La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 12 dicembre 2015

Un cestino di mele marce

di Alfonso Gianni
Scommetto che siamo stati in molti, appresa la tragica notizia del suicidio di Luigino d’Angelo, il pensionato di Civitavecchia depredato dei propri risparmi, a farci venire in mente la celebre domanda di Bertolt Brecht: «E’ più criminale fondare una banca o rapinarla?». Quesito non lieve e appropriato. Solo che andrebbe riferito non ad una banca sola ma all’intero sistema creditizio, a come viene normato e gestito tanto a livello italiano quanto europeo.
L’unica mela marcia pareva essere il Monte dei Paschi di Siena. Anche lì ci un fu un morto – il responsabile della comunicazione della banca — forse non proprio volontario. Si è voluto far credere che sanata quella falla le meravigliose sorti progressive del sistema bancario privato italiano potessero rifulgere. Di fronte a casi come quelli della Northern Rock inglese, salvata in extremis dal fallimento da una nazionalizzazione di fatto, si disse che le nostre banche non correvano simili rischi perché erano più solide. In realtà si perpetrava scientemente un inganno nei confronti dei piccoli risparmiatori che non hanno molto, presi uno per uno, ma che sono tanti e quindi si può fare cassa, come Ettore Petrolini diceva dei poveri. Bankitalia che avrebbe dovuto esercitare la necessaria vigilanza sugli istituti bancari non lo ha fatto o comunque non in misura opportuna.

Naomi Klein: la lotta per il clima e la lotta per l'eguaglianza

di Naomi Klein
Molto probabilmente l'accordo che sarà presentato tra meno di una settimana sarà accompagnato da ampio clamore e autocelebrazione da parte dei politici e dalla stampa particolarmente schierata ma non sarà sufficiente a garantire la nostra sicurezza. Di fatti, sarà oltremodo pericoloso.
Gli obiettivi che le principali economie mondiali hanno messo sul tavolo delle trattative di Parigi ci conducono verso un futuro innalzamento delle temperature pari a 3-4 gradi, secondo i dati del Tyndall Center, anziché 2, come promesso a Copenaghen. Proprio negli accordi di Copenaghen, i nostri governi definivano quei due gradi come un "riscaldamento pericolo".
Anche grazie a importanti studiosi del clima come James Hansen sappiamo che due gradi sono fin troppi. Dalle nostre esperienze quotidiane ci rendiamo conto che il grado d'innalzamento delle temperature della terra è fin troppo elevato.

Il soccorso arancione

di Paolo Favilli
Ha ragione Fausto Bertinotti quando dice che la cosiddetta «provocazione» del ministro del lavoro, Giuliano Poletti, cioè la sostanziale riproposizione del cottimo nella dinamica salariale, «va presa sul serio». È la «spia», per dirla con Carlo Ginzburg, di quanto la «nuova ragione del mondo» sia elemento consustanziale del Pd, della sua struttura portante come «perno» (direbbero i sindaci arancioni) dell’attuale establishment di potere.
È la «spia» di quanto lungo e profondo e dunque radicato, sia stato il percorso di acquisizione della «nuova ragione» che consiste, appunto, nel dispiegamento pieno della logica secondo la quale «il mercato il principio del governo degli uomini e del governo di sé» (Dardot, Laval 2013).
Radicamento dunque; Poletti, infatti non è Renzi, che, tramite consolatorio errore, può essere considerato un recente ed estraneo invasore calato improvvisamente come gli Hyksos sul terreno incontaminato degli eredi di quella che fu la grande sinistra italiana.

Come viene «suicidato» un risparmiatore

di Tonino Perna
La lunga recessione ci ha abituato a leggere le storie di suicidi di imprenditori falliti, di lavoratori che hanno perso il lavoro e sono caduti nella disperazione, ma non avevamo ancora visto fare la stessa fine un piccolo risparmiatore.
E’ successo a Civitavecchia dove un pensionato non ha retto al crac della Banca dell’Etruria di cui aveva acquistato le obbligazioni per un valore di circa 100 mila euro, un tesoretto che è sfumato in un giorno.
Il risparmio di una vita di lavoro «derubato» da un cinico e baro sistema bancario che è debole con i forti (le grandi banche) e forte con i deboli, le piccole banche di credito cooperativo e le banche popolari. Un fatto gravissimo e raro nella storia del sistema bancario italiano che pone non pochi interrogativi. Il primo: a che serve oggi la Banca d’Italia ? Dopo aver perso il ruolo di prestatore di ultima istanza, di centro di produzione del denaro, gli era rimasto solo il ruolo di vigilanza sui conti delle banche e quindi di tutela dei risparmiatori.

La scuola punita dal sistema-Italia

di Piero Bevilacqua 
Ci sono analisi settoriali che svelano molte più cose di profondità sistemica che non tante indagini di portata programmaticamente generale. E' questo il caso del libro di Walter Tocci, La scuola, le api e le formiche. Come salvare l'educazione dalle ossessioni normative, Donzelli 2015, che è' molto più di una tagliente analisi della scuola italiana nel nostro tempo. Senza forzare molto le cose si potrebbe dire che è una diagnosi della società italiana e al tempo stesso una spiegazione etiologica del suo conclamato declino attraverso le politiche della formazione. L'autore, infatti, prende in esame i tentativi di riforma degli ultimi anni, i suoi impatti sulla scuola, ma ha il grande merito di non rimanere dentro questo recinto, di scorgere le origini dei problemi in dinamiche più generali, sotto il cui influsso l'Italia indietreggia a grandi passi, chiudendosi in un processo di autoemarginazione di cui non si vede la fine.

Le stesse cose che ritornano. L’Europa e il nostro sciopero contro la miseria del presente

di Connessioni precarie 
Insieme a molti altri abbiamo ripetuto che l’Europa è il terreno minimo di lotta. Di fronte agli stati di emergenza, al terrorismo di Daesh, alle guerre dichiarate o semplicemente praticate, dopo le recenti elezioni francesi sembra di essere catturati in un’infinita involuzione europea. Sembra che le stesse cose continuino a ritornare per minacciarci con la loro miseria. Eppure proprio di fronte a tutto questo noi siamo quanto mai convinti che l’unica scelta praticabile sia fare dell’Europa un terreno di scontro diverso da quello che ci vogliono imporre. La scala di tutti i processi nei quali siamo coinvolti è quanto meno europea: la cupa oppressione che grava su di noi non rispetta i confini nazionali, i movimenti sui quali possiamo fare affidamento ci attraversano senza pace. La difficoltà del momento risiede nell’essere all’altezza di queste dimensioni transnazionali. Nessuno oggi può difendere l’Europa realmente esistente, possiamo solo utilizzare questo spazio mobile, solcato da profonde differenze, per costruire un progetto politico di liberazione dal regime globale di sfruttamento, guerra e terrore.

