La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 19 marzo 2016

L'Europa deve fermare la prossima ondata di fascismo. Intervista a Yanis Varoufakis

Intervista a Yanis Varoufakis di I Diavoli
La sfida principale che l’Europa si trova a dover affrontare in questo momento storico consiste nel «fermare la prossima ondata di fascismo». Ne è sicuro l’ex ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis, che il 23 marzo sarà a Roma per la prima assemblea di DiEM25, un movimento transnazionale il cui intento è di «trasformare l’Europa in un continente pienamente democratico entro i prossimi dieci anni». Siamo nella tempesta perfetta: «le banche centrali hanno fallito il loro scopo e il deficit Usa è salito a livelli pre-2008». Il leader della primavera ateniese propone la sua ricetta per superare il guado, cita Antonio Gramsci e fa propria l’esigenza di stabilire una nuova egemonia culturale: «invece di parlare di giustizia e uguaglianza, dovremmo parlare di libertà».
Si definisce un marxista erratico e dice di voler salvare il capitalismo da se stesso. Qual è lo stato dell’arte del capitalismo europeo dopo l’estate greca? E quali sono i propositi del suo partito pan-europeo? Caro, vecchio, riformismo o qualcosa di diverso?

La rivolta democratica

di Sandro Mezzadra e Mario Neumann
Blockupy, DiEM e 2025: Sulla possibilità di un’offensiva transnazionale
Niente è finito – se non i postumi della sbornia. Sei mesi dopo #thisisacoup la sinistra e i movimenti europei cercano una nuova strategia politica. A rappresentare la grande sfida è il bisogno di una sostanziale rifondazione che ecceda il contesto delle sollevazioni contro la politica di austerità nel Sud dell’Europa. Stupisce dunque poco che in questo momento si moltiplichino le assemblee e i congressi che allo stesso modo portano al centro il problema di una strategia europea della sinistra e del suo rapporto con la UE. A partire dalle diverse iniziative di Plan B o dall’iniziativa sindacale “Europa neu begründen”(Rifondare l’Europa) fino a DiEM25 e Blockupy emerge una nuova congiuntura delle questioni europee che sono state poste ancora una volta all’ordine del giorno non da ultimo dai conflitti riguardanti la Grecia e dall’estate della migrazione.
Mentre le questioni europee determinano senza dubbio il dibattito politico, purtroppo non si può parlare di un’attuale trasformazione in senso europeo o transnazionale della politica di sinistra. Al contrario osserviamo non raramente un abbandono dello spazio europeo che ha motivi e cause totalmente differenti, ma che in sintesi lascia dietro di sé un vuoto politico che deve essere colmato con urgenza.

Acqua, lavoro, welfare. Il governo che cambia l'Italia: ma come?

di Carlo Clericetti
Il governo "più di sinistra della storia italiana" (Giuliano Poletti dixit) sta infilando una serie di iniziative che, un tassello dopo l'altro, stanno davvero trasformando l'Italia. Sta costruendo un modello di "sinistra del terzo millennio"? Se è così, bisognerà dare ragione ad Arnold Toynbee e alla sua teoria della circolarità della storia, perché quel modello tende ad assomigliare alla società di fine '800: ritirata dello Stato, che cede ai privati sempre più compiti; riduzione delle protezioni del lavoro; depotenziamento dei sindacati; una democrazia sempre meno "governo del popolo" e sempre più guidata dal "pilota automatico" di scelte tecniche trasformate in regole che travestono l'ideologia neoliberista da neutralità pseudo-scientifica.
L'ultima mossa è quella sull'acqua, con il vergognoso tradimento della volontà espressa nel referendum del 2011 da oltre 26 milioni di cittadini che la sua gestione restasse pubblica.

Perché il neoliberismo appare inarrestabile? Il “punto di vista del lavoratore” in Foucault

di Valerio Romitelli
Sono passati oramai quasi quarant’anni da quando Foucault con straordinaria lungimiranza teneva il famoso seminario (Nascita della biopolitica. 1978-79[1]) nel quale proponeva una genealogia del neoliberalismo, letto come fenomeno epistemologico e “governamentale” emergente, ma di sicuro avvenire. Già dal 1973 in Francia era stato infatti precocemente annunciato l’imminente tramonto di quell’”età d’oro” delle politiche keynesiane, da Stato provvidenziale, che erano invalse nei paesi capitalisti dal dopoguerra fino appunto alla metà degli anni ’70[2].
1. Ascesa ed apogeo
Quanto ne è seguito non ha fatto che confermare questa previsione.
Impugnato come bandiera da Reagan e dalla Thatcher, coi loro famigerati slogan “meno stato, più mercato”,”no alternative!”, il neoliberalismo si è trovato a cavalcare da conquistatore la stagione segnata dal crollo del muro di Berlino, il disfacimento dell’Urss e la conversione capitalistica della Cina.

Riforme e diritti, l’inevitabile unione

di Massimo Villone
Si è tenuta a Roma un’assemblea, affollata e partecipata, dei comitati referendari, per il lancio della campagna per la raccolta delle firme. Un passaggio importante, soprattutto per aver visto insieme i promotori dei referendum istituzionali e di quelli sociali. Perché un forte iniziativa referendaria? Rodotà ha scritto (su Repubblica) di come le nostre istituzioni siano diventate indisponibili all’ascolto, traendo anche da questo la spiegazione del drammatico calo di fiducia degli italiani. Ha ragione. Perché e come fidarsi di istituzioni indifferenti?
Il sostanziale dissolversi dei partiti, e l’emarginazione dei sindacati da parte del governo, unitamente alla caduta di rappresentatività delle assemblee elettive, hanno azzerato i sensori che rendevano le istituzioni aperte e percettive rispetto agli orientamenti del paese. Ed ecco l’indifferenza verso manifestazioni, scioperi, petizioni, leggi di iniziativa popolare, per quanto fortemente sostenute.

