La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 31 luglio 2015

Quell'ideologia contro i beni comuni che fa acqua da tutte le parti


di Emilio Molinari 
Pier­luigi Bat­ti­sta sul Cor­riere della Sera di gio­vedì 23 luglio, chie­den­dosi reto­ri­ca­mente «se è così sprez­zante e super­fi­ciale ribat­tez­zare bene-comunismo la teo­ria, i riti e l’ideologia dei beni comuni», mostra di avere il dub­bio di spa­rare qual­che stu­pi­dag­gine, anche se poi si risponde subito: è giusto.
Basta leg­gere «il mani­fe­sto degli anti bene-comunisti», pub­bli­cato dall’Istituto Bruno Leoni e curato da Euge­nio Somaini, per ren­dersi conto che l’ideologia dei beni comuni altro non è che il ripro­dursi del depre­ca­bile: «socia­li­smo muni­ci­pale». Dice Bat­ti­sta che il libro è «una requi­si­to­ria con­tro il ten­ta­tivo di dare una veste sedu­cente… a idee vec­chie e a modelli… poco ori­gi­nali di inter­vento pub­blico… in defi­ni­tiva, alla solita mine­stra sta­ta­li­sta e diri­gi­sta che ha nutrito per più di un secolo… sia la sini­stra social­de­mo­cra­tica che quella comunista…».
Per dimo­strare que­sta tesi, si spa­zia nella sto­ria di 200 anni: da Marx a Prou­d­hom e alla sua defi­ni­zione «la pro­prietà è un furto» da cui l’origine di tutti i mali, del pre­giu­di­zio sui pri­vati e su tutto ciò che non è comune. Il bene-comunismo, si sostiene, è forse più anar­chico e «gene­ro­sa­mente rous­so­iano» ed è impo­stato su «l’ingenuità della demo­cra­zia diretta, assem­blea­ri­sta, gene­ra­trice di auto­ri­ta­ri­smo e statalismo…».
L’incubo della demo­cra­zia partecipata
Poche parole e secoli di cam­mino della civi­liz­za­zione umana sono liqui­dati: il diritto, il wel­fare, la demo­cra­zia, etc… e igno­rati il con­tri­buto delle cul­ture diverse, dei popoli indi­geni, delle comu­nità della Pacha Mama, il fatto che i beni comuni come l’acqua, la terra, il cibo, l’aria, l’energia sono fon­da­men­tali alla vita e che c’è in atto un dise­gno glo­bale di con­qui­starli da parte di un pugno di mul­ti­na­zio­nali.
E’ un modo di pen­sare, que­sto, che merita di essere ripreso, per­ché vi si pos­sono leg­gere, bru­ta­liz­zate, le fon­da­menta di quel pen­siero poli­tico e di quella cul­tura ammi­ni­stra­tiva che oggi (come un can­cro) stanno ucci­dendo la Comu­nità Euro­pea, la Gre­cia e la demo­cra­zia, mone­tiz­zano i beni e colo­niz­zano popoli e comunità.
Lo sforzo dell’Istituto Bruno Leoni e di Bat­ti­sta è un “eru­dito” sfog­gio di que­sto pen­siero pato­lo­gi­ca­mente anti-sinistra e fana­ti­ca­mente libe­ri­sta, mani­po­la­tore della sto­ria, in par­ti­co­lare di quella delle muni­ci­pa­liz­zate.
Si can­cella, ad esem­pio, il fatto che sono nate negli Usa, che nel 1888 il sin­daco di Milano Gae­tano Negri della Destra Sto­rica, isti­tuendo la prima muni­ci­pa­liz­zata dell’acqua, deli­berò che «l’acqua è un bene indi­spen­sa­bile per la vita e la salute dei cit­ta­dini e non può essere gestito da inte­ressi pri­vati» e che in Ita­lia le muni­ci­pa­liz­zate furono isti­tuite per legge dal libe­rale Gio­litti nel 1903.
Ciò che importa è bat­tere il chiodo delle pri­va­tiz­za­zioni e della demo­niz­za­zione di tutto ciò che può sem­brare pub­blico e quindi di sini­stra. Per­ché alla fine il «Mani­fe­sto degli anti bene-comunisti» chiude con i triti argo­menti dello «spreco di risorse pub­bli­che per un ser­vi­zio scan­da­lo­sa­mente inef­fi­ciente… fonte di clien­te­li­smi secondo gli impe­ra­tivi del socia­li­smo muni­ci­pale …» e del refe­ren­dum del 2011 sull’acqua pub­blica, vinto, si dice, con il dema­go­gico slo­gan «l’acqua è di tutti».
