La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 23 gennaio 2016

Il mondo è andato avanti, il Pd arranca dietro

di Nadia Urbinati 
La proposta di legge che dovrebbe regolare lo stato civile delle coppie omosessuali, e che comincerà il suo iter parlamentare quasi in contemporanea con il raduno del Family day al Circo Massimo, mette a nudo l'identità complessa del Partito democratico e la tensione che divide il paese tra una cultura liberale matura e una cultura liberale che fatica a conciliare i diritti individuali con la tradizione religiosa. Come ha scritto Albero Melloni su Repubblica, la decisione in materia di unioni civili coinvolge direttamente la Chiesa e pertanto anche la cultura diffusa e quella politica. Il Pd porta nei suoi fondamenti il seme di questo dissenso, diviso tra demo-cattolici e demo-liberali su molti dei temi legati alla procreazione e alla sessualità.
La decisione sullo statuto delle unioni omosessuali mette in luce la difficoltà del nostro paese a riconoscere al matrimonio civile un'identità autonoma rispetto al matrimonio religioso, un sacramento che inizia con l'unione di un uomo e una donna per concretizzarsi nella famiglia.

Ancora sulle diseguaglianze

di Vincenzo Comito
Qualche giorno fa dei nuovi dati hanno contribuito ancora una volta a ravvivare il dibattito sulla questione delle diseguaglianze. Così abbiamo appreso da uno studio recente di Oxfam, l’organizzazione britannica che combatte da molti decenni la fame nel mondo, che 62 esseri umani possiedono oggi ricchezze complessive pari a quelle detenute dal 50% della popolazione mondiale (circa 3,6 miliardi di persone).
Ma, pur particolarmente dirompenti, i dati rivelati oggi non dovrebbero avere sostanzialmente sorpreso nessuno; è ormai da alcuni anni che l’opinione pubblica si sta abituando a delle analisi che mettono l’accento su di un fenomeno dirompente.
Le analisi tradizionali degli economisti
Il tema delle diseguaglianze, per la verità, non ha mai goduto di molta attenzione da parte degli economisti ortodossi, cioè dalla grande maggioranza di essi ed anzi esso è stato tenuto abbastanza nascosto a lungo: gli economisti sono notoriamente persone che si imbarazzano facilmente.

Il destino dell’Italia nelle mani dei mercati

di Thomas Fazi 
«Il Monte dei Paschi oggi è a prezzi incredibili. Penso che la soluzione migliore sarà quella che il mercato deciderà. Mi piacerebbe tanto fosse italiana, ma chiunque verrà farà un ottimo affare… Gli eventi di queste ore agevoleranno fusioni, aggregazioni, acquisti. È il mercato, bellezza». Così il premier Matteo Renzi in un’intervista al direttore del Sole 24 Ore ha risposto sulla profonda crisi che sta attraverso il sistema bancario italiano.
Si tratta di una dichiarazione gravissima, che riflette in maniera drammaticamente chiara l’ideologia iper-mercatista del nostro primo ministro. In sostanza, quello che Renzi sta dicendo è che nel bel mezzo della crisi più grave nella storia dell’unità d’Italia, in cui la già fragilissima economia del nostro paese rischia di ricevere il colpo di grazia da una crisi bancaria che sembra ogni giorno più probabile, a causa dell’austerità europea edelle assurde regole dell’unione bancaria, ma anche di evidenti casi di mala gestione; in cui avremmo bisogno di un intervento deciso di politica pubblica che non si limiti a stabilizzare la situazione bancaria (anche se questo già sarebbe qualcosa), per esempio attraverso la nazionalizzazione di MPS, ma utilizzi tutti gli strumenti che il governo ha a disposizione – per quanto limitati, per le ragioni che conosciamo tutti – per rilanciare l’occupazione e risollevare un’economia che ogni giorno che passa dimostra in maniera sempre più evidente di non essere assolutamente in grado di risollevarsi da sé (per ragioni che ormai dovrebbero essere evidenti a tutti, a partire dalla carenza di domanda); ecco, in una situazione come questa, Renzi ritiene che sulle sorti del terzo gruppo bancario italiano, nonché della banca più antica del mondo – da cui ovviamente dipendono le sorti di tutto il sistema bancario italiano, e con esso dell’economia nel suo complesso – è giusto, addirittura “naturale”, che a decidere siano… “i mercati”.

Nazionalizzare il Monte dei Paschi di Siena? Si può e si deve

di Enrico Grazzini e Thomas Fazi 
Il governo deve intervenire sul fronte bancario. Il presidente della BCE Mario Draghi ha calmato i mercati e (almeno per ora) la speculazione che ha colpito molto duramente le banche italiane. Inoltre si scommette sul fatto che il piano del governo sulle bad bank – quelle che dovrebbero raccogliere tutti i crediti deteriorati delle banche – verrà finalmente accettato entro pochi giorni dalla Commissione UE (dopo un impasse durato almeno un anno). Ma un fatto resta comunque certo: il sistema bancario italiano è troppo debole, appesantito da troppi crediti deteriorati, ed è facile preda di furibondi attacchi speculativi. Quindi l’intervento pubblico, e in particolare l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti, è più che mai necessario per rafforzare il sistema bancario nazionale. Occorre innanzitutto nazionalizzare il Monte dei Paschi di Siena, la terza maggiore banca italiana. Questa infatti non ha più un azionista stabile e resta soggetta a tempeste speculative. Per mettere al riparo i quattro milioni di risparmiatori di MPS e il sistema bancario italiano occorre un deciso intervento del governo e della Cassa Depositi e Prestiti.

venerdì 22 gennaio 2016

Si naviga a vista e l’ottimismo non basta

di Andrea Baranes
«L’Italia sta veramente ripartendo»; «questa è davvero la volta buona»; con Juncker nessun problema, solo un suo «infortunio verbale»; sulla bad bank Padoan sta «facendo miracoli». Sono alcuni passaggi della lunga intervista rilasciata ieri dal presidente del consiglio Matteo Renzi al Sole24Ore. Se possibile ancora più ottimismo del solito.
Lo stesso che sembra trapelare da Davos, malgrado l’annuale Forum dell’Economia mondiale si sia aperto su una situazione a dire poco intricata. Il nostro Paese in particolare sembra trovarsi in una vera e propria tempesta perfetta, alla quale contribuiscono una serie di fattori.
Si tratta di sette principali punti di crisi.
1) Il crollo delle borse, partito dalla Cina, ha poi contagiato l’Asia e via via le altre piazze finanziarie. Un crollo iniziato alcuni mesi fa, dopo tre anni consecutivi di crescita vertiginosa, con aumenti ben superiori al 100% in un anno e decine di milioni di nuove posizioni aperte nella sola primavera 2015. Non era così difficile immaginare che si trattava di una bolla, e che, come tutte le bolle, prima o poi sarebbe scoppiata.