Sinistra. Al tavolo mancano due gambe

di Daniela Preziosi 
Il confronto ruvido, a lungo rimandato, alla fine era inevitabile ed è arrivato. Ieri mattina dopo una combattuta riunione nella sede nazionale di Sinistra ecologia e libertà, il gruppo di contatto delle forze politiche e delle personalità che lavorano alla nascita di un soggetto unitario a sinistra si è salutato, ma stavolta senza darsi un nuovo appuntamento. Insomma, ha rotto, almeno fino a nuovo ordine.
Il ’tavolo (il «tavolo rosso» l’avevamo definito per farci capire, ma avevamo fatto saltare i nervi a molti dei partecipanti) negli scorsi mesi ha concordato una piattaforma per «l’avvio di un percorso costituente» a partire dal prossimo gennaio, con tanto di primo appuntamento già fissato. Vi avevano partecipato Sel, Prc, l’Altra Europa con Tsipras, Possibile di Pippo Civati, Act, gli ex Pd Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre, l’europarlamentare Sergio Cofferati con un altro ex Pd, suo sodale dai tempi della Cgil, Andrea Ranieri. Ma alla prima curva gruppo ha perso subito un pezzo pregiato: gli stati generali civatiani, riuniti a Napoli a novembre, avevano deciso di ritirarsi dalla costituente, con tanto di mozione in assemblea.

Nazionale e sotto padrone

di Marco Bascetta
Che cosa sia il lavoro, fuori dalla retorica che lo celebra e dall’uso comune che banalizza senza chiarirlo il significato del termine, è altrettanto controverso di che cosa si debba intendere con l’idea di libertà. Certo è che entrambi si danno in forme storiche mutevoli, sostenute dalle ideologie e radicate nei rapporti sociali, nei costumi e nel contesto culturale. Converrà limitarsi qui, senza prendere la strada lunga dell’antropologia filosofica, alle due grandi impostazioni di fondo, quella che tra lavoro e libertà istituisce un’antitesi (dominante nel mondo antico) e quella che stabilisce, almeno a certe condizioni, una continuità, se non proprio una identità. Nell’epoca moderna prevale la seconda, ma senza mai venire a capo di uno stato di tensione, di una persistente polarità.
È a partire da questa polarità che Giuseppe Allegri e Giuseppe Bronzini ricostruiscono la storia della «grande trasformazione» del lavoro che ha segnato gli ultimi decenni, delle politiche e delle scelte legislative che la hanno accompagnata, configurata, imbrigliata.

La posta spedita in Borsa

di Luca Martinelli
Quando leggerete questo articolo Poste Italiane spa sarà una società quotata in Borsa, a Milano. Le azioni vengono scambiate a Piazza Affari dal 26 ottobre, e alcuni di voi o tra i vostri parenti -consigliati da un istituto di credito- potrebbero aver partecipato all’offerta pubblica iniziale (IPO), investendo qualche migliaia di euro per acquistarne un pacchetto -quello minimo è di 500 azioni-. Una scelta coerente, e probabilmente nel breve periodo anche redditizia: il fatturato è in crescita (del 21 per cento tra il 2013 e il 2015) e nel triennio 2012-2014 l’azienda ha riconosciuto al proprio azionista unico, il Tesoro, dividendi pari a un miliardo di euro mentre l’ad Francesco Caio ha spiegato che nel 2015 e nel 2016 verrà corrisposto agli azionisti l’80% degli utili societari. 
La privatizzazione di Poste Italiane spa, però, riguarda tutti noi come cittadini, e non solo nella veste di possibili investitori: sul mercato finisce un’istituzione nata nel 1862, un anno dopo l’unità d’Italia.

Le ragioni del diritto, le ragioni della politica

di Lorenza Carlassare 
Ormai imbarazza tutti il tempo lunghissimo trascorso senza che il Parlamento riesca a eleggere i giudici necessari per consentire il regolare funzionamento della Corte costituzionale. A nulla sono valsi i richiami ripetuti, neppure quelli del capo dello Stato.
Il partito di governo e i suoi sostenitori (avversari di ieri, anzi dell’altro ieri considerando il “patto del Nazareno”) si muovono esclusivamente in base a logiche politiche di corto respiro, guardando all’oggi, a ciò che può portare vantaggio o svantaggio ai loro disegni. È solo la contingenza politica che li muove, l’interesse immediato, legato al timore che una scelta “sbagliata” possa incidere negativamente sui loro disegni o alla speranza che la scelta “giusta” possa favorirli.

Derivati, ecco quanto ci costano

di Milena Gabanelli
Finalmente tutti coloro che vogliono sapere cosa sta succedendo al nostro debito pubblico sono serviti: il primo rapporto sul debito pubblico italiano è online, sul sito del Ministero dell’Economia. Lo ha scritto la direzione di Maria Cannata, ovvero colei che di quei 2.199 miliardi di debito sa tutto perché lo gestisce da 15 anni. Sa tutto anche della parte più opaca che riguarda i 160 miliardi in derivati, già costati all’erario negli ultimi 4 anni 16,9 miliardi, e con una perdita potenziale di oltre 40. Peccato che a questo «bubbone» vengano dedicate solo 2 paginette, ma la cosa non stupisce dato che nessuno può vedere i contratti, neanche i parlamentari della Repubblica. Eppure di cose da spiegare ce ne sarebbero, a partire dalla probabilità che il Tesoro, nei prossimi 5 anni, paghi 15 miliardi di quei 40.
Secondo i calcoli del Nens di Vincenzo Visco, la probabilità sarebbe del 95%. Inoltre grazie ai derivati la durata del debito pubblico è stata allungata di 80 giorni, e questo ci costerà, per ogni giorno in più, mezzo miliardo di euro.