Uno scambio miserabile

di Alessandro Dal Lago 
Sull’accordo di venerdì tra Consiglio d’Europa e Turchia bisogna reprimere un senso opprimente di vergogna. I 28 statisti che governano questo continente di 506 milioni di abitanti hanno negoziato con Davutoglu (cioè con il suo padrone Erdogan) il seguente accordo: l’Europa accetterà 72.000 profughi e ne rimanderà altrettanti dalla Grecia in Turchia. In cambio Ankara ottiene per il momento 3 milioni di Euro per progetti sui migranti (i termini qui sono vaghi per occultare le promesse europee di altro denaro), l’avvio della procedura di ammissione della Turchia alla Ue e una facilitazione, anch’essa vaga, dei visti d’ingresso dei cittadini turchi in Europa.
Davotoglu ha avuto la faccia tosta di definire questo accordo non un mercanteggiamento ma una questione di «valori». Certo, basta dividere i 3 miliardi ottenuti dalla Turchia per 72.000 e otteniamo poco più di 40.000 euro a persona. Ecco il valore di migranti e profughi per Ankara. E che cosa ne faranno Erdogan e Davutoglu del gruzzoletto? Pasti caldi e comodi alloggi per tutti o magari, con i quattrini risparmiati sui rifugiati, un po’ di armi e di bombe? Bisognerà chiederlo ai curdi.

Ecco perché il Sì è una scommessa sul futuro. Intervista a Enzo Di Salvatore

Intervista a Enzo Di Salvatore di Alessandro Principe
A meno di un mese dal referendum sulle trivelle, il movimento No Triv sta cercando di far crescere la mobilitazione per superare il vero scoglio del 17 aprile: il raggiungimento del quorum. I comitati contro le trivellazioni in mare sono molti, diffusi a livello locale e riuniti nel Coordinamento nazionale No Triv. Il professor Enzo Di Salvatore è uno dei fondatori del Movimento No Triv. Insegna Diritto costituzionale all’università di Teramo. Ha 45 anni e ormai da diversi anni segue il tema dell’energia e delle trivellazioni nel nostro Paese. La partecipazione a convegni e attività sul territorio lo ha portato a visitare diversi luoghi e, ci racconta, “decisiva per me credo sia stata la visita in Basilicata”.
“Ho avuto occasione di visitare il Centro Oli di Viggiano, un impianto dell’Eni, e di parlare con le persone che vivono a pochi metri dal centro. Che hanno dovuto abbandonare le loro attività andarsene. A causa del forte odore nauseabondo che fuoriesce dal centro, del rumore fisso che costringe a vivere con le finestre chiuse. E lì feci una promessa a tre signore. Mi dissero: ‘Ci aiuti’. Io glielo promisi e da allora sto portando avanti questa battaglia”.

Se la Bce dà soldi alle banche perché non finanzia un piano per l’occupazione?

di Paolo Ferrero
Qui di seguito l’intervento che ho pronunciato nell’ambito del Convegno “Alliance against austerity for democracy in Europe” in corso ad Atene tra il 18 e 20 marzo. Innanzitutto faccio I miei auguri a coloro che in Grecia come in Portogallo stanno facendo il possibile per forzare le politiche economiche europee nel senso della giustizia sociale. Si tratta di sforzi meritori, che hanno il nostro pieno appoggio, nella consapevolezza che possono mitigare il carattere antisociale delle politiche europee pur senza invertire la tendenza. E’ infatti evidente che le politiche europee e i trattati – voluti da socialisti e popolari – costituiscono una gabbia neoliberistache impedisce una politica economica alternativa.
Al fine di rovesciare la situazione è quindi necessario costruire un movimento europeo contro l’austerità e il neoliberismo. A tal fine penso che sia utile cogliere gli elementi di contraddizione che vi sono all’interno delle classi dirigenti europee.

Ue nel fango: 6 miliardi a Erdogan per deportare i profughi

di Giorgio Cremaschi 
I tromboni europeisti che difendono l’euro, la BCE, i tagli allo stato sociale e le politiche di austerità hanno sempre spiegato che sacrifici e miserie erano il prezzo da pagare per fare parte della superiore civiltà europea. Di quale materia sia fatta questa civiltà lo si vede con l’accordo unanime dei governi della Unione Europea con quello turco di Erdogan. Il massacratore dei curdi, colui che fa chiudere i giornali e che è accusato di essere tra i responsabili del Califfato, riceverà 6 miliardi di euro per riprendersi profughi e migranti. Quei profughi che fuggono in Europa dalle stragi compiute da eserciti ed armi voluti e pagati dall’Europa stessa e dagli Stati Uniti. L’Unione Europea e la NATO esportano la guerra, ma rifiutiamo di importare le sue vittime, proprio loro che hanno fatto del libero mercato una divinità, un dio che così si dimostra tanto falso e imbroglione quanto feroce.
Con questo infame accordo avremo la più grande deportazione di massa dalla fine della seconda guerra mondiale.

Acqua ai privati e referendum trivelle. Ecco come è cambiato il Pd

di Luca Sappino
Forse non è giusto parlare di una vera e propria inversione, perché anche nel 2011 suireferendum su acqua pubblica e nucleare il Pd ondeggiò almeno un paio di volte, prima di dare indicazione ai suoi elettori di votare sì. Non raccolse le firme, almeno non ufficialmente il partito di Pier Luigi Bersani, e solo la scelta delle dirigenze locali spinse molti circoli a fare i banchetti insieme ai movimenti che componevano il comitato referendario. Ma le polemiche sulla legge sulla gestione dell’acqua, appena uscita dalla commissione ambiente, e quelle interne al Pd sul referendum sulle trivelle, raccontano sì una mutazione politica.
Proponendo infatti l’astensione sul referendum del 17 aprile («chi l’ha deciso?», è stata peraltro la reazione della minoranza dem, guidata da Speranza) il Pd di Matteo Renzi si dice favorevole alle trivellazioni in mare, e, prima modificando e poi fermando la legge che le opposizioni avevano presentato per concretizzare quanto stabilito nel 2011 in fatto di gestione dell’acqua, ha fatto capire che la linea non è più quella assunta pur timidamente dal segretario Bersani, spinto dal successo della campagna referendaria.

Undici occasioni più una

di Andrea Fabozzi
All’assemblea di Roma che riunisce il nuovo movimento referendario circolano già i moduli per i due quesiti abrogativi dell’Italicum – capilista bloccati e premio di maggioranza -, sono pronti ma non saranno portati nelle cancellerie dei tribunali prima dell’inizio di aprile. La «primavera per la democrazia», slogan che comprendere tutte le iniziative referendarie contro le principali «riforme» renziane, è così articolata da richiedere uno sforzo di coordinamento, ora che è giunta a un passo dalla partenza.
Tre mesi dal giorno in cui i moduli vengono «bollati» è il tempo che la legge del 1970 concede ai promotori per raccogliere le 500mila firme dei cittadini necessarie a chiedere i referendum abrogativi. L’idea è quella di partire nella prima settimana di aprile, possibilmente il 4, al più tardi il 9, per finire nei primi giorni di luglio. Ben nove referendum «sociali» dovrebbero aggiungersi ai due contro l’Italicum. Alcuni sono sicuri.

