di Alfonso Gianni
L'intervista comparsa su la Repubblica e rilasciata dal Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano è a dir poco sconcertante. Poiché non si tratta di una persona qualunque e per evitare che ci si accusi di travisare il senso delle sue parole riporto per filo e per segno cosa Napolitano risponde alla domanda sulla legittimità dell'astensione rispetto al voto sul referendum di domenica prossima sulle trivelle: "Se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull'inconsistenza dell'iniziativa referendaria". Quindi Napolitano, al contrario del suo successore Mattarella, nonché del Presidente della Corte Costituzionale e di molti altri ancora, fa esplicita propaganda per il non voto.
Ma la Costituzione non mette affatto sullo stesso piano l'esercizio del voto con l'astensione. Nell'articolo 48 - per fortuna non toccato dalla revisione (la "deforma") costituzionale appena operata da un Parlamento che non aveva neppure la legittimità di farlo in seguito alla sentenza della Consulta contro il Porcellum - la nostra carta costituzionale precisa che "Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è un dovere civico".
Senza distinguere tra voto alle elezioni politiche, di qualunque natura, e voto nei referendum. Si può girare attorno alla questione, ma così è. Ne consegue che l'astensione, ancorché non perseguibile, rappresenta la violazione di questo dovere.
Senza distinguere tra voto alle elezioni politiche, di qualunque natura, e voto nei referendum. Si può girare attorno alla questione, ma così è. Ne consegue che l'astensione, ancorché non perseguibile, rappresenta la violazione di questo dovere.
L'esistenza del quorum, previsti, si badi bene, per i referendum ordinari ma non per quelli che concernono la revisione costituzionale, non autorizza alcuno a fare propaganda di astensione, né a considerare quest'ultima come una risposta al quesito referendario. Il quale chiede ai cittadini di esprimersi con un Sì e con un No. Se il cittadino dovesse ritenere di non essere in grado, per i più svariati motivi, di esprimere un'opinione al riguardo, potrebbe e, secondo una lettura corretta della Costituzione, dovrebbe mettere nell'urna una scheda bianca.
D'altro canto i referendum costituzionali sono evidentemente più importanti di quelli su leggi ordinarie. Lo sa bene Renzi che ha legato il proprio futuro a quello del prossimo ottobre sulla "deforma" costituzionale. L'inesistenza del quorum in questo caso, che non è neppure previsto - se si seguisse il ragionamento di Napolitano - dovrebbe essere considerata al contrario dimostrazione "dell'inconsistenza della iniziativa referendaria", poiché anche nel caso che l'astensione toccasse la punta del 99% e votasse solo l'1% degli aventi diritto, il risultato del referendum, qualunque fosse, sarebbe valido. Ma Napolitano nella prima parte della intervista si pronuncia per l'importanza della revisione costituzionale renziana, anzi se ne fa mallevadore. Quindi contraddice sé stesso.
Non solo, ma al di là delle disquisizioni, comunque sempre utili, purché sincere, e delle interpretazioni del dettato costituzionale e dei diritti e dei doveri che ne derivano, è davvero singolare che al Presidente emerito e ai sostenitori della legge elettorale detta Italicum, che entrerà in vigore il prossimo 1° luglio (e su cui è in corso una raccolta di firme per un referendum abrogativo da tenersi l'anno prossimo) sfugga - si fa per dire - un'altra clamorosa contraddizione. Da un lato per le forme di democrazia diretta, quali sono i referendum, è previsto un quorum di votanti per la loro validità; dall'altro nel ballottaggio previsto dall'Italicum non vi è alcuna condizione numerico quantitativa, per applicare al vincente tra le due formazioni politiche più votate al primo turno, un premio cosiddetto di maggioranza che permetterebbe ad una di queste, pur essendo anche una minoranza del tutto modesta tra gli aventi diritto al voto, di diventare quasi magicamente maggioranza parlamentare e quindi di essere investita della responsabilità di governo.
Coloro, fra cui duole annoverare anche Giorgio Napolitano, che sostengono la tesi che il "dovere civico" dell'esercizio del voto, previsto dall'articolo 48 della vigente Costituzione, si debba applicare solo alle elezioni politiche e non a quelle referendarie, dovrebbero invece riflettere su come l'Italicum calpesti non solo gli esiti di quel dovere, ma anche il carattere libero ed eguale del voto, dal momento che quello espresso in sede di ballottaggio avrebbe forti condizionamenti e ben altre conseguenze, ai fini della determinazione della maggioranza parlamentare, di quello espresso al primo turno. Per tutte queste ragioni, oltre che per quelle di merito, il 17 aprile andrò a votare e così naturalmente farò nel referendum costituzionale il prossimo ottobre. Sì nel primo caso e No nel secondo.
Fonte: Huffington post - blog dell'Autore
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