Mario Draghi, re Mida sul Titanic

di Alfonso Gianni 
Mario Draghi ha parlato e come d'incanto le borse si sono risollevate. Non è un miracolo, è esattamente quello che ci si aspettava. Anche perché non era poi così difficile prevedere quello che il potentissimo governatore della Banca centrale europea avrebbe detto. Il novello re Mida infatti ha confermato che per ora non si prevedono muove misure, si mantengono quelle che già ci sono, ma che a marzo la Bce è pronta ad ampliare "senza limiti" l'acquisto di titoli, pur restando ovviamente nei termini definiti dal proprio statuto.
Tutto bene? Tutti felici? Non proprio. Intanto perché lo stesso annuncio di Draghi mette in luce che le cose fin qui non sono andate benissimo. Infatti l'obiettivo di accrescere l'inflazione, di avvicinarla al fatidico 2%, è stato largamente mancato. Lo stesso Presidente della Bce ha riconosciuto che le aspettative per una inflazione crescente nel corso dell'anno appena cominciato si sono indebolite, tenendo conto dei dati verificati a dicembre.

Tacere e obbedire, è lo Sblocca Italia

di Paolo Berdini
C’è ancora un giudice a Berlino. Matteo Renzi e il cerchio magico che ha scritto lo Sblocca Italia hanno subito un sonoro e meritato ceffone da parte della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimi molti commi dell’articolo 1 del decreto legge 133/2014. Con il comma 1 si affidava all’Amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato il ruolo di Commissario straordinario per la realizzazione del collegamento veloce tra Napoli e Bari. Un’opera fondamentale per dare qualche opportunità ad una parte del sud Italia e sulla cui realizzazione c’era il generale consenso delle Regioni coinvolte.
Il ricorso della regione Puglia riguardava il rispetto della Costituzione poiché aveva il diritto di esprimere le sue volontà nella definizione delle caratteristiche e del tracciato dell’opera. Quell’articolo non lo permetteva umiliandola nel ruolo ancillare di chi è chiamato a sottoscrivere un atto senza fiatare.

Renzi vuole un principato. Ecco le ragioni del NO

Intervista a Alessandro Pace di Giacomo Russo Spena
Il Parlamento ha dato il suo via libera, la parola spetta ai cittadini. Ma attenzione a parlare di “svolte autoritarie” nella riforma costituzionale di Renzi-Boschi piuttosto Alessandro Pace – professore emerito di diritto costituzionale nell’Università La Sapienza di Roma e presidente del Comitato per il No al referendum – intravvede “un blocco di potere affaristico-finanziario con propaggini piduistiche che, grazie ad una legislazione elettorale drogata, potrebbe reggere per anni con il favore di una minoranza di elettori”. Il comitato è formato tra gli altri da Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Gaetano Azzariti e altri illustri giuristi. Poche risorse economiche e media ostili però, per Pace, la battaglia va comunque combattuta “per la nostra dignità d’uomo, come diceva Calamandrei, e per dare testimonianza della nostra fede nei principi nei quali crediamo: libertà, eguaglianza, pluralismo, democrazia. E per poter tramandare questi valori ai nostri figli e nipoti”. 

L'esercito europeo di riserva

di Agenor
Le grandi strategie sono sempre composte da una sequenza di piccole iniziative e il quadro finale diventa visibile solo quando tutti i singoli pezzi del puzzle sono stati inseriti al posto giusto. La divisione in singole iniziative permette di focalizzare le discussioni su aspetti minori, senza sottoporre la grande strategia al vaglio dell’opinione pubblica o del dibattito parlamentare. Le grandi strategie sovranazionali, poi, hanno anche il vantaggio di limitare il dibattito oltre che alle singole misure anche a specifiche questioni locali, interne ai singoli paesi. Il disegno strategico di fondo non può essere contestato perché non è reso esplicito, non è sottoposto a dibattito e supera i confini delle competenze nazionali. Esso rimane quindi perfettamente al riparo dal processo democratico.
Uno di questi grandi disegni strategici che si sta realizzando in questi anni è la trasformazione dello stato sociale e del mercato del lavoro in Europa. Il cambio di paradigma fu dichiarato vent’anni fa dall’OCSE: passare dall’attivismo dello stato in economia per promuovere la piena “occupazione” alle politiche liberiste e mercantiliste per promuovere la piena “occupabilità”.

Nazionalizzare subito il Monte dei Paschi di Siena

di Enrico Grazzini
Il Monte dei Paschi di Siena, la terza maggiore banca italiana, non ha più un azionista di controllo ed è in preda a tempeste speculative. Il governo Renzi dovrebbe intervenire al più presto per nazionalizzare MPS grazie all'intervento della Cassa Depositi e Prestiti. L'economia e la finanza italiana non possono permettersi di perdere la banca senese: MPS ha, secondo gli ultimi dati di bilancio, circa 2200 sportelli, circa 4 milioni di clienti, e impieghi per 112 miliardi di euro, di cui però 24,8 miliardi sono costituiti da crediti deteriorati -. Il governo non può permettere che una banca di tale importanza sia affidata completamente agli umori delle speculazioni di mercato e vada allo sbando. Tutta l'economia italiana entrerebbe in zona di grande pericolo. 
La CDP di Claudio Costamagna e di Fabio Gallia dovrebbe giocare il ruolo principale per salvare MPS minacciata dalla montagna di crediti deteriorati e dalle nuove pessime norme sull'Unione Bancaria voluta dalla Commissione UE.

Morire per Bruxelles

di Carlo Clericetti
La tempesta che si sta abbattendo sulle banche italiane è la conseguenza della politica criminale dell'Unione europea a cui si sono sommati i gravissimi errori della politica italiana. Oggi "scopriamo" come se fosse una sorpresa che il sistema bancario ha accumulato una montagna di crediti in sofferenza e deteriorati e ci troviamo a far fronte al problema a mani nude, ossia con quasi tutti gli strumenti che si potrebbero usare per risolverlo che o non sono nella nostra disponibilità o ci sono preclusi dall'interpretazione delle regole europee che viene decisa dalla Commissione, in particolare quella sugli "aiuti di Stato". Quegli aiuti di Stato che sono stati profusi a piene mani da tutti gli altri paesi, la Germania più di tutti, ma per cui adesso noi saremmo fuori tempo.
E il bello è che adesso ci tocca pure ascoltare i Soloni di casa nostra pontificare sul fatto che avremmo dovuto farlo allora, all'inizio della crisi, accettando il commissariamento della Troika.

Crisi di idee e struttura. Vigilia di un nuovo tonfo economico

di Roberto Romano
Siamo all’inizio di un altro 2008? La domanda comincia a circolare in più di un ambiente. Fa specie, in particolare, l’ottusità di molti governi circa l’uscita dalla crisi. Per rimanere in Italia e in Europa, lo scontro tra Jean-Claude Juncker e il presidente del Consiglio Matteo Renzi è lo specchio fedele dell’ipocrisia della classe politica (dirigente) europea. Anche in Francia le cose non vanno meglio; si sta consumando, nei fatti, un divorzio economico-politico tra Germania e Francia nel silenzio più assordante, con degli effetti macroeconomici e politici per tutta l’Europa. Ma forse c’è qualcosa di non detto e indicibile nell’andamento erratico delle borse, nel prezzo indecentemente basso del petrolio, nella così detta competitività - vuol dire solo impoverimento degli altri paesi e, se serve, della classe media -. 
Qualcuno avanza il sospetto che siamo realmente davanti ad un altro tonfo dell’economia internazionale, e questa volta sarebbe molto più rumoroso perché nel frattempo abbiamo perso tempo e buttato via risorse pubbliche e private per soluzioni “stupide”.

