La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 9 settembre 2017

L'alternativa democratica e popolare è cosa diversa dalla rivincita di Bersani e D'Alema

di Maurizio Acerbo 
In occasione del convegno su Sinistra e Europa organizzato da Stefano Fassina. non potendo intervenire, gli ho mandato questa lettera...
Caro Stefano, come ti avevo anticipato non mi è possibile essere personalmente presente all'iniziativa che hai organizzato per concomitanti impegni. I temi che avete messo al centro del confronto sono essenziali. Sono quelli che ci spinsero a considerare fin dalla fondazione il PD come definitiva mutazione genetica al termine di una deriva che aveva posto una classe dirigente che veniva dalla sinistra erde del movimento operaio e socialista nel campo del neoliberismo.

Lavoratori di tutto il mondo. Intervista a Beverly Silver

Intervista a Beverly Silver di Ricardo Jacobs 
Negli ultimi decenni c’è stata una ristrutturazione profonda della classe lavoratrice negli Stati Uniti e negli altri paesi a capitalismo avanzato. Qual è l’immagine a grandi linee di questo processo di ristrutturazione? Quali sono le forze che lo guidano?
Il capitalismo trasforma continuamente l’organizzazione della produzione e gli equilibri di forza tra capitale e lavoro, ristruttura la classe lavoratrice, la ricostruisce. Quindi, per rispondere alla domanda, penso che dobbiamo adottare una visione di lungo termine.

A che serve la sinistra

di Tomaso Montanari 
Avverando una delle constatazioni più ficcanti di Fabrizio De André, Paolo Mieli è assai generoso di "buoni consigli" alla Sinistra. E il principale di questi consigli è di adeguarsi al disegno di Giuliano Pisapia, che: "Consiste nel dar vita ad un raggruppamento molto, molto, molto diverso dal Pd, che ottenga il maggior numero di voti per poi avere un adeguato peso in una coalizione di governo, la quale non può che avere come principale interlocutore lo stesso Pd." È il progetto della "coalizione condizionante": sostanzialmente ancora lo schema Prodi-Bertinotti, aggiornato in Renzi-Pisapia. Ci sono due motivi per cui non credo che sarebbe saggio seguire questo consiglio.

La durezza del Capitale

di Marcello Musto
L’opera che, forse più di qualunque altra, ha contribuito a cambiare il mondo, negli ultimi centocinquant’anni, ebbe una lunga e difficilissima gestazione. Marx cominciò a scrivere Il capitale solo molti anni dopo l’inizio dei suoi studi di economia politica. Se aveva criticato la proprietà privata e il lavoro alienato della società capitalistica già a partire dal 1844, fu solo in seguito al panico finanziario del 1857, iniziato negli Stati Uniti e poi diffusosi anche in Europa, che si sentì obbligato a mettere da parte le sue incessanti ricerche e iniziare a redigere quella che chiamava la sua «Economia».

America e guerra: la solita vecchia storia

di Serge Halimi
Agli Stati Uniti ci sono voluti pochi mesi di presidenza di Trump per ritirarsi dall’accordo di Parigi sul clima, imporre nuove sanzioni alla Russia, annullare la normalizzazione delle relazioni diplomatiche con Cuba, annunciare la loro intenzione di ritirarsi dall’accordo nucleare con l’Iran, lanciare avvertimenti al Pakistan, minacciare il Venezuela di intervento militare, e dichiarare di essere pronti a colpire la Corea del Nord con ‘fuoco e furia…che il mondo non ha mai visto prima.’ Le Filippine, l’Arabia Saudita e Israele sono i soli paesi che hanno rapporti migliori con gli Stati Uniti fin dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca, il 20 gennaio.

La costruzione patriarcale della “razza”

di Lea Melandri
Nel magma sempre più confuso, in cui vanno a confluire criminalità, disagio sociale, insicurezza, i “soggetti minacciosi” si moltiplicano e, nel medesimo tempo, subiscono una, sia pure meno evidente, riduzione a un unico, omogeneo tratto distintivo: sono, di volta in volta, gli scippatori, le prostitute, i lavavetri, i parcheggiatori abusivi, i mendicanti, i terroristi nascosti nelle moschee, le donne col burqa, gli zingari; ma sono anche le molte facce di quella umanità inferiore, non propriamente umana, che si ripresenta in ogni epoca e in ogni società come un residuo da tenere a bada o da eliminare.

