La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 15 febbraio 2018

Rinnovato il contratto della scuola, ma la dignità dei lavoratori è ancora lontana








di redazione Senza Soste
Dopo mesi di stallo, con un’improvvisa accelerata, l’8 febbraio scorso è stato rinnovato il contratto per il comparto “Istruzione e ricerca”. Al termine di una notte di trattative i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL hanno apposto le loro firme superando nove anni di mancati rinnovi. Non hanno firmato GILDA e lo SNALS, la cui segretaria Elvira Serafini ha parlato di “tradimento delle aspettative dei lavoratori” e ha rivolto aspre critiche sia al governo “che ha presentato una bozza di contratto di 179 pagine alle 4 del pomeriggio e preteso la firma immediata” sia agli altri sindacati “con cui lo SNALS è rimasto al tavolo fino alle 8 di mattina per cercare di convincerli a prendere tempo. Come si fa a firmare un testo di tale portata senza conoscerlo prima?”.

Difendere Afrin. Un imperativo per la sinistra internazionale







di Sara Ligutti
Quando migliaia di persone si sono riunite ad Afrin per la processione funebre di Barin Kobani, una combattente dell’Unità curda di difesa delle donne (YPJ), il cui corpo senza vita è stato mutilato dai mercenari jihadisti appoggiati dai turchi, la folla aveva in mano rami di ulivo. Afrin, posizionata sul confine turco-siriano e al centro del Monte Kurd, non è conosciuta solo per la sua popolazione a maggioranza curda, ma anche per i suoi uliveti e i suoi campi fioriti, circondati da un paesaggio montuoso.

Di Stato si muore? Per una critica dell’antropologia critica













di Fabio Dei 
Pubblichiamo le prime battute del saggio di Fabio Dei apparso nel volume collettaneo “Stato, violenza, libertà. La «critica del potere» e l’antropologia contemporanea” (Donzelli 2017), che l’autore ha curato insieme a Caterina Di Pasquale. In un recente provocatorio articolo, la filosofa Barbara Carnevali ha denunciato gli effetti perversi della diffusione accademica di una particolare forma e stile di pensiero, che ha chiamato la «Theory».

lunedì 12 febbraio 2018

La campagna elettorale e il problema dell’Università






di Alessandra Ciattini
È tempo di campagna elettorale e di proposte demagogiche su università e ricerca da parte di coloro che sono responsabili del processo di loro dissoluzione.
Persino un intellettuale, come Massimo Cacciari, in sintonia sostanziale con questo sistema economico-sociale ed ospite costante delle più svariate trasmissioni televisive per il suo sostanziale “conformismo democratico” [1], si scandalizza dell’attuale campagna elettorale, che giudica non solo fondata su antiche promesse mai realizzate e ripetute come “chiacchera”, ma anche – fatto ancor più grave – su una totale mancanza del principio di realtà. Egli considera tale situazione frutto della grave crisi dei partiti e della classe politica, iniziata negli anni ’90 con Tangentopoli, che ha ridotto questi ultimi in apparati più o meno potenti di propaganda per il sostegno a un leader “carismatico”, si fa per dire.

Una generazione precaria: questo il risultato del feroce jobs act (da cancellare)









di Vindice Lecis
Il jobs act ha precarizzato una generazione intera. Centinaia di migliaia di giovani non sanno che cosa possa rappresentare un impiego stabile e sono smarriti alla ricerca di un’occupazione, ormai per definizione a tempo e senza diritti. E’ una questione spaventosa. Una generazione non conosceinfatti la possibilità di programmare la vita perché i sogni sono stati polverizzati da anni di leggi che puntavano a scardinare la giustizia sociale, la possibilità di un lavoro degno. In una parola, dal pacchetto Treu sino al jobs act, i governi, sulla spinta delle oligarchie finanziarie, hanno costruito sempre meno cittadini-lavoratori e prodotto sempre più schiavi e sfruttati.

L’antifascismo identitario è inefficace, le derive razziste si combattono in altro modo






di Samuele Mazzolini
Apro Facebook e sembra che il fascismo sia sul punto di tornare al potere. Mi immagino già orde di teste rasate, lucidi anfibi in mostra, passi compatti, serrati e qualcuno che, dai margini, tambureggia ritmi marziali, preludio di una nuova marcia su Roma. E, dulcis in fundo, masse informi ormai conquistate da un nuovo mito millenarista. Magari sono solo io, che vivo all’estero da un po’, a non averlo capito. Ma dopo qualche rapida consultazione, tiro un sospiro di sollievo. Non è così, la mia bolla di amici virtuali a volte gioca certi scherzi.