Di cosa si occupano gli economisti?

di Guglielmo Forges Davanzati 
L’Economia è una disciplina che orienta le decisioni politiche e che, per questo tramite, influisce in modo significativo sulle nostre condizioni di vita e di lavoro. Chiedersi di cosa si occupano gli economisti, in Italia e non solo, non è dunque una domanda oziosa. 
Il punto di partenza è dato dalla constatazione che questo non è un periodo particolarmente fecondo di nuove idee. È quello che Alessandro Roncaglia, nel suo testo La ricchezza delle idee, ha definito l’età della disgregazione. La ricerca in Economia, non solo in Italia, è sempre più frammentata e specialistica, e soprattutto sempre più ‘autistica’: gli economisti tendono a dialogare esclusivamente fra loro, spesso coprendo di sofisticati tecnicismi o montagne di matematica pure banalità, tautologie o, nella migliore delle ipotesi, teorie che non “spiegano” nulla, né hanno l’ambizione di farlo[1]

L’Argentina che sarà governata da Macri

di Raúl Zibechi
La società che riceve Macri è ben diversa da quella che ha incontrato Menem alla fine degli anni ’90. Il suo governo avrà a che fare con una nuova coscienza sociale e con migliaia di organizzazioni di base che hanno già messo un freno alla sua gestione.
La reazione dei lavoratori del giornale La Nación di fronte all’editoriale pubblicato lunedì 23 [novembre] dal titolo “Niente più vendetta”, nel quale si giustifica il terrorismo di Stato come risposta “al panico sociale provocato dalle uccisioni indiscriminate perpetrate da gruppi addestrati per una guerra sporca”, dimostra che il governo di Mauricio Macri non avrà tregua se cerca di attuare la sua politica di revisione rispetto a tutto quello che è stato fatto dal kirchnerismo.

Buona Scuola, ci avevano dati per vinti

di Marina Boscaino
Ci avevano dati per vinti, defunti, spariti. E invece abbiamo dimostrato che non è così. I toni trionfalistici di Renzi, Faraone e Giannini, che nel corso dell’autunno avevano avuto l’indecenza di commentare il silenzio del movimento della scuola – interrotto solo dallo sciopero del 13 novembre indetto dai sindacati di base – attribuendolo al fatto che la scuola stessa abbia accettato la legge 107, sono stati smentiti da un’assemblea partecipata e vitale, che il 29 novembre a Roma ha stabilito due punti fermi, che connoteranno i prossimi mesi: sì al referendum abrogativo; sì alla continuazione della mobilitazione.
Non è un risultato da poco, dopo 3 mesi di sostanziale silenzio, durante i quali, però, molti di noi non hanno cessato di lavorare, profondamente convinti dell’iniquità di una legge, la sedicente “Buona Scuola”, che determina inequivocabilmente ed irreversibilmente il tracollo della scuola pubblica come organo dello Stato, secondo la celebre definizione di Calamandrei.

Fratoianni: «Per noi il processo costituente va avanti»

Intervista a Nicola Fratoianni di Daniela Preziosi 
«Dobbiamo prendere atto che ci sono punti di vista diversi su quello che dobbiamo costruire. Io, con altri, penso sia necessario dare vita a una forza politica capace di rompere con quello che c’è, di costruire un’innovazione radicale, di mettere in discussione non solo i consumati contenitori esistenti, ma anche le consumatissime identità». Nicola Fratoianni, coordinatore di Sel è uno dei ’mediatori’ che in questi mesi hanno discusso del soggetto unitario a sinistra. Un processo che ieri ha avuto una battuta d’arresto. La ragione, tagliando grossa la questione, è che Sel chiede di sciogliere i partiti nella nuova creatura. Il Prc non intende farlo. Naturalmente Fratoianni difende il suo punto di vista: «C’è bisogno di andare in mare aperto, e lo faremo insieme a tutti quelli che condividono questa prospettiva».
In sostanza voi volete rottamare i partiti di provenienza?

A Parigi lo stato d'emergenza silenzia la protesta climatica

di Marica Di Pierri
Lo Stato di emergenza offre al governo francese una panacea contro ogni forma di mobilitazione sociale. Primo esperimento repressivo: gli attivisti per il clima.
Un aspetto colpevolmente poco trattato da parte di media e commentatori politici riguardo lo svolgimento di questa Cop21 a Parigi, iniziata giusto due settimane dopo gli attentati del 13 novembre, riguarda le modalità con cui lo Stato d'emergenza ha compromesso l'esercizio di alcune libertà individuali garantite dalla Costituzione, a partire dal diritto al dissenso e alla libera manifestazione di quest'ultimo.
Può sembrare un aspetto marginale - mentre in verità non lo è affatto - se si parte da due premesse sbagliate. La prima: che la lotta ai cambiamenti climatici si esaurisca nella dinamica negoziale internazionale, avente per protagonisti governi, delegati, imprese.

Scomparsa la tortura

di Patrizio Gonnella 
Meglio pagare piuttosto che fare una legge contro la tortura. Scompare dai lavori parlamentari la proposta di legge che criminalizza la tortura. Desaparecida. Non c’è traccia all’ordine del giorno della Commissione Giustizia del Senato. Era il 9 aprile 2015 quando la Corte Europea dei diritti umani nel caso Cestaro (torturato alla Diaz) nel condannare l’Italia stigmatizzava l’assenza del crimine di tortura nel codice penale italiano. Renzi aveva promesso che la risposta italiana alla Corte di Strasburgo sarebbe stata la codificazione del reato. Da allora è accaduto qualcosa di peggio che il consueto niente.
Le forze contrarie hanno trovato buoni alleati al Senato. La Commissione Giustizia di Palazzo Madama avvia la discussione di in testo già di per sé non fedele al dettato delle Nazioni Unite. A maggio calendarizza una serie di audizioni. Sono tutte di natura istituzionale. Vengono auditi, in modo informale, i capi delle forze dell’ordine e l’associazione nazionale magistrati. Manca un resoconto stenografico degli incontri.

Le cronache italiane confermano che il rischio maggiore per l’Eurozona arriva dalle banche

di Maurizio Sgroi 
Perchè dovrebbe stupirci scoprire che la maggiore fonte di rischio per l’eurozona sono le sue banche? Da anni ormai è noto l’abbraccio mortale fra l’Europa e il suo sistema finanziario, talché le sorti dell’economia sono profondamente interconnesse con lo stato di salute degli intermediari, fra i quali le banche, che in una zona economica ancora banco-centrico come la nostra sono quelli più sistemici.
Le cronache recenti di casa nostra sono una triste conferma di questa situazione. I problemi di una banca, anche minuscola, ha effetti sociali e politici rilevanti (e figuriamoci se quattro finiscono nei guai come è successo da noi), capaci di tenere impegnati per giorni gli osservatori senza che peraltro si riesca ad andare oltre la superficie del problema. Che è sistemico: le banche sono sistemicamente pericolose per la semplice ragione che è richiesto loro di esserlo.

