La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 30 luglio 2015

Sciogliere e coagulare, una nuova sinistra in Italia


di Francesco Martone
“Per coa­gu­lare sul serio per­corsi ed ispi­ra­zioni diverse in uno sforzo comune (non neces­sa­ria­mente in un par­tito comune!), biso­gna che prima di tutto le rigi­dità e gli spi­riti di ban­diera si atte­nuino e magari si dis­sol­vano. “Solve et coa­gula”, scio­gliere e coa­gu­lare, dice­vano gli alchi­mi­sti rina­sci­men­tali”. Solve et coa­gula, appunto, per rige­ne­rare sé stessi, tra­sfor­mare i metalli in oro. Non neces­sa­ria­mente abban­do­nare del tutto la pro­pria com­po­si­zione chi­mica, ma scio­glierla e ricoa­gu­larla con altre com­po­nenti per costruire una nuova strut­tura, non un com­po­sto unico, ma un’architettura collettiva.
Que­sto pro­po­neva decenni or sono Alex Lan­ger al Pci di allora, lo faceva sullo sfondo della crisi dell’Europa, attra­ver­sata dagli scos­soni della guerra fredda, e lo pro­po­neva par­tendo dal pen­siero eco­lo­gi­sta. Pro­viamo a rileg­gerle oggi que­ste parole sol­le­ci­tati dall’apertura di dibat­tito del mani­fe­sto.
Solve: rom­piamo gli ele­menti, dis­sol­viamo le for­za­ture, degli stati nega­tivi del corpo e della mente. Met­tia­moci a dispo­si­zione, supe­riamo le rigi­dità, cul­tu­rali e non, fon­dia­moci in pra­ti­che e riven­di­ca­zioni comuni, che lo scio­gli­mento non pos­siamo farlo a tavo­lino né affi­darci alla mano di un alchi­mi­sta, qua l’alchimista è col­let­tivo ed il labo­ra­to­rio è la carne viva della società.Coa­gula: coa­gu­liamo gli ele­menti dispersi in una nuova sin­tesi, incon­tria­moci su ver­tenze comuni, in pra­ti­che che coniu­gano “nuovo mutua­li­smo” e par­te­ci­pa­zione, demo­cra­zia diretta e costru­zione intel­li­gente del con­flitto. Fac­cia­molo anche e soprat­tutto con tutte quelle realtà che oggi costrui­scono alter­na­tive e le pra­ti­cano quo­ti­dia­na­mente. Solo coniu­gando par­te­ci­pa­zione diretta e costru­zione di pra­ti­che di soli­da­rietà sociale, sarà pos­si­bile per­met­tere a que­sto “solve et coa­gula” di non essere solo una for­mula “in vitro”.
Certo dovremo evi­tare accu­ra­ta­mente scor­cia­toie, pre­ve­nire il rischio di una ripro­du­zione di ceto poli­tico, o di for­mule con­sunte o mutuate da espe­rienze altrui. Tut­ta­via pos­siamo ispi­rarci ad alcune espe­rienze altrui per trarre ele­menti utili al nostro lavoro cul­tu­rale e poli­tico allo stesso tempo. Una delle intui­zioni a mio parere più inte­res­santi di Syriza è pro­prio quella di accom­pa­gnare alla costru­zione di un “sog­getto” poli­tico di sini­stra, la pro­po­sta di pra­ti­che di nuovo mutua­li­smo, giac­ché oggi è dalle con­di­zioni mate­riali delle per­sone che riparte lo slan­cio per un pro­getto di libe­ra­zione e la costru­zione di alternativa.
L’altra sfida, quella di Pode­mos, rimette in discus­sione il con­cetto stesso di potere e le vec­chie cate­go­rie di “destra” e “sini­stra”, pro­po­nendo invece un dua­li­smo tra il “basso” e “l’alto”, tra chi vive nella società, chi pra­tica resi­stenza, chi sof­fre da una parte e chi si chiude a ric­cio nei palazzi del potere, e — come giu­sta­mente sot­to­li­nea Jur­gen Haber­mas in un suo arti­colo cri­tico nei con­fronti della posi­zione di Angela Mer­kel verso la Gre­cia — diventa uno zom­bie, non più poli­tico, ma volen­te­roso car­ne­fice al soldo della finanza e dell’austerity.
Lo sfondo è ancora quello dell’Europa e della crisi ambien­tale, appunto — e le parole di Alex ancora una volta sve­lano la sua grande lun­gi­mi­ranza . L’enciclica di Fran­ce­sco ci ricorda l’urgenza di supe­rare la logica della cre­scita illi­mi­tata e della tra­sfor­ma­zione in merce della natura, di rico­no­scere che ambiente e giu­sti­zia sociale, debito eco­lo­gico e sociale, sono le due facce delle stessa meda­glia. Ale­xis Tsi­pras è lì a ricor­dare che la dignità non può essere messa sul banco di una trat­ta­tiva impari, dal carat­tere pura­mente “poli­tico”, rivolta a repri­mere un’anomalia pos­si­bile dal pen­siero unico.
