Intervista a Mario Tozzi di Giacomo Russo Spena
“Questo referendum ha un immenso valore simbolico. Come non capirlo?”. Mancano poche ora al voto di domenica e Mario Tozzi – geologo, divulgatore scientifico e personaggio televisivo – ha le sue ferme convinzioni. Non si capacita. Da sempre sensibile ai temi ambientali, pone la questione in termini pragmatici e strategici per il Paese: “Dobbiamo lasciare gli idrocarburi ed investire sulle rinnovabili. Le fonti fossili rappresentano roba vecchia, serve una svolta altrimenti non riusciremo a rispettare l’accordo sul clima di Parigi, appena siglato dall’Italia”.
La consultazione del 17 aprile riguarda l’estrazione di idrocarburi offshore entro le 12 miglia nautiche dalla costa. Dunque riguarda il futuro di 88 piattaforme oggi esistenti entro le 12 miglia, che fanno capo a 31 concessioni. Il governo ricorda che la legge di stabilità 2016 ha già bloccato il rilascio di nuovi permessi per estrarre idrocarburi entro le 12 miglia. Era veramente indispensabile questo referendum?
"Innanzitutto la legge proibisce nuove concessioni ma non l’innalzamento di nuove piattaforme. Detto questo, mi soffermerei su tutt’altro, ovvero sul grande valore simbolico del referendum. Se vincessero i Sì finalmente il nostro Paese si allineerebbe con quella che è l’unica posizione possibile oggi: l’abbandono dei combustibili fossili. I 6 quesiti referendari – quando erano ancora 6 - hanno già permesso di compiere passi in avanti sull’affrancamento dalle fonti fossili perché il governo, sotto l’indicazione della Consulta, ha dovuto fare marcia indietro sul valore strategico del petrolio e sull’esproprio vincolato obbligatorio, prassi non più possibile. Infine, il cuore della consultazione, non ci possono essere concessioni a vita, in nessun posto d’Italia, né per l’acqua né per le cave. Perché dovrebbe essere possibile per il petrolio?"
Mi scusi ma le piattaforme esistenti entro le 12 miglia sono state già sottoposte ad una valutazione di impatto ambientale e le relazioni finali non avevano evidenziato gravi danni ambientali…
"Questo è quel che avvenuto finora non possiamo prevedere il domani, gli incidenti nelle piattaforme sono rari ma possono sempre succedere. In generale, la questione ambientale è secondaria, se non irrilevante, per capire le ragioni del referendum. Il tema non sono i terremoti o gli sfregi al paesaggio – cose vere soltanto in alcuni casi – qui la questione è strategica. E’ un problema di prospettiva. Nel terzo millennio, dopo gli impegni presi a Parigi, dove abbiamo aderito ad un accordo internazionale che prevede che entro il 2050 dovremo tagliare le nostre emissioni inquinanti, noi andiamo a cercare nuovi idrocarburi? È contraddittorio. Affidarsi al petrolio è una scelta vecchia, non al passo con le possibilità delle nuove tecnologie sostenibili. E’ un discorso di politiche energetiche."
Se vincessero i Sì, ben 3mila persone impiegate ora su quelle piattaforme rischiano di perdere il proprio lavoro. Il gioco vale la candela?
"Una sciocchezza. Gli addetti andranno a naturale scadenza della concessione, come previsto anche dalla Legge di Stabilità. Non vengono licenziati in tronco il 18 aprile. Di cosa stiamo parlando?"
Sicuro che non siamo di fronte ad un referendum ideologico che avrà solo nefaste conseguenze?
"Insisto. Questo referendum parla delle nostre politiche energetiche. Vogliamo uscire o no dal petrolio? Questa è l’occasione per farlo. Non se ne cerca più del nuovo nel mondo, quella strada è chiusa. Il quantitativo di petrolio e di gas naturale fornito al nostro Paese dalle piattaforme entro le 12 miglia non supera rispettivamente lo 0,9% ed il 3% dei consumi nazionali. Una quantità irrisoria. Le rinnovabili rappresentano invece la prima voce di investimento nel mondo. Credo che siano le ragioni del No totalmente ideologiche. È l’esatto contrario."
Cosa ne pensa della posizione del governo e di Napolitano che hanno invitato, di fatto, ad “andare al mare”? L’astensione non è una decisione legittima?
"Certamente legittima ma povera, dal punto di vista culturale, soprattutto su temi come questi che riguardano tutti noi. Penso che bisogna tener conto del risultato, politicamente, anche se non si dovesse raggiungere il quorum, scoraggiato tra l’altro in tutti i modi non accorpandolo con le elezioni amministrative."
Come giudica l’operato dell’esecutivo sui temi ambientali? È ancora in attesa del tanto sbandierato Green Act?
"C’è senz’altro un fatto positivo: sono stati stabilizzati gli incentivi sulle rinnovabili, grazie – ad onor del vero – alla battaglia parlamentare del M5S. Da quando è in carica questo governo, il fabbisogno energetico elettrico con le rinnovabili è passato dal 41 al 77 per cento. Un buon risultato. Ci dice pure che il futuro sono le rinnovabili, in termini occupazionali e per far abbassare i costi ai consumatori. Chi auspica ancora l’utilizzo degli idrocarburi è ancorato al Novecento."
Che idea si è fatto dello scandalo Trivellopoli?
"Dove c’è petrolio ci sono affari e business. Mi pare palese. Dopo le armi e gli investimenti spaziali, sulle fonti fossili viene stanziata la maggior parte di fondi tecnologici al mondo."
Una sua previsione, ci sono le condizioni per superare il quorum o è una battaglia senza speranza?
"Purtroppo è sfuggito il significato profondo, politico, di questo referendum. Anche se si arrivasse al 40 per cento dei votanti, non raggiungendo il quorum, sarebbe un successo. Le rinnovabili permangono l’unica scelta coerente e perseguibile se vogliamo davvero rispettare gli obiettivi sanciti a Parigi. Non inquinano. Punto."
Ultima battuta: secondo lei c’è stato un oscuramento mediatico?
"C’era da aspettarselo. È sempre così. Se uno pensa che la maggioranza degli italiani è sfavorevole alla caccia eppure..."
Fonte: MicroMega online
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