L’Italia Possibile: domenica 13 a Verona (e in collegamento con tutta Italia)


L’Italia Possibile è quella che vorremmo per i prossimi vent’anni, è un progetto di governo che parte e si costruisce dal basso, mobilitando le competenze diffuse, ed è il titolo dell’evento in cui discuteremo di tutto questo domenica 13, con tanti ospiti e compagni di viaggio, alla Fonderia Aperta di Verona.
Interverranno Vincenzo Visco (già ministro delle Finanze), Mario Seminerio (economista), Gianfranco Pasquino(politologo), Vito Gulli (imprenditore), Francesca Coin (sociologa), Camilla Seibezzi (attivista per i diritti civili), Veronica Caciagli (presidente di Italian Climate Network), Maurizio de Giovanni (scrittore), Peppe Allegri (autore de Il quinto stato), Gianfranco Viesti (docente di Economia), Maurizio Franzini (docente di Economia), Michele Raitano (ricercatore di Politica economica), i Diavoli (Il progetto collettivo di cronaca finanziaria fondato da Guido Maria Brera), e numerosi altri ospiti.

Il giacobino fedele a se stesso

di Claudio Vercelli
Una vita durata trentasei anni, la cui fine è ben conosciuta: nata all’insegna della modestia, agli immediati margini della buona società dell’Artois, cresciuta sotto gli auspici di una condotta informata all’impegno nello studio e alla piccola promozione sociale derivante dal divenire avvocato, peraltro non privo di talento, ed infine culminata nel turbinio rivoluzionario, quando divenne protagonista quasi assoluto dei cinque anni che avrebbero sconvolto il mondo. Questa è stata la parabola di Maximilien-François-Marie-Isidore de Robespierre, meglio conosciuto, all’epoca sua, come l’«Incorruttibile» e poi il «tiranno» o «despota». Non si sposò mai né ebbe figli. La sua esistenza era interamente proiettata verso la sfera pubblica, al punto di ritenere che potesse divenire, nel nome del «governo delle virtù», una materia da plasmare costantemente. Sulle donne pare esercitasse un discreto fascino ma non certo per il suo volto butterato quanto per quel rapporto di connubio tra potere e idealità che sembrava incarnare agli occhi di molte.

Salvare le banche, rapinare i clienti. E' il capitalismo bellezza!

di Fabio Sebastiani
Il governo vara il “salva obbligazionisti”. Una copertura dei risparmi fino a 100 mila euro. Ma le polemiche sul caso delle quattro banche salvate dai fallimenti non si placano. In particolare è da Bruxelles che arriva l’attacco più duro: sono stati venduti prodotti pericolosi e inaffidabili.
Sulla vicenda del pensionato suicidatosi a Civitavecchia dopo aver perso tutti i risparmi investiti in Banca Etruria, il Codacons ha deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica per il grave reato di istigazione al suicidio. L’associazione è durissima. “Chiediamo alla Procura di Civitavecchia di aprire una indagine sulla base dell’art. 580 del Codice Penale, volta ad accertare eventuali responsabilità di terzi nel suicidio del pensionato – afferma il presidente Carlo Rienzi – In particolare vogliamo sapere se eventuali comportamenti di organi pubblici o soggetti privati abbiano potuto in quale modo contribuire al tragico gesto, spingendo l’uomo alla disperazione e quindi al suicidio.

Banche e risparmiatori: «Vi spiego il conflitto di interesse»

di Donatella Coccoli
Che cosa ci insegna la vicenda di Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti, le quattro banche “salvate” dal decreto del governo che però ha penalizzato circa 125mila tra azionisti e possessori di obbligazioni subordinate? Gli italiani stanno aprendo gli occhi sulla banca come totem? Istituzione quasi “di famiglia”, o comunque legata al territorio?
«Il risparmiatore deve prendere coscienza che la banca è un ente necessario ma che di sicuro nel suo operato si profila il conflitto di interesse». A parlare è Stefano Monaldo, vent’anni di esperienza come promotore finanziario a Roma. I primi dieci ha lavorato come consulente presso un istituto bancario – quindi sa come funzionano i prodotti interni degli istituti – , gli ultimi dieci invece come consulente indipendente per la Solfin, una delle prime società in Italia di questo tipo, nata nel 1998.

Senza destra e sinistra (si finisce tutti a destra)

di Stefano Catone
Destra e sinistra non esistono più. Alla fine, la profezia si è avverata, perlomeno nello rappresentazione mainstream della politica italiana. E aveva ragione chi diceva che sostenere che destra e sinistra fossero scomparse facesse il gioco della destra e lo fosse, addirittura, di destra.
Oggi lo rimarca Dario Nardella, renzianissmo – ma sarebbe meglio dire democraticissimo, da intendersi come esponente del Partito democratico – sindaco di Firenze.
Sindaco Nardella, oggi a Firenze comincia la Leopolda, mentre la minoranza si riunisce a Roma. Che cos’è oggi il Pd? E ancora un partito di sinistra?
«Deve essere un partito capace di parlare a tutti gli italiani, superando i vecchi paradigmi dei partiti del secolo scorso. Lo schema della contrapposizione tra destra e sinistra non è più sufficiente a leggere il nostro tempo. Dobbiamo costruire un’alternativa del tutto nuova».
Ma questo è il Partito della nazione. O il Partito del premier, se preferisce.

Jobs Act, prima ricerca sugli effetti: «Flop nel promuovere occupazione e ridurre precariato»

di Stefano De Agostini 
«Il Jobs act sta fallendo nei suoi obiettivi principali: promuovere l’occupazione e ridurre la quota di contratti temporanei e atipici», in una parola il precariato. Sono queste le conclusioni di quella che si può considerare la prima ricerca accademica sugli effetti della riforma del lavoro del governo Renzi. Si tratta dello studio “Labour market reforms in Italy: evaluating the effects of the Jobs Act”. Il rapporto è stato curato da tre ricercatori italiani, Marta Fana, Dario Guarascio e Valeria Cirillo, per conto di ISIGrowth, progetto di ricerca finanziato dalla Commissione europea. Fana, va ricordato, è la prima ad aver segnalato l’errore del ministero del Lavoro sui dati relativi ai contratti ad agosto.
«Il fallimento del Jobs Act nello stimolo dell’occupazione», secondo il rapporto, è confermato dal flusso di lavoratori che sono usciti dallo stato di disoccupazione tra primo e secondo trimestre del 2015.