La partita più importante: di Iva e di come è già cambiato il lavoro (ma noi no)

di Giuseppe Civati 
Non bisogna aver letto Paul Mason (però leggetelo, mi raccomando, sta per uscire in italiano) per capire che le cose non funzionano più. E non funzionano più perché stiamo usando le ricette degli anni Ottanta per affrontare una trasformazione che cambia connotati e sostanza ai processi produttivi, alle relazioni lavorative e industriali, alla vita stessa dei lavoratori (sia che un lavoro ce l’abbiano, sia che l’abbiano perso, sia che lo stiano cercando).
Lo si può notare muovendo dal punto di vista delle partite Iva di cui ci eravamo occupati lo scorso anno, per evitare che alcune modifiche fossero inserite a tradimento e a nocumento dei lavoratori autonomi, soprattutto quelli di nuova generazione. Per una volta il governo aveva fatto marcia indietro e si era dato un altro anno di tempo.

Bernie Sanders all'attacco di Wall Street

di Francesco Chini
Così il senatore indipendente del Vermont Bernie Sanders, strenuo oppositore degli accordi internazionali di libero scambio sinora firmati e promossi dagli Stati Uniti d’America, che si presenta alle primarie del Partito Democratico USA per ottenere la candidatura di presidente, ricorda come Dante collochi agli inferi, sotto una sempiterna pioggia di fuoco, i “violenti contro l’arte” (intesa nel senso medievale di lavoro) cioè gli usurai i quali coi loro prestiti esosi danneggiano le attività umane.
L’occasione, per Bernie Sanders di fare riferimento alle pene infernali riservate da Dante agli usurai, è la presentazione del suo piano di riforma di Wall Street. Il 5 gennaio, parlando presso la Town Hall di Manhattan, il senatore del Vermont ha sostenuto di voler smembrare le grandi banche (quelle «troppo grandi per fallire») durante il suo mandato presidenziale.

Recuperare i ritardi, ridurre le diseguaglianze

di Gaetano Sateriale
Anche negli anni di crisi l’esperienza della contrattazione sociale territoriale ha continuato a produrre tavoli di confronto, specie nelle regioni del Centro-Nord. Ogni anno sono circa un migliaio le intese (o i verbali di incontro) che le organizzazioni sindacali (in maggioranza quelle dei pensionati) hanno unitariamente firmato con i governi regionali e territoriali, in particolare con i Comuni. Si tratta di un’attività molto variegata per forme e contenuti, spesso di taglio difensivo (su ammortizzatori, fisco e assistenza agli anziani), che ha però avuto un effetto attenuante della crisi e dei provvedimenti di taglio del welfare, spesso adottati dai Comuni in conseguenza dei tagli europei e nazionali della spesa pubblica.
Soprattutto, l’esperienza ormai consolidata della contrattazione sociale territoriale costituisce un’alternativa praticata e praticabile alle esibizioni di autosufficienza della politica e dei governi che vengono di continuo ripetute a livello nazionale.

Judith Butler e il corpo vivente delle relazioni

di Paola Rudan
Nell’introduzione a Senses of the Subject (New York, Fordham University Press, pp. 217) – una raccolta di saggi pubblicati tra il 1993 e il 2012 – Judith Butler chiarisce che si tratta dei suoi lavori più filosofici e meno noti, che non hanno a che fare direttamente col femminismo e i gender studies se non in quanto sviluppano una critica dell’individualismo sovrano a partire dalla «dimensione relazionale dell’essere incarnato». In un itinerario filosofico che va da Cartesio a Fanon passando per Spinoza, Hegel, Merleau-Ponty, Kierkegaard, Irigaray e Sartre, Butler specifica, sviluppa e complica il nesso foucaultiano tra assoggettamento e soggettivazione a partire dalla centralità riconosciuta al corpo. Contro l’idea di un «io» fondato su se stesso, il corpo indica l’esistenza di una «matrice relazionale» che precede e suscita l’emergenza del soggetto e diventa il presupposto per pensare un nuovo universalismo, una «norma sostitutiva» per una soggettivazione prodotta al di là delle identità che si inscrivono sui corpi, in primo luogo al di là del genere.

Sterminio del dissenso in Turchia. L’Europa si muova

di Donatella Coccoli
«Quando si tratta di far rispettare i parametri monetari e finanziari, come è accaduto per la Grecia, gli interventi sono visibili, clamorosi e a piedi uniti, quando invece si tratta di far rispettare i diritti della libertà all’interno della comunità europea e anche con i Paesi alleati, gli interventi sono silenziosi, sottobanco e sussurrati». Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi, denuncia l’assenza di una politica dei governanti europei nei confronti della libertà d’informazione. Oggi Giulietti insieme ai colleghi di Articolo 21 e ai rappresentanti di Amnesty è andato a protestare davanti all’ambasciata turca a Roma. La richiesta è semplice: libertà per i giornalisti turchi incarcerati. Proprio oggi comincia il processo alla giornalista Ceyda Karan, del giornale Cumhuriyet, «un quotidiano che dà voce a tutte le opposizioni», dice Giulietti. Qual è la colpa della giornalista? Aver pubblicato la vignetta che Charlie Hebdo aveva pubblicato dopo la strage nella redazione. Questo avrebbe offeso il sentimento religioso del popolo turco.

Quanto costa essere donne? Almeno 1000€ in più all’anno rispetto ai consumatori uomini

di Giorgia Furlan
Recentemente è esplosa la querelle sulla cosiddetta “tampon tax”, ne hanno scritto, e ci hanno riso in tanti, compresa Luciana Littizzetto a Che tempo che fa. Tutto è iniziato quando il deputato di Possibile Pippo Civati ha depositato in parlamento una proposta di legge per ridurre l’Iva sugli assorbenti dal 22 al 4% in quanto articoli che una donna è costretta ad usare durante quasi tutta la propria vita. Se da un lato la proposta ha suscitato da un lato risolini e battute sessiste (cosa piuttosto scontato in un Paese come l’Italia dove non siamo certo dei campioni in fatto di parità di genere), dall’altro c’è chi ha preso la proposta seriamente facendo notare quanto il tema fosse già in agenda o discusso da molti stimati governi internazionali, uno fra tutti quello del presidente degli Stati Uniti Barack Obama.
Nel corso di un anno il risparmio che una donna avrebbe con un’iva agevolata sugli assorbenti non andrebbe oltre qualche decina d’euro, ma la questione si fa interessante se si allarga lo sguardo a tutti i prodotti e ci si pongono alcune domande come: quanto sono sessisti i consumi?