La “città globale” secondo Saskia Sassen

di Alberto Bortolotti 
“Gli sviluppi del mercato finanziario e le caratteristiche dei quadri normativi hanno generato una serie di conflitti. Questi conflitti hanno portato alla produzione di varie innovazioni finanziarie per risolvere il problema o per evitare la regolamentazione.” Con queste parole, la sociologa Saskia Sassen, descrive le condizioni fisiche che hanno permesso la costituzione delle prime città globali. All’interno del paragrafo “L’organizzazione spaziale della finanza” infatti, l’autore fa emergere come l’architettura del mercato finanziario abbia posto le basi per l’evoluzione dei più importanti crocevia commerciali in capitali della finanza globale, le prime global cities appunto.

La fabbrica 4.0 e il gioco della catallassi

di Lelio Demichelis
Ormai siamo (quasi) tutti capitalisti e (quasi tutti) crediamo nella mano invisibile del mercato. Se poi la mano invisibile vi sembra un concetto vecchio e da ammodernare, ecco il gioco della catallassi secondo il neoliberista Friedrich von Hayek, quel gioco di mercato che deriva dal greco katallattein o katallassein e che definiva lo scambio e lo scambiare (e non solo in termini economici), ma anche l’entrare in comunitàe diventare da nemici, amici. Un gioco dove tutte le informazioni sono date dai prezzi che agiscono come messaggi o segnali impersonali ma razionali.

Neoliberismo, Europa, democrazia. Intervista a Wolfgang Streeck

Intervista a Wolfgang Streeck di Thomas Isler
Il futuro, sostiene il sociologo tedesco Wolfgang Streeck, appartiene allo Stato-nazione e non agli organismi sovranazionali. Solo all’interno degli Stati-nazione può essere esercitato un vero potere di controllo democratico
Signor Streeck, in Europa c’è ancora bisogno di singole nazioni, oppure è l’Unione Europea che deve risolvere i nostri problemi politici?
R: La democrazia moderna è nata dai conflitti all’interno degli stati nazionali. E fino ad oggi ha la sua patria (Heimat) negli stati nazionali. Al contrario, le organizzazioni internazionali sono dominate dagli esperti. Mancano di quella che chiamerei la dimensione plebea della democrazia.

La città come teatro della democrazia

di Giacomo Russo Spena
È un errore comune: considerare il "paesaggio" semplicemente come un territorio da ammirare per la bellezza. Così pensare che l'architetto abbia solo il dovere di migliorare uno spazio rispettando determinati standard edonistici. Non è così. Nell'era delle speculazioni fondiarie, delle rendite e delle cementificazioni selvagge, l'architetto nella società d'oggi ha un'altra funzione. Di tipo sociale. E lo stesso paesaggio assume un'altra valenza, oltre a quella estetica, diventando – o, meglio, bisogna lavorare affinché diventi – il teatro della democrazia perché capace di incarnare valori collettivi. Da vivere e non solo da vedere. 

Contro il regime del salario. Sul dominio del tempo tra fabbrica e metropoli

di Eleonora Cappuccilli
Un nuovo regime di produzione che mette a valore l’autonomia e l’autoimprenditorialità; una nuova società dell’io; una nuova economia che si poggia sul lavoro gratuito: questa è l’immagine superficiale dell’economia politica ai tempi del neoliberalismo. Poi c’è il dominio violento che fa leva sul potere pastorale; la rete come modello dello sfruttamento; il lavoro salariato malpagato e ricattato: questa è la faccia nascosta del regime del salario attuale, quel puzzle di condizioni di vita e lavoro dentro e contro cui siamo costretti a muoverci. Guardando da entrambe le prospettive il neoliberalismo appare come un enigma irrisolto, eppure proprio la convivenza di due modelli inconciliabili sembrerebbe costituire la ricetta del suo successo senza storia e senza fine.

Piano d’investimenti pubblici e tasse, nodi ineludibili per la sinistra

di Laura Pennacchi
In barba a tutte le nuovistiche pretese rottamatrici, ormai è chiaro che nella politica italiana a difettare sono proprio i progetti e che la prossima campagna elettorale sarà dominata da una idea vecchia come il cucco, quale il mantra della riduzione indiscriminata delle tasse. Riproposto nelle forme più demagogiche anche sotto le vesti di ricorso alla flat tax, un’idea che nasce dal cuore della destra ma a cui ha occhieggiato lo stesso Renzi.

Trump, l’Alt-Right e la guerra civile come politica di classe

di Felice Mometti
Che Jamie Dimon, numero uno di JPMorgan Chase, la più grande banca degli Stati Uniti, sia diventato un campione di antifascismo è dura da credere. Soprattutto andando a rivedere il report redatto dalla banca quattro anni fa sulle Costituzioni antifasciste europee, che sarebbero inadatte a favorire l’integrazione europea perché troppo sbilanciate verso i diritti dei lavoratori. Sta di fatto che Dimon ha abbandonato il gruppo dei consiglieri di Trump prima di Richard Trumka, capo dell’Afl-Cio, il più grande sindacato degli Stati Uniti, che ha dato le dimissioni dopo l’esplicito attacco del «New York Times» nei suoi confronti. Un episodio, questo, che riveste un significato simbolico, oltre che reale, non scontato.