Le parole come arma La violenza e l'ignoranza di Donald Trump

di Matteo Cresti
Donald Trump, non si scusa delle sue parole contro i mussulmani, anzi le ribadisce. Almeno gli va dato atto di coerenza. Dopo la strage di San Bernardino aveva proposto il divieto d’entrata negli Stati Uniti per tutti gli islamici, la chiusura di internet, colpevole di essere un mezzo usato dall’islam violento, e una nuova corsa alle armi (“se al Bataclan avessero avuto delle armi non sarebbe morta tutta quella gente”).
Sarebbe semplice smontare le proposte di Trump, basterebbe ricordargli che gli assassini di San Berardino e di Parigi non erano affatto dei neo-immigrati, ma erano stati cresciuti e allevati nelle stesse scuole delle loro vittime, e che se una soluzione radicale deve essere trovata, questa sarebbe l’espulsione piuttosto che il divieto di immigrazione.
Internet poi è solo un mezzo, vietarlo sarebbe come vietare le penne, perché usate dai mafiosi per scrivere i pizzini.

Consumo di suolo: stato dell'arte e proposte

di Eddyburg
È ferma in Parlamento la proposta di legge sul consumo di suolo. Non ne siamo affatto dispiaciuti. Prima si mette una pietra su quel documento meglio è. Abbiamo apprezzato a suo tempo l’impegno dell’allora ministro per l’Agricoltura Mario Catania ad affrontare il tema con la volontà di risolverlo, sebbene ne avessimo criticato fin da allora l’impostazione. Abbiamo seguito e criticato via via le modifiche apportate e i cospicui peggioramenti del testo iniziale, e abbiamo assistito infine al suo completo stravolgimento: così evidente che il suo originario promotore ne ha preso recentemente le distanze. 
Come è noto ai frequentatori di eddyburg siamo stati i primi a sollevare, nell’ormai lontano 2005, il problema del carattere, delle dimensioni, della dinamica del consumo di suolo nel nostro paese e a indicare l’urgenza di affrontare energicamente il fenomeno per arrestarlo.

L'ambiente come cenerentola della politica

Intervista a Vittorio Cogliati Dezza di Laura Matteucci 
«Sui temi ambientali la società civile ha acquisito una consapevolezza da cui la classe dirigente politica è ancora lontana. È una delle principali questioni su cui lavorare nei prossimi anni. Insieme al fatto che quello ambientalista può e deve essere sempre più un movimento popolare, e non più d’élite».
Vittorio Cogliati Dezza, insegnante di storia e filosofia, autore di saggi sul ruolo delle scienze e dell’educazione scientifica, ricercatore nei campi dell’educazione ambientale e la cittadinanza attiva, lascia la guida di Legambiente dopo due mandati. Otto anni di lavoro al vertice dell’organizzazione ambientalista più autorevole in Italia. Al congresso nazionale di Milano, che ha aperto ieri con un discorso seguito da una standing ovation, domani verrà eletto il suo successore: per la direttrice Rossella Muroni, sociologa con una lunga esperienza interna, dovrebbe trattarsi solo di una formalità.

Senza dimora per sempre. Grazie a Berlusconi, Monti e Renzi

Si stimano in 50 mila 724 le persone senza dimora che, nei mesi di novembre e dicembre 2014, hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna nei 158 comuni italiani in cui è stata condotta l’indagine. Tale ammontare corrisponde al 2,43 per mille della popolazione regolarmente iscritta presso i comuni considerati dall’indagine, valore in aumento rispetto a tre anni prima, quando era il 2,31 per mille (47 mila 648 persone). Lo rileva l’Istat nel rapporto su ‘Le persone senza dimora – Anno 2014′
Il collettivo osservato dall’indagine include tuttavia anche individui non iscritti in anagrafe o residenti in comuni diversi da quelli dove si trovano a gravitare. Circa i due terzi delle persone senza dimora (il 68,7%) dichiarano di essere iscritte all’anagrafe di un comune italiano, valore che scende al 48,1% tra i cittadini stranieri e raggiunge il 97,2% tra gli italiani.

La lezione di Gallino e l’alternativa possibile

di Antonio Bevere
Nel futuro dell’economia è assai probabile il verificarsi di una stagnazione senza fine, prolungamento della crisi iniziata nel 2008. Dunque un incremento modesto o nullo del Pil, prezzi fermi o in calo, salari e stipendi in diminuzione, chiusura di imprese piccole e grandi. Così Luciano Gallino ci introduce, nel suo ultimo libro (Il denaro, il debito, la doppia crisi spiegata ai nostri nipoti), alle diverse facce di questa crisi, e alla reazione del capitalismo che risponde accrescendo lo sfruttamento irresponsabile del sistema ecologico, tutto con il ferreo sostegno di un’ideologia, il neoliberismo, fondata su alterate rappresentazioni della realtà.
Le distorsioni , finalizzate a legittimare l’ordine esistente, sono sotto i nostri occhi: convegni, uffici studi, giornalisti di ufficiale saggezza, accademici, governanti in quotidiana presenza nella Tv di Stato diffondono incontrastate verità: le classi sociali non esistono più; la funzione dei sindacati, residui ottocenteschi, si è esaurita; la perenne emergenza ci rende tutti uguali; licenziare crea posti di lavoro e benessere; il privato è più efficiente del pubblico in ogni settore ( energia, acqua, trasporti, scuola, sanità); il mercato, libero da intralci burocratici, fa circolare e crescere capitale e lavoro.

Tutelare chi lavora nelle start-up

di Guido Melis
Tanto per dire come sta cambiando e cambierà il lavoro. Domenica 29 novembre l’inviato del “Corriere della Sera” Massimo Gaggi ha pubblicato su “La Lettura”, l’inserto letterario del quotidiano, una corrispondenza molto interessante scritta da San Francisco: Lavoro a gettone, l’ora dei diritti.
L’articolo elenca una decina di start up della metropoli statunitense. Riassumo alla rinfusa: un sito per i servizi di assistenza alla famiglia; una società che procura veterinari on demand; un servizio che cura consegne a domicilio per conto di negozi e ristoranti; una società che offre servizi agli uffici, anche istantanei. È la gig economydei lavori a gettone, detta anche Uber economy. Queste piccole (talvolta finte) imprese, messe su in genere da giovanissimi, dedite a facilitare servizi in settori altrimenti bloccati dalla loro rigidità, sono sempre più diffuse in America e anche, ormai, in Europa. Hanno un vizio capitale, però: chi le inventa e ci lavora non ha tutele.

