La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 29 luglio 2015

Il labirinto della riforma costituzionale

di Andrea Fabozzi
I voti dovreb­bero non essere più un pro­blema, con l’annunciata for­ma­zione del gruppo di sena­tori «ver­di­niani» il dise­gno di legge di revi­sione costi­tu­zio­nale che da sedici mesi impe­gna il par­la­mento si avvia a ricon­qui­stare quel soste­gno della destra ber­lu­sco­niana che è già ser­vito a vin­cere le resi­stenze di qual­che sena­tore Pd. Lo dice anche la mini­stra delle riforme Boschi: «Il sì di Ver­dini? Non c’è nes­suna novità». Scon­tato il voto — almeno in aula — tutto il resto per la riforma del bica­me­ra­li­smo, alla quale Renzi ha legato il suo destino di governo e intende affi­dare gli ultimi fuo­chi attra­verso un referendum-plebiscito alla fine del 2016, resta un pro­blema. A comin­ciare dal cuore del prov­ve­di­mento: la can­cel­la­zione dell’elezione diretta dei sena­tori, appro­vata in «dop­pia con­forme» dal senato e dalla camera gra­zie a una delle tante impo­si­zioni di governo (sul punto era infatti pas­sata una modi­fica in com­mis­sione a Mon­te­ci­to­rio).
Tor­nare indie­tro a que­sto punto è dif­fi­cile, stando alla let­tera dei rego­la­menti, ma non impos­si­bile come molti costi­tu­zio­na­li­sti spie­gano da tempo. La deci­sione è in mano al pre­si­dente del senato Grasso, che se vuole può pen­sarci tutta l’estate dal momento che le tur­bo­lenze nella mag­gio­ranza — e non una gene­rosa con­ces­sione — hanno con­si­gliato a Renzi il rin­vio a settembre.
Intanto avanza len­ta­mente il lavoro in com­mis­sione, dove ieri è inter­ve­nuto il pre­si­dente dei sena­tori Pd Zanda per dire che si può tro­vare «una forma di ele­zione dei nuovi sena­tori che ampli il con­senso nella mag­gio­ranza e fuori dalla mag­gio­ranza (Ver­dini, ndr)». Una «forma» che nelle inten­zioni dei ren­ziani dovrebbe tenere insieme la fine dell’elezione diretta con un «con­ten­tino» agli elet­tori, ai quali andrebbe lasciata la pos­si­bi­lità di indi­care una lista all’interno della quale i con­si­glieri regio­nali dovreb­bero poi sce­gliere i sena­tori. Ten­ta­tivo spe­ri­co­lato di sta­bi­lire un prin­ci­pio costi­tu­zio­nale per poi cer­care di negarlo con legge ordi­na­ria, riman­dando tra le altre cose l’entrata in fun­zione del nuovo senato (oppure pre­ve­dendo una fase di dif­fe­rente legit­ti­ma­zione per i sena­tori). La mino­ranza ber­sa­niana del Pd (che può espri­mere tre deci­sivi voti in com­mis­sione) non intende accon­ten­tarsi. Van­nino Chiti anzi dram­ma­tizza l’eventuale «soc­corso» di Ver­dini, altro che nes­suna novità: «Una modi­fica nella mag­gio­ranza che sostiene il governo richie­de­rebbe le veri­fi­che che la Carta e le regole par­la­men­tari esi­gono», prima fra tutte un pas­sag­gio del pre­si­dente del Con­si­glio per il Qui­ri­nale e una nuovo fidu­cia in parlamento.
Niente di impos­si­bile per Renzi, al quale però non farebbe certo pia­cere ren­dere uffi­ciale il soste­gno dell’ex brac­cio destro di Ber­lu­sconi. Da qui il richiamo alla disci­plina di Zanda, al quale in pas­sato non si sono dimo­strati insen­si­bili i «dis­si­denti» del Pd: «Sosti­tuire pezzi di mag­gio­ranza con nuovi apporti dall’opposizione è impos­si­bile se la mag­gio­ranza resta salda».
Sal­dezza che però non si può chie­dere agli esperti della mate­ria, i costi­tu­zio­na­li­sti che da ieri e ancora per due giorni saranno ascol­tati dalla com­mis­sione. Fatta ecce­zione per Cec­canti e Cal­de­risi, pro­fes­sore di area ren­ziana il primo, tec­nico nell’orbita del Nuovo cen­tro­de­stra il secondo, la boc­cia­tura del dise­gno di legge di riforma con­ti­nua a essere netta e ieri l’hanno espressa l’avvocato Beso­stri (che si può leg­gere qui accanto) e i pro­fes­sori Vil­lone, Tondi della Mura, Scac­cia, Man­gia­meli e Sil­ve­stri. Quest’ultimo, ex pre­si­dente della Corte costi­tu­zio­nale, ha cri­ti­cato il senato dei con­si­glieri regio­nali e dei sin­daci così com’è pro­po­sto dal governo, «una brutta copia della camera dove la rap­pre­sen­tanza ter­ri­to­riale viene fatta pas­sare attra­verso il fil­tro poli­tico, desti­nata a diven­tare come in Austria un secondo ramo irri­le­vante». E Sil­ve­stri, che era pre­si­dente della Con­sulta quando fu dichia­rato ille­git­timo il Por­cel­lum, ha boc­ciato anche la novità delle leggi elet­to­rali sot­to­po­ste al vaglio pre­ven­tivo dei giu­dici costi­tu­zio­nali, un giu­di­zio «astratto» e a priori che rischia di legare le mani alla Con­sulta, o di costrin­gerla a valu­ta­zioni incoerenti.

Fonte: il manifesto

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