Collasso dell’Unione Europea? Un punto di vista scettico

di Immanuel Wallerstein 
Uno dei molti giochi cui di questi tempi si dedicano guru e politici consiste nello spiegare in dettaglio perché e come l’Unione Europea (UE) crollerà/sta già crollando. Chiunque segua le notizie mondiali conosce tutte le spiegazioni standard: Grexit e Brexit non faranno che determinare altre uscite; forze/partiti di ultradestra stanno crescendo quasi dovunque; l’Accordo di Schengen che garantisce libertà di movimento è sospeso in molti paesi che lo avevano adottato; la disoccupazione sta aumentando irrefrenabilmente.
C’è un tema sottostante in questa litania di pessimismo (o si tratta di ottimismo?). Gli europei – sia i sofisticati sia gli “ignoranti” – sono divenuti impermeabili agli argomenti razionali. Agiscono quasi tutti irrazionalmente reagendo alle proprie emozioni e non ad analisi riflessive. Ma è così, Charlie Brown? Andrebbe bene per un buon fumetto, ma significa che la UE cesserà effettivamente di esistere?

Una piazza contro il debito

di Marco Bersani
Se una persona guardasse oggi l’insieme di coloro che, a vario titolo e spesso litigando fra loro, si candidano a guidare il governo della città di Roma, non potrebbe che rimanere basito. Soprattutto se lo confrontasse con la complessità di una città attraversata da un modello urbano dall’espansione fuori controllo, da poteri forti che ne determinano concretamente le dinamiche, da una rete di relazioni politico-criminali, scoperchiate dall’inchiesta Mafia Capitale. Quella persona non sa come, in realtà, dentro la città stia avvenendo una grande lezione di pedagogia di massa, di cui la mediocrità della futura compagine di governo è elemento essenziale.
Serve a spiegare che chiunque può aspirare a fare il sindaco di Roma, perché tanto la politica ha da tempo abdicato alle sue funzioni, grazie al combinato disposto di due elementi: il debito finanziario e il commissariamento della vita sociale.

1:1, la spietata matematica dell’Ue

di Grazia Naletto
Sapere di non sapere: questo il pensiero di Socrate che ci è stato insegnato al liceo sulla base delle interpretazioni che ne sono state proposte dai grandi filosofi greci che gli sono succeduti. Un grande messaggio di ricerca della conoscenza, un incoraggiamento alla scoperta, uno stimolo alla riflessione che sta alla base (o forse è meglio dire stava) della filosofia greca, culla di quella cultura europea e occidentale in cui stentiamo a riconoscerci.
Oggi alla filosofia si preferisce la matematica, molto più adatta a supportare le scelte economiche, sociali e (dis)umanitarie perseguite dall’Unione Europea.
Le prime privilegiano gli interessi dei grandi poteri economici, soprattutto finanziari.
Le seconde stanno trasformando salute, istruzione, pensioni e servizi sociali in accondiscendenti e sempre più limitate concessioni.

Lula, l'uomo della svolta contro lo spettro della dittattura neoliberista

di Pepe Escobar
Se paragonato all’altalenante situazione politico/economica brasiliana, House of Cards è una recita per bambini.
Solo tre giorni dopo le massicce dimostrazioni di piazza con la richiesta dell’impeachment della Presidente Dilma Rousseff e meno di due settimana dopo il suo, legalmente dubbio, interrogatorio di 4 ore, l’ex Presidente Lula sta per rientrare nel governo come ministro, o meglio, come Super Ministro.
Questa è l’unica mossa rimasta alla Rousseff nel mezzo di una crisi economico/politica senza precedenti. Prevedibilmente, sarà attaccata su tutti i fronti – dalle elite brasiliane a Wall Street – di aver abdicato in favore di Lula, mentre Lula verrà accusato di essersene stato nascosto due anni per l’investigazione sulla corruzione del caso Car Wash.

Si vuole impedire ai cittadini di esercitare un diritto

di Serena Giannico
«È stato deciso che questo referendum deve fallire!». Il coordinamento No triv della Basilicata risponde alla decisione del Pd, guidato dal premier Matteo Renzi, di boicottare il referendum, puntando ufficialmente sull’astensionismo. Dicendo, chiaramente agli italiani che non devono andare alle urne, il prossimo 17 aprile, perché inutile. I No triv non lesinano accuse. «La strategia imposta dal Governo centrale a un mese soltanto dal voto, – viene detto in una nota – si caratterizza come una squallida scelta dominante, volta a imporre l’ignoranza e dunque l’indifferenza dei cittadini sui problemi posti dai quesiti referendari e dunque ad impedire l’esercizio dei propri diritti».
Indice puntato, quindi, contro la segreteria Pd e i due vice-Renzi, Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini. Questi ultimi, snobbando la verità, hanno affermato che se il referendum passa, nel settore del petrolio ci sarà un’emorragia di posti di lavoro. «Roboanti falsità – ribattono gli ambientalisti – ai quali fa da contrappasso l’assoluta assenza di contraddittorio riguardo ai posti di lavoro che, con le perforazioni in mare, si perderebbero nei settori della pesca e del turismo».

La voce della nazione: l’editoria e la via verso il pensiero unico

di Loris Campetti
La notizia è semplice da raccontare: La Stampa cambia padrone e va a rafforzare il gruppo editoriale Repubblica-Espresso. Non è che uno dei tanti esempi di un processo di dimensione globale di accorpamento capitalistico che va dall’acciaio alla chimica, dall’auto alla moda, dall’alimentare all’informatica e all’informazione. Punto. Senonché, dietro la notizia nuda e cruda, si nasconde una storia secolare italiana e in gioco c’è un pezzo di democrazia e pluralismo.
La Stampa di Torino, fondata nel 1867, è stata negli ultimi novant’anni “il giornale del padrone”, cioè della Fiat. La famiglia Agnelli ha sempre puntato molto su Torino, e per dissetare le sue mire egemoniche ha investito notevoli risorse, oltre che sull’auto e sulla Juventus, nell’informazione. Così è cresciuto nel tempo il suo peso sul milanese Corriere della sera ed è finito nelle fauci degli Agnelli anche il Secolo XIX di Genova (i buontemponi hanno spolverato l’acronimo Ge-Mi-To).