Salvate l'astensionista

di Matteo Pucciarelli
Sono sempre stato un elettore di sinistra. Mai sgarrato una volta, neanche alle Comunali. Non per fedeltà ad un partito, non per moda né per interesse: per convinzione.
Lotta alla disuguaglianza – di reddito, di potere, di sapere, secondo una bellissima definizione di Massimo L. Salvadori suRepubblica – e all’ingiustizia che ogni disuguaglianza porta con sé; l’idea di fondo che potesse esistere un modello sociale ed economico alternativo più attento alle vite dei singoli che agli interessi di pochi; la libertà, non di fare ciò che si vuole sempre, ma la libertà di decidere chi essere e come esprimere la propria identità – e in una condizione di bisogno questa libertà non esiste. E anche la fratellanza, certo: nessuno decide di nascere a Milano o a Kinshasa, le barriere non si costruiscono e semmai si abbattono, con tutta la generosità che comporta. Infine, la coerenza: perché va bene il pragmatismo, va bene la politica e a volte anche il politicismo, ma senza mai dimenticare chi si è e perché lo si fa. Con la convinzione che noi fossimo noi, e loro fossero pur sempre loro. Non per cattiveria, ma per una evidente e conclamata diversità di vedute e di valori.

Sinistra Italiana, nasce il nuovo partito

di Simone Oggionni
È possibile che, con un mondo sull'orlo di una crisi di civiltà, seduto sulla polveriera di guerre già combattute e di nuove guerre possibili, con un'Europa che sta implodendo, curva sulla propria decadenza, la Sinistra italiana parli ancora di se stessa, girando e rigirando alla ricerca di un'identità, di un progetto, di un'anima perduta?
Sì, se la ricostruzione di una cultura e di una organizzazione finalmente senza errori è la precondizione per agire nel mondo, trovando parole sensate e la forza per farle strumento di azione e di cambiamento. Del resto, sono proprio le caratteristiche di questo caos e di questa crisi a dirci qualcosa su quel che dobbiamo fare e su ciò che non dobbiamo essere. Si pensi alla scelta dei socialisti francesi di ritirare i propri candidati per frenare l'avanzata del Fronte Nazionale.

La Columbia University inchioda la Turchia: “Collabora con l’ISIS”

di Luca Cafagna
La Turchia sta concretamente supportando l’attività dell’ISIS e di Al-Nusra in Siria attraverso un aiuto tecnico, logistico e sanitario. È quanto sostiene David L. Phillips, direttore del Program on Peace-building and Rights del Columbia University’s Institute for the Study of Human Rights in una ricerca diffusa lo scorso settembre dal sito americano dell’Huffington Post. Negli scorsi mesi vi hanno preso parte ricercatori provenienti degli Stati Uniti, dall’Europa e dalla Turchia, con il compito di esaminare i media turchi e internazionali per valutare la credibilità delle accuse. Sono state prese in esame una serie di fonti internazionali – il New York Times, il Washington Post, il Guardian, il Daily Mail, la BBC, Sky News – e turche, tra cui CNN Turk, Hurriyet Daily News, Taraf, Cumhuriyet, e Radikal.
Il testo è ora consultabile grazie al portale UIKI Onlus che ne ha reso disponibile una traduzione italiana. Nell’articolo si mettono in fila le singole accuse mosse nei confronti del governo di Erdogan, confrontandole con le notizie pubblicate dai media su ogni singola questione.

Il dovere dell’informazione sui titoli delle banche

di Angelo Baglioni
La vicenda delle quattro banche (Banca Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti) salvate con il decreto del 22 novembre, che ha inflitto pesanti perdite ai risparmiatori, sta diventando grottesca, se non fosse per certi versi drammatica. Nessuno (banche, governo, Consob, Banca d’Italia) riconosce le sue responsabilità. Tutti sono concordi nell’incolpare l’Europa, in particolare la Commissione UE, con il bel risultato di rendere le istituzioni europee ancora più indigeste ai cittadini. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Da dove deriva il problema che è esploso in questi giorni? Viene dal fatto che le banche in questione, negli anni passati, hanno venduto ai risparmiatori titoli rischiosi: azioni e obbligazioni subordinate emesse dalle stesse banche. Le azioni sono notoriamente “capitale di rischio”: non sono un debito della banca, ma una quota nella sua stessa proprietà e come tali soggette al rischio di perdere tutto il loro valore in caso di fallimento.

Quello che Pisapia, Zedda e Doria hanno capito della lezione francese: niente

di Aldo Giannuli
I tre residui sindaci “arancione”, Pisapia, Zedda e Doria hanno lanciato un appello per liste comuni Pd-Sel alle prossime comunali nelle rispettive città con un argomento nuovissimo: non far vincere la destra, come è accaduto in Francia. Quello che loro hanno capito della lezione francese è che bisogna far quadrato intorno alla socialdemocrazia nei liberista per sbarrare la strada alla destra. Mai sentito un discorso più sfrontatamente opportunista e più clamorosamente falso di questo.
Iniziamo: in primo luogo, ai tre insegni primi cittadini non viene in testa che, forse, nella meritatissima batosta di Hollande e dei suoi sventurati compagni, ci sia proprio l’ignobile politica economica che hanno seguito e che le paure del terrorismo jihadista hanno avuto una parte molto limitata nel successo del FN, che, proprio a Parigi, città colpita dalla strage, ha registrato uno dei suo maggiori insuccessi, raccogliendo solo il 9,5% dei voti. Peraltro, l’ascesa del Fn era iniziata decisamente prima del gennaio scorso.

Finlandia, il “malato d’Europa”

di Giampaolo Martinotti
Secondo la Banca di Finlandia la situazione è grave. Il paese nordico, che vanta uno dei migliori sistemi di welfare al mondo, da tre anni ormai è in balia di una prepotente recessione alla quale il governo di Juha Sipilä, eletto in aprile per il Partito di Centro (Suomen Keskusta), pensa di rispondere implementando ulteriormente le fallimentari politiche di austerità che hanno già duramente danneggiato il tessuto socio-economico europeo.
Non è la prima volta che la Finlandia si trova ad affrontare una situazione difficile. Nel 1991 la crisi del settore finanziario aveva colpito in maniera perentoria il paese con il tasso di disoccupazione che passava dal 3 al 18%, il debito pubblico schizzato dal 12 al 60% e un costo pubblico di “salvataggio” equvalente al 6% del Pil nazionale.

