La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 31 luglio 2015

Fenomenologia de l'Unità 2015

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di Alessandro Gilioli
Da quando è tornata in edicola "l'Unità" ha provocato reazioni controverse, soprattutto per la linea politica schierata in modo così rettilineo con il premier-segretario.
Personalmente non credo ci sia da indignarsene: Renzi l'ha riaperta apposta per farne il suo megafono. O meglio, dato che per motivi d'immagine la doveva riaprire, ha voluto che almeno fosse il suo megafono.
Però ci sono tanti modi per sostenere una battaglia politica su una testata. Nel '94, ad esempio, Berlusconi impose che il Giornale passasse «dal fioretto alla sciabola», quindi si liberò di Montanelli e prese Feltri, il quale poi in realtà alla sciabola preferì direttamente la mazza chiodata.
Un altro stile è quello del Foglio, che propugna le sue tesi con linguaggio ironico-saputo, sgomitate intellettuali e provocazioni in apparenza eterodosse.
O ancora c'è il Fatto, la cui assertiva linea è sempre stata tuttavia contaminata da pareri non conformi con la medesima e da firme gelose della propria autonomia (Massimo Fini, Bagnai, Disegni etc) in base al condivisibile principio che una certa dose di "libertinaggio" culturale e politico rafforza (anziché indebolire) la tesi principale.
Poi appunto c'è la nuova Unità.
E qui siamo davanti a un fenomeno molto interessante, indipendentemente dal fatto che sia renziana.
Siamo cioè a un conclamato ritorno alla prima infanzia: quando il mondo era semplice, lineare, elementare, privo di qualsiasi sfumatura e complessità. Ci sono solo i buoni da una parte e i cattivi dall'altra. Topolino e Gambadilegno. Gargamella e i Puffi. Al più, Batman e Joker. Comunque, sempre luci contro tenebre.
Il tutto si declina, ad esempio, così:
Expo buono; critiche a Expo cattivo.
Startup buono, scioperi cattivo.
Serracchiani buono, minoranza cattivo.
Mattarella buono, riforme buono, Fiat buono.
Opposizione cattivo, gufi cattivo, pessimisti cattivo.
Il mondo viene diviso verticalmente in due: quelli che si rimboccano le maniche e quelli che cercano solo di distruggere.
I buoni vogliono il bene e lo costruiscono ogni giorno: in politica, nella società, sul lavoro. Essendo buoni, proprio come nei fumetti sono premiati dalla realtà: trovano un posto fisso, sorridono nei campi di volontariato, vincono le cause civili accelerate grazie al governo, cenano ottimamente nei ristoranti di Expo.
I cattivi vogliono il male e come tali sono sempre incazzosi, infelici, vecchi, perdenti, insomma alla fine si mangiano il cappello come Rockerduck quando falliscono i piani disonesti che ha macchinato contro Paperone.
Qualunque notizia, all'Unità, viene forzata per rientrare in questo schema; se ciò non è possibile, viene ignorata: perché non sia mai che la realtà appaia un filo meno banale.
Nel mondo dei buoni, naturalmente, primeggiano direttamente i rappresentanti del bene: non solo Renzi ma anche i vari Gozi, Martina, Giannini, Boschi, più altri parlamentari e peones minori che pure scrivono ogni giorno i loro pensieri positivi.
Il mondo dei cattivi è invece meno definito, essendo per antonomasia oscuro, tenebroso, onusto di caligine; ci sono Grillo e Salvini, certo, ma per il resto è tutto un evocare vaghissimo nemici generici, come i disfattisti, i distruttivi, i tafazzi, gli scettici etc etc.
Il reale, al lettore dell'Unità, viene quindi interpretato così, in modo da appagargli la parte di cervello più basica, fanciullesca, binaria. Soprattutto, si scongiura l'ipotesi di qualsiasi sua riflessione dubitativa, di qualsiasi esercizio critico.
È, in sostanza, una pedagogia dell'idiozia.
Ed è questo, più ancora della linea politica, ciò che maggiormente stride con il nome dell'intellettuale fondatore esibito in prima pagina.

Fonte: L'Espresso

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