La Carta dei diritti e dei principi del lavoro autonomo e indipendente

di Coalizione 27 febbraio
La Carta (2.0) dei diritti e dei principi del lavoro autonomo e indipendente dellacoalizione 27 febbraio. Una proposta aperta, in 9 punti: il nuovo testo.
Dopo due mesi di tour in tutta Italia, la Coalizione 27 febbraio torna a Milano: Bellissima Fiera. Con una nuova versione della carta, dopo avere raccolto spunti, bisogni, ragionamenti, difficoltà con i freelance. sabato 19 marzo, dalle 11,30 nella Balconata del palazzo del ghiaccio a Milano un confronto con CGIL Confederazione Generale Italiana del Lavoro che promuove la carta dei diritti universali del lavoro, con i ricercatori del Coordinamento Ricercatori Non Strutturati Universitari, lavoratori autonomi e indipendenti.

Il giornalista astratto e il professore concreto

di Paolo Favilli
Alcuni giorni fa su il manifesto è uscita un’ampia recensione ad una nuova «Storia del marxismo». Come la quasi totalità delle storie generali del marxismo, si tratta di un’opera dedicata all’analisi di una particolare forma marxismo: il marxismo teorico. Il recensore, Roberto Finelli, è un professore di storia della filosofia con propensioni sostanzialmente teoretiche. Ci troviamo quindi di fronte ad un insieme culturale di per sé tendente alle sfere rarefatte dell’astrazione, un insieme che dovrebbe essere adatto alla spiegazione della nostra realtà economica, politica, sociale soltanto attraverso un lungo e complicato sistema di mediazioni. Un percorso che appare comunque lontano dall’analisi del nostro quotidiano.
A ben vedere, però, nell’articolato testo Finelli si è interrogato su una prospettiva che rivendica la necessità di usare categorie come «sistemi: e a trattare della privatezza dell’esistenziale e del personale in un dialogo con lo studio della sistematica economica e sociale della nostra realtà, che non è postmoderna quanto invece ipermoderna». Categorie essenziali all’analisi delle «differenze reali» che attraversano e strutturano «il totalitarismo dell’universale capitalistico», (il manifesto, 9 marzo).

Viva il popolo curdo

di Fabio Marcelli
Si celebra in questi giorni, nel Kurdistan e in tutto il mondo (anche in varie città italiane), la festa millenaria del Newroz, ilCapodanno kurdo, per festeggiare l’avvento della primavera nel ricordo della grande rivolta con la quale questo popolo, da sempre ribelle e insofferente dei tiranni di ogni genere, guidato dal fabbro Kawa, condusse contro il tiranno Dehok.Quest’anno il Newroz viene a cadere in un momento molto significativo e delicato. Qualche anno fa pareva che la questione kurda fosse avviata a soluzione pacifica in Turchia. Il grande leader kurdo Abdullah Ocalan, che ebbi l’occasione di conoscere personalmente a Roma diciotto anni fa, aveva pubblicato una lettera aperta al governo turco che apriva la strada alla pace. Sono passati da allora pochi anni, ma sembra siano passati interi secoli.
Il megalomane dittatore turco Erdogan, intossicato dalla sua smodata brama per il potere, ha gettato alle ortiche questa possibilità di fare finalmente della Turchia un Paese democratico, libero, pacifico e prospero.

Tre sindaci e un patto di civiltà per il Mediterraneo

di Piero Bosio
“Dobbiamo creare una nuova visione del nostro Mediterraneo e cambiare l’immagine che l’Unione europea vuole farci vedere, ossia il mare come frontiera. Siamo dalla parte giusta, quella dei diritti umani e della legge del mare, e vogliamo che il Mediterraneo acquisti finalmente centralità nelle politiche comunitarie”.
Sono le parole di Giusi Nicolini, sindaca di Lampedusa e Linosa, nel giorno in cui ha stretto un accordo di collaborazione con i sindaci di Barcellona, Ada Colau, e quello di Lesbo, Spyros Galinos. Il progetto ambizioso è quello di mettere le basi per un solido patto per il Mediterraneo, a partire dalle municipalità che si affacciano sullo stesso mare, una rete dei Comuni per affrontare i flussi migratori e per sviluppare progetti di pace, cooperazione, dialogo e di sviluppo tra le diverse sponde del Mediterraneo.

Parigi, marzo 1871: l’assalto al cielo

di marxpedia.org
La Comune di Parigi è un avvenimento raramente citato nei libri di testo, ma che può essere considerato un distillato di esperienza rivoluzionaria per le rivendicazioni che ha prodotto e i limiti contro cui si è scontrata. Il nostro percorso di lettura non aspira ad essere l’ennesimo prodotto degli accademici del marxismo: studiare la nascita, lo sviluppo e la sconfitta della Comune di Parigi ha senso solo se ci permette di meglio calibrare strumenti e parole d’ordine future.
Il termine “Comune” non deve trarre in inganno. Pur essendo ripreso dalla tradizione contadina medievale, si tratta del primo esperimento di governo della classe operaia. La Comune non fu un organismo di tipo parlamentare come lo immaginiamo oggi, in cui la democrazia viene falsamente esercitata attraverso un voto espresso ogni cinque anni, scegliendo tra esponenti politici che in ultima analisi difendono lo status quo. I cittadini della Comune, pur appartenendo a correnti politiche differenti, eleggevano delegati che percepivano salari operai e che potevano essere rimossi in qualsiasi momento.

Come scompaginare l’industria culturale

di Marco Bascetta
Quanti anni sono che ne parliamo! Con toni sempre più allarmati per la loro sopravvivenza mano a mano che i processi di concentrazione avanzavano, che le economie di scala divoravano tutto. Ne è passato del tempo da quando André Schiffrin ci metteva in guardia da un’«editoria senza editori» che avrebbe cancellato ogni soggettività culturale a favore di una oggettiva, impersonale, macchina da guerra per la conquista del mercato. Alla difesa dell’indipendenza abbiamo dedicato nel corso degli anni decine di articoli, convegni, manifestazioni, fiere, presidi, petizioni. Abbiamo proposto, e a volte sperimentato, formule organizzative reti e associazioni, mentre, in ordine sparso, editori piccoli e medi, librerie «di proposta», produzioni cinematografiche e musicali, continuavano a proliferare, a nascere e morire in gran copia. Intanto la vita grama si riproduceva senza particolari scosse, i grandi gruppi continuavano a fondersi e ristrutturare il mercato a propria immagine e somiglianza e la «bibliodiversità» a conservarsi nella sua orgogliosa clandestinità.

