di Green Report
«Tharanga Yakupitiyage scrive su Inter Press Service(IPS) che «L’evasione fiscale e il segreto che circonda alcune pratiche finanziarie scoperte dai Panama Papers hanno un costo umano enorme nei Paesi in via di sviluppo e minacciano la realizzazione degli ambiziosi Obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Onu» (Sustainable development goals . Sdg). Le notizie che stanno facendo filtrare i giornali aderenti all’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ)
Hanno già portato alle dimissioni del premier islandese, provocato un terremoto politico in Gran Bretagna e messo in imbarazzo molti leader mondiali, sia economici che politici, che hanno nascosto i loro soldi in 21 paradisi fiscali. Lo studio panamense Mossack Fonseca ha aiutato i ricchi del mondo a frodare i loro Paesi e soprattutto i cittadini più poveri.
Yakupitiyage evidenzia uno di questi casi: «La compagnia Heritage Oil and Gas Ltd (HOGL) ha fatto ricorso a Mossack Fonseca per non rispettare le leggi fiscali dell’Uganda». Secondo l’ICIJ, le e-mail dei Panama Papers rivelano che l’HOGL avrebbbe dovuto pagare 404 milioni di dollari di imposte per la vendita di un giacimento petrolifero, ma la compagnia petrolifera denunciò il governo dell’Uganda, intanto trasferiva le sue operazioni a Mauritius. Il piccolo Stato insulare ha un accordo sulla doppia imposizione con l’Uganda che permette a imprese come l’HOGL di pagare le tasse in un solo Stato. Nel 2000, il Fondo monetario internazionale (FMI) inserì Mauritius tra i Paesi preferiti dalle imprese per le sue normative trbutarie molto favorevoli.
Tatu Ilunga, senior tax policy advisor di Oxfam, ha detto all’IPS che «I paradisi fiscali privano Paesi in via di sviluppo come l’Uganda delle entrate fiscali necessarie per fornire servizi essenziali. In Uganda, circa il 37% degli oltre 32, 7 milioni di abitanti vive con meno di 1,25 dollari al giorno. Questo Paese dell’Africa orientale è anche quello dive si registra il maggior numero di casi di mortalità materna e infantile del mondo».Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’Uganda è tra i 10 Paesi nei quali si concentra la maggioranza di morti materne. I 404 milioni di dollari dell’HOGL sono più di quel che l’Uganda, carente di servizi sanitari, destina alla salute.
In Nigeria, è FINITO NEI Panama Papers James Ibori, il governatore dello Stato petrolifero del Delta, che avrebbe utilizzato Mossack Fonseca come agente per 4 compagnie offshore ubicate alle Seychelles e a Panama. Ibori nel 2012 era stato arrestato per aver esportato clandestinamente 75 milioni di dollari dalla Nigeria, ma secondo le autorità nigeriane avrebbe rubato e nascosto de 290 milioni di dollari nei paradisi fiscali. Naturalmente questo enorme patrimonio in nero è frutto della corruzione petrolifera.
Come per l’Uganda, gli indicatori della sanità in Nigeria sono pessimi: circa il 10% di mortalità materna e infantile, mentre le povertà è addirittura in aumento, con il 61% dei 186 milioni di nigeriani che vivono in povertà. La regione del Delta del Niger, dove opera anche la nostra Eni, dovrebbe rappresentare un importante contributo per le casse dello stato federale nigeriano, ma proprio lo Stato del Delta è uno dei più poveri e mono sviluppati della Nigeria: il tasso di povertà, in una terra devastata dall’inquinamento petrolifero, raggiunge il 45%. Secondo un rapporto dell’United Nations development programme (Undp) la maggioranza della popolazione del Delta del Niger non ha accesso all’acqua potabile, all’elettricità, ai servizi sanitari e a infrastrutture comne strade e telecomunicazioni.
Yakupitiyage fa notare che «Sebbene il denaro nascosto da Ibori sia una piccola parte delle entrate della Nigeria, il fatto riflette un problema globale e generalizzato che va molto oltre di Mossack Fonseca».