Piano B per l'Europa

di Susan George, Yanis Varoufakis, Ada Colau, Zoe Kostantopoulou, Ken Loach, Noam Chomsky e altri
Nel luglio del 2015 abbiamo assistito a un colpo di stato finanziario condotto dall’Unione Europea e dalle sue istituzioni contro il governo greco che ha condannato il popolo greco a continuare a subire le politiche di austerità che erano state respinte alle urne in due occasioni. Questo colpo di stato ha intensificato il dibattito sul potere della UE e, per estensione, delle sue istituzioni, sulla sua incompatibilità con la democrazia e sul suo ruolo di garante dei diritti umani fondamentali pretesi dai cittadini europei.
Sappiamo che esistono alternative all’austerità. Manifesti come “For a Plan B in Europe”, Austerexit o DiEM25 (Movimento 2025 per la democrazia in Europa) denunciano il ricatto del terzo memorandum d’intesa imposto alla Grecia, la catastrofe che provocherà e la natura antidemocratica della UE. Nientemeno che il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, ha affermato: “Non possono esserci decisioni democratiche contro i trattati europei”.

Tribunale della famiglia: la proposta di Possibile

di Beatrice Brignone
E’ dal 1934, anno in cui sono stati istituiti per la prima volta in Italia i Tribunali per i Minorenni, che nulla è stato fatto per migliorare la condizione di tutela dei minori, della persona e della famiglia. Tuttavia, oggi, a distanza di 82 anni, abbiamo l’occasione di dare una significativa e storica svolta dell’ordinamento in materia.
Occorre quindi procedere a una definitiva unificazione delle competenze in materia di famiglia, di minori, separazioni, divorzi e affidi che ora sono distribuiti tra i Tribunali per i minorenni, il Giudici tutelari e i Tribunali ordinari. Sezioni specializzate in un’unica struttura organizzativa chiamata “Tribunale per famiglia” presso i Tribunali Ordinari e le Corti d’appello composte di soli magistrati togati – ora presso i Tribunali per i minorenni fanno parte anche giudici onorari – nella quale far confluire anche le professionalità che si sono formate nell’esperienza del Tribunale dei Minorenni, risorse da non disperdere ma da valorizzare.

Scuola: va bene precari, ma almeno pagateli!

di Maria Luisa Gares
"Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa."
Così recita l’Articolo 36 della Costituzione della Repubblica Italiana, e, se non rispettarlo significa incorrere nella “violazione dell’obbligo retributivo”, secondo la stima della Flc Cgil sono circa 25/30mila i docenti a tempo determinato che non solo non vengono pagati ormai da mesi (in molti casi fin da settembre), ma che spesso sono costretti a dar fondo ai risparmi per riuscire a mantenere se stessi, la propria famiglia, ma anche il posto di lavoro – trovandosi, in molti, a lavorare lontano da casa. Una situazione paradossale, questa, tanto che alcuni docenti si sono dovuti rivolgere perfino alla Caritas.

Famiglia, menzogne e mistificazioni

di Ernesto Balducci
(…) Parlando da cristiano (…), ci tengo a dire che il momento che stiamo vivendo è proprio il momento in cui dobbiamo abbattere (noi ne siamo i primi responsabili)quella che chiamerei l’ideologia cattolica, come ideologia di copertura del mondo borghese, il quale mondo borghese trova vantaggio nel coprire i suoi obiettivi di conservazione sociale con dei valori cosiddetti cristiani che hanno ancora una grandissima forza di suggestione nelle coscienze.
La difesa della famiglia cristiana è un aspetto dell’ideologia cattolica che, molto di più di quanto potremmo pensare, nasconde la volontà di conservare un certo tipo di società e un certo tipo di sistema di rapporti di proprietà. Alzare quindi questo velo è in un sol momento recuperare la possibilità di un rapporto più vivace, più liberatorio col Vangelo e smascherare le reali intenzioni della classe dominante. (…)

Se 48 ore non vi bastano…

di Luca Billi 
Sono un dipendente pubblico, che cerca di fare il proprio lavoro nel miglior modo possibile. Tempo fa – una vita fa, a dire il vero – sono stato anche un amministratore, in un Comune. Per esperienza quindi so che ci sono tanti dipendenti pubblici bravi e naturalmente so anche che ce ne sono alcuni che meriterebbero di essere mandati a casa; in meno di 48 ore.
Proprio perché lavoro in un Comune sono contento che alcuni miei “colleghi” che lavoravano a Sanremo siano stati licenziati; spero anche che il lavoro della commissione disciplinare non si fermi lì e verifichi bene le responsabilità di quello che è accaduto. Perché se tante persone lavorano così male o non lavorano affatto, come pare sia accaduto in quell’ente, è difficile credere che la colpa sia solo di quei dipendenti infedeli, anzi sarebbe troppo comodo cavarsela così, con un po’ di licenziamenti, peraltro sacrosanti – lo ripeterò allo sfinimento per non essere frainteso. Come mai i dirigenti ben pagati di quel Comune ci hanno impiegato così tanto tempo a capire cosa stava accadendo, peraltro in maniera così sfrontata e plateale? Dove erano gli amministratori che avrebbero dovuto accorgersi di quello che succedeva nella loro, neppure grandissima, città?

Chi parla, rischia

di Duccio Facchini
Il 27 novembre 2015 Hervé Falciani -ingegnere informatico franco-italiano che in passato aveva lavorato per le banche Hsbc e Ubs- è stato condannato dal Tribunale penale federale di Bellinzona a cinque anni di prigione per spionaggio economico e industriale: nel 2009, aveva rivelato informazioni riservate su 130mila potenziali evasori fiscali con depositi nella Confederazione elvetica. 
Edward Snowden, informatico statunitense, è accusato dal governo degli Stati Uniti di furto di proprietà dell’Esecutivo, comunicazione non autorizzata di informazioni della Difesa nazionale e comunicazione volontaria di informazioni segrete con una persona non autorizzata: nel giugno del 2013 aveva rivelato i programmi di sorveglianza di massa portati avanti dalla National Security Agency, per cui lavorava come consulente per conto della Booz Allen Hamilton. Chelsea Elizabeth Manning è una militare USA (all’epoca era Bradley) che dall’agosto 2013 sta scontando una condanna a 35 anni di reclusione per aver diffuso notizie coperte da segreto all’organizzazione Wikileaks. Per il suo coraggio è stata candidata tre volte al premio Nobel per la Pace (2011, 2012, 2014), senza successo. 