Referendum Costituzionale: perché votare No

di Francesco Sylos Labini 
Ho l’onore di essere uno dei firmatari, insieme ad economisti, giuristi e intellettuali, dell’appello “Perché votare NO nel referendum costituzionale per la riconquista dell’autonomia politica ed economica del nostro paese contro la tirannia tecnocratica sovranazionale e dei trattati europei”.
J.P. Morgan Chase nel maggio 2013 ha suggerito di cambiare la cornice generale della convivenza civile e politica all’interno di ciò che rimane della residua sovranità popolare degli stati europei, specie nei paesi più fragili e periferici, e dunque di attuare un superamento definitivo delle Costituzioni nazionali ove ancora è presente il riconoscimento dei diritti sociali. La riforma costituzionale è ispirata da queste idee e il governo Renzi intende realizzare un progetto ambizioso e pericoloso: esautorare il Parlamento dalle sue fondamentali prerogative. In questo modo si avallano e si consolidano le “riforme” imposte dai trattati europei che esautorano le politiche economiche nazionali ed erodono i principi democratici costituzionali cioè: – le riduzioni delle tutele e del potere di acquisto del lavoro e delle pensioni; – l’esautoramento di ogni autonoma politica economica nazionale.

Il Leoncavallo di Milano ai suoi primi quarant’anni

di Angelo Mastrandrea
Pioveva, il 18 ottobre del 1975, quando un centinaio di “cani sciolti” della sinistra extraparlamentare del Casoretto occupò l’ex stabilimento farmaceutico di via Leoncavallo 22, a Milano. Sarebbe stato difficile immaginare che, esattamente quarant’anni dopo, il centro sociale (a un nuovo indirizzo ma con lo stesso nome) avrebbe ospitato le primarie per scegliere il candidato sindaco del centrosinistra. Soprattutto, chi poteva ipotizzare che avrebbe vinto un manager come Beppe Sala, commissario dell’Expo milanese? Forse neppure il diretto interessato, nonostante un anonimo writer, proprio a ottobre, l’abbia raffigurato sui muri della città con il basco, la stella rossa e in posa da Che Guevara.
Quarant’anni fa il “compagno Beppe”, supermanager dell’Expo, non avrebbe potuto nemmeno avvicinarsi alla fabbrica occupata. Oggi invece i leoncavallini raccontano divertiti l’accaduto. Paolo “Fox” Volpato, veneziano trapiantato a Milano, se la ride: “Possiamo dire che Sala è uno squatter come noi”. Dovesse diventare sindaco, potrebbe mai comportarsi come fece il socialista Paolo Pillitteri, che nel 1989 autorizzò un drammatico sgombero, rendendo ancora più rovente il ferragosto milanese?

Ue, un accordo da paura

di Carlo Lania
La Turchia si prepara a diventare la nuova frontiera europea. Tra ventiquattro ore, a partire da domani mattina, i migranti che arriveranno sulle isole greche dell’Egeo potranno essere rimandati indietro con la benedizione di Bruxelles e Ankara. E’ uno dei punti dell’accordo firmato ieri nella capitale belga tra Unione europea e Turchia e che, secondo i protagonisti, dovrebbe mettere fine o quanto meno ridurre notevolmente gli arrivi di rifugiati in Grecia, risolvendo così una crisi che in un anno ha quasi messo in ginocchio le istituzioni europee.
Ci sono voluti cinque mesi e altrettanti vertici tra i leader dei 28 e il premier turco Ahmet Davutoglu per trovare un punto di equilibrio tra le richieste sempre più alte di Ankara e quanto l’Europa era disposta a concedere allo scomodo alleato. Equilibrio che alla fine è stato trovato ieri dopo una notte di lavoro in cui gli sherpa di entrambe le parti hanno lavorato per limare gli angoli e accorciare le distanze, tenendo conto anche di un particolare non secondario che però era stato quasi messo da parte fino a pochi giorni fa: il rispetto del diritto internazionale e delle norme comunitarie per quanto concerne le modalità di respingimento dei migranti, nonché il rispetto dei loro diritti umani. Ma vediamo i punti dell’accordo.

Referendum, l’insostenibile giravolta della Serracchiani

di Davide Clementi
«Il Partito si è mosso – diceva il funzionario Mario Rossi – evitiamo che le persone vadano a votare alreferendum del 17 aprile, è troppo scomodo che i cittadini possano esprimersi liberamente e democraticamente su questo tema». «Che poi è inutile, sicuramente non ci capiranno nulla: vuoi che qualche giovane sui social network non faccia becero populismo a favore o contro le trivellazioni? E poi come spieghi a un vecchietto che le drilling off-shore nel mare Adriatico sono solo quelle entro le 12 miglia di costa, che sarebbero interessate solo tre grandi piattaforme petrolifere di cui una gestita da corporation privata estera?» rispose l’amico di partito, Luca Bianchi.
«Eppure non capisco perché, ma ricordo come tempo fa la Vicesegretaria Serracchiani abbia espresso dissenso verso le trivellazioni in Adriatico, partecipando anche a una marcia a Monopoli!» «Ti starai sicuramente sbagliando: la linea è sempre stata quella. E noi siamo fedeli alla linea. Sempre. Il Partito è tutto, dissentire dal partito è niente.»

Le carceri libiche, un inferno per migliaia di migranti

Intervista a Marco Salustro di Carlotta Dazzi
Fuggono, ma da cosa fuggono? Ma soprattutto perché vengono qui? Sono domande che tornano ricorrenti vivendo a contatto con i rifugiati e i migranti che a migliaia continuano ad arrivare senza sosta nel disperato tentativo di avere una possibilità di vita in Europa. Chi lo chiede spesso non sa, o finge di non sapere. Preferisce voltare la faccia dall’altra parte. Sono migliaia i rifugiati che partono in modo illegale dalle coste libiche e attraversano l’infido tratto mediterraneo che le separa dalla Sicilia. Oltre 2000 di loro sono morti affrontando questo viaggio per mare nel solo 2015.
La rotta via terra attraverso la Libia per raggiungere le coste da cui partono i barconi dei trafficanti non è meno pericolosa nonostante, dopo la caduta di Mu’ammar Gheddafi nel 2011, la Libia abbia lottato per raggiungere e mantenere la stabilità. Confini che si perdono nel deserto, milizie combattenti rivali e malgoverno hanno lasciato gran parte del Paese nel caos più completo.

