di Biagio Simonetta
Se lo scandalo Panama Papers sta scoperchiando i segreti finanziari di star e professionisti, un altro angolo buio della finanza mondiale è esploso nelle ultime ore. E porta la firma di Oxfam, una delle più grandi ONG al mondo specializzata in aiuti umanitari, che nel suo rapporto “Broken at the Top” lancia pesanti accuse nei confronti di cinquanta big americane. Si tratta di alcune delle compagnie più importanti al mondo nel campo tecnologico, bancario, industriale, petrolifero e farmaceutico: da Alphabet (Google) ad Apple, da Microsoft a Coca Cola, da General Electric a Pfizer. Cinquanta colossi che detengono fiumi di danaro al di fuori dei confini degli Stati Uniti d'America così da nasconderli al fisco e pagare meno tasse.
Secondo Oxfam, le compagnie in questione custodiscono in paradisi fiscali 1.400 miliardi di dollari. Che per fare un termine di paragone, equivalgono all'intero Pil di Spagna, Messico o Australia.
Biglietti verdi che vengono occultati in 1.608 società sparse nei paesi off shore come le Bermuda o le Isole Cayman, dove la tassazione è ben lontana dal 35% di imposta del governo Usa. Ma oltre al danno ci sarebbe la beffa degli aiuti pubblici: tra il 2008 e il 2014, infatti, le 50 aziende analizzate avrebbero pagato in tasse 1 miliardo di dollari, ma trattenuto off shore 1,4 miliardi e ottenuto 11,2 mila miliardi in prestiti federali, bailout e garanzie di prestito. In totale, insomma, l'utilizzo delle società off shore avrebbe permesso alle big americane coinvolte di ridurre la pressione fiscale su 4 mila miliardi di dollari dal 35% a circa il 26,5%. «L'elusione fiscale delle grandi multinazionali, facilitata dai politici federali contribuisce alla crescita della disuguaglianza, indebolisce il tessuto sociale e blocca la crescita» è scritto nel rapporto. Sempre secondo Oxfam, questa fuga nei paradisi off shore, costa alle casse degli Stati Uniti d'America circa 111 miliardi di dollari l'anno e provoca l'aumento del divario tra Paesi ricchi e poveri, togliendo ai Paesi in via di sviluppo circa 100 miliardi di dollari.
Biglietti verdi che vengono occultati in 1.608 società sparse nei paesi off shore come le Bermuda o le Isole Cayman, dove la tassazione è ben lontana dal 35% di imposta del governo Usa. Ma oltre al danno ci sarebbe la beffa degli aiuti pubblici: tra il 2008 e il 2014, infatti, le 50 aziende analizzate avrebbero pagato in tasse 1 miliardo di dollari, ma trattenuto off shore 1,4 miliardi e ottenuto 11,2 mila miliardi in prestiti federali, bailout e garanzie di prestito. In totale, insomma, l'utilizzo delle società off shore avrebbe permesso alle big americane coinvolte di ridurre la pressione fiscale su 4 mila miliardi di dollari dal 35% a circa il 26,5%. «L'elusione fiscale delle grandi multinazionali, facilitata dai politici federali contribuisce alla crescita della disuguaglianza, indebolisce il tessuto sociale e blocca la crescita» è scritto nel rapporto. Sempre secondo Oxfam, questa fuga nei paradisi off shore, costa alle casse degli Stati Uniti d'America circa 111 miliardi di dollari l'anno e provoca l'aumento del divario tra Paesi ricchi e poveri, togliendo ai Paesi in via di sviluppo circa 100 miliardi di dollari.
«Ancora una volta – ha detto Robbie Silverman di Oxfam - abbiamo la prova di un abuso massiccio e programmatico del sistema fiscale mondiale. Non possiamo andare avanti con un modello in cui i ricchi e potenti non pagano la loro giusta quota di tasse, lasciando il conto sulle nostre spalle. L'epoca dei Paradisi fiscali deve finire».
Le cinquanta big coinvolte
Tra le cinquanta aziende inserire nel rapporto Broken at the Top di Oxfam consultabile a questo link : ci sono: Alphabet (Google), American Express, American International Group (AIG), Amgen, Apple, AT&T, Bank of America, Berkshire Hathaway, Boeing, Capital One Financial, Caterpillar, Chevron, Cisco Systems, Citigroup, Coca-Cola, Comcast, ConocoPhillips, CVS Health, Dow Chemical, Exxon Mobil, Ford Motor, General Electric, General Motors, Goldman Sachs, Hewlett-Packard, Home Depot, Honeywell International, IBM, Intel, Johnson & Johnson, JPMorgan Chase, Merck, MetLife, Microsoft, Morgan Stanley, Oracle, PepsiCo, Pfizer, Phillips 66, Procter & Gamble, Prudential Financial, Qualcomm, Twenty-First Century Fox, Inc., United Technologies, UnitedHealth Group, US Bancorp, Verizon Communications, Wal-Mart Stores, Walt Disney e Wells Fargo.
Apple in testa
Ad esaminare il rapporto di Oxfam, emerge che la società che maggiormente detiene cassa fuori dagli Stati Uniti è Apple, con 181 miliardi di dollari. Il podio è poi completato da General Electric e Microsoft (rispettivamente 119 e 108 miliardi). Alphabet (Google) è a centro classifica, con 47,4 miliari. Degne di nota anche Coca Cola (33,3), Pfizer (74), HP (42,9), JP Morgan (31,1) e Oracle (38).
Fonte: Il Sole 24 Ore
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