Quale ripresa? Per l’agenzia Onu sul lavoro nel 2016 avremo 2,3 milioni di disoccupati in più

di Luca Aterini
Alla fine di quest’anno, nel mondo si conteranno 2,3 milioni di disoccupati in più; una tendenza che non si fermerà nel 2017, quando saranno lasciate a terra altre 1,1 milioni di persone, fino ad arrivare a 200,5 milioni di disoccupati. Ad affermarlo è la massima autorità mondiale in fatto di lavoro, l’Ilo – l’ International labour organization dell’Onu –, che ha appena pubblicato il suo ultimo World employment and social outlook.
Nei tumulti che in questi giorni sono tornati a scuotere le Borse di tutto il mondo, ballano i timori sulla crescita economica e la magra stabilità finanziaria che sembrava riconquistata; i dati sul lavoro passano in secondo piano. Eppure è lampante come proprio qui si annidino molte delle crescenti incongruenze che caratterizzano il nostro modello si sviluppo. Il Fondo monetario internazionale, che due giorni fa ha rivisto il suo World economic outlook, ha limato al ribasso le sue previsioni per la crescita economica globale: sarà del 3,4% quest’anno e del 3,6%. Modesta – stellare, per gli attuali parametri italiani –, ma comunque positiva.

Cara sanità, aumentano gli italiani che rinunciano a curarsi o chiedono un prestito

di Tiziana Barillà
Prestiti per la macchina nuova, per il cellulare nuovo, per le spese pazze. E, nel 4% dei casi, prestiti per la salute: impianti di ortodonzia per sé o per i figli gestione di terapie di lunga durata fino, anche, ai trattamenti di bellezza e operazioni di chirurgia estetica. Sono sempre di più gli italiani che, non avendo contanti, scelgono la strada del prestito personale per curarsi. Ce lo dice uno studio di Facile.it che, in collaborazione con Prestiti.it, ha esaminato più di 20mila richieste di finanziamento, presentate da giugno a novembre 2015.
La voce “spese mediche” raggiunge quasi il 3,82% delle motivazioni nelle richieste di finanziamento. Nello stesso periodo sono stati erogati più di 28mila prestiti a sostegno di pratiche estetiche o sanitarie, per oltre 340mila euro. Mediamente si tratta di un dipendente del settore privato, di 44 anni, che richiede un prestito personale di 6.600 euro, da restituire in 58 mesi, quasi 5 anni. e che può contare su uno stipendio medio di 1.500 euro. Una buona fetta, però, l’11% sono pensionati.

Inceneritori, 5 Regioni contro. Ma il governo va avanti

Dalla conferenza Stato Regioni è uscito il sì al decreto inceneritori del governo Renzi (DPCM attuativo dell’articolo 35 del decreto legge 133/2014 che individua gli inceneritori considerati strategici a livello nazionale), ma non all’unanimità. Quindici Regioni hanno detto sì e 5 un no secco. Queste ultime sono Lombardia, Marche, Umbria, Abruzzo e Molise. Tutte le altre stanno agli “ordini” ma… con una foglia di fico: hanno condizionato l’ok all’accoglimento di un emendamento che introduca nel decreto il passo secondo cui possano essere le Regioni a decidere l’effettiva realizzazione e pianificazione degli impianti sulla base dell’evoluzione dei piani regionali di raccolta differenziata. Molti pensano che si tratterà soltanto di una mera ratifica di quanto deciso ai piani “più alti”… Intanto le associazioni ambientaliste si sono dichiarate profondamente deluse dal decreto.

La tutela dei beni culturali sotto mobbing

di Tomaso Montanari
Il mobbing è un persistente comportamento aggressivo, di natura psicofisica e verbale messo in atto dal datore di lavoro, o dal 'capo', contro un dipendente. Cioè esattamente quello che Dario Franceschini sta facendo con il personale tecnico-scientifico del suo ministero.
Come altro definire, se non mobbing, l'incomprensibile decisione di tornare – dopo pochi mesi – a riformare radicalmente la struttura centrale e periferica del Ministero, negando e sovvertendo i capisaldi della precedente riforma e gettando nello sconforto e nell'avvilimento le donne e gli uomini che difendono il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione?
A questo giro si sopprimono – con l'assenso inquietante e vergognoso del Consiglio Superiore dei Beni culturali – le soprintendenze archeologiche e la direzione centrale per l'archeologia, e si passa a soprintendenze uniche. Olistiche, come ama chiamarle qualche ciarliero cialtrone.

giovedì 21 gennaio 2016

Crisi europea e caso italiano, senza visione del mondo

di Raffaele K. Salinari
Il collasso europeo sta creando il suo Buco Nero. Come una stella a neutroni che si spegne, l’idea dell’Unione Europea costruita sulla volontà dei popoli continentali di vivere condividendo le regole democratiche all’interno di uno spazio comune, sta lasciando il posto al suo contrario: uno spazio parcellizzato in rinascono confini che sono dettati dallo sciovinismo, dalla xenofobia, dal razzismo.
Un ideale come quello di Spinelli, una vera e propria visione, la costruzione finalmente dal basso dell’unita tra genti diverse che si sono combattute per secoli, non può semplicemente tornare indietro allo status quo ante, ad una Europa prima di Schengen o dell’ Euro.
Il processo di involuzione, al contrario, produrrà inevitabilmente un campo gravitazionale di destra, in cui le forze attive saranno solo quelle che continuano in modo esponenziale a svilupparsi e rafforzare le tendenze già in atto.

Il conflitto tra proprietà pubblica e bene comune

di Alberto Lucarelli 
Il regime giuridico della proprietà pubblica, fagocitando le categorie «demanio» in una logica tutta economico-finanziaria, non soltanto non ha costituito un freno al flusso dei processi di privatizzazione dei beni pubblici, ma addirittura, (come evidenzia Paolo Berdini, il manifesto, 10 gennaio “Saldi al via”, e l’intervista di Valentina Porcheddu, il manifesto, 12 gennaio a Salvatore Settis), ha costituito la base per una vera e propria svendita.
La vigente disciplina codicistica, relativa alla circolazione dei beni pubblici, ha costituito il fondamento di leggi (legislazione speciale) che, a partire dal 2001, hanno disciplinato la cartolarizzazione di svariati beni pubblici.
Diverse leggi hanno abilitato l’autorità amministrativa, il ministro dell’economia e delle finanza, ad adottare atti amministrativi, determinando veri e propri processi di sdemanializzazione.

mercoledì 20 gennaio 2016

Unioni civili, attenti a non svuotare la legge

di Stefano Rodotà
La discussione sulle unioni civili avrebbe bisogno di limpidezza e di rispetto reciproco, invece d’essere posseduta da convenienze politiche, forzature ideologiche, intolleranze religiose. Di fronte a noi è una grande questione di eguaglianza, di rispetto delle persone e dei loro diritti fondamentali, che non merita d’essere sbrigativamente declassata, perché altre urgenze premono. I diritti, dovremmo ormai averlo appreso, sono indivisibili, e quelli civili non sono un lusso, perché riguardano libertà e dignità di ognuno.
Bisogna liberarsi dai continui depistaggi. La maternità surrogata, vietata fin dal 2004, viene evocata per opporsi all’adozione dei figli del partner, penalizzando proprio quei bambini che si dice di voler tutelare e tornando così a quella penalizzazione dei figli nati fuori dal matrimonio eliminata dalla civile riforma del diritto di famiglia del 1975. E si dovrebbe ricordare che la Costituzione parla della famiglia come società “naturale” non per evitare qualsiasi accostamento alle unioni tra persone dello stesso sesso.

