di Roberto Ciccarelli
«Fight for 15» è un movimento potente. In occasione della giornata mondiale di mobilitazione per i «chain-workers», i lavoratori dei fast food, ha ricordato le recenti conquiste della battaglia per il salario minimo negli Stati Uniti. Lo stato di New York lo ha fissato a 15 dollari all’ora, come richiesto dal movimento. Anche la California ha fatto lo stesso. La battaglia si è estesa anche ad altre categorie: gli infermieri della Pennsylvania, ad esempio, hanno conquistato la stessa cifra. Negli Stati uniti «ci sono dieci milioni di lavoratori che stanno uscendo dalla povertà grazie a queste vittorie gigantesche e ispiratrici».
I lavoratori dei fast-food statunitensi sono scesi in piazza giovedì in più di 300 città e hanno coinvolto decine di migliaia di lavoratori sottopagati nei campi dell’assistenza domiciliare ai malati, nella cura dei bambini, gli insegnanti. Una composizione socio-professionale, sostenuta dai sindacati, che ha imposto anche nel dibattito dei candidati democratici alla Casa Bianca di esprimere una posizione su una lotta che ieri è stata sostenuta in 40 paesi di sei continenti diversi.
Bernie Sanders sostiene il movimento e a Washington ha annunciato che, da presidente, sosterrà una legge per aumentare il salario minimo a livello federale a 15 dollari e rafforzerà l’azione sindacale. La sua intenzione è di riconoscere ai sindacati un maggiore potere di contrattazione. Hillary Clinton invece sostiene un salario minimo a 12 dollari a livello federale, lasciando la possibilità ai governi locali di alzarlo caso per caso. La candidata si è soffermata poco fino ad oggi su come intende rafforzare i sindacati.
Già nel settembre 2015 Sanders ha sostenuto che negli Usa non esiste giustizia. Chi paga poco i lavoratori non è solo McDonalds o Burger King o Walmart. è il governo degli Stati Uniti. Sanders intende fare quello che non è riuscito ad Obama: portare a 15 dollari il minimo per i contratti dei lavoratori pubblici.
In Italia è stata la Filcams a raccogliere la mobilitazione lanciata dai sindacati e dall’auto-organizzazione dei fast food workers americani. Il 6 maggio è stato convocato uno sciopero «per denunciare l’insostenibile situazione del mancato rinnovo del contratto nazionale scaduto da più di tre anni» sostiene Cristian Sesena , segretario nazionale della Filcams. Ieri a Firenze si è svolto un coordinamento nazionale per preparare la mobilitazione.
Fonte: il manifesto
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