I consigli di fabbrica a Torino nell’analisi di Piero Gobetti

di Federico Diamanti 
Nell’ottica di una riformulazione delle categorie di rappresentanza democratiche in Italia, emerge nell’opera di Piero Gobetti una ricerca e una analisi precisa e puntuale dei nuovi strumenti politici tramite i quali si possa portare energia nuova al dibattito politico del paese. Una particolare e positiva eccezione, che questo articolo tenterà di analizzare, è riservata al gruppo dell’Ordine nuovo di Torino e ai comunisti torinesi. Capiremo in pochi passaggi perché proprio ai comunisti torinesi e non tanto al neonato Partito comunista d’Italia. Una critica e un elogio torinese, ma che non per questo pecca di provincialismo e non per questo si limita ad una analisi contingente.

Vi racconto il vero Gramsci

Intervista ad Angelo d’Orsi di Francesca Chiarotto
"Gramsci. Una nuova biografia" di Angelo d’Orsi (Feltrinelli, Milano 2017, pp. 393) è un libro importante e destinato a durare e ad essere molto usato; dagli studiosi, in primis, ma non solo. È un libro che si legge in maniera scorrevole e avvincente, che può essere “fruito” e assaporato “a vari livelli”, per così dire. Comprensibilissimo anche ai neofiti del pensiero gramsciano, offre allo stesso tempo agli studiosi un livello di approfondimento notevole perché sistematizza e dà conto di decenni di sviluppi, analisi, acquisizioni documentali, opera sia dell’autore, sia delle decine di studiosi e studiose italiani e internazionali che hanno lavorato su Gramsci negli ultimi anni di Gramsci Renaissance, per usare una felice espressione dello stesso D’Orsi.

La lotta di classe nell’antichità greca e romana

di Geoffrey De st. Croix
È allo stesso tempo un onore ed un piacere prendere la parola qui oggi (1). È un onore che mi sia stato chiesto di tenere la conferenza annuale in memoria di Isaac Deutscher, un uomo che ha sempre seguito il proprio pensiero con grande coraggio, il quale ha cercato per tutta la vita di dire la verità, così come egli la vedeva, senza lasciarsi intimidire dagli attacchi, da qualsiasi parte provenissero. (Non posso che rimpiangere vivamente di non aver avuto occasione di conoscerlo personalmente). Ed è un piacere tenere questa conferenza alla London School of Econmics [d’ora in poi abbreviato come LSE, n.dt.].

L’economia reale assorbita dalle banche

di Marco Bertorello
Possiamo dire che ce l’hanno fatta. Almeno per ora ce l’hanno fatta, e quest’ultima precisazione non intende ridimensionare la portata del risultato ottenuto. Dopo dieci anni, dopo aver visto l’abisso, ora l’economia di mercato intravede persino una, seppur modesta, crescita. Il quadro resta piuttosto stagnante, ma non ha senso utilizzare la lente con cui venivano osservate epoche precedenti, specie quella dei Trenta gloriosi. Stabilizzatosi il contesto, si tratta di comprenderne i contorni, le nuove caratteristiche. Il recupero del sistema economico-finanziario è stato raggiunto quasi esclusivamente schiacciando il pedale sul versante finanziario, grazie all’intervento delle banche centrali.

Undici tesi e una conclusione sul Venezuela

di Juan Carlos Monedero
1. Certamente, Nicolás Maduro non è Salvador Allende e non è neanche Hugo Chávez, ma quelli che realizzarono il golpe contro Allende e contro Chávez sono – e anche su questo non ci sono dubbi – gli stessi che ora stanno tentando il golpe in Venezuela.
2. I nemici dei tuoi nemici non sono tuoi amici. Si può anche non amare Maduro, senza che questo possa voler dire dimenticare che nessun democratico si può schierare dal lato dei golpisti, che hanno inventato gli squadroni della morte, i voli della morte, il paramilitarismo, l’assassinio della cultura, l’Operazione Condor, i massacri di contadini e indigeni, il furto delle risorse pubbliche.

Di quale lavoro abbiamo bisogno?

di Giorgio Nebbia
“Lavoro” è parola magica, ripetuta da tutti: si esce dalla crisi se aumenta l’occupazione non tanto per amore del lavoro o dei lavoratori ma perché solo così i lavoratori, cioè praticamente la totalità dei cittadini di un paese, possono guadagnare del denaro che possono spendere per comprare merci e servizi prodotti da altro lavoro. Il fine del lavoro è infatti produrre merci e servizi. Cioè, sostanzialmente, merci, perché anche i servizi sono resi possibili da qualche ”cosa” prodotta, venduta o acquistata per denaro. Il principale servizio, la vita quotidiana, è reso possibile perché qualcuno produce, col proprio lavoro, ferro, alluminio, bevande, patate, carne, plastica, carrelli della spesa, e trasporta, carica e scarica verdura e maiali.

