La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 30 luglio 2015

Scuola cattolica e Ici, il privilegio si fa diritto

 scuola-chiusa
di Seila Bernacchi
Due sentenze della Corte di Cassazione hanno accolto – ribaltando i due precedenti gradi di giudizio – il ricorso che il Comune di Livorno ha promosso contro il mancato pagamento dell’imposta comunale ICI da parte di due scuole paritarie gestite da enti religiosi. Si tratta degli istituti “Santo Spirito” e della “Immacolata” che dovranno corrispondere una somma di €422.178,00 per gli anni dal 2004 al 2009.
Durissima la reazione del segretario generale della Cei, Monsignor Galantino, che parla di sentenza “pericolosa” e “ideologica”, afferma che “si rischia realmente la chiusura di queste scuole” e che la sentenza lederebbe la “garanzia di libertà educativa richiesta anche dall’Europa” concludendo che “non è la Chiesa cattolica ad affamare l’Italia” perché con le scuole paritarie lo Stato risparmia sei miliardi e mezzo a fronte di un’erogazione di contributi per 520 milioni di euro.

Dal canto suo la Ministra per l’Istruzione Stefania Giannini dichiara che occorre fare una riflessione perché in Veneto senza paritarie (la sentenza lo ricordiamo riguarda 2 istituti di Livorno, Toscana)Stato e Regione “si troverebbero in enormi difficoltà economiche e strutturali”.
Ora noi non ci addentreremo sulle cifre dei risparmi /benefici snocciolate da Monsignor Galantino, ci preme invece proporre alcune osservazioni che possano ricondurre la questione ai suoi termini propri.
Infatti sia le dichiarazioni del segretario della Cei sia quelle della Ministra Giannini ci paiono confondere un po’ la realtà dei fatti.
Il contenzioso riguarda la richiesta da parte del Comune di Livorno del pagamento dell’Imposta Comunale sugli Immobili; l’ente religioso si appellava al decreto legislativo 504/92 sostenendo che gli istituti paritari in questione ricadessero nelle fattispecie degli immobili esenti dal pagamento dell’imposta. La Suprema Corte rileva che in base alla normativa l’esenzione è prevista per una serie di immobili e loro destinazione d’uso purchè vi sia anche il requisito oggettivo di non svolgere attività di carattere commerciale.
La Corte osserva che il carattere non commerciale di un’attività non può semplicemente essere desunto a priori “da documenti che attestino il tipo di attività cui l’immobile è destinato” ma deve essere verificato in concreto. Il fatto che gli utenti della scuola paghino un corrispettivo per le attività offerte è prova dell’attività commerciale della stessa così come è sufficiente “l’idoneità dei ricavi a conseguire il pareggio di bilancio” a fare di quegli istituti delle attività imprenditoriali e il fatto che siano in perdita è del tutto irrilevante ai fini della loro configurazione di attività con modalità commerciali.
Ma la constatazione più rilevante a nostro parere che la Cassazione sottolinea è che ad escludere la finalità di lucro “non è sufficiente la qualità di congregazione religiosa dell’ente”. Come a dire non è che perché c’è la religione di mezzo allora sono automaticamente escluse considerazioni di carattere economico/lucrativo.
Sembra una banalità ma non lo è affatto perché con questa semplice sottolineatura la Corte smantella il privilegio – del tutto arbitrario e infondato – che nel nostro Paese si tende ad attribuire a enti, attività e a qualsiasi dimensione abbia a che fare con la religione e in particolare quella cattolica.
Questo ripristino dell’uguaglianza tributaria non deve essere sfuggito né a Monisgnor Galantini né alla Ministra dell’istruzione. Non si capirebbe altrimenti perché il segretario generale della Cei in merito al pagamento di tributi comunali dovuti anche da una scuola paritaria senta il bisogno di dire che non è la Chiesa cattolica (dunque non una scuola che offre un servizio ma l’istituzione religiosa che ne è a capo) ad affamare l’Italia.
E in questa prospettiva risultano del tutto speciosi gli appelli alla libertà educativa e all’importanza nel contesto dell’istruzione scolastica delle scuole paritarie.
Come spesso avviene quando i meriti delle questioni sono indifendibili ci si disancora dai fatti e si paventano scenari devastanti e conseguenze apocalittiche tanto che la Ministra già si chiede come farebbe il Veneto senza scuole paritarie e Monsignore già vede la chiusura delle scuole e centinaia di migliaia di ragazzi privi di istruzione.
Ma il problema non sono le scuole paritarie, la libertà educativa, l’approccio ideologico della Corte di Cassazione e quant’altro. Il problema da dirimere era se una scuola che esercita le proprie attività in modalità commerciale sia da ritenersi o no esente da un’imposta sugli immobili. La risposta che la Corte ha dato, basandosi sulle normative vigenti, è no.
Se le scuole paritarie che sono tenute al pagamento dell’ICI, che, lo ricordiamo, al momento sono due e livornesi, dovranno chiudere si potrà essere dispiaciuti o meno. Il fatto è che quegli istituti dovevano – in base alla legge – pagare delle imposte e non le hanno pagate per anni.
Chi si muove ideologicamente è colui che antepone valori ( o presunti tali) ai fatti. In questo caso ideologico è chi antepone un presunto insostituibile valore a una scuola gestita da un ente religioso alla violazione fattuale e reiterata di una norma tributaria.
Ed è triste osservare come spesso in Italia in questioni che riguardano lo Stato e la Chiesa cattolica si tratta sempre di conservare privilegi spacciati per presunti diritti e per boicottare (si pensi alle questioni bioetiche) diritti tacciati di essere inaccettabili violazioni di principi non negoziabili.

Fonte: Caratteri liberi

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