Craig Fagan , che coordina le politiche di Transparency International, ha detto: «E pensare che i milioni di documenti divulgati e le numerose persone di alto profilo coinvolte sono solo in uno Studio di Panamá. Possiamo star sicuri che ce ne sono molti altri, a Londra, Hong Kong, New York o Miami, che operano in strutture simili».
Secondo Oxfam nei paradisi fiscali sono nascosti almeno 18,5 trilioni di dollari e due tersi di questi sono occultati in paradisi che hanno rapporti con l’Unione europea, mentre il resto è nascosto in territori di oltremare britannici. Oxfam d aggiunge che si tratta di stime prudenziali.
Il precedente scandalo, lo Swissleaks, reso noto dall’ICIJ nel 2015, rese noto che 106.000 clienti, dal Venezuela fino allo Sri Lanka, nascondevano più di 100 miliardi di dollari nei conti della Bana HSBC. Un’inchiesta di Tax Justice Network (TJN) rivelo che tra 21 e 32 trilioni di dollari vengono fatti “sparire” nei paradisi fiscali attraverso le offshore companies.
Tutto questo ha gravissime conseguenze sui Paesi in via di sviluppo, secondo Oxfam, solo l’elusione e l’evasione fiscale delle multinazionali costa ai Paesi in via di sviluppo tra 100 miliardi e 160 miliardi di dollari all’anno e se si stima il trasferimento dei profitti la cifra raggiunge tra 250 e i 300 miliardi di dollari all’anno.
Secondo la Brookings Institution, questo denaro “perduto” potrebbe permettere di uscire dalla povertà tre volte più persone di quelle che attualmente sono sotto la soglia di 1,25 dollari al giorno. Oxfam aggiunge che per ogni miliardo di dollari evasi, 11 milioni di persone nel Sahel potrebbero avere cibo sufficiente, oppure potrebbero essere pagate 400.000 ostetriche nell’África subsahariana, dove si concentra la mortalità materna, e si potrebbero acquistare 200 milioni di zanzariere per ridurre la mortalità causata dalla malaria.
Ilunga ricorda cosa è questa enorme ingiustizia economica e sociale: «E’ lo stesso sistema fraudolento che ha creato una situazione in cui la ricchezza dell’1% più denaroso supera il resto del mondo. La malversazione fiscale esiste in una zona legale grigia nella quale alcune attività violano chiaramente lo spirito della legge, anche se tali attività non sono tecnicamente illegali. Ma proprio il fatto che siano legali è proprio lo scandalo che ci preoccupa di più». Fagan aggiunge: «Solo perché non è illegale non significa che non sia una forma di manipolazione e di corruzione».
Ilunga e Fagan concordano sul fatto che i Panama Papers abbiano richiamato l’attenzione sulla necessità di farla finita con i paradisi fiscali ma sottolineano la necessità di istituire un registro pubblico dei nomi dei veri proprietari delle imprese e che chiarisca quando e come è stato q guadagnato il denao depositato.
In vista del vertice anti-corruzione che si terrà a maggio in Gran Bretagna, Oxfam e TJN chidono al governo britannico di iniziare davvero la lotta contro la vasta reste di paradisi fiscali di suoi territori d’oltremare, come le Isle Vergini Britanniche e le Isole Cayman.
In un documento congiunto Luke Gibson, policy advisor di Oxfam, e Alex Cobham dierettore ricerca di TJN, scrivono: «Il vertice offre un’opportunità per smantellare il segreto che circonda le finanze e mette a rischio a lotta contro la povertà che il mondo cerca di fare con gli Sdg». I Sustainable Development Goals comprendono l’impegno a ridurre il flusso illecito di fondi e la corruzione entro il 2030, così come di rafforzare la mobilitazione nazionale delle risorse, il che comprende la capacità di riscuotere le tasse.
Fonte: Green Report
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