Una scuola militante

di Girolamo De Michele 
Nei giorni scorsi, Alberto Asor Rosa ha scritto un breve, ma denso elzeviro sullo stato presente del sistema scolastico, il cui titolo è inequivoco: “La scuola nelle mani dei barbari”Dopo aver stigmatizzato nel merito e nelle motivazioni la sperimentazione del “liceo breve” che prende l’avvio in questi giorni – «la riprova che siamo nelle mani dei barbari. Anzi, più esattamente, di barbari incolti» –, ricordato che «la spesa d’investimento nella cultura e nella formazione è drammaticamente sempre più bassa in Italia», e sottolineato come sia incongruo il presupposto che l’accorciamento del percorso scolastico troverebbe giustificazione in un raccordo col mercato del lavoro, Asor Rosa va al cuore del problema, chiedendosi a cosa serve la scuola media superiore.

Tramonto del neoliberismo

di I Diavoli 
Una delle questioni più affascinati della storia delle idee è capire come una corrente minoritaria del pensiero economico, il neoliberalismo, sviluppatosi in Germania e Austria fra la prima e la seconda guerra mondiale, sia riuscita a conquistare negli ultimi decenni del XX secolo un ruolo egemone, nella vulgata degli studiosi e nelle politiche degli Stati. Tanto da giustificare l’idea di un “progetto”, o una manovra neoliberista, pervasiva al punto da determinare la vita d’ogni essere umano sul pianeta. Ma la questione di più scottante attualità è il tramonto di questa corrente insieme al suo ambizioso tentativo di dare luogo a un modello di civilizzazione alternativo e virtuoso.

Dal femminismo dell'elite alle lotte di classe nella riproduzione. Intervista a Cinzia Arruzza

Intervista a Cinzia Arruzza di George Souvlis e Ankica Čakardić
Cinzia Arruzza insegna Filosofia presso la New School for Social Research di New York. Il suo libro più recente è Storia delle storie del femminismo (con Lidia Cirillo, 2017). Tra gli altri suoi testi ricordiamo Le relazioni pericolose (2010) e Il genere del capitale (nella Storia del Marxismo a cura di S.Petrucciani) che è stato uno dei Libri dell’Anno 2016 di PalermoGrad..

Le false illusioni del mercato del lavoro

di Ciccio De Sellero
L’uscita dei comunicati mensili dell’Istat con le stime sull’occupazione sono sempre di più una ottima occasione per tastare il polso non tanto al nostro mercato del lavoro – da lungo tempo anemico, povero e immobile - quanto al livello del dibattito e della discussione sui media intorno a questi temi. E’ un livello davvero basso, dove fra opportunismo, ipocrisia, prosopopea e ignoranza, si fa a gara a chi la spara più grossa e più conformista mentre le diagnosi più serie sulla crisi del lavoro in Italia vengono sistematicamente snobbate. E ci si mette anche l’Istat, diciamolo, a dare una mano a suo modo a mantenere bassa la qualità del dibattito sul lavoro e ad aumentarne l’inconcludenza.

L’autunno che verrà

di Eliana Como
L'estate è stata torrida. Ma ci aspetta un lungo e faticoso autunno, che è bene sperare che sia anche più caldo dell'estate appena passata. Almeno dal punto di vista sindacale e sociale. Le ragioni ci sono tutte: l'attacco al diritto di sciopero; la Legge Madia e la vertenza per il rinnovo del contratto dei settori pubblici; le tante crisi aziendali e la totale inadeguatezza degli ammortizzatori sociali; il precipitare degli effetti della Buona Scuola e dell'alternanza scuola-lavoro.

Rosa Luxemburg

di Renato Caputo
Tra i principali teorizzatori del marxismo rivoluzionario troviamo Rosa Luxemburg (1870-1919) – principale teorica dapprima della sinistra socialista, poi del cosiddetto comunismo di sinistra – che non a caso si era distinta per aver sviluppato la più radicale critica alle tesi revisioniste di Bernstein. Polacca, nata in una famiglia di ebrei, Luxemburg è divenuta prima – fra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento – il principale punto di riferimento teorico dell’opposizione di sinistra alla deriva riformista della socialdemocrazia tedesca, poi della Lega spartachista (nucleo del Partito comunista tedesco), che fonda rompendo con il resto dei socialisti che avevano sostenuto l’Impero germanico durante la Prima guerra mondiale.