La fiducia non è un bancomat

di Giulio Cavalli
Se fosse una guerra le chiamerebbero “vittime collaterali” e forse troverebbero anche il modo per lasciarci intendere che stia nel computo naturale delle cose: l’anziano suicida dopo avere perso tutti i risparmi di una vita è solo la punta di un danno sociale che difficilmente potrà essere salvato e messo a bilancio. La banca, con il commercialista e il dentista e il parroco e il dottore, era il luogo dove difendere i propri soldi dalla propria ignoranza e avventatezza: la gestione del risparmio è solo il passo successivo alla “cura” che rimane il primo motivo per cui i nostri padri e i nostri nonni decidevano di affidarsi al direttore dell’istituto tal dei tali e di affidarsi a quello sportellista “che era una persona educata e gentile”.
Il ruolo sociale del “tutore del risparmio” è molto di più del ruolo meramente finanziario che ci si ostina ad affibbiare agli istituti di credito: un conto corrente è la stampella psicologica (più che economica) che ogni famiglia si costruisce per rassicurarsi di fronte agli imprevisti della vita, il welfare privato che ogni genitore sente l’aspirazione di rimpinguare per se stesso e i propri figli.

Parigi val bene una messa (da Requiem per Kyoto)

di Simone Borghesi
In questi giorni tutti i media sono focalizzati sulla tanto attesa Cop21 di Parigi. Dopo il sostanziale fallimento delle Cop precedenti, in questi anni si è aspettato Parigi come il crocevia decisivo per raggiungere un accordo internazionale sul cambiamento climatico. Una lunga attesa in cui a tratti è sembrato di aspettare Godot. Adesso l’attesa è finita, è arrivato il momento di andare a scoprire le carte che metteranno sul tavolo i delegati dei vari paesi per capire chi bluffa e chi fa sul serio. A poche ore dalla conclusione del negoziato, che il presidente Laurent Fabius prevede concluso per domani, è giusto chiedersi se il mondo possa mancare anche questo appuntamento. Le difficoltà economiche potrebbero indurre a rinviare anche questa volta le politiche di decarbonizzazione necessarie a frenare il cambiamento climatico?

La criminalità vera è ai vertici delle banche

di Claudio Conti
Non è facile trovare su un giornale un articolo così tranchant nei confronti dei poveri disgraziati che hanno accettato di trasformare i propri soldi sul conto corrente in “obbligazioni subordinate” delle quattro banche salvate dal governo, perdendo tutto.
Poi si guarda meglio, si vede che il giornale in questione è La Stampa – organo di casa Fiat, con grandi punti di contatto con IntesaSanPaolo – e ci si rende conto che questo articolo è una difesa a spada tratta del diritto di una banca a prendere per i fondelli i propri clienti.
Sul caso ci siamo già espressi, e se fossimo dei cretini potremmo limitarci a dire – come fa mr. Manacorda - “v'è piaciuto giocare con la finanza? Ben vi sta”.

Yemen: la coalizione a guida Saudita bombarda le scuole

In un nuovo rapporto diffuso oggi, Amnesty International ha accusato le forze della coalizione guidata dall’Arabia Saudita di aver compiuto una serie di attacchi contro scuole ancora in funzione nello Yemen, in violazione del diritto internazionale umanitario, pregiudicando in questo modo l’accesso all’istruzione a migliaia di bambine e bambini.
Il rapporto di Amnesty International, frutto di una ricerca condotta sul campo, esamina cinque attacchi aerei contro scuole dello Yemen, lanciati tra agosto e ottobre del 2015, in cui sono stati uccisi cinque civili e ne sono stati feriti altri 14, tra cui quattro bambini. Sebbene le classi fossero vuote, gli attacchi hanno causato gravi danni e distruzioni che avranno conseguenze di lungo periodo per gli studenti.

Un 12 dicembre particolare

di Luciano Muhlbauer
Il 12 dicembre è un giorno particolare per Milano. Ancora oggi, 46 anni dopo lo scoppio della bomba in Piazza Fontana, non ce l’hanno fatta a normalizzare e addomesticare la memoria, tant’è che lo stesso neoprefetto, l’ex questore Marangoni, ha voluto caratterizzare il suo arrivo in città dichiarando che sarà necessario «ripensare al rapporto con la famiglia Pinelli». Già, Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico, falsamente accusato e morto dopo un volo di quattro piani da una finestra della Questura.
Ma il 12 dicembre non è soltanto ferita aperta e giustizia negata, è anche il simbolo di un potere istituzionale che non aveva esitato a ricorrere alla manovalanza fascista e alle bombe pur di fermare il cambiamento e salvaguardare lo status quo sociale e politico. L’avevano chiamata strategia della tensione e l’idea era diffondere paura e suscitare domanda d’ordine.

La catastrofe che resta dopo due secoli di dominio europeo

di Bruno Amoroso
Ormai è troppo tardi per salvare il salvabile. In realtà non c’è più nulla da salvare. Gli argomenti forti dell’Occidente fino a ieri erano che i vincitori hanno sempre ragione, e quindi è meglio stare dalla loro parte e ricavarne qualche dividendo, anche se a spese degli altri. Ragionamento pratico che si contrabbandava con argomenti culturali, sempre ben retribuiti o gratificati, come se gli orrori dell’Occidente fossero solo errori, che noi avremmo potuto correggere o se non altro ostacolare.
Ora l’incanto si è rotto, cioè non esiste più. L’Europa di Barcellona (1995) è tornata a essere ufficialmente quel coacervo di paesi militarmente e economicamente imperialisti, in concorrenza perenne tra loro, e le raffinatezze culturali non hanno più attrazione né tra i propri cittadini né tra gli altri. La guerra e la povertà che l’Europa ha esportato nel mondo da almeno due secoli gli sono tornate in casa e i suoi lamenti ipocriti e i suoi veri dolori non fanno più impressione a nessuno.

330 milioni di affamati tra le montagne

di Marina dalla Croce
Una persona su tre che vive nelle zone montane, sia rurali che urbane, dei Paesi in via di sviluppo deve fare i conti con fame e malnutrizione, contro le nove a livello mondiale. In cifre, si tratta di 329 milioni di persone, contro i 253 milioni del 2000. Se si prende in considerazione solo coloro che vivono nelle zone rurali, i dati sono ancora più impressionanti: quasi la metà soffre d’insicurezza alimentare. A denunciarlo è un rapporto della Fao, in collaborazione con la Mountain Partnership, pubblicato ieri in occasione della Giornata internazionale della montagna.
Le condizioni di vita delle popolazioni di montagna si sono deteriorate e la loro vulnerabilità nei confronti della fame è aumentata», si legge nel dossier.

