creato il «Comitato lavoratori Fca Sud», intersindacale (anche con i sindacati di base), e così la Fiom di Molise e Basilicata deferiscono il caso alla Commissione statutaria Cgil.
La Commissione ha definito il Comitato «incompatibile» con la Cgil, perché si prefigura come «coordinamento parasindacale». «I firmatari del documento di fondazione del suddetto comitato – ha spiegato la Fiom – prescindevano dalle discussioni e dalle decisioni assunte dalla Fiom, contrastandole». Il Comitato centrale Fiom ha dunque deciso che non avrebbe espulso (cioè tolto la tessera) alle 16 Rsa Fiom che ne facevano parte, ma che avrebbe posto il problema della loro rappresentanza: delega che non è stata ancora ritirata, ma avendo nel frattempo Bellavita contestato la decisione di ricorrere alla Commissione statutaria, la segreteria Fiom, all’unanimità, ha deciso di revocargli il distacco.
Questo perché «una volta assunte, le decisioni impegnano tutti: la Fiom è una, e si devono garantire la sua unità politica e contrattuale». «Non possono esserci “liberi professionisti” non vincolati dalle decisioni assunte da tutti», e «Il sindacato è un’altra cosa ha condotto una campagna denigratoria». «Quindi non possono esistere punti di vista diversi? – replica Bellavita – E come faccio a rappresentarli all’esterno, essendo oltretutto portavoce di un’area di minoranza, se devo rispettare questa unità di linea? Dove sono finite le battaglie per il diritto alla voce delle minoranze condotte all’ultimo Congresso?».
Fonte: il manifesto
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