Ma Pier­luigi Bat­ti­sta non pensi di vin­cere con que­sto arti­colo il «pre­mio fedeltà». Il nuovo diret­tore dell’Unità, Era­smo D’Angelis, l’ha pre­ce­duto e supe­rato con il suo primo edi­to­riale, nel quale ci dice che l’Italia è «l’ultimo paese sovie­tico d’Europa» e che chi sostiene i ser­vizi pub­blici è fermo a Gio­litti (libe­rale) cioè ad un paese arre­trato e mise­ra­bile, dove, pen­sate un po’, «la civiltà e il pro­gresso si misu­ra­vano nella gra­tuità e nell’universalità dei servizi»!
Sor­pren­dente no? Ancora di più se detto da un ex redat­tore del quo­ti­diano comu­ni­sta il mani­fe­sto, ex pre­si­dente di Publiac­qua Spa, ex sot­to­se­gre­ta­rio alle infrastrutture.
L’offensiva pri­va­tiz­za­trice non ci rispar­mia nulla: il sin­daco di Bolo­gna viene denun­ciato per­ché non taglia l’acqua alle abi­ta­zioni occu­pate, in Cala­bria un sin­daco si prende la denun­cia dall’authority per­ché pensa di gestire diret­ta­mente l’acqua; ora il nuovo diret­tore dell’Unità, uomo della «casta» che ha rico­perto tante cari­che pub­bli­che e gestito diret­ta­mente aziende pub­bli­che, diventa il fusti­ga­tore della mala gestione e si per­mette di defi­nire 27 milioni di cit­ta­dini che hanno votato per la ripub­bli­ciz­za­zione dell’acqua, pla­giati da retro­gradi neosovietici.
Con que­sta espli­ci­tata «cul­tura», il diritto diventa un qual­cosa che si acqui­sta e la par­te­ci­pa­zione dei cit­ta­dini alla cosa pub­blica… «si esprime com­prando azioni delle imprese».
Viene spon­ta­neo chie­dersi: ma dove hanno vis­suto e dove vivono i D’Angelis e i Battista?
Dove si sono costruiti una simile let­tura del pas­sato e del pre­sente dell’Italia e dell’Europa?
Per­ché non vogliono vedere quali disa­stri hanno fatto nel nostro Paese i pri­vati: Par­ma­lat, Cirio, Fiat, Ilva e poi Tele­com, Ali­ta­lia, ecc. e restando all’acqua: Suez, Veo­lia, Acea, Iren, etc..?
In Europa e nel mondo le cose vanno in modo diverso da quanto ci rac­con­tano.
Le gestioni in house del mila­nese sono state defi­nite dall’Europa come le aziende del set­tore tra le più vir­tuose, per basse tariffe, poche per­dite, buona qua­lità dell’acqua e mag­giori investimenti.
Parigi, Bor­deaux, Nizza, Stoc­carda, Ber­lino, Napoli, hanno ripub­bli­ciz­zato i ser­vizi idrici; in Olanda e in Bel­gio non hanno mai pri­va­tiz­zato; l’Irlanda è stata per­corsa da mani­fe­sta­zioni per l’acqua pub­blica; la Com­mis­sione del Par­la­mento euro­peo ha di recente votato per l’acqua diritto umano e aperto la discus­sione sul bene comune non mercificabile.
L’Onu ha dichia­rato l’acqua un diritto umano.
Dal marzo 2000 al marzo 2015 si sono veri­fi­cati nel mondo 235 casi di rimu­ni­ci­pa­liz­za­zione dell’acqua in 37 Paesi diversi, per un totale di più di 100 milioni di per­sone; la mag­gio­ranza delle città sono in Fran­cia (94) e negli Usa (58, tra cui Atlanta e Hou­ston); e ancora Bogotà, Santa Fè, Rosa­rio, Men­doza, la pro­vin­cia di Bue­nos Aires, Cona­kry, Kam­pala, Bamako, Johan­ne­sburg, Kuala Lum­pur, etc.
I ricer­ca­tori dell’Università di Gree­n­wich indi­cano le ragioni di insod­di­sfa­zione per la gestione pri­vata: scarsi inve­sti­menti; degrado nella qua­lità dell’acqua; man­canza di tra­spa­renza sui costi e le tariffe; cre­scita espo­nen­ziale dei costi; rischi ambien­tali; non tra­spa­renza finan­zia­ria; ridu­zione dei posti di lavoro e pre­sta­zione di ser­vizi scadenti.
E infine c’è il Papa. Che dire del Papa? Cari signori, avete letto l’Enciclica? Dichiara, senza se e senza ma, che l’acqua pota­bile è un diritto umano e un bene comune non privatizzabile.
Che fac­ciamo? Met­tiamo nella «lista nera dei bene-comunisti» anche il Papa?

Fonte: il manifesto

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