Iniziamo a parlare di riduzione del lavoro

di Chris Carlsson
Il titolo di questo articolo è un vecchio slogan dei primi anni ’90, nei giorni in cui avevamo fondato delle disperate “organizzazioni” come la Committee for Full Enjoyment (Commissione per il pieno divertimento, anziché Full Employment, ossia piena occupazione) e il Sindacato locale di ladri del tempo 00. Era il periodo dell’ultimo anno di vita della rivista Processed World, pubblicata dal 1981 al 1994, che brillava con luce intensa sull’insipida inutilità della vita lavorativa quotidiana nell’America delle imprese, del non-profit, del sistema educativo, ma soprattutto degli emergenti uffici high-tech dell’epoca. Parlare di lavoro ci è sempre sembrato come rendere pubblico un terribile segreto, come rivelare una nascosta consapevolezza che l’imperatore è nudo, che il lavoro come lo conosciamo è principalmente una perdita di tempo se non addirittura un modo per rendere il mondo decisamente peggiore.
Per molti anni sembrava che in pochi ero disposti ad accettare l’argomento o, se lo facevano, solo dal punto di vista di un quadro di riferimento tradizionalmente di sinistra.

Chiedo al Partito Democratico: ma perché avete votato Juncker?

di Sergio Cofferati 
Si stanno in questi giorni accentuando e aggravando le polemiche tra il Governo italiano e la Commissione Europea. Ho sostenuto fin dall'inizio che Juncker non era la persona adatta per guidare l'esecutivo comunitario perché la sua storia politica e la sua proposta programmatica non garantivano affatto un reale cambiamento nelle politiche europee. Per questo non l'ho sostenuto e ho votato contro la nomina sua e della Commissione. Il supporto che molti gli hanno dato senza ricevere garanzie sul superamento delle politiche di austerità, com'era evidente dalle priorità da lui indicate, si è rivelato un serio errore.
Ora i nodi stanno drammaticamente venendo al pettine. Il tanto atteso Piano d'investimenti è del tutto inadeguato rispetto al bisogno e la flessibilità di bilancio concessa, nel quadro dei vincoli esistenti, è largamente insufficiente per politiche d'investimento in grado di stimolare la crescita nei singoli paesi.

Il potere bancario divora i suoi figli

di Giorgio Cremaschi 
Non sono per prender come puro gioco delle parti il bisticcio Renzi Juncker. Certo quest'ultimo, dicono le cronache, tende a straparlare già dalle 11 del mattino, mentre il nostro presidente del consiglio non ha bisogno di incentivi alcolici per dirne delle sue, tuttavia la crisi è vera. È la crisi crescente di un sistema europeo che fa acqua da tutte le parti, immigrazione e euro in primo luogo. Ma che è impossibilitato a riformarsi per la stessa struttura autoritaria liberista che si è data, nella quale solo la Germania decide in politica economica e la Francia in politica estera. La crisi europea si aggrava poi con la mancata ripresa mondiale, che fa crollare le Borse.
Ma c'è anche il ripartire della crisi italiana, di cui la crisi bancaria e borsistica è solo la spia. Rispetto a cinque anni fa, quando la crisi dello spread sui conti pubblici portò alla destituzione consensuale di Berlusconi e al governo Monti, oggi la crisi è dei conti privati . Le nostre banche hanno crediti inesigibili per trecento miliardi e siccome la ripresa vera c'è solo nella propaganda renziana, il loro buco rischia di diventare uno scoperto devastante. Come nella crisi dei mutui negli USA anni fa.

Il Vangelo del conflitto

di Alberto Asor Rosa
Nelle settimane passate è apparso in Italia un testo di Papa Bergoglio, che a me sembra di grande importanza. Si tratta dell’intervento da lui pronunciato a un Congresso internazionale di teologia (da lui stesso voluto e preparato), svoltosi a San Miguel in Argentina dal 2 al 6 settembre 1985, sul tema “Evangelizzazione della cultura e inculturazione del Vangelo”. L’intervento, nella forma pubblicata da Civiltà cattolica, porta il titolo “Fede in Cristo e Umanesimo”. Ritengo però che il suo vero tema sia più esemplarmente testimoniato da quello del convegno.
Andrò per accenni, limitandomi a segnalare quello che, dal mio punto di vista, spicca per novità e intelligenza del discorso. In effetti, trovo, per cominciare dagli inizi, che ipotizzare questa doppia missione – che è anche un doppio movimento di andata e ritorno per ognuno dei due elementi che lo compongono, e cioè: “evangelizzazione della cultura” e “inculturazione del Vangelo”– significa offrire una visione nuova dei rapporti tra la “fede cristiana” e “il mondo”.

“Fare la differenza”. I ventenni italiani di fronte alla politica

di Nicolò Bellanca 
1. Nella sua recente monografia, Elisa Lello distingue tra “giovani” (i ventenni) e “giovani adulti” (che arrivano ai trentacinque anni).[1] Nell’Italia odierna, basta un modesto scarto di età a esprimere differenti traiettorie collettive. Quando i “giovani adulti” erano adolescenti, dalla metà degli anni ’90 agli inizi del XXI secolo, hanno vissuto il berlusconismo rampante, assorbendone il vacuo messaggio ottimistico; in seguito hanno dovuto misurarsi con il precariato lavorativo, la riduzione dei diritti e l’incertezza esistenziale, diventando così unagenerazione delusa. Al contrario i “giovani”, la categoria su cui qui ci concentriamo, adolescenti ai tempi del declino di Berlusconi e del governo “austero” di Mario Monti, nemmeno hanno iniziato a nutrire speranze e a lottare per i propri sogni. Essi sono i ragazzi di una generazione disillusa: esprimono la rassegnata convinzione che molti di loro otterranno posizioni sociali ed economiche peggiori di quelle dei genitori, e che, per ciascuno di loro, la più efficace strategia consista nel limitare le proprie aspettative e nello sfruttare le relazioni familiari per inserirsi nel territorio in cui si è cresciuti.

Turbolenza sulle banche, punto primo: i soldi fanno soldi ma ora non più


di Luigi Pandolfi 
Ci sono analisti economici che già prefigurano uno scenario simile a quello del 2007-2008. Altri che paventano una vera e propria catastrofe finanziaria, visto che nel turbinio attuale della finanza mondiale vi è finito anche il colosso cinese, alle prese con problemi che derivano dalla quasi-consunzione del suo modello di sviluppo iper-produttivista. Pochi, in ogni caso, sono quelli che minimizzano ciò che sta accedendo sotto i nostri occhi, sbagliando.
In verità, ci vuole poco a capire che le turbolenze sulle piazze finanziarie di mezzo mondo sono la conseguenza dell'irrisolta anarchia che regna nel "mercato dei soldi", la cui potenza ormai sovrasta enormemente quella delle cosiddette "economie reali". Per rendere l'idea di cosa parliamo, basta questo semplice esempio: nel 2014 il "valore" dell'economia finanziaria (o di carta) a livello mondiale ha toccato la cifra astronomica di circa un trilione di dollari (mille miliardi) contro un Pil globale (ricchezza materiale prodotta) di "soli" 78 bilioni (75 mila miliardi) di dollari.

