La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 31 luglio 2015

Il caso Azzollini e la tortura di classe


di Alessandro Gilioli
Conosco l'argomentazione e la rispetto: il carcere è una tortura, quindi meno gente ci va e meglio è.
Conosco l'argomentazione, perché i miei amici radicali me la portano talvolta all'estremo: se tu sei contrario alla pena di morte, salveresti chiunque dal patibolo; e se puoi salvarne solo uno e tutti gli altri no, hai già fatto qualcosa di buono, mentre male faresti nel mandarlo alla forca, chiunque sia.
Conosco questa argomentazione, addotta da quanti in buona fede ieri hanno salvato Azzollini dal carcere: peraltro un'esiguissima minoranza tra quelli che hanno votato no, forse giusto Luigi Manconi e un altro paio, mentre gli altri si sono schierati contro gli arresti solo per arrocco di corporazione - cane non mangia cane, oggi a te domani domani a me.

Ma mentre di questi ultimi non voglio parlare - troppa merda circola per dovermi occupare di tutta - la motivazione anti carceraria tout-court ha una sua dignità, una sua utopistica coerenza.
Calata nella realtà - quella in cui il carcere purtroppo esiste ancora, e difficilmente sarà abolito nei prossimi due o tre anni - risulta tuttavia orrendamente classista, cioè violentemente tesa a preservare i privilegi di alcuni contro tutti gli altri. Anzi, "pisciando in bocca" a tutti gli altri, per restare nel lessico del senatore miracolato.
Salvando Azzollini, infatti, non facciamo alcun passo in là né verso l'abolizione delle carceri né verso la sua giusta equiparazione culturale all'inutile tortura: stiamo solo dicendo che quell'orrore, quella tortura, è cosa da riservare agli sfigati, ai poveri, agli immigrati, ai senza casta. Mentre colletti bianchi e onorevoli se lo sono già felicemente abolito da solo, in esclusiva, alla faccia di tutti gli altri.
La peggiore campagna quindi che si possa fare, se davvero si crede all'obiettivo ideale di abolire le carceri.
La peggiore, perché si macchia dell'indicibile portato della tortura di classe: a cui solo i potenti possono sottrarsi, gli altri no.

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