di Andrea Colombo
La contromossa di Matteo Renzi è scattata giovedì, con la piena complicità, impossibile dire se e quanto coordinata, di Giorgio Napolitano. Che solo il premier tra tutte le cariche istituzionali inviti all’astensione pare brutto? Niente paura, tanto in Italia c’è il presidente, ma anche il presidentissimo che nel suo stesso cuore non è mai uscito dal Quirinale. E se Mattarella, il capo dello Stato formalmente in carica, predilige i toni soffici, il collega adopera il martello.
L’astensione è sacrosanta, essendo «un modo di esprimere la convinzione dell’inconsistenza e della pretestuosità di questi referendum», risponde Napolitano intervistato da Repubblica. Non pago, l’ex presidente che dichiarò da solo la sciagurata guerra libica e che era abituato a forzare quanto più possibile i limiti del ruolo assegnato dal capo dello Stato, rincara di brutta: «Ci si pronuncia su quesiti specifici che dovrebbero essere ben fondati. Non è questo il caso».
E’ lo stesso Napolitano che nel 2011, ai tempi del referendum sull’acqua, dichiarava: «Io sono un elettore che fa sempre il suo dovere», quello che esaltava «la valorizzazione dello strumento referendario come elemento di democrazia diretta»? Sì è proprio lui, ma si sa che solo i cretini non cambiano opinione col tempo e con la convenienza politica.
Con un tempismo perfetto e che è molto difficile immaginare casuale, Renzi impugna il pronunciamento di Napolitano e lo rilancia, amplificandolo quanto più gli riesce: «Come ha magistralmente spiegato Giorgio Napolitano se un referendum prevede un quorum la posizione di chi si astiene è costituzionalmente legittima al pari delle altre, ha la stessa identica dignità. Il referendum voluto dai consigli regionali e non dai cittadini è una bufala». E’ l’opposto di quanto affermato dal presidente della Consulta, ma con Napolitano alle spalle Renzi può permettersi di smentire sia la Corte che i presidenti delle Camere, contrari all’astensione.
Quelle di Giorgio Napolitano sono parole in realtà pesantissime. Perché l’ex presidente della Repubblica revoca in dubbio l’ammissione del quesito da parte della Corte Costituzionale e si scaglia di fatto contro il presidente della stessa Paolo Grossi, che aveva invece detto che votare nel referendum «fa parte della carta d’identità del buon cittadino». Ma anche perché, con le sue parole, Napolitano mette in oggettiva difficoltà l’attuale inquilino del Colle.
Sergio Mattarella ha già deciso di andare a votare, ma ha fatto in modo di dare alla sua scelta il minor clamore possibile proprio per non creare ulteriori problemi al giovanotto di palazzo Chigi che, con la sua gratuita sovraesposizione, si è messo da solo in una situazione difficile. Ora però, dopo il fragoroso affondo di Napolitano, Mattarella rischia di passare per una specie di presidente-fantoccio. Tuttavia resta deciso a non prendere una posizione aperta, al solito per non mettere nei guai lo scavezzacollo che guida il governo.
Il soccorso di Napolitano è certamente prezioso perché aiuta Renzi a tirarsi fuori dal vicolo cieco istituzionale in cui si era cacciato. Anche se formalmente a parlare è solo un senatore a vita, la benedizione di un ex presidente, oltretutto abituato a considerarsi assai vicino a un monarca, legittima la sua inaudita scelta di capeggiare il partito dell’astensione. E’ però dubbio che l’appello del presidente emerito si riveli fruttuoso anche sul fronte del consenso. Napolitano non gode più della popolarità che lo ha circondato per alcuni anni e la sensazione che abbia oltrepassato di molto i limiti del suo mandato è diffusa. La sua discesa in campo potrebbe rivelarsi persino controproducente.
Movimento 5 Stelle, Forza Italia, Lega e Storace attaccano senza perifrasi il tandem astensionista, che per Renato Brunetta è «spudoratamente fuori dalla Costituzione» mentre il vicepresidente della camera Luigi Di Maio rivendica: «Su Napolitano ci avevamo visto giusto». Ma anche chi si mantiene più prudente, come Roberto Speranza per la minoranza Pd e Sel, bersaglia Renzi prendendo in realtà di mira anche il suo autorevole guardiaspalle.
La sfida, comunque, non sarà solo sul filo del quorum. Il Pd spera in un’affluenza inferiore al 30%. Sarebbe un trionfo e il miglior viatico per il referendum di ottobre, il quale, non c’è neppure bisogno di dirlo, ha già incassato il sostegno totale del solito Giorgio. Le voci fatte filtrare dal Nazareno, anzi, giurano che Renzi aveva sì chiesto una mano all’ex capo dello Stato, ma con l’obiettivo di farlo presidente onorario dei comitati per il referendum sulla Costituzione, idea giudicata dall’interessato «inopportuna», non con quello di spingerlo all’intervista a spada tratta di ieri. In compenso una percentuale di votanti intorno al 40% sarebbe vissuta al Nazareno come una Caporetto. Il quorum superato, invece, sarebbe Waterloo.
Fonte: il manifesto
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