Licenziamenti facili à la Macron

di I Diavoli
Riavvolgiamo il nastro della storia. Flashback-flashforward. Quasi ventidue anni dopo, è l’anno 2017. Il calendario segna i giorni mancanti al prossimo sciopero, ma nessun blocco totale del Paese sembra prospettarsi all’orizzonte. Data: 12 settembre. Oggetto: la riforma del lavoro voluta dal presidente Emmanuel Macron e contenuta in cinque decreti. Specificità: la Confédération Générale du Travail (CGT) per bocca del leader Philippe Martinez ha avvertito: «Siamo di fronte alla fine del contratto di lavoro». Precedenti recenti: primavera 2016, sotto la presidenza del socialista François Hollande, fiumi di gente in piazza contro il tentativo di riforma della Loi de Travail. E ancora, c’è una storia simile, ma dieci anni prima: a spingere studenti e lavoratori per le strade nel 2006 furono le mosse del premier conservatore Dominique de Villepin.

Intrappolati nel Qe

di Luigi Pandolfi
Il Quantitative easing, ovvero la creazione di moneta da parte delle banche centrali per l’acquisto di titoli di Stato ed altri assets finanziari sul mercato secondario, è stato avviato, a marzo del 2015, per dare un po’ di ossigeno all’economia europea. Nel mirino del «bazooka» di Draghi c’erano, infatti, deflazione e stagnazione, due piaghe che, a quel punto, erano più la conseguenza della gestione della crisi che della crisi stessa.

America Latina: fine di un ciclo o esaurimento del post-neoliberismo?

di François Houtart
L’America Latina è stato l’unico continente dove delle opzioni neoliberali furono adottate da più paesi. Dopo una serie di dittature militari, appoggiate dagli Stati Uniti e portatrici del progetto neoliberale, le reazioni non si sono fatte attendere. Il punto più alto fu il rifiuto nel 2005 del Trattato di libero scambio con gli Stati Uniti e il Canada, frutto di un’azione congiunta tra movimenti sociali, partiti politici di sinistra, Ong e chiese cristiane.

Portogallo, l’alternativa all’austerità esiste e funziona

di Sara Ligutti
Uno dei paesi europei più duramente colpiti dalla crisi economica è stato il Portogallo. Dopo il salvataggio da parte della Troika, i creditori hanno chiesto dure misure di austerità, attutate con entusiasmo dall’allora governo conservatore. I servizi sono stati privatizzati, l’IVA alzata, una sovrattassa è stata imposta sui redditi, sono stati tagliati i salari nel settore pubblico, le pensioni e i sussidi, mentre al contempo sono state cancellate quattro feste nazionali.

Capitale e lavoro: sfida di struttura per il sindacato

di Roberto Romano 
Il tempo che dobbiamo vivere non lo possiamo scegliere, ma se potessimo farlo, il momento storico dove le idee, le aspettative e l’organizzazione della società sono fondamentali è proprio l’attuale, nel pieno della crisi economico-sociale iniziata nel 2007. Molti Paesi hanno recuperato le posizioni iniziali, ma la sensazione è quella di una crisi di paradigma, e ogni giorno ne troviamo una nuova conferma. La crisi dell’Italia è più lunga e profonda di quella del 1929. In molti sostengono che viviamo una crisi della teoria economica, della politica, del capitale e del lavoro. Senza esasperare la già severa analisi, dobbiamo anche sottolineare che la crisi del capitale italiano non ha precedenti storici.

La coscienza del mondo

di Roberto Mancini
La coscienza del mondo. Sta maturando con grande fatica, tra rigurgiti di nazionalismo, localismo, settarismo, neofascismo, populismo, razzismo e xenofobia. Ma essa c’è e cresce. Noi siamo responsabili del fatto che questo sviluppo abbia luogo anche in Italia. La coscienza del mondo è la certezza che siamo una sola umanità, fatta di tanti volti, storie, tradizioni, differenze relative, ma pur sempre la stessa umanità sulla terra che ci ospita. Nessuno è padrone, nessuno accoglie senza nel contempo essere a sua volta accolto per un verso o per l’altro. Nessuno può dire “prima noi”: tutti siamo tenuti a scoprire che cosa voglia dire affrontare i problemi insieme.

I nove di Little Rock e la questione razziale negli Stati Uniti

di Mario Del Pero
Volgendo lo sguardo indietro si può vedere quanto il percorso di integrazione razziale negli Stati Uniti sia stato lungo, contorto e faticoso. Di questo percorso – che a giudicare dalle reazioni all’elezione di Obama e da alcune delle spinte che hanno portato Trump alla presidenza è lontano dal compiersi – è una tappa importante l’episodio che nel 1957 ha riguardato la battaglia di nove studenti afroamericani di Little Rock per vedere riconosciuto il loro diritto all’istruzione su un piano di parità con i coetanei bianchi. Cosa ha rappresentato questa vicenda per la storia delle forze progressiste americane e non solo?

