di Maria Mantello
Non bastano immagini sacre e cappelle annesse... e neppure possono
sentirsi scudate dal paravento linguistico di scuole “paritarie”. Si
tratta infatti di enti privati che erogano ai propri clienti – studenti
un servizio a pagamento. Quindi, è un’attività commerciale e l’imposta
sugli immobili la devono pagare. Questa la
retta interpretazione dell’articolo 7, comma 1, lettera i, del decreto
legislativo n. 504 del 1992, che indica tra gli esentati dall’imposta
immobiliare “i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del
culto”.
Dove starebbe allora l’iniquità delle sentenze 14225 e14226 della V
sezione civile della Corte di Cassazione? Nessuna! Semmai bisognerebbe
sottolinearne l’importanza nella lotta all’evasione fiscale, che
sembrerebbe finanche presente nell’evangelico «dai a Cesare quel che è
di Cesare!».
Ma la Chiesa curiale non ci sta. E quello che forse la disturba
particolarmente della sentenza della Cassazione, è che essa contribuisce
a far saltare gli equivoci tra privato e pubblico strumentalmente messi
in atto proprio il termine “paritarie”. Il polverone querulo delle
coorti clericali con tonaca e senza tonaca, non si è infatti incentrato -
e continua a soffiare - proprio sul ritornello: sono paritarie, quindi
pubbliche a tutte gli effetti?
Ma non è una parola a fare il miracolo. Esse sono e restano private.
Se così non fosse la sentenza della Cassazione che vincola al pagamento
dell’imposta sugli immobili le scuole cattoliche non sarebbe stata
possibile.
Il gioco degli equivoci su quel “paritarie” era iniziato con
l’invenzione del “sistema paritario integrato” (legge 62/2000), parto
della vivace mente dell’allora Ministro dell’Istruzione Luigi
Berlinguer, che trasformava le scuole private, da istituzioni a cui la
nostra Costituzione riconosceva la parità nel rilasciare titoli di
studio equipollenti, ad erogatrici paritarie di un servizio pubblico.
Ma essere fornitori di servizio pubblico non rende enti pubblici. Le
uniche pubbliche pertanto sono e restano le scuole statali. Tuttavia il
pasticcio del sistema paritario, aggirando il dettato costituzionale,
era servito per aprire la strada all’erogazione di pubblico denaro ed
esenzioni da imposte e tasse. Questo mentre si perorava e attuava
gradualmente (da Berlusconi a Renzi una linea continua) la conversione
dell’intero sistema scolastico a quella “sussidiarietà”, dove lo Stato è
ridotto a mero elargitore di finanziamenti. Il sogno clericale di
riprendersi l’istruzione come ai tempi del papa-re avanza! Dietro il
paravento linguistico “paritarie” c’è allora lo spirito di una Chiesa
che attraverso la scuola cattolica mira alla riconquista generalizzata
della società. Una Chiesa che batte cassa perché le sue scuole si
svuotano, visto che gli italiani – nonostante il favoritismo di Stato –
continuano a scegliere la scuola statale.
Bisogna allora pretendere, per la stessa salvaguardia delle tenuta
democratica, che lo Stato investa nella sua scuola, istituendo - come
Costituzione ordina - proprie scuole per ogni ordine e grado. Lo stato
ha l’obbligo di istituire proprie scuole. I privati possono, ma senza
oneri per lo Stato. È l’articolo 33, che con quel “senza oneri per lo Stato” esclude ogni sovvenzione pubblica alle scuole private.
Eppure il gioco degli equivoci continua! Adesso per svuotare la
sentenza della Cassazione sull’Ici (Imu) che le scuole cattoliche devono
pagare... e ben oltre questa.
Per dare legittimità di pubblico alle paritarie, abbiamo sentito
dalle coorti clericali chiedere tavoli paritetici, sperando forse di
fare di ogni Comune italiano la permanente replica di quanto è avvenuto
ad esempio la scorsa estate a Bibiana, dove addirittura la paritaria
“San Marcellino", paventando la perdita di iscritti, pose il veto
all’apertura della scuola d’infanzia pubblica. E solo dopo trattativa
con questo asilo confessionale, alla fine il Comune ha permesso ai
bambini del pubblico asilo di poterlo frequentare.
Insomma la strada è stata già battuta. Repliche si stanno approntando
per discriminare ed esautorare la scuola statale. Allora è il
marchingegno del sistema paritario che va cassato.
Fonte: MicroMega
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