Un Papa venuto prima della fine del mondo

di Raniero La Valle
Vorrei partire da una frase detta da papa Francesco ai giornalisti nel viaggio in aereo di ritorno dall’Africa, il 30 novembre scorso.
Bisogna stare molto attenti ai viaggi di papa Francesco. Le cose più importanti spesso avvengono nei viaggi, e negli incontri con i giornalisti negli aerei del ritorno si può trovare una sorta di evangelizzazione globale.
Del resto il suo pontificato stesso è un viaggio. Per lui la Chiesa è una Chiesa che cammina. Per questo lui deve portare le scarpe nere. Senza le scarpe non si può stare davanti al gregge, e tanto meno in mezzo o dietro al gregge, come il pastore deve fare perché “il gregge ha il fiuto per trovare nuove strade”. 

Aprite Rafah adesso: l’assedio a Gaza è un fallimento crudele e politico

di Ramzy Baroud
Quando l’Egitto decise di aprire il valico di confine di Rafah che lo separa da Gaza per due giorni, il 3 e i 4 dicembre, si ebbe una sensazione di cauto sollievo nella Striscia impoverita. E’ vero, 48 ore sono a malapena sufficienti alle diecine di migliaia di pazienti, studenti, e di altri viaggiatori per partire da Gaza e tornarci, ma l’idea che fosse prossima una pausa, ha aiutato a interrompere, anche se leggermente, il senso di prigionia collettiva provata dai palestinesi intrappolati.
Naturalmente, la crisi del valico di Rafah sarà difficilmente risolta con una singola decisione transitoria, principalmente perché Gaza subisce un blocco per motivi politici, e soltanto una ragionevole strategia politica può porre fine alla sofferenza o, almeno, può diminuirne l’orrendo impatto.


La tua banca è indifferente

di Roberto Rizzardi
In questi giorni si parla molto del “salvataggio” delle quattro banche, di quanto la manovra possa essere un assist al padre di una “ministra” del governo e sul fatto che questo salvataggio sia avvenuto a spese di azionisti e obbligazionisti.
Il fatto da analizzare, però, è che quando una banca “va a remengo” non ci sono molte cose da fare e tutte quante, comunque, sono per qualche verso opinabili.
Per il salvataggio si sarebbe potuto ricorrere alla fiscalità generale, come con le banche francesi e tedesche, caricando sul groppone di tutti i relativi costi.
Si sarebbe potuto utilizzare il bail-in, come si è fatto, e far pagare azionisti, obbligazionisti e correntisti sopra i 100mila Euro.

A Fantasylandia, fare sempre più guerre è una gran bell’idea

di David Swanson
La gente negli Stati Uniti vuole leggi più severe sulle armi all’interno del paese. Probabilmente non può, (e infatti non avviene) essere sottoposta a sondaggi sul ruolo degli USA come maggior fornitore di armi al mondo. Non è possibile sottoporre la gente a un sondaggio su qualcosa di cui non ha sentito parlare.
La gente negli Stati Uniti vuole che si faccia di più per proteggere l’ambiente. Non ha la minima idea che il proprio governo stia educatamente distruggendo ogni speranza per la futura vita umana nel corso di una bella conferenza a Parigi. Non ha mai sentito dire che l’esercito americano è il maggiore distruttore dell’ambiente. Si tratta di argomenti sui quali non si possono fare sondaggi.

venerdì 11 dicembre 2015

Naomi Klein: prendere sul serio il cambiamento del clima

Intervista a Naomi Klein di Frank Barat
L’anno scorso la giornalista ed attivista canadese Naomi Klein ha puntato la sua attenzione sul cambiamento del clima con il suo libro: This Changes Everything: Capitalism vs. the Climate (pubblicato in Italia con il titolo: Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è più sostenibile). L’anno scorso si è anche impegnata a lanciare il Manifesto Leap (1), un documento firmato da moltissimi preminenti canadesi, che espone un piano per fare in modo che il paese non dipenda più dai combustibili fossili.
Così, mentre i leader del mondo radunati a Parigi negoziano un accordo per il clima, che cosa pensa Naomi Klein riguardo a come stano le cose nella battaglia contro il riscaldamento globale?
Frank Barat, attivista per i diritti umani di base a Londra, di recente ha partecipato con la Klein al COP21. Nella seguente intervista, originariamente condotta per la pubblicazione francese Ballast, la Klein discute del giro di vite operato nei confronti dei dimostranti a Parigi, delle cupe prospettive per un valido accordo e del motivo per cui “il cambiamento del clima è il miglior argomento contro l’austerità che potremo mai avere.”

Fed e Bce, leader della nuova contesa

di Alfonso Gianni 
I mercati finanziari si aspettavano di più dalla Bce. Hanno avuto di meno e quindi si sono “irritati”, come bambini troppo viziati. Ma non hanno avuto poco. E’ vero, il volume complessivo del valore monetario dell’acquisto di titoli di stato non cambia, resta fermo a 60 miliardi di euro al mese; ma si allarga la fascia delle tipologie dei titoli acquistabili. I tassi già negativi del deposito di denaro presso la Bce scendono ulteriormente, ma solo di uno 0,1 in meno. Il prolungamento dell’acquisto dei titoli c’è, ma dura sei mesi e non l’anno intero, almeno per ora. Insomma Draghi ha voluto sottolineare che la Bce va incontro alle esigenze della finanza, ma con le redini tirate, per tenerne in qualche modo il controllo.
Si aspetta la mossa della Fed americana, probabilmente nella riunione del prossimo 16 dicembre, la quale dovrebbe innalzare i tassi, ma non si sa di quanto. C’è chi dice di poco, perché la prudenza non è mai troppa.

Stabilmente precari: 10 mesi di Jobs Act

di Marta Fana
Con la consueta puntualità, l’Inps ha pubblicato ieri i dati dell’Osservatorio sul precariato per il mese di ottobre: tra gennaio e ottobre il numero totale di nuovi contratti è pari a 574.765 di cui 101 mila a tempo indeterminato (comprendenti sia contratti a tutele crescenti che contratti del vecchio tipo) e 473.765 a termine. A questi vanno aggiunte le trasformazioni, 406.691. Inoltre, nei primi dieci mesi del 2015, sono stati venduti 91.867.175 voucher, una trend che sembra non arrestarsi e che interessa sempre più lavoratori. Dal dettaglio mensile si nota che a ottobre i contratti a tempo indeterminato netti registrati dall’Inps sono 2.759, mentre quelli a tempo determinato 11.516. Una differenza che non si riduce nel tempo, a riprova che i contratti favoriti dalle imprese sono quelli a termine, nonostante gli sgravi e gli spot pubblicitari sui saldi di fine anno – dato che dal primo gennaio 2016 gli sgravi diminuiranno sensibilmente.