di Corrado Oddi
Allora siamo partiti. La scorsa settimana in tante piazze è iniziata la raccolta delle firme sui referendum sociali. Quattro contro la “cattiva” scuola, contro tutte le trivellazioni di idrocarburi, contro il piano nazionale inceneritori a cui si aggiunge la petizione popolare contro i decreti attuativi Madia che intendono privatizzare i servizi pubblici locali. Contemporaneamente, sono stati presenti anche i banchetti della Cgil che raccoglie le firme su 3 quesiti referendari contro il Jobs Act e la legislazione sul lavoro e anche quelli animati dal Coordinamento per la democrazia costituzionale che propongono i 2 quesiti contro l’Italicum.
Quello che ho visto nella città dove vivo, Ferrara, somiglia a quel che è successo anche in altre città, sia metropolitane che di provincia, da Roma a Pescara. Nella bella Piazzetta Municipale, crocevia tra la sede del Comune e la cattedrale, a poche decine di metri di distanza sono collocati i banchetti per i referendum sociali, quello della Cgil e quello per la raccolta delle firme contro l’Italicum.
Le persone affluiscono in buon numero, non sono del tutto informate, ma quando si spiega l’oggetto della raccolta delle firme, in gran parte, senza distinzioni tra le tre iniziative, si mettono pazientemente in fila e fanno la spola tra i vari banchetti («ma non potevate mettervi tutti insieme, così facevamo prima?».
Le persone affluiscono in buon numero, non sono del tutto informate, ma quando si spiega l’oggetto della raccolta delle firme, in gran parte, senza distinzioni tra le tre iniziative, si mettono pazientemente in fila e fanno la spola tra i vari banchetti («ma non potevate mettervi tutti insieme, così facevamo prima?».
Permane una disponibilità, anzi una volontà di partecipazione diffusa. Sarebbe superficiale trarre conclusioni generali da quest’inizio di campagna, ma, due anni e più di esperienza dell’ “uomo solo al comando”, di propaganda sul fatto che è meglio stare a casa, che ci si può solo rassegnare o urlare uno alla volta, che, se va bene, si può dire “mi piace””a dibattiti preconfezionati, che la democrazia consentita è quella del pubblico che assiste, non hanno anestetizzato le persone. E lo strumento referendario, per quanto imperfetto e volutamente spuntato da questo e dai governi precedenti, è ancora visto come utile a questo fine.
Le persone che decidono di firmare per i quesiti referendari e per le altre proposte hanno ben chiaro che tutte le questioni, quelle sollevate dai referendum sociali, quelle del lavoro e anche la legge elettorale, sono legate, compongono una trama unitaria. Una delle idee forza della vasta stagione referendaria trova qui una conferma importante: quello di cui occorre discutere e su cui promuovere un’iniziativa conseguente è proprio il tema del modello sociale e della qualità della democrazia nel nostro Paese.
Esiste e resiste una domanda forte di cambiamento dei rapporti sociali e di potere, dello stato della democrazia nel Paese. Per darle forza si deve favorire e promuovere una grande partecipazione al voto per oggi. E raccogliere tante adesioni per tutti i referendum e le raccolte di firme, costitutivi di questa primavera dei referendum “sociali”, del lavoro e della democrazia.
Fonte: il manifesto
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