Storie afone di sfruttamento lavorativo

di Marco Omizzolo
Lavorare in provincia di Latina, a stretto contatto con lavoratori e lavoratrici considerati residuali nell’organizzazione sociale ed eco­nomica nazionale dal dibattito politico e culturale, significa fare esperienza diretta delle condizioni di vita e di lavoro di migliaia di persone, migranti e italiani, e di un sistema sovrastrutturale che pare tenere insieme settori dell’imprenditoria, rappresentanti politici e in­teressi economici diffusi, a volte di natura mafiosa. Ciò vale anche per settori economici tradizionali come l’agroalimentare il cui valore complessivo è stimato intorno ai 246 miliardi di euro, pari al 15,9% del PIL nazionale.

Pisapia e il trasformismo per il potere. Intervista a Tomaso Montanari

Intervista a Tomaso Montanari di Luca De Carolis
“È tempo che Pisapia faccia chiarezza. Ripete di voler essere alternativo al Pd, ma pure di voler stare assieme al Pd. Parole degne delle convergenze parallele di Aldo Moro: ma quello era uno statista”. Tomaso Montanari, storico dell’ arte, docente e voce dei comitati del No, si dice stufo degli equilibrismi dell’ ex sindaco di Milano.
In Sicilia Pisapia va con Alfano e Renzi, mentre Mdp rimane con il suo candidato, Claudio Fava. Eppure l’ ex sindaco e Roberto Speranza assicurano che il “percorso unitario” prosegue. Paradossale, o no?

La guerra ai poveri che ci distrae dal mondo reale

di Pietro Raitano
Come si convince qualcuno -si è chiesto lo scrittore e storico della scienza Michael Shermer- quando mostrare i fatti non è sufficiente? Anzi: quando le evidenze sono schiaccianti, le convinzioni sembrano aumentare. Chi è contro i vaccini dirà che i dati epidemiologici sono tratti da ricerche pagate da Big Pharma; i complottisti dell’11 settembre si concentreranno sul punto di fusione dell’acciaio delle Twin Towers, ignorando le vittime; i negazionisti del clima tireranno fuori la questione della libertà, e degli insopportabili vincoli all’economia. C’è una ragione scientifica per spiegare tutto questo -ricorda Shermer- e ha a che fare con la nostra visione del mondo, come ben documentato in un saggio del 2007, “Mistakes were made (but not by me)” degli psicologi Carol Tavris ed Elliot Aronson.

Uscire dal lavoro? Intervista a Anselm Jappe

Intervista a Anselm Jappe di Réfractions
Innanzitutto sgomberiamo il campo da un’ambiguità: i pensatori legati alla Critica del valore (Wertkritik) vengono spesso tacciati di “teoricismo”, forse per il testo seminale del gruppo Krisis, il Manifesto contro il lavoro (2002). Una facile obiezione consiste nel dire che, in teoria, si può certo congedare il lavoro, ma la realtà sociale ben presto ci rimette al lavoro. Che cosa rispondi a questo genere di critiche?
Non si può dire che il Manifesto contro il lavoro sia stato “seminale”. In Germania è stato pubblicato nel 1999, una dozzina di anni dopo il primo numero della rivista Krisis. Piuttosto, è stato il primo testo del gruppo a raggiungere un vasto pubblico – e il primo a circolare in Francia. Secondo me, tuttavia, presenta qualche lacuna che riflette certe indecisioni di allora, soprattutto la propensione di una parte del gruppo a considerare la sostituzione del lavoro umano con le tecnologie come la base possibile dell’emancipazione sociale.

Può esistere un «colonialismo solidale»?

di Gabriele Salvatori
L’oppressione è una questione di lingua. Da dove partire per raccontare la storia di quello che si può o non si può dire? Dal fatto che la lingua di un impero, per esempio, è di gran lunga più importante di quella degli Stati e dei cittadini sudditi? La parola è problematica perché appartiene al genere umano ed è lo spazio più difficile da controllare: è punto di accesso alle intenzioni, rivelazione involontaria, programma di azione, prima forma del mondo, necessario campo di battaglia. L’oppressore dà per scontato che l’oppresso non sappia usarla o non capisca il ruolo della stessa nella creazione e riscrittura della realtà. Come fosse una legge naturale, che sancisce il più forte e il più debole e di cui ogni eventuale crisi va esorcizzata. Il diritto di solito elabora formule adeguate a farlo!