E la chiameranno pace

di Giovanni Battista Zorzoli
L’ipocrisia di cui è intrisa la parola peacekeeping sta già nella scelta di legittimarla sulla base di un’interpretazione da alcuni benevolmente definita «estensiva» del capo VI della Carta dell’ONU, che in realtà si occupa soltanto della soluzione pacifica delle controversie. Tanto che altri commentatori preferiscono eufemisticamente parlare di creazione di un «implicito capo VI e mezzo della Carta».
Per anni i trattati europei si sono tenuti alla larga dall’argomento, ma con quello di Amsterdam del 1997 si è ritenuto opportuno mettere un cappello pacifista alle operazioni militari nella ex-Jugoslavia. L’art. J.7.2 stabilisce infatti che, tra i compiti di politica estera e di sicurezza comune, rientrano «le missioni umanitarie e di soccorso, le attività di mantenimento della pace e le missioni di unità di combattimento nella gestione delle crisi, ivi comprese le missioni tese al ristabilimento della pace».

I bilanci comunali: quale trasparenza e partecipazione?

di Simona Repole
A pochi mesi di distanza dalle prossime elezioni comunali che riguarderanno oltre 1.300 comuni, tra i quali anche grandi città come Milano, Torino, Napoli, Bologna e Roma, ecco che ritorna uno degli slogan preferiti dai candidati che si sfidano, e cioè quello che evoca più trasparenza e partecipazione sui conti del comune.
E’ uno di quei classici argomenti utilizzati trasversalmente dalla politica in fase elettorale, una di quelle promesse presenti in tutti i programmi (quando ci sono). Peccato che, finita la competizione, al massimo se ne ritrova qualche vago e nebuloso accenno nelle linee programmatiche e di mandato che il Sindaco presenta in Consiglio Comunale a inizio legislatura. Da questo momento in poi, molto o quasi tutto, si perde nei documenti incomprensibili e illegibili della programmazione economico-finanziaria dei comuni e lo slogan della trasparenza e partecipazione viene sostituito da quello trasversalmente preferito dalla politica quando il potere è ormai conquistato: “non ci sono risorse, dobbiamo rispettare il patto di stabilità”.

Il capitale umano nella fabbrica della vita

di Damiano Palano
Chi riveda oggi Traitement de choc – un vecchio polar francese del 1973 firmato da Alain Jessua e noto in Italia con il titolo L’uomo che uccideva a sangue freddo – non può non riconoscere, seppur nella forma esasperata della cinematografia di genere, almeno alcuni dei problemi in cui ci imbattiamo quando consideriamo le potenzialità offerte dalle tecnologie di manipolazione della vita. Nel film la protagonista, una non più giovanissima Annie Girardot, dopo essere stata lasciata dal marito, decide di ricorrere alle cure della dottor Devilars, un medico, impersonato da Alain Delon, celebre per aver scoperto formidabili metodi di ringiovanimento. Ospite della clinica, la donna inizia però a nutrire qualche sospetto sui metodi di cura, che inizialmente sembra si basino sull’utilizzo di una sostanza di origine ovina, che consentirebbe di rigenerare i tessuti. Ma i ripetuti malori dei inservienti, tutti giovanissimi africani che parlano solo portoghese, inducono la protagonista a indagare ancora.

Una giornata a Molenbeek

di Lorenzo Guadagnucci
Nei giorni successivi agli attacchi di Parigi del 13 novembre abbiamo imparato a conoscere Molenbeek, città-quartiere all’interno della città-Stato di Bruxelles, dalla quale provenivano alcuni degli attentatori. È stata descritta in molti modi, sempre focalizzando l’attenzione sulla sua natura cosiddetta “multietnica”, un’espressione che dice sempre meno, in un’Europa che ha smesso d’essere “monoetnica” ormai da alcuni decenni (se mai lo è stata davvero, probabilmente no). Molenbeek in quei giorni tesi, più che per la sua composizione “etnica” (aggettivo usato come pudico sostituto di “razziale”), meritava in realtà d’essere osservata con attenzione per una ragione diversa. Erano i giorni del coprifuoco, della caccia al jihadista sfuggito alle reti di polizia, del timore -secondo le autorità- di nuovi attentati. 
Molenbeek era il centro del mondo, presidiato da poliziotti e militari, con i suoi check point, le scuole chiuse, i cecchini sui tetti, le strade semideserte e gli spettacolari blitz condotti in favore di telecamera a dispetto dei magri risultati raggiunti.

Vescovi no triv, ricordando la «Laudato si’»

di Luca Kocci
Sarebbe azzardato dire che i vescovi italiani hanno innalzato le bandiere NoTriv. Tuttavia l’indicazione, sebbene filtrata dal consueto stile ecclesiastico soft (che diventa hard quando si affrontano temi etici), è sufficientemente chiara: sulla questione delle trivelle petrolifere in mare – oggetto del referendum del 17 aprile – bisogna trovare una soluzione che rispetti l’ambiente.
L’affermazione è contenuta in un passaggio del comunicato finale del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (a Genova dal 14 al 16 marzo) diffuso ieri. I vescovi, si legge nella nota, si sono confrontati «sulla questione ambientale e, in particolare, sulla tematica delle trivelle – ossia se consentire o meno agli impianti già esistenti entro la fascia costiera di continuare la coltivazione di petrolio e metano fino all’esaurimento del giacimento, anche oltre la scadenza della concessioni – concordando circa l’importanza che essa sia dibattuta nelle comunità per favorirne una soluzione appropriata alla luce dell’enciclica Laudato si’ di papa Francesco».

