La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 1 agosto 2015

L'euro dei vincitori

di Marco Bertorello
Il dibat­tito sul futuro degli assetti economico-istituzionali dell’eurozona avviene dopo aver capi­ta­liz­zato lo scon­tro in cui le istanze con­tro l’austerità e il debito della Gre­cia sono state sec­ca­mente scon­fitte. Non è pen­sa­bile che il destino dell’Europa reale pre­scinda da tale scon­tro. Il ter­reno in cui ora si svi­luppa il con­fronto è alle­stito dai vin­ci­tori, non dai vinti.
Che l’accordo con il paese elle­nico regga non è scon­tato: già con i governi pre­ce­denti a Syriza gli accordi siglati spesso resta­vano let­tera morta. Ma quest’ultimo accordo, pro­prio per i suoi pro­ta­go­ni­sti, ha deli­neato le regole del gioco, lasciando inten­dere a tutti fin dove si può arri­vare nella con­tesa con le classi diri­genti euro­pee. In tal senso ha valore poli­tico. L’austerità e l’ossessione di bilan­cio non si discutono.
Come ricorda Mar­tin Wolf, la rot­tura con un paese implica un ogget­tivo sfal­da­mento del pro­getto della moneta unica, poi­ché si apri­rebbe una strada che poi ogni paese in dif­fi­coltà potrebbe imboc­care, ren­dendo la moneta unica più debole e meno cre­di­bile. Den­tro que­sta cor­nice, Schäu­ble ha aperto a un’ipotesi di raf­for­za­mento poli­tico, con un super mini­stro delle finanze e un bilan­cio dell’eurozona. Segue la dispo­ni­bi­lità fran­cese a tale pro­getto, nono­stante pro­prio Parigi sia tra le capi­tali meno pro­pense a far slit­tare quote di sovra­nità verso l’alto e siano piut­to­sto in affanno a far rispet­tare le regole in vigore.
In Ger­ma­nia però sem­bre­rebbe essersi aperta una crepa, con la mag­gio­ranza del comi­tato dei saggi, un organo indi­pen­dente di con­su­lenza del governo di Ber­lino, che boc­ce­rebbe le pro­po­ste del nuovo asse Schäuble-Hollande. I saggi, infatti, espri­mono dubbi su una pos­si­bile mag­giore con­di­vi­sione dell’area euro. Essi avan­zano, invece, una pro­po­sta per fron­teg­giare crisi come quella greca (impli­ci­ta­mente nes­suno le esclude, anzi tutti pen­sano a poten­ziali rischi pro­ve­nienti da paesi ben più desta­bi­liz­zanti). Il rischio di insol­venza delle finanze pub­bli­che, secondo i saggi, potrebbe essere fron­teg­giato attra­verso la rimo­du­la­zione degli inte­ressi sul debito, a con­di­zione di mano­vre di aggiu­sta­mento con­di­vise. Se tali mano­vre fos­sero disat­tese, a quel punto l’intervento del Fondo salva stati potrebbe avve­nire solo dopo un taglio del debito in mano ai pri­vati e se anche tale ipo­tesi non fosse pra­ti­cata reste­rebbe l’uscita dall’euro.
Insomma una sorta di per­corso a osta­coli alla fine del quale spun­te­rebbe la messa alla porta del paese insolvente.
Le due ipo­tesi a ben vedere com­pren­dono delle dif­fe­renze, la seconda pren­de­rebbe per­sino in con­si­de­ra­zione una poten­ziale ristrut­tu­ra­zione del debito, sep­pur pre­ve­di­bil­mente fatta di tagli lineari, senza alcuna distin­zione tra cre­di­tori pri­vati ma più evi­denti sono le sostan­ziali convergenze.
La Ger­ma­nia ormai pensa alla pro­pria tutela finan­zia­ria, e per ciò è dispo­sta anche a rom­pere l’eurozona. Quando Schäu­ble invo­cava l’uscita «tem­po­ra­nea» della Gre­cia, infatti, non era in con­trad­di­zione con l’attuale pro­po­sta di raf­for­za­mento poli­tico dell’area, ma nep­pure con il per­corso pre­vi­sto dai saggi, per­lo­meno sul fatto di met­tere in conto una rot­tura. Fino a non molto tempo fa un curioso refrain soste­neva invece che fosse impos­si­bile uscire dall’euro, poi­ché le regole non lo prevedevano.
Qui si riflette il pas­sag­gio con la Grecia.
Siamo di fronte a un’ulteriore stretta nella vita dell’eurozona, dove le poli­ti­che eco­no­mi­che si basano su un cre­scente tasso di mer­can­ti­li­smo e l’ordoliberismo fon­dato sull’ipercompetizione è fatto anche di fer­ree regole di bilan­cio. Tutti quelli che riu­sci­ranno si acco­de­ranno a tale para­bola. E gli altri?

Fonte: il manifesto

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