Povertà e disuguaglianza in Italia

di Anna Cittarella e Vittorio Daniele 
Tra il 2008 e il 2013, l’economia italiana è stata colpita da una doppia recessione. La caduta della produzione aggregata, di quasi 9 punti percentuali, ha avuto un forte impatto sui livelli occupazionali e sul tenore di vita medio. Nel 2014, anno di svolta della fase recessiva, il Pil per abitante, in termini reali, era più basso di 11 punti percentuali rispetto al livello pre-crisi; il tasso di disoccupazione più che raddoppiato. La crescita debole registrata nei due anni successivi ha consentito di riassorbire solo in parte la forza lavoro disoccupata. Complessivamente, nell’ultimo decennio, le condizioni di vita di un’ampia quota della popolazione italiana si sono progressivamente deteriorate; povertà e disuguaglianza sono aumentate.

Un’analisi economica del reddito di cittadinanza

di Lorenzo Pesaresi
Questa tesi si propone di sistematizzare e dare organicità ai sempre più numerosi contributi teorici ed empirici riguardanti le conseguenze economiche dell’introduzione di un istituto di reddito di cittadinanza. La questione fondamentale che permea l’intera trattazione riguarda la scelta dell’approccio più appropriato di analisi all’economia del reddito di cittadinanza. A priori, i due possibili indirizzi sono rappresentati dall’adozione di una prospettiva unitaria e sintetica dell’istituto o, al contrario, di un’impostazione analitica tendente a negare l’esistenza di un unico reddito di cittadinanza.

Le vene aperte dell’Africa

di Francesco Gesualdi
Invocando lo sbarco di migliaia di africani sulle nostre coste, c’è chi non si fa scrupolo a definire l’Africa un parassita che vive alle spalle della nostra generosità. Eppure da uno studio pubblicato da Global Justice Now e varie altre organizzazioni britanniche, sotto il titolo emblematico “Conti onesti 2017” (Honest Accounts 2017), risulta che l’Africa elargisce al mondo più ricchezza di quanta ne riceva.

La lotta di classe tra le rovine. Intervista a Anthony Cartwright

Intervista a Anthony Cartwright di Guido Caldiron
Le città industriali e minerarie delle Midlans, sono il vero protagonista di Iron Towns – Città di ferro, il nuovo romanzo di Anthony Cartwright (66thand2nd, traduzione di Riccardo Duranti, pp. 296, euro 18) che lo scrittore britannico presenterà il 10 settembre al Festivaletteratura di Mantova (ore 10,15, chiesa di Santa Paola). La memoria ferita di luoghi che la crisi della produzione industriale ha reso, negli ultimi decenni, quasi dei sopravvissuti a se stessi prende forma attraverso un pugno di personaggi che cercano di tirare avanti, nel tentativo di dare un nuovo senso alle loro esistenze fragili, impaurite, spesso sconfitte. Il tutto mediato dalla spessa metafora del calcio, cuore e specchio di un’identità di classe, ma anche di un lessico dell’esistente, perduto e che si stenta a rimpiazzare con altro.

Occupazione, solo lavorare meno fa lavorare tutti

di Diego Giachetti
La ripresa economica italiana, sbandierata in questi giorni, è un vero e proprio miracolo. Non può essere altrimenti visto che essa è presentata col seguente titolo: «Aumentano occupati e disoccupati». E qui la ragione umana si ferma per lasciar posto alla fede.nMa veniamo ai dati i quali nascondono una verità un po’ diversa da quella narrata dai propagandisti del paradosso. Tutto ha inizio con la rilevazione del dato di luglio secondo il quale gli occupati sono aumentati dello 0,3% (59.000 in più) rispetto al mese precedente riportando la quota degli occupati a 23 milioni, quella del 2008, data d’inizio della crisi non ancora conclusa.

Gig economy: nuove parole, vecchio sfruttamento

di Marco Grimaldi
Negli Stati Uniti hanno fatto notizia i numerosi processi intentati contro Uber, con l’obiettivo di far luce sulle condizioni di lavoro degli autisti, per stabilire se si tratti di lavoratori autonomi o no. Nell’estate 2016 a Londra hanno scioperato i lavoratori di Deliveroo e UberEats, per contrastare il tentativo delle aziende di passare da una retribuzione oraria al cottimo.

Banchieri, sbirri e tagliagole

di Giorgio Cremaschi 
Non ci provino nemmeno a fare i furbetti ipocriti. I governanti europei, che pagano i tagliagole perché fermino nel deserto i migranti, sanno benissimo ciò che quelli fanno per fermarli. Altrimenti non li fermerebbero. Hanno delocalizzato la strage come fanno con il lavoro le multinazionali. Anch’esse perfettamente consapevoli dell’orrore che alimenta i loro superprofitti. D’altra parte questo massacro ha il consenso della maggioranza dell’opinione pubblica, come è sempre stato per tutti i genocidi. Un’opinione pubblica a cui da decenni viene spiegato che lo stato sociale, i diritti, la dignità della vita, costano troppo. E perciò bisogna selezionare.

