La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 12 dicembre 2015

Salvare le banche, rapinare i clienti. E' il capitalismo bellezza!

di Fabio Sebastiani
Il governo vara il “salva obbligazionisti”. Una copertura dei risparmi fino a 100 mila euro. Ma le polemiche sul caso delle quattro banche salvate dai fallimenti non si placano. In particolare è da Bruxelles che arriva l’attacco più duro: sono stati venduti prodotti pericolosi e inaffidabili.
Sulla vicenda del pensionato suicidatosi a Civitavecchia dopo aver perso tutti i risparmi investiti in Banca Etruria, il Codacons ha deciso di presentare un esposto alla Procura della Repubblica per il grave reato di istigazione al suicidio. L’associazione è durissima. “Chiediamo alla Procura di Civitavecchia di aprire una indagine sulla base dell’art. 580 del Codice Penale, volta ad accertare eventuali responsabilità di terzi nel suicidio del pensionato – afferma il presidente Carlo Rienzi – In particolare vogliamo sapere se eventuali comportamenti di organi pubblici o soggetti privati abbiano potuto in quale modo contribuire al tragico gesto, spingendo l’uomo alla disperazione e quindi al suicidio.
Si tratta di un episodio gravissimo, e il rischio maggiore è quello dell’emulazione – prosegue Rienzi – Per tale motivo è importante ricordare a chi in questi giorni ha perso tutti i risparmi a causa del salvataggio delle 4 banche, che non tutto è perduto, e che esistono azioni legali come quella avviata dal Codacons che mirano al recupero integrale degli investimenti”.
Di fronte a una clausola sociale che dovrebbe di tutelare 130.000 risparmiatori che hanno perso complessivamente 700 milioni l’esecutivo parla di un intervento pari a 100. Praticamente un'elemosina. 
Nel 2008, prima della crisi, il sistema bancario valeva 220 miliardi, ora non supera i 150, quindi con una perdita totale di mercato enorme. I prodotti a rischio sono pari a 70 miliardi, circa il 10% dell’attività complessiva in derivati.
Sulle responsabilità della Banca d’Italia ha assunto una posizione molto netta l’Unione Nazionale Consumatori che per voce del segretario Massimiliano Dona dice: “Chiediamo le dimissioni del capo della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo, visto che tutto ha fatto Bankitalia, fuorché vigilare“. Ieri Barbagallo è stato in audizione alla Camera e ha detto che “nell’evitare di addossare i costi delle crisi ai contribuenti, le nuove norme europee li fanno ricadere in primo luogo sugli azionisti e sui creditori della banca (il cosiddetto bail-in)”, riconoscendo che “il bail-in può acuire –anziché mitigare – i rischi di instabilità sistemica provocati dalla crisi di singole banche. Esso può minare la fiducia, che costituisce l’essenza dell’attività bancaria; comportare un mero trasferimento dei costi della crisi dalla più vasta platea dei contribuenti a una categoria di soggetti non meno meritevoli di tutela – piccoli risparmiatori, pensionati – che in via diretta o indiretta hanno investito in passività delle banche”. "Bankitalia è intervenuta più volte dentro le banche fallite, rilevando delle anomalie negli anni precedenti ai default, ma non ha mai ritenuto di dover avvisare il mercato", aggiunge Dona. In particolare, per Banca Marche, non l’ha fatto nel 2012 quando c’è stato l’aumento di capitale. Gli azionisti, di conseguenza, sono stati indotti ad acquistare azioni ed obbligazioni secondarie, confidando nell’efficienza e nella validità di Banca Marche. "Ora qualcuno deve pagare per questo e non può che essere il responsabile della vigilanza. Per questo chiediamo le sue dimissioni", conclude Dona.
Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil, su Radio Articolo 1, rilascia una intervista in cui difende l'operato degli impiegati e ricorda le indagini della magistratura, mentre La Stampa, il Sole 24 ore e il Corriere della Sera pubblicano vademecum su come evitare le truffe. Tutti i giornali di oggi aprono con le notizie sulle banche, i salvataggi e gli scontri tra Roma e Bruxelles. Intanto parte la Commissione d’inchiesta parlamentare sul crack delle quattro banche. Ma non sono pochi quelli che già prevedono in questo un tentativo di insabbiamento. Riccardo De Gennaro, direttore del "Il Reportage", sottolinea in questa intervista a Radio Rete Edicole, come la vicenda delle quattro banche salvate da Renzi non può essere distinta dal tentativo del segretario del Pd di ricostruire il Pd proprio a partire dai territori locali. 
“Innanzitutto – ha detto Megale – ricordiamo che tre delle quattro banche in questione erano già indagate dalla magistratura per responsabilità dei top manager. Poi non si capisce perché il Governo non ha avuto la capacità di essere all’altezza della situazione nei confronti dell’Unione europea, che ha considerato aiuto di Stato il fondo di garanzia interbancario, pagato da tutte le banche. Ci si dimentica che le responsabilità di tutta la faccenda sono di quei banchieri che per interessi speculativi personali hanno portato quelle realtà al disastro, mettendo a rischio oltre un milione di clienti. E alla fine tutto è ricaduto sui risparmiatori con conti correnti oltre i 100.000 euro con obbligazioni ordinarie”. “È fuor di dubbio – ha spiegato Megale – che se gran parte dei banchieri coinvolti è finita sotto inchiesta, lo si deve al fatto che la Banca d’Italia, dopo molte ispezioni, ha ritenuto di rimuovere i Consigli d’amministrazione di quelle banche, passando a una gestione commissariale, proprio perché imputabili di mala gestione e fenomeni di corruzione”.
Rispetto all’accusa mossa contro funzionari e impiegati che hanno venduto le obbligazioni, risultate fatali per i risparmiatori. “Chi dice questo non ha capito niente – risponde Megale - perché le obbligazioni vengono emesse dalla banca e il lavoratore svolge la sua attività sulla base delle informazioni che gli istituti di vigilanza presuppongono. Se poi vogliamo dire che non si può chiedere ai lavoratori, come hanno fatto le banche, di vendere più prodotti possibili per guadagnare il più possibile, e che non si può immaginare di spiegare a un pensionato tutte le avvertenze e le precauzioni sulla pericolosità dei prodotti venduti, sono d’accordo e penso sia necessaria una riforma semplificativa per limitare la vendita di determinati prodotti e far sì che tutto avvenga con un’informazione trasparente. Però, non dimentichiamoci che quelle stesse obbligazioni sono state emesse anche dal 2005 al 2007, anni in cui l’economia tirava e i tassi di rendimento non erano quelli attuali”.
Secondo la Cgil, di fronte a un panorama del genere, Bankitalia e Consob devono fare due cose: “la prima, immaginare una lista di prodotti vietati, che non si possono vendere, perché troppo a rischio; la seconda, che le spiegazioni di ogni prodotto in vendita siano semplici, chiare e concise, alla portata di tutti”.

Fonte: controlacrisi.org

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