Dobbiamo appropriarci mezzi di comunicazione per proteggere le libertà fondamentali

di Nafeez Ahmed
Un raduno di giornalisti, hacker, “talpe” svoltosi questa settimana a Berlino, ha ascoltato l’ex informatico Edward Snowden che lavorava alla NSA (Agenzia Nazionale della Sicurezza), per conto della dell’azienda Booz Allen Hamilton, il quale diffondeva una richiesta ai cittadini di cercare i modi per prendere il controllo diretto delle tecnologie di informazione che usiamo ogni giorno. Il Symposium Logan, organizzato dal Centro per il Giornalismo di Indagine (CIJ), di base all’Università Goldsmiths di Londra, ha anche ascoltato il caporedattore del sito di WikiLeaks, Julian Assange e le “talpe” dell’NSA, Thomas Drake e William Binney.
La conferenza di due giorni è stata sostenuta da una vasta gamma di organizzazioni per la stampa libera, di gruppi di giornalismo indipendente, e di media tradizionali, compresa la rivista tedesca Der Spiegel.

Fuocoammare o frammenti di un discorso umanitario

di Miguel Mellino e Giuseppe Orlandini
La rappresentazione delle migrazioni nel cinema italiano continua a restare piuttosto problematica. Ultimo esempio di questa lunga narrazione fatta da “ripetizioni senza differenza”, per parafrasare la nota espressione di Deleuze, è Fuocoammare di Gianfranco Rosi, vincitore dell’Orso d’Oro e del Premio Giuria di Amnesty International alla Berlinale. E non è un caso che abbia vinto proprio a Berlino, dato l’ordine del discorso emergenziale imposto dalla cosiddetta “crisi dei rifugiati” che continua a dominare l’attuale congiuntura politica europea. Il film-documentario di Rosi è stato accolto con favore non solo da buona parte dell’opinione pubblica sensibile all’argomento, ma anche in ambiti più o meno specializzati nella ricerca teorica e pratica sul fenomeno migratorio. Tuttavia appare davvero difficile non vedere la narrazione diFuocoammare come qualcosa di diverso da quel lungo “festival di vittimologia”, “buoni sentimenti” e “paternalismi umanitari” attraverso cui il cinema italiano codifica sin dagli anni ’80 l’esperienza migratoria e il rapporto tra la società italiana e questo fenomeno.

Gli Stati Uniti tornano a Cuba

di Alfredo Somoza
Correva l’anno 1928 quando il Presidente degli Stati Uniti Calvin Coolidge sbarcò all’Avana per fare visita a un Paese che era stato, e che in parte era ancora a quei tempi, un “protettorato” di Washington. Poi mai più nessun altro inquilino della Casa Bianca si degnò di visitare quel lembo di terra a soli 150 chilometri dalle coste della Florida.
Sarà ora Barack Obama a recarsi a Cuba nel viaggio con il più alto valore simbolico della sua intera presidenza. Obama renderà visibile mediaticamente il suo più grande successo in politica estera, il fianco dolente della sua amministrazione. Sarà per i posteri il Presidente che non ha mantenuto gli impegni su Guantanamo, che non ha “pacificato” né l’Iraq né l’Afganistan, ma che è riuscito a concludere un accordo con l’Iran e a chiudere una delle pagine più disastrose della diplomazia di Washington: la vicenda cubana, il nemico nel “cortile di casa”.

Lotta al global warming, a tre mesi da Parigi cosa si sta facendo?

di Qualenergia
L'accordo di Parigi è stato sia ambizioso che molto poco concreto: su queste pagine abbiamo ospitato commentiottimisti e altri più disillusi. Il testo uscito dalla CoP 21 punta fermare il riscaldamento globale “ben al di sotto dei 2°C” dai livelli preindustriali e prevede di “sforzarsi” a mantenerlo sotto gli 1,5°C (mentre oggi siamo già oltre 1°C). Ma gli impegni portati al tavolo dai Paesi sono ampiamente inadeguati - porterebbe infatti a un riscaldamento di almeno 2,7 °C - e non sono vincolanti.
Un aspetto positivo e che sono previsti degli aggiornamenti – al rialzo – dei tagli delle emissioni promessi dalle varie Parti e in generale l'essere arrivati ad un accordo condiviso come quello approvato dovrebbe dare slancio alle politiche nazionali per la lotta ai cambiamenti climatici.

Movimento Sem Terra: vogliono travolgere Dilma per tornare al neoliberismo

di Direzione nazionale Sem Terra
La direzione nazionale del Movimento dei Lavoratori Senza Terra sulla situazione politica in Brasile. Il movimento ha aderito alla mobilitazione nazionale del 18 marzo contro il golpe
C’è una situazione grave nel paese
Cari compagni/e
1. Certamente tutti/e state seguendo con attenzione gli svolgimenti della crisi politica nel paese. C’è un clima di tensione, di scontri e di grande manipolazione dell’informazione da parte delle reti sociali e di incitamento sociale.
2. In nome della Direzione Nazionale del nostro movimento, vogliamo arrivare a ciascuno di voi, per condividere alcuni elementi di riflessione su questo momento e degli orientamenti politici.

Antonio Cederna vent'anni dopo: la politica e la città

di Vezio De Lucia
“Ringrazio la presidente Laura Boldrini che dà prestigio alla nostra associazione con la cortesia della sua presenza. Ringrazio Walter Tocci che ha accettato di ricordare con noi Antonio Cederna, a vent’anni dalla scomparsa. Ringrazio quanti partecipano stasera alla nostra iniziativa. Ringrazio in particolare Desideria Pasolini dall’Onda che più di sessant’anni fece parte – con Giorgio Bassani, Elena Croce, Umberto Zanotti Bianco, Antonio Cederna e altri – del gruppo di benemeriti che fondarono Italia Nostra, per lunghi anni la più importante associazione ambientalista del nostro paese. (In verità Cederna, schivo come sempre, si tenne in disparte, e formalmente non figura fra i fondatori di Italia Nostra anche se ne è sempre stato l’ispiratore più importante).
Un mese fa, sabato 16 febbraio, abbiamo dedicato a Cederna un’indimenticabile passeggiata sull’Appia Antica, accompagnati da Rita Paris, Vittorio Emiliani e Giuseppe Cederna. Se i cittadini, non solo di Roma ma di tutto il mondo, possono godere di quello spazio sublime lo devono a Cederna che spese ogni sua energia per la salvezza dell’Appia. Uno spazio senza confronti, anzi l’unico confronto è con l’Acropoli di Atene, come ha scritto lo stesso Cederna.