L’Europa di oggi, che alza nuovi muri, da Ven­ti­mi­glia, all’Ungheria di Orban, che stenta a acqui­sire una volta per tutte l’obbligo di soli­da­rietà nei con­fronti di pro­fu­ghi che sfug­gono alle guerre mostra tutti i suoi difetti e ritardi. Resta però l’Europa, non que­sta Europa, il con­te­sto poli­tico, eco­no­mico e geo­po­li­tico nel quale pro­vare a costruire un’alternativa.
Non è un caso che a migliaia in Piazza Syn­tagma si appel­la­vano allo spi­rito ori­gi­na­rio del pro­getto euro­peo. E non è un caso che la com­mis­sione di inchie­sta par­la­men­tare sul debito greco, più che rifarsi ai para­me­tri macroe­co­no­mici e finan­ziari, for­mula un duro atto di accusa alle isti­tu­zioni euro­pee ed ai cre­di­tori, per le rica­dute del debito sui diritti umani. Un pas­sag­gio assai impor­tante dal quale trarre ispi­ra­zione. Oggi come non mai il glo­bale ed il locale di fon­dono, le dif­fe­renze tra la pro­spet­tiva nazio­nale ed euro­pea della poli­tica si atte­nuano fino a scom­pa­rire. C’è però ancora troppa poca Europa e poco mondo nel dibat­tito sulla rico­stru­zione del “sog­getto poli­tico”, appa­ren­te­mente cir­co­scritto alla discus­sione dell’aut-aut, Euro si o Euro no. Occor­rerà piut­to­sto uno sforzo per col­lo­care que­sto pro­cesso nel qua­dro della rico­stru­zione di un’altra Europa, e di rela­zioni con sog­getti poli­tici e non euro­pei e trans­na­zio­nali. Un mondo capace di futuro, che guarda appunto alle nuove generazioni.
Il filo­sofo fran­cese Jac­ques Der­rida una volta ebbe a dire che è dif­fi­cile pen­sare al nuovo quando ciò dipende dall’evento di altri. Dovremo per­tanto tutti con­tri­buire a costruire il labo­ra­to­rio col­let­tivo dove que­sto pro­cesso di costru­zione di alter­na­tive pos­si­bili nei fatti già ha luogo. Occorre farlo emer­gere, tra­durlo in mes­sag­gio col­let­tivo, in pra­ti­che con­di­vise: da una parte quella di “demo­cra­tiz­zare real­mente la poli­tica” e dall’altra di con­tri­buire alla “ri-politicizzazione dello spa­zio pub­blico”. Ricordo un bel docu­mento di Act! nel quale si pro­pone di par­tire dal basso, accanto agli oppressi, in dire­zione della sini­stra. Ecco credo che que­sto sug­ge­ri­mento sia assai valido e dovremmo pra­ti­carlo e pro­porlo a chi oggi naviga nell’arcipelago ancora un po’ inde­fi­nito di quella che sarà la sini­stra futura. Rove­sciamo anche noi la pira­mide, apriamo porte e fine­stre, lascia­moci die­tro una volta per tutte esi­ta­zioni e timori.
Pre­di­spo­nia­moci all’ascolto, si parta da una cam­pa­gna di inchie­sta attiva sullo stato del paese e di chi ci vive, una rico­gni­zione sui biso­gni e i diritti vio­lati, sulla quale costruire un pro­getto poli­tico. Valo­riz­ziamo e diamo spa­zio a menti fre­sche, alle nuove gene­ra­zioni. Se la sini­stra che verrà dovrà evo­care la società che vogliamo sarà urgente aprire la porta ed accom­pa­gnare lungo la strada una nuova gene­ra­zione di atti­vi­sti e per­sone che deci­dono di impe­gnarsi per il bene comune. Met­tia­moci tutti in cam­mino, a “piedi scalzi”, con gene­ro­sità, spi­rito di auten­tica col­la­bo­ra­zione. Pro­viamo cioè a pra­ti­care le carat­te­ri­sti­che di quello che vor­remmo sia il mondo nel quale vivere bene e con dignità attra­verso la par­te­ci­pa­zione, infor­ma­zione e coin­vol­gi­mento diretto di ognuno ed ognuna, in una fase assai deli­cata ma che ha con sé i pro­dromi di un sogno possibile.

Fonte: il manifesto

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