di Edoardo Zanchini
Il referendum sulle trivellazioni ha posto in maniera evidente il bivio di fronte a cui ci troviamo nelle scelte energetiche che riguardano il Paese. Da un lato la scelta di accelerare verso un sistema sempre più incentrato sulle rinnovabili, distribuito e democratico, dall’altro la difesa di un mondo che ruota intorno a grandi gruppi che controllano petrolio, gas, impianti e reti.
Il campo di scontro su cui questi interessi contrapposti giocheranno nei prossimi anni è quello dell’autoproduzione da fonti rinnovabili. Perché la riduzione dei costi degli impianti e le innovazioni nella gestione di reti e sistemi di accumulo rendono oggi competitivo un modello nel quale l’energia è prodotta e distribuita localmente, e dove si avvicinano produzione e consumi. Il problema è che queste innovazioni nel nostro Paese sono vietate – la Legge impedisce la distribuzione di energia elettrica da rinnovabili in un condominio e persino in un distretto industriale – o pesantemente tassate.
Basti dire che una raffineria paga le stesse tasse di un impianto solare per l’energia che si produce e consuma. La scelta di aprire a questi cambiamenti è squisitamente politica e, ad esempio, in Spagna vede il Parlamento spaccato esattamente a metà.
Basti dire che una raffineria paga le stesse tasse di un impianto solare per l’energia che si produce e consuma. La scelta di aprire a questi cambiamenti è squisitamente politica e, ad esempio, in Spagna vede il Parlamento spaccato esattamente a metà.
Alcuni mesi fa il Governo Rajoy ha imposto una tassa sull’autoproduzione che arriva a far pagare perfino una famiglia per l’energia che produce dal suo piccolo impianto solare. Contro questo provvedimento, che risponde evidentemente agli interessi dei grandi gruppi dell’energia in crisi, si sono battuti ambientalisti e imprese delle rinnovabili con al loro fianco Podemos e il Psoe che hanno messo nei loro programmi politici il via libera all’autoproduzione da fonti rinnovabili.
E in Italia? Legambiente ha presentato in un convegno ieri a Roma le sue proposte per liberare l’autoproduzione da fonti rinnovabili e aperto una discussione con Sindaci, associazioni delle rinnovabili, parlamentari. La convinzione è che sia arrivato il momento anche in Italia di aprire a questa prospettiva, perché da noi come in Spagna le opportunità e i vantaggi sarebbero enormi in particolare per i territori e le risorse locali.
Attenzione, non stiamo immaginando un futuro lontano ma semplicemente raccontando quello che è già realtà in alcuni Comuni italiani delle Alpi, dove la distribuzione locale di energia prodotta da rinnovabili è consentita da una legge che risale ai primi del Novecento come spinta alle cooperative energetiche.
Sfruttando questa possibilità negli ultimi dieci anni si sono realizzati investimenti in impianti solari, idroelettrici, da biomasse, eolici e nella gestione delle reti. In questi Comuni, al 100% rinnovabili, i cittadini sono soci di cooperative che hanno bollette ben più vantaggiose di quelle del resto d’Italia. Perché non aprire a questo scenario in tutti i Comuni italiani e creare opportunità anche a Sud di Bolzano?
Oggi non esistono ragioni tecniche o economiche che possano fermare una prospettiva che crea benefici per famiglie, imprese, Comuni. Ma è evidente che servano regole diverse e nuove idee per portare avanti un cambiamento radicale del modello energetico perché distribuito e con molteplici protagonisti (i prosumer, ossia soggetti al contempo produttori e consumatori di energia elettrica).
Di sicuro non è continuando a mettere barriere e tasse nei confronti dell’autoproduzione che si ferma una prospettiva che è oggi competitiva e nell’interesse generale.
Intanto cerchiamo di essere in tanti a votare Sì al referendum del 17 Aprile per fare dell’autoproduzione da fonti rinnovabili il centro del futuro energetico italiano.
Fonte: il manifesto
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.