Per la riforma costituzionale che non è stata ancora scritta

di Walter Tocci
La revisione costituzionale è invecchiata prima di nascere. È rivolta al passato, sigilla il presente e non dice nulla al futuro del Paese. Le decisioni più importanti sono rinviate o nascoste. È rinviata la diminuzione del numero delle Regioni. È nascosta la cancellazione del Senato. È negata la riduzione del numero dei deputati. 
Diventa più conflittuale il rapporto tra Stato e Regioni, poiché entrambi i livelli sono dotati di competenze definite esclusive, che non possono trovare alcuna mediazione dopo la cancellazione della legislazione concorrente. Il superamento delle piccole Regioni, invece, avrebbe creato macroregioni più adatte a cooperare con la politica nazionale e a muoversi nello spazio europeo. Il governo ha promesso di realizzarle con una prossima revisione costituzionale, ammettendo clamorosamente che oggi si approva una legge non risolutiva.

Come vivono i giovani la società moderna

di Francesco Paolo Cazzorla 
Più studio e più verrò pagato meno. Più mi specializzo e più contribuisco a confinarmi dentro una roba che capiranno solamente quei due o tre. Più faccio il bravo e l’onesto, e più le conseguenze delle mie azioni mi remeranno contro. Più sono innocente e innocuo e più c’è il rischio che venga ucciso. Più sono libero – godendo di diritti inalienabili – e più di fatto non lo sono. Più credo di elaborare dei pensieri miei intimi e personali, e più questi saranno il risultato di un incessante rumore di fondo, che ha fatto di infinite immagini scorrevoli il suo disturbo più assordante.
Più cerco il mio silenzio, e più mi ritrovo in mano il suo artefatto. Più credo di essere un cittadino consapevole e più divento un consumatore del nulla, un nulla che assomiglia inequivocabilmente a me stesso. Più mi dicono che – un domani – tutto potrà cambiare, e più questa affermazione nasconderà il suo più sicuro non-cambiamento. Più penso di aver individuato dei colpevoli a tutto questo, e più mi accanisco inutilmente su marionette pagate per farlo. Più mi vedo accerchiato da tutte queste contraddizioni, e più mi rendo conto che devo necessariamente imparare a conviverci.

Le conseguenze economiche dei luoghi comuni

di Daniela Palma
“Il linguaggio è un labirinto di strade. Vieni da una parte e ti sai orientare; giungi allo stesso punto da un’altra parte, e non ti raccapezzi più.”(1) Con questa consapevolezza, dichiarata nelle parole di Ludwig Wittgenstein, si faceva strada nella Cambridge del periodo tra le due guerre l’idea che la complessità del mondo non può essere imbrigliata in rigide codifiche linguistiche e men che meno lo può essere quella che caratterizza il sistema delle relazioni sociali e i fatti dell’economia. In quel contesto John Maynard Keynes, nel fitto confronto con il pensiero dei filosofi cantabrigensi che aveva accompagnato l’evoluzione del suo pensiero, si accingeva a spiegare perché la “grande crisi” di quegli anni dovesse essere considerata endemica al capitalismo e connaturata alla dimensione dell’incertezza che sta in capo alle decisioni di investimento degli imprenditori. E’ una critica radicale quella che Keynes muove alla teoria tradizionale neoclassica e alla credenza che il mercato sia dotato di capacità di autoregolazione, che relega la sottooccupazione del sistema economico a fenomeno accidentale e del tutto transitorio.

L’audience del padrone

di Domenico Tambasco
Non contento di aver dettato il testo delle leggi che egli stesso dovrà osservare da qui all’eternità, il sciur padrun ottiene ora anche un ruolo da protagonista nella prima serata del palinsento della televisione pubblica. Nemico dei provincialismi linguistici che mantiene soltanto nel ristretto perimetro della sua “fabbrichetta”, il novello “giovin signore” preferisce farsi dare in pubblico del “boss”: lui è un “Boss in incognito”. 
È questo, infatti, il titolo di una trasmissione che domina il prime time di Raidue prodotta dalla società esterna Endemol, trasmissione che rappresenta la concreta esemplificazione di quella che è stata definita da Colin Crouch l’essenza della “postdemocrazia”: la perdita del concetto di ente pubblico, il crollo dell’autostima e del significato di servizio pubblico a fronte della “conclamata superiorità” delle conoscenze e delle competenze dei privati[1]. Privati che dichiarano essere questo “format” – acquistato ovviamente a spese dei cittadini – il “docu-reality più rivoluzionario della tv”, dove i protagonisti sono i “boss che si camuffano e lavorano per una settimana sotto mentite spoglie insieme ai loro dipendenti”[2]

Politica monetaria e investimenti pubblici

di Paul De Grauwe
Dall’inizio del 2015 la Bce attua un programma di alleggerimento quantitativo (il cd. quantitative easing) che prevede l’immissione nell’economia di grandi quantità di denaro. Ogni mese la Bce acquista 60 miliardi di dollari in titoli di Stato e in tal modo inietta una pari quantità di denaro nell'economia. Ad oggi, l’iniezione di liquidità così apportata ammonta in totale a quasi 700 miliardi di dollari. Il 3 dicembre 2015 la Bce ha annunciato che l’attuazione del programma sarebbe continuata fino a febbraio 2017. Di conseguenza, l'importo complessivo di obbligazioni acquistate in quel momento avrà raggiunto i 1.560 miliardi di dollari.
È indubbio che la massiccia iniezione di liquidità da parte della Bce dall'inizio dello scorso anno abbia avuto un effetto positivo sulle esportazioni, provocando un deprezzamento dell'euro nei confronti delle principali valute (dollaro, sterlina) e aumentando la competitività degli esportatori dell’Eurozona nei confronti del resto del mondo.

Incertezza e instabilità: la Teoria Generale di Keynes 80 anni dopo

di Federico Stoppa
Riprendere in mano un libro di teoria economica scritto ottant’anni fa; studiarlo a fondo, cercando chiavi interpretative per il capitalismo contemporaneo, e strumenti operativi in grado di emendarne i suoi peggiori difetti, che, allora come oggi, rimangono la disoccupazione di massa e la distribuzione iniqua e arbitraria di reddito e ricchezza. Scoprire l’attualità, la freschezza di un pensiero che il tempo non ha fiaccato. E contemporaneamente disfarsi di centinaia di articoli, papers, libri freschi di stampa ma già superati sul piano delle idee. Scopo delle righe che seguono sarà di riportare alla luce la lezione del più grande economista del Novecento, John Maynard Keynes: che l’economia capitalistica è intrinsecamente instabile e che la teoria economica dominante nell’accademia, nei centri studi e nelle cancellerie internazionali, quella neoclassica[1], basata sull’equilibrio economico generale e sulla neutralità della moneta[2], non è in grado di spiegare i fatti economici più rilevanti del mondo in cui viviamo.