Svezia: lo sciopero sociale dei migranti lungo un mese

di Steven Cuzner
Il 6 agosto cinquanta studenti afgani, di fronte alla possibilità di essere espulsi, hanno invitato la gente a sedersi con loro. Letteralmente. I loro cartelli recitavano: «se sei d’accordo che io non debba essere mandato a morte, vieni a sederti con me». Dal primo giorno hanno annunciato che si trattava di uno sciopero. Abbiamo parlato con alcune delle persone coinvolte a proposito della scelta di questo termine. Ci hanno risposto: «sai, uno sciopero della fame è quando qualcuno si rifiuta di mangiare. Questo è uno sciopero in cui siamo molti e ci rifiutiamo di fare tutte le cose che pretendono da noi, tranne stare qui seduti». Da quel momento sono rimasti seduti, anche se il posto è cambiato.

1917, come i bolscevichi riuscirono a vincere la rivoluzione

di Alexander Rabinowitch
Voglio condividere con voi alcuni punti di vista sui bolscevichi, la Rivoluzione d’Ottobre e l’inizio della costruzione dello stato sovietico a Pietrogrado sviluppate durante quasi un’intera vita trascorsa a studiare i vari aspetti di questa materia ancora molto controversa. Ma lasciatemi iniziare con un po’ di background sulle influenze che hanno plasmato il mio pensiero su questo argomento prima che iniziassi le mie ricerche professionali.

Salute e democrazia: il ruolo delle comunità locali

di Emanuele Vinci 
Negli ultimi anni diversi Enti ed Organizzazioni internazionali e nazionali (Organization for Economic Cooperation and Development, Osservatorio Nazionale sulla salute nelle regioni italiane, etc.) hanno documentato che il welfare sanitario in Occidente e, in particolare, in Italia mostra segnali sempre più̀ allarmanti di crisi. In particolare: diminuzione della vita media vissuta in buona salute, caduta della natalità, aumento delle diseguaglianze tra aree del Paese e classi sociali, rinuncia alle cure per povertà, aspetto che in Italia riguarda ormai circa 8 milioni di persone.

Il rifiuto del lavoro ai tempi della precarietà

di Franco Belardi Bifo
A un certo punto della storia della razza umana particolarmente nella seconda metà del ventesimo secolo, in seguito al verificarsi di una speciale costellazione di eventi la coscienza sociale si trovò a convergere con la tecno-evoluzione, in modo tale che le potenze della conoscenza parvero potersi emancipare dalla trappola del lavoro salariato. Nel millennio precedente la legge dello scambio aveva profondamente permeato tutte le sfere della vita e aveva accompagnato la storia della rivoluzione industriale. L’attività umana venne ad essere sempre più intrappolata nella forma del lavoro salariato.

L’economia dei giganti

di Simone Tonin
È da alcuni decenni ormai che molti settori dell’economia sono caratterizzati da intense dinamiche aggregative: le piccole imprese si uniscono per crearne nuove, di dimensioni sempre maggiori, mentre le grandi imprese si espandono ulteriormente acquistandone altre. I frutti di queste fusioni e acquisizioni hanno raggiunto dimensioni tali che anche il settimanale britannico The Economist, di orientamento esplicitamente liberale, ha dedicato alle imprese giganti un inserto speciale manifestando alcune perplessità sul loro ruolo all’interno del sistema economico [1]. Uno dei dati più impressionanti riportati dal settimanale mostra che le cento più grandi compagnie americane producevano “solo” il 33% del PIL nominale nel 1994 mentre nel 2013 sono arrivate a produrne il 46%. In altri termini, nel 2013 quasi la metà del valore della produzione americana era prodotto dalle cento imprese americane con ricavi più elevati.

Perché studiare la storia politica del nostro Paese?

di Valerio Romitelli
Corbyn, Iglesias, Sanders, Mélenchon, Varoufakis, Tsipras: non sono questi i nomi di cui oggi più si discute in Italia quando si discute di alternative alle politiche neoliberali? Gli stessi campioni della sinistra di casa nostra non è a questi nomi che fanno per lo più riferimento? E non è forse molto inferiore invece l’interesse a discutere di quel che è successo in passato, meno che mai nel nostro stesso paese? Tutto ciò pare ovvio e scontato, ma direi solo per ragioni non buone, anzi pessime. Tra di esse ne segnalo due. Una riguardante l’esterofilia che da sempre contraddistingue i dibattiti politici italiani. L’altra che riguarda l’amnesia sul passato che da qualche tempo si è imposta anche nella cultura del nostro paese, malgrado la sua inveterata tradizione storicista.