La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 31 luglio 2015

Una nuova transizione

di Pablo Iglesias
Quando insegnavo, mi piaceva mostrare ai miei studenti una sequenza memorabile di Queimada del grande Gillo Pontecorvo. In essa, il personaggio interpretato da Marlon Brando, un agente al servizio dell’impero britannico e delle sue società, in merito alla Rivoluzione francese, dice che, a volte, dieci anni possono rivelare le contraddizioni di un intero secolo. 
Il movimento che ha riempito le piazze spagnole il 15 maggio 2011 ha segnato simbolicamente le contraddizioni e le crisi del nostro sistema politico, e l’inizio di una nuova transizione che sta ancora avanzando. 
Il sistema politico spagnolo che noi chiamiamo “del 1978″ – in onore della sua Costituzione – , è il risultato della nostra transizione di successo; un processo di metamorfosi guidato dall’élite del franchismo e dell’opposizione democratica che ha trasformato la Spagna da una dittatura a una democrazia liberale comparabile alle altre. Come dice Emmanuel Rodriguez nel suo ultimo libro, le élites politiche ed economiche del franchismo mancavano di legittimità ma avevano quasi tutto il potere. D’altra parte, le élite della sinistra posta in quegli anni in clandestinità avevano legittimità, ma nessun potere; Vazquez Montalban, con fine ironia, ha definito questa “una correlazione di debolezze“.
Quel processo di trasformazione politica ha potuto contare su momenti legislativi fondamentali, come i referendum che hanno approvato la Legge di riforma politica e la Costituzione, e anche economicamente, come i Patti della Moncloa che hanno aperto la strada per la versione spagnola dello sviluppo neoliberista.
Il fallimento del colpo di stato del 23 Febbraio 1981 consolidò il prestigio della monarchia, la vittoria del PSOE nel 1982, e l’adesione della Spagna alla Comunità europea e alla NATO, hanno cementato ulteriormente la nostra transizione. Il nuovo regime è stato articolato su un sistema di due grandi partiti nazionali, la tensione catalana è stata gestita bene da un sistema funzionale di riconoscimento reciproco tra l’elite della Catalogna politicamente articolate intorno al CIU e gli spagnoli, e la convivenza con il terrorismo dell’ETA nei Paesi Baschi dove il PNV è diventato il partito dominante.
Sostenuta da uno sviluppo senza precedenti della cultura e dei mezzi di comunicazione audiovisiva che si consolidarono come i principali attori ideologici, la base sociale del regime nel 1978, una nuova e auto-percepita classe media associò il futuro della Spagna a una promessa di modernizzazione e di migliorare le proprie condizioni di vita e le aspettative che, in una certa misura, è stata soddisfatta. L’ultima tappa felice di quel regime, che ha preceduto la crisi del 2008 ed è stata realizzata dal Partito Popolare, si è basata su un modello di sviluppo basato sul consumo attraverso il credito, la speculazione edilizia e la divisione europea del lavoro. 
La crisi finanziaria, infine, rivela i limiti e pericoli del modello spagnolo e l’invecchiamento delle sue strutture politiche, facendo pagare alla classe media e ai salariati i piatti rotti. 
Di tutte le istituzioni del regime del 1978 sembra che oggi godano di relativa buona salute solo quelle delle Forze Armate (più moderne e mediamente maggiormente aperte al mondo), la monarchia, grazie alla sostituzione di Juan Carlos con Felipe, e il PNV (Partito Nazionalista Basco) che attende sicuramente il suo momento.
Il giornale su cui scrivo oggi è forse il più importante baluardo culturale di quella transizione, e del regime e, forse per questo motivo, nel 2012 (ben prima di Podemos), in un editoriale lucidissimo intitolatoL’urgenza di concordare ha percepito la crisi organica e ha chiamato i partiti di regime spagnoli (PSOE e PP) a patteggiare fra loro per affrontare una situazione di vulnerabilità del sistema dei partiti che potrebbe far deragliare la sua stabilità storica.
Ma il decennio di trasformazione era già iniziato. Il progetto europeo si indebolisce sempre più non solo a causa della crisi (come ha riconosciuto il presidente del Parlamento europeo il giorno che ho debuttato in quella Camera) e in Spagna, mentre il problema catalano è esploso in tutta la sua vastità, siamo in grado di sfidare il bipartitismo con una forza senza precedenti. 
Perchè, nonostante la nostra inesperienza e i nostri errori, pur avendo ricevuto molti attacchi, siamo davanti a delle intatte aspettative di vincere le elezioni, ed è spiegabile solo grazie al momento eccezionale.
Che una forza politica come Podemos, in cui i propri organi interni e i propri candidati sono eletti in primarie aperte e pubbliche tra i cittadini, senza liste bloccate, in cui niente di meno che la politica delle alleanze è sottoposta a un referendum, è spiegabile solo dal momento di eccezionalità che si vive.
La Grecia non è la Spagna. Il nostro paese ha molto più forza come attore in Europa.
La storia non è mai scritta (ignorare questo è stato forse il più grande errore di alcuni materialisti), e nei prossimi mesi sarà rivelato in Spagna, sempre con un occhio rivolto verso l’Europa, il modo in cui verrà la nuova transizione in corso. Le prossime elezioni, infatti, non solo apriranno una nuova legislatura, ma forse l’inizio di un nuovo regime politico in cui molte cose devono cambiare. La politica è sempre un conflitto e tocca noi giocare le nostre carte in un contesto difficile in cui ci troviamo di fronte avversari molto forti che celebrano l’accordo della Grecia oggi come una vittoria temporanea della ragione cinica e della reazione contro l’europeismo sociale. 
Tuttavia, la Grecia non è la Spagna. Il nostro paese ha molto più forza come attore in Europa e delle istituzioni pubbliche in grado di disciplinare i nostri oligarchi corrotti, fraudolenti e improduttivi e semplicemente far rispettare la legge.
Abbiamo trascorso un anno di preparazione per essere la forza politica che rappresenta le masse e la società civile, sostenendo un progetto nazionale per maggioranze sociali basati sull’ascolto da parte delle istituzioni, la giustizia sociale e la sovranità. Così ci siamo impegnati a promuovere un nuovo patto di convivenza sociale e territoriale che deve essere articolato attraverso un processo costituzionale che non è discusso negli uffici, ma mediante un grande dibattito sociale, che rende protagonisti della nuova Transizione non sono le élites politiche ed economiche, ma i cittadini.
Ha detto un lucido socialista russo che ci sono decenni in cui non succede quasi nulla e settimane in cui tutti i decenni precipitano.
Le prossime settimane che ci attendono sono tra queste ultime. Cerchiamo di tenere il passo.

Fonte: Essere Sinistra, traduzione del suo articolo su El Paìs Una nueva Transición

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