I lavoratori autonomi stanno sempre bene

di Mariatolmina Ciriello
Siamo la nuova classe operaia, ma senza l’idea di classe, e per questo non andremo in paradiso. Non andremo nemmeno in malattia, perché chi lavora con la partita Iva sta sempre bene, anche se ha il cancro. I lavoratori autonomi, da non confondere con i liberi professionisti, lo sanno già, adesso lo sanno anche il resto degli italiani grazie alla campagna di Daniela Fregosi, la 46enne di Grosseto che dal 1992 lavora con partita Iva nel campo della formazione nelle aziende e che, ammalatasi di cancro, ha dovuto fare i conti con la disparità di tutele dei lavoratori autonomirispetto a chi ha un contratto di lavoro dipendente.
Uno statale, ad esempio, può chiedere il part time, ha fino a 18 mesi di malattia in tre anni, la 104 ed altre tutele, tutte negate agli autonomi. Daniela, come partita Iva a gestione separata, ha diritto a 61 giorni di assenza dal lavoro in un anno. Giorni per i quali lo stato le elargisce la folle somma di 13 euro al giorno.

L’ordoliberalismo tedesco, una gabbia di ferro per il Vecchio Continente

di François Denord, Rachel Knaebel e Pierre Rimbert 
«Se mai qualcuno avesse avuto bisogno di un’altra prova del pericolo che i referendum rappresentano per il funzionamento delle democrazie, eccola», sparava il sito del settimanale Der Spiegel il 6 luglio 2015, dopo l’annuncio dei risultati della consultazione referendaria in Grecia. La costernazione provocata in Germania da questo sonoro «no» si spiega con la collisione frontale tra due concezioni dell’economia e più in generale della cosa pubblica.
Il primo approccio, incarnato in questa vicenda dai greci, riflette un modo di governare propriamente politico. Il voto popolare ha la meglio sulla regola contabile e un potere eletto può scegliere di cambiare le regole. Il secondo approccio, al contrario, subordina l’azione governativa alla stretta osservanza di un ordine. I politici possono agire come credono purché non escano dal quadro, che di fatto è sottratto alla decisione democratica. Il ministro tedesco delle finanze Wolfgang Schäuble è la personificazione di questo stato dello spirito. «Per lui le regole hanno un carattere divino», ha osservato il suo ex collega greco Yanis Varoufakis.

C'è un'Italia che sfida le trivelle di Renzi

di Greenpeace Italia
Ci sono storie, ammettiamolo, tutte "italiane". E nello scrivere ciò, pur con tutto l'amore per il nostro Paese, non stiamo in questo caso pensando a nulla che possa inorgoglirci. È molto "italiana" l'idea di fare di questo territorio, e dei nostri mari in particolare, un nuovo Texas, un'Arabia mediterranea, puntellandoli di trivelle quando il petrolio e il gas che potremmo estrarre, a costi non competitivi sul mercato, sono poca, pochissima cosa. Quantità che altrove sarebbero giudicate del tutto trascurabili, peraltro di scarsa qualità.
È molto "italiana" l'idea di presentare un piano di espansione delle trivellecome un'occasione immancabile per l'occupazione. Lo ammettono persino gli esperti di idrocarburi e chi opera nel settore: l'industria del petrolio non è ad alta intensità di lavoro. A fronte di investimenti (e impatti) enormi, i nuovi posti di lavoro sarebbero davvero pochi.

Comunità popolari urbane

di Raúl Zibechi
La città è uno dei punti più deboli nelle proposte e nelle pratiche di emancipazione. Negli ultimi decenni abbiamo assistito alla realizzazione di diverse iniziative rurali, per mano di movimenti indigeni o contadini, che sono stati capaci di costruire spazi al di fuori della logica del mercato e di quella dello Stato, anche se a volte possono aver avuto parziali relazioni con entrambi. Nelle città, al contrario, le costruzioni collettive sono molto più fragili e meno durature.
Conoscere il Movimento das Comunidades Populares (MCP Movimento delle Comunità Popolari) del Brasile è un’iniezione di ottimismo e di speranza nel mezzo della crisi politica e delle minacce che incombono sui settori popolari del mondo. Il MCP conta circa 60 gruppi, la metà dei quali urbani, di quartiere e di favelas. Formalmente è nato nel 2011 ed è composto dalle comunità popolari che avevano creato, nel 2001, un’associazione nazionale. Nel 2006 ha creato il mensile Voz das Comunidades e nel 2008 l’Unión de la Juventud Popular [Unione della Gioventù Popolare].

Erdogan e il posto delle donne

di Gokben Demirbas
Si susseguono le notizie sulla Turchia e come al solito quando suonano i tamburi di guerra, i temi di genere vengono messi sullo sfondo. Eppure nella politica interna turca sono stati determinanti sia nel sancire a giugno il successo dell'HDP, il partito progressista pro-curdo, che la rimonta nelle elezioni di novembre del partito di Erdogan: il conservatore AKP. La crisi che attraversa la regione non ha a che fare solo con il potere e il petrolio ma anche con i ruoli di genere e i modelli di famiglia e di welfare. Lo spostamento di voti tra le elezioni del 2011, quelle di giugno 2015 e il repentino rovesciamento con le elezioni di novembre (definite da Erdogan come la "riparazione" del potere politico dell'AKP) può essere letto anche in questi termini.

La sfida della bellezza nelle nostre città d’arte

di Tomaso Montanari
Il cosiddetto “regolamento Unesco” varato dal sindaco di Firenze Dario Nardella può essere un passo importante nella direzione giusta: quella che restituisce le città d’arte ai loro cittadini, mantenendo le comunità ancorate alle loro meravigliose pietre. Questo insieme di regole colpisce quella che si potrebbe chiamare la “gentrificazione dal basso”: e cioè il proliferare di minuscole attività economiche seriali e senza nessi con il contesto, catene dell’anonimato urbano che privano i centri storici di ogni identità.
Il principio che ne sta alla base trascende di molto il peso del provvedimento stesso. Perché si ha il coraggio di dire che il mercato non è il regolatore ultimo della qualità delle nostre vite: si ha la forza di mettere in discussione il dogma della concorrenza come fine, e si torna a parlare di regole.

La classe ultra-ricca dei “filantropo-capitalisti” insidia la democrazia globale

di Sarah Lazare
Da Warren Buffett a Bill Gates, non è un segreto che la classe dei filantropi ultra-ricchi abbia un’influenza eccessiva nel plasmare le politiche e le strategie globali.
Uno studio appena pubblicato dal Global Policy Forum, un osservatorio internazionale, sostiene che potenti fondazioni filantropiche -sotto il controllo di ricchi individui- stiano attivamente indebolendo i governi e impropriamente dettando l’agenda di organismi internazionali come le Nazioni Unite.
Le 27 maggiori fondazioni possiedono un patrimonio di oltre 360 miliardi di dollari, osserva lo studio firmato da Jens Martens e Karolin Seitz. Diciannove di esse hanno sede negli Stati Uniti e stanno espandendo la loro influenza sul sud del mondo in ogni settore, minando la democrazia e la sovranità locale.