di Alfonso Gianni
Non era difficile comprendere, fin dall'inizio, che l'uscita della
Grecia dalla Eurozona - probabilmente più definitiva che temporanea -
non avrebbe fatto altro che consolidare l'egemonia tedesca sull'euro.
Non a caso è stato Schauble a proporla. Averla evitata, grazie ad un
accordo in sé certamente non bello e alla tenacia del governo greco, ha
spaccato per la prima volta il fronte della Troika, con la richiesta
esplicita del Fondo monetario internazionale, di ridurre, ovvero
tagliare, l'entità complessiva del debito greco che non è solvibile,
anche perché inesorabilmente destinato ad aumentare, malgrado la
momentanea riduzione dovuta alle restituzioni operate dalle autorità
greche ai creditori istituzionali.
Non è un risultato da poco.
Soprattutto perché esso ha contribuito ad allargare e approfondire la
discussione anche in Germania, il paese che ha guidato con ferocia il
tentativo di capovolgere la stessa situazione politica greca,
determinatasi in base alle elezioni di gennaio, e poi rafforzata
dall'esito del recente referendum. Anche il grande paese tedesco appare
meno monolitico di prima, malgrado che la socialdemocrazia abbia persino
tentato di scavalcare a destra l'intransigenza della Merkel. Per
fortuna non tutto il mondo intellettuale tedesco è prono alle politiche
di austerità e si entusiasma per gli inchini di Sigmar Gabriel alla
nuova Lady d'acciaio.
Armin Bogdandy, direttore dell'autorevole
Istituto Maw Planck di Heidelberg; Guntram Wolff, direttore
dell'Istituto Bruegel, noto think tank con ampie influenze
internazionali; Marcel Fratzscher, presidente del Diw di Berlino
(l'Istituto tedesco per la ricerca economica) firmano sulla stampa
internazionale un impegnativo articolo nel quale dimostrano che la
ristrutturazione del debito greco oltre che necessaria è anche possibile
in base ai trattai vigenti. La loro idea è quella di legare la
ristrutturazione alla crescita dell'economia greca, argomento che il
governo ellenico ha più volte avanzato in sede di trattativa. La novità
no starebbe dunque qui, quanto nel fatto che i tre autorevoli economisti
dimostrano che una tale scelta sarebbe perfettamente coerente con i
Trattati in vigore e in particolare con l'articolo 125 del Trattato di
Maastricht. Questo è stato sottolineato recentemente anche dalla Corte
di Giustizia dell'Unione europea che ha messo in luce come gli Stati
membri possono concedere assistenza finanziaria a un altro Stato membro,
purchè questa sia collegata a una "politica virtuosa di bilancio" da
parte di quest'ultimo. La stessa Corte, approvando l'introduzione delle
OMT, ha sottolineato che la Bce può assumersi in quest'opera anche un
notevole rischio di perdite.
Naturalmente il nocciolo della
questione sta in cosa si intenda per politica virtuosa di bilancio da
parte dello stato che viene aiutato finanziarmente. Sappiamo
perfettamente che dietro questa affermazione c'è l'ulteriore perdita di
sovranità dei paesi membri nell'attuare proprie scelte economiche. E
qui, nel caso greco, entra in campo la resilienza che il governo e il
popolo greco dovranno sapere mettere in atto per evitare che le
ingerenze, già previste dall'accordo firmato, siano devastanti dal punto
di vista dell'austerità. Questo campo d'azione è tutt'altro che
precluso. Dipende naturalmente dalla coesione interna alla popolazione
greca e dalla guida politica che intende darsi. Tutte le previsioni sono
che quest'ultima non cambierà rispetto a quella attuale fornita da
Syriza, anche in caso di elezioni anticipate.
Ma quello che qui
voglio sottolineare è la conclusione cui i tre studiosi tedeschi
pervengono. Se non ci sarà crescita economica il debito inevitabilmente
dovrà essere tagliato, in caso contrario potrà essere rispettato. Per
questo propongono una congrua moratoria, seppure condizionata, del
pagamento del debito.
I tre economisti non dicono che una
crescita non può avvenire se non con finalità e mezzi completamente
diversi da quelli finora usati. Ovvero avviando elementi di un nuovo
modello di sviluppo, di cui l'intervento pubblico diretto sia un motore
effettivo. Questa è la scommessa di Tsipras. Tuttavia i tre studiosi
capovolgono il problema rispetto a come esso è prevalentemente visto in
Germania. Ovvero il tema di una rinascita economica della Grecia non è
più un problema ellenico, ma di tutta l'Europa. Così come il problema
del debito non riguarda solo la Grecia, ma tutta l'Europa e quindi
andrebbe affrontato unitariamente in sede europea. Esattamente come
aveva detto Syriza proponendo in campagna elettorale una conferenza per
ristrutturare e tagliare il debito non solo per sé, ma per tutti i paesi
europei che soffrono di questo problema a causa degli squilibri nella
bilancia dei pagamenti determinati dalle politiche neomercantiliste
della Germania, che la portano da diversi anni a sfondare in alto -
oltre il 6% - i limiti sul surplus economico previsti dal trattato di
Masstricht.
Fonte: Huffington Post
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