La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 11 dicembre 2015

La destra europea che avanza e il razzismo rispettabile

di Alberto Rotondo 
L’affermazione elettorale del Front National al primo turno delle regionali francesi di domenica scorsa ha radici profonde e origini lontane.
Già all’indomani delle elezioni presidenziali del 2012 con l’importante risultato ottenuto da Marine Le Pen, che con quasi il 18% dei voti si collocava al terzo posto fra Hollande e Sarkozy, non mancarono reazioni allarmate sull’avanzata della destra xenofoba e fascista.
Tra queste si distinguevano, per conformismo e per l’apparente ragionevolezza della tesi che sostenevano, le opinioni di quanti spiegavano l’affermazione della destra con le risposte che essa era in grado di dare ai bisogni di una fetta importante della popolazione francese.
Vi fu tutto un fiorire di analisi sociologiche un tanto al chilo che provavano a spiegare i risultati elettorali con riferimenti alla “Francia della gente che vive in basso, dei provinciali tagliati fuori e colpiti dalla mondializzazione, degli operai e delle classi incolte, al calo del potere di acquisto, alla destrutturazione dei territori e alla presenza alle loro porte di étranges étrangers ” in grado di minacciare la nostra civiltà e i suoi valori fondativi.
Un intero popolo marginalizzato e incattivito dalla sofferenza sociale, che si pretendeva contrapposto “alle classi medie urbane moderne e ben educate, che costituiscono il sale della nostra democrazia”.
Si tratta della stessa lettura che sembra prevalere anche oggi, che Marine Le Pen ha portato il suo partito ad essere con quasi il 30% dei voti la prima forza politica francese.
Si spiegano così le parole della sindaca socialista di Parigi Annie Hidalgo, che in un tweet si è detta fiera dei parigini che hanno “sconfitto la paura rispondendo nelle urne con una dignità che mette fuori gioco la strategia dei terroristi”, sottolineando subito dopo gli scarsi risultati ottenuti dal Front National nei quartieri parigini più colpiti dalla tragedia del 13 novembre.
Un’interpretazione semplicistica che riecheggia in chiave contemporanea la contesa fra Strapaese e Stracittà che nell’Italia degli anni venti, in via di completa fascistizzazione, interessò una buona parte degli intellettuali e che Gramsci nei suoi Quaderni dal carcere stigmatizzò per la sua meschinità.

E’ precisamente contro questa rappresentazione della realtà, che divide la società in barbari e incolti provinciali, razzisti e incapaci di ragionare se non con la propria pancia e classi medio borghesi democratiche e aperte, che intervenne su Le Monde un grande intellettuale come Alain Badiou, con un editoriale dal significativo titolo Il razzismo degli intellettuali.
Un vero e proprio atto d’accusa contro i ” rappresentanti del potere dello Stato, di destra come di sinistra, e un gruppo non trascurabile di intellettuali” .
Scrive Badiou:
” Non sono certo i poveri delle nostre province che hanno deciso di limitare il più possibile i diritti elementari di un operaio di questo paese, qualunque sia la sua nazionalità d’origine, ma una ministra socialista. (…) Non è certo una campagnola incolta che ha definito nel 1983 gli scioperanti della Renault come “lavoratori immigrati agitati da gruppi religiosi e politici che si determinano in funzione di criteri che hanno poco a che vedere con la realtà politica e sociale francese”
E ancora :
“Non sono certo dei banlieusards esagitati che hanno disposto che i permessi di soggiorno in Francia sarebbero stati concessi con il contagocce mentre vengono fissati quote di espulsione che la polizia è incentivata a realizzare”
Dopo aver parlato delle responsabilità politiche Badiou analizza l’atteggiamento presente in gran parte del ceto intellettuale. Si domanda infatti :
“Non è assurdo che si cerchino i responsabili unicamente dal lato della destra estrema – che in effetti leva le castagne dal fuoco – senza mai mettere a nudo le responsabilità esecrabili di coloro i quali, sedicenti di sinistra, e molto più presenti fra i professori di filosofofia che tra i cassieri di supermercato, hanno appassionatamente sostenuto che gli Arabi e i Neri, specialmente i giovani, corrompono il nostro sistema educativo, pervertono le nostre periferie, offendono le nostre libertà e oltraggiano le nostre donne ? O che sono troppo numerosi nelle nostre squadre di calcio ? Esattamente come si diceva una volta degli ebrei e dei meteci che minacciavano di morte la Francia eterna. 
Ma la questione è ancora più profonda, tanto che alcuni studiosi del razzismo e delle sue forme sociali, come in Italia Annamaria Rivera, hanno utilizzato la categoria di “razzismo democratico” o “razzismo rispettabile” per catalogare quelle forme di razzismo che si rispecchiano nel lessico e nelle dichiarazioni di politici “progressisti” e di organi di informazione “democratici”.
Quello per cui i media parlano ad esempio di “«bivacco», per dire della sosta forzata dei profughi, scacciati da ogni dove, presso stazioni ferroviarie e simili; «assedio», per descrivere l’arrivo in questi luoghi di gruppi di persone (bambini compresi) provate, traumatizzate, abbandonate al loro destino oppure trattate come animali in gabbia o pesci d’acquario (è il caso di Milano); «ripulire» la stazione, per significare liberarla da queste presenze indecenti e dunque «restituirle un po’ di decoro».” 
Albero Burgio, su Il Manifesto parlando dell’avanzata dei fascismi in Francia ed in Europa, si lancia in una facile e lugubre porofezia secondo cui : “l’avanzata della destra neofascista, razzista e xenofoba francese non si fermerà. Potranno verificarsi episodiche battute d’arresto. Potranno funzionare, al ballottaggio di domenica prossima, la desistenza e l’union sacrée delle forze «repubblicane». Ma difficilmente si invertirà la tendenza che in questi tre anni ha visto il Fn espandere a ritmi vorticosi la propria influenza sulla scena politica francese”.
Tutto orribilmente plausibile, ma la responsabilità di questa tragedia risiede nella testa di gruppi dirigenti, politici e intellettuali, che stanno guidando la nostra società in un abisso di disumanità e di orrore, molto più che nella pancia di fantomatiche massi popolari” incolte e impresentabili” a cui si rivolgerebbe la proposta politica dei Le Pen francesi o dei Salvini di casa nostra.
Una riflessione che non possiamo rimandare, se non vogliamo rimanere succubi o “rispettabili complici” dell’immensa barbarie che si consuma ogni giorno sotto i nostri occhi.

Fonte: Esseblog

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