di Marco Bertorello e Christian Marazzi
Piaccia o no, le politiche monetarie sono state in questi anni l’unico vero antidoto messo in campo per arginare la crisi. Un vuoto della politica economica su scala internazionale colmato dall’attivismo dei banchieri centrali, a tal punto che la destra tedesca oggi critica l’eccessiva indipendenza della Bce! The Economist del 20 febbraio scorso si è chiesto però se ormai ai loro bazooka siano terminate le munizioni. L’economia globale prima ha goduto di bassi tassi d’interessi, poi dei quantitative easing inaugurati dalla Fed e, da aprile, sulle orme della Banca centrale giapponese, la Bce ha rincarato la dose, aumentando gli acquisti mensili di titoli pubblici e privati e abbassando ulteriormente i suoi tassi negativi sui depositi bancari.
La scelta di dicembre della Fed di ridurre il proprio protagonismo “espansivo” iniziando ad aumentare i tassi sembra già archiviata a causa del perdurare della crisi economica globale. Il tentativo degli Usa di sottrarsi a questo meccanismo, grazie a una pur modesta crescita nazionale, ha immediatamente rafforzato il dollaro, facendo emergere nuovi segnali di sofferenza per l’economia americana, a partire dal suo manifatturiero.