di Seila Bernacchi
Due sentenze della Corte di Cassazione hanno
accolto – ribaltando i due precedenti gradi di giudizio – il ricorso
che il Comune di Livorno ha promosso contro il mancato pagamento
dell’imposta comunale ICI da parte di due scuole paritarie gestite da
enti religiosi. Si tratta degli istituti “Santo Spirito” e della
“Immacolata” che dovranno corrispondere una somma di €422.178,00 per gli
anni dal 2004 al 2009.
Durissima la reazione del segretario
generale della Cei, Monsignor Galantino, che parla di sentenza
“pericolosa” e “ideologica”, afferma che “si rischia realmente la
chiusura di queste scuole” e che la sentenza lederebbe la “garanzia di
libertà educativa richiesta anche dall’Europa” concludendo che “non è la
Chiesa cattolica ad affamare l’Italia” perché con le scuole paritarie
lo Stato risparmia sei miliardi e mezzo a fronte di un’erogazione di
contributi per 520 milioni di euro.
Dal canto suo la Ministra per
l’Istruzione Stefania Giannini dichiara che occorre fare una riflessione
perché in Veneto senza paritarie (la sentenza lo ricordiamo riguarda 2
istituti di Livorno, Toscana)Stato e Regione “si troverebbero in enormi
difficoltà economiche e strutturali”.
Ora noi non ci addentreremo
sulle cifre dei risparmi /benefici snocciolate da Monsignor Galantino,
ci preme invece proporre alcune osservazioni che possano ricondurre la
questione ai suoi termini propri.
Infatti sia le dichiarazioni del
segretario della Cei sia quelle della Ministra Giannini ci paiono
confondere un po’ la realtà dei fatti.
Il contenzioso riguarda la
richiesta da parte del Comune di Livorno del pagamento dell’Imposta
Comunale sugli Immobili; l’ente religioso si appellava al decreto
legislativo 504/92 sostenendo che gli istituti paritari in questione
ricadessero nelle fattispecie degli immobili esenti dal pagamento
dell’imposta. La Suprema Corte rileva che in base alla normativa
l’esenzione è prevista per una serie di immobili e loro destinazione
d’uso purchè vi sia anche il requisito oggettivo di non svolgere
attività di carattere commerciale.
La Corte osserva che il
carattere non commerciale di un’attività non può semplicemente essere
desunto a priori “da documenti che attestino il tipo di attività cui
l’immobile è destinato” ma deve essere verificato in concreto. Il fatto
che gli utenti della scuola paghino un corrispettivo per le attività
offerte è prova dell’attività commerciale della stessa così come è
sufficiente “l’idoneità dei ricavi a conseguire il pareggio di bilancio”
a fare di quegli istituti delle attività imprenditoriali e il fatto che
siano in perdita è del tutto irrilevante ai fini della loro
configurazione di attività con modalità commerciali.
Ma la
constatazione più rilevante a nostro parere che la Cassazione sottolinea
è che ad escludere la finalità di lucro “non è sufficiente la qualità
di congregazione religiosa dell’ente”. Come a dire non è che perché c’è
la religione di mezzo allora sono automaticamente escluse considerazioni
di carattere economico/lucrativo.
Sembra una banalità ma non lo è
affatto perché con questa semplice sottolineatura la Corte smantella il
privilegio – del tutto arbitrario e infondato – che nel nostro Paese si
tende ad attribuire a enti, attività e a qualsiasi dimensione abbia a
che fare con la religione e in particolare quella cattolica.
Questo
ripristino dell’uguaglianza tributaria non deve essere sfuggito né a
Monisgnor Galantini né alla Ministra dell’istruzione. Non si capirebbe
altrimenti perché il segretario generale della Cei in merito al
pagamento di tributi comunali dovuti anche da una scuola paritaria senta
il bisogno di dire che non è la Chiesa cattolica (dunque non una scuola
che offre un servizio ma l’istituzione religiosa che ne è a capo) ad
affamare l’Italia.
E in questa prospettiva risultano del tutto
speciosi gli appelli alla libertà educativa e all’importanza nel
contesto dell’istruzione scolastica delle scuole paritarie.
Come
spesso avviene quando i meriti delle questioni sono indifendibili ci si
disancora dai fatti e si paventano scenari devastanti e conseguenze
apocalittiche tanto che la Ministra già si chiede come farebbe il Veneto
senza scuole paritarie e Monsignore già vede la chiusura delle scuole e
centinaia di migliaia di ragazzi privi di istruzione.
Ma il
problema non sono le scuole paritarie, la libertà educativa, l’approccio
ideologico della Corte di Cassazione e quant’altro. Il problema da
dirimere era se una scuola che esercita le proprie attività in modalità
commerciale sia da ritenersi o no esente da un’imposta sugli immobili.
La risposta che la Corte ha dato, basandosi sulle normative vigenti, è
no.
Se le scuole paritarie che sono tenute al pagamento dell’ICI,
che, lo ricordiamo, al momento sono due e livornesi, dovranno chiudere
si potrà essere dispiaciuti o meno. Il fatto è che quegli istituti
dovevano – in base alla legge – pagare delle imposte e non le hanno
pagate per anni.
Chi si muove ideologicamente è colui che antepone
valori ( o presunti tali) ai fatti. In questo caso ideologico è chi
antepone un presunto insostituibile valore a una scuola gestita da un
ente religioso alla violazione fattuale e reiterata di una norma
tributaria.
Ed è triste osservare come spesso in Italia in questioni
che riguardano lo Stato e la Chiesa cattolica si tratta sempre di
conservare privilegi spacciati per presunti diritti e per boicottare (si
pensi alle questioni bioetiche) diritti tacciati di essere
inaccettabili violazioni di principi non negoziabili.
Fonte: Caratteri liberi
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