La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 31 luglio 2015

La sfida di Tsipras a Syriza

di Teodoro Andreadis Singhiellakis
Ale­xis Tsi­pras pro­pone una sfida su due fronti, chie­dendo a Syriza di deci­dere: un con­gresso straor­di­na­rio a set­tem­bre e l’organizzazione di un refe­ren­dum interno al par­tito dome­nica pros­sima, per deci­dere quale sarà la linea da seguire.
Per deci­dere, quindi, se devono essere por­tate avanti le trat­ta­tive con il quar­tetto dei cre­di­tori, o se sarà neces­sa­rio andare subito ad ele­zioni anti­ci­pate, per­ché la linea del governo non viene condivisa.
«Dob­biamo com­pren­dere che all’interno del nostro par­tito non ci sono espo­nenti più di sini­stra di altri, o mem­bri più rivo­lu­zio­nari di altri», ha dichia­rato nel corso del suo acceso inter­vento al comi­tato cen­trale di Syriza. Il primo mini­stro ha voluto riba­dire con forza, quindi, che aver cer­cato l’accordo all’ultimo ver­tice di Bru­xel­les non signi­fica aver tra­dito le ragioni della sini­stra e del refe­ren­dum del 6 luglio — le ragioni del «no» — dal momento che il popolo greco non ha mai dato il pro­prio assenso all’uscita del paese dall’Euro.
«Il primo governo di sini­stra o viene appog­giato dai depu­tati di sini­stra o cade per­ché non è con­si­de­rato di sini­stra», è il mes­sag­gio del lea­der di Syriza.
Nello stesso momento, tut­ta­via, l’esponente più in vista della mino­ranza interna, l’ex mini­stro Pana­jo­tis Lafa­za­nis, ha con­ti­nuato a por­tare avanti le sue posi­zioni, soste­nendo con con­vin­zione che «il par­tito non ha il diritto di farsi por­ta­tore di un terzo memo­ran­dum di auste­rità» men­tre, per quel che riguarda la pro­po­sta del refe­ren­dum all’interno di Syriza ha com­men­tato: «quanti refe­ren­dum dob­biamo fare? Lo abbiamo già orga­niz­zato e abbiamo già vinto con il 62% dei voti».
Secondo Jan­nis Smir­ka­kis, capo redat­tore cen­trale di «Efi­me­rida Ton Syn­tak­ton» (Quo­ti­diano dei Redat­tori) «con le sue ultime pro­po­ste Tsi­pras dimo­stra di poter con­trol­lare il par­tito e comun­que di non voler per­dere l’iniziativa poli­tica. Molto, tut­ta­via, dipen­derà dalle scelte della cosid­detta area di mezzo, che si pone tra la mino­ranza interna e quella dei depu­tati che si rico­no­sce nelle posi­zioni del primo ministro».
Uno degli ele­menti prin­ci­pali da cui ver­ranno deter­mi­nati gli equi­li­bri poli­tici futuri e la stessa situa­zione sociale ed eco­no­mica del paese, secondo Smir­la­kis, «è la pos­si­bi­lità di arri­vare ad una reale ridu­zione del debito, che possa far uscire real­mente la Gre­cia dal cir­colo vizioso dei memorandum».
E pro­prio a que­sto pro­po­sito, un alto rap­pre­sen­tante del Fondo Mone­ta­rio Inter­na­zio­nale ha dichia­rato ieri che l’Fmi ha ini­ziato a discu­tere con la Gre­cia di un nuovo pre­stito, ma che que­sto verrà con­cesso solo se si deci­derà come e quando ci potrà essere un alleg­ge­ri­mento del debito pub­blico elle­nico. Un mes­sag­gio che si pre­sta a più letture.
Da una parte il taglio o «alleg­ge­ri­mento» del debito è una delle richie­ste fon­da­men­tali del governo di Atene, sulla quale si sono tro­vati sem­pre d’accordo tanto Tsi­pras, quanto Janis Varou­fa­kis. Dall’altra, tut­ta­via, lo stesso Fmi sot­to­li­nea che «i part­ner euro­pei, per con­ce­dere una ridu­zione del debito, vogliono prima poter vedere con­clu­dersi le riforme messe in can­tiere dalla parte greca».
È chiaro che si tratta di pres­sioni a catena: il Fondo Mone­ta­rio sem­bra pres­sare l’Europa affin­ché accetti il taglio del debito e i cre­di­tori — par­tendo dalla Ger­ma­nia — chie­dono ad Atene di votare subito tutte le «riforme richieste».
Il governo Tsi­pras ha già fatto sapere che non intende per­met­tere in nes­sun modo l’esproprio della prima casa e che entro l’anno voterà una nuova legge che lo vieti espressamente.
Non ha inten­zione di cedere, inol­tre, sulla deli­ca­tis­sima que­stione dei licen­zia­menti di massa e sul defi­ni­tivo accan­to­na­mento dei con­tratti col­let­tivi di lavoro, mente non ha votato, e non è inten­zio­nato a farlo nean­che in ago­sto, l’innalzamento dell’imposizione fiscale a carico degli agricoltori.
Da una parte, il lea­der di Syriza vuole gua­da­gnare tempo, sapendo che l’esito delle ele­zioni legi­sla­tive che si ter­ranno in Por­to­gallo e Spa­gna in autunno potreb­bero cam­biare – almeno par­zial­mente – gli equi­li­bri in Europa.
Dall’altra intende dimo­strare che, nell’immediato, il suo governo – anche se è stato costretto ad accet­tare delle misure che por­te­ranno, assai pro­ba­bil­mente, nuova reces­sione – desi­dera pro­teg­gere le fasce sociali più deboli e costrin­gere a pagare i grandi evasori.
In tutto que­sto, il grande peri­colo è di esporsi a un lento ma costante logo­rio, come è suc­cesso negli ultimi giorni. Ed è per que­sto che Tsi­pras ha chie­sto chia­ra­mente a tutto il par­tito di deci­dere se vuole rima­nere al governo, adot­tando una linea il più pos­si­bile chiara e coesa, o affron­tare la prova delle urne.
Ma nella seconda ipo­tesi, ci sarebbe solo il voto di lista, senza le pre­fe­renze, come pre­vede la legi­sla­zione greca in caso di ritorno alle urne entro un anno e mezzo dalle ultime ele­zioni legi­sla­tive. E la mino­ranza interna teme, a ragione, di per­dere molti dei seggi con­qui­stati nello scorso gennaio.

Fonte: il manifesto

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