Welcome to Bosnatanamo. Detenzione migratoria in Bosnia e Erzegovina

di Darryl Li
Nei mesi recenti, la lunga crisi migratoria in Europa ha raggiunto nuovi livelli di urgenza, in modo particolare per ciò che riguarda la tratta lungo i Balcani, da tempo messa in ombra dai disastri che avvengono nel Mar Mediterraneo.
La corsa iniziata dall’Ungheria per chiudere i propri confini ha recentemente indotto Croazia e Serbia a scambiarsi accuse sulla responsabilità di gestione del flusso di persone, a tal punto da iniziare una vera e propria guerra doganale. Se il tragitto intrapreso fino ad oggi dai rifugiati ha largamente aggirato la vicina Bosnia-Erzegovina, una definitiva chiusura dei confini ungheresi sud occidentali potrebbe improvvisamente far diventare lo stato bosniaco paese di transito di una nuova tratta che, attraversando poi la Croazia, arriverebbe così nella vicina Slovenia. Al di là dei tentativi ufficiali atti a proiettare una sensazione di capacità di reazione immediata, i segnali di confusione del governo bosniaco sembrano evidenti: il ministro della sicurezza Dragan Mektić ha dichiarato infatti che il paese può tollerare solamente 5,000 rifugiati nel proprio territorio prima di chiudere del tutto i confini.

Pacifondai

di Paolo Fabbri
«La guerra sia con noi». Parole che nessuno pronuncia, anche se parecchi le pensano. Tutti dicono invece: «la Pace sia con noi», soprattutto quelli che per averla, la Pace, si preparano alla guerra. Come mai? Direte, secondo le diverse epistemologie: sempiterna pulsione aggressiva, violenza iscritta nei geni della specie umana, logica economica degli spietati conflitti di interessi. D’accordo, ma allora perché predicar la Pace e razzolare la guerra? Per mettersi dalla parte del giusto basta dire che è stato l’altro a cominciare. A noi è toccato solo resistere.
Forse non ci intendiamo sul significato del termine - che è una parola definita. Dunque: Pace viene dal latino «pacare», verbo di quiete attorniato da tranquilli aggettivi come «pacato» e «pacifico». Però, sempre rovistando nel dizionario, troviamo che «pacare» proviene a sua volta da «pagare». Pax era la soddisfatta condizione che seguiva alla paga del soldo ai soldati. Contractors appagati perché pagati e quindi pronti a combattere di nuovo. La Pax romana era una pausa economica nel ritmo delle guerre. E i mercenari abbondano oggi, nelle società mercificate.

I social liberisti soffrono ovunque. Ma in Italia di più

di Nadia Urbinati 
La sofferenza della sinistra va oltre le vicende nazionali e le scissioni, minacciate o reali, che la segnano. Come un processo di partenogenesi, da un seme comune -- che porta il nome di giustizia sociale tra liberi ed eguali - molti e diversi corpi nascono, cadono e si sviluppano senza interruzione. È possibile leggere questo fenomeno come un segno di libertà e di vivacità politica che esiste solo nelle società aperte e libere.
Partenogenesi è, dopo tutto, nuova vita non frammentazione ed espressone di un segno per fortuna mai sopito che esiste il bisogno di pensare, di riflettere criticamente sulle modificazioni sociali e su come queste cambino le interpretazioni dei comuni valori e principi. Dissenso implica ricerca.

Il vero eroe è chi fa il proprio dovere ogni giorno, cara Ministra Giannini

di Claudia Pepe
La ministra dell'istruzione Stefania Giannini ha annunciato l'istituzione di un Premio nazionale degli insegnanti. 50.000 euro al miglior docente dell'anno e 30.000 euro agli altri quattro vincitori. E il premio lo si dovrà rinvestire nella Scuola, in progetti, progetti e progetti. Ma l'investire nella Scuola non vedrà riconosciuti i nostri diritti come sarebbe lecito, tipo la richiesta di allineamento dello stipendio a parametri europei e lo sblocco del nostro contratto. Niente di tutto ciò, dovremo esibirci a mo' di concorrenti dell'Isola dei Famosi per vedere chi riuscirà a sopravvivere nel mare di carte, di circolari, di test, che esulano completamente dal ruolo del docente. 
Le vostre parole d'ordine saranno: competizione, premialità, merito. E io dico basta. Io non voglio entrare in competizione con i miei colleghi in quanto penso che la collaborazione e la condivisione siano gli aspetti più importanti per supportare il progetto più importante: dare un'identità ai nostri studenti, una consapevolezza, il valore della scelta.

Il Kurdistan autonomo siriano

di Sebastiano Caputo
Il Medio Oriente si sta lasciando alle spalle gli accordi Sykes-Picot firmati nel primo Novecento tra inglesi e francesi sulle macerie dell’Impero Ottomano. Una prima fase di ridimensionamento dei confini c’era già stata nel 2003 con l’autonomia del Kurdistan di Massud Barzani, raggiunta nel 2003 dopo la caduta di Saddam Hussein. A distanza di oltre dieci anni la stessa sorte toccata all’Iraq raggiunge anche il Paese limitrofo che si è visto disgregare in questi cinque anni di guerra civile divenuta internazionale e per procura: la Siria.
L’altro ieri, dopo una riunione nella città di Romeilan, nella provincia nord-orientale di al Hasaka, le autorità curdo-siriane hanno annunciato pubblicamente la creazione di un sistema federale autonomo. La nuova Federazione verrebbe introdotta nelle enclavi di al Jazeera, al Hasaka, Kobane e Afrin, nella provincia settentrionale di Aleppo, Kuri Sabi nel nord della provincia nord orientale di Raqqa.

Il terzo paesaggio dell’ideologia italiana

di Ilaria Bussoni
Qual è la realtà delle parole? É la domanda di fondo della raccolta di lemmi sottesa al volume curato da Massimo Ilardi, Breve dizionario della ideologia italiana (manifestolibri, pp. 269, euro 22), testi usciti tra il 2012 e il 2015 sulla rivista «Outlet». Quali parole costruiscono, sedimentano, convalidano comportamenti, scelte apparenti, espressioni del libero arbitrio, discorsi fatti propri, posizioni a fianco degli uni e contro gli altri?
Qual è il rumore di fondo, quel cicaleccio impersonale sul quale si stagliano concrezioni che sono sì fatte di lettere (l-i-b-e-r-t-à o anche r-e-s-p-o-n-s-a-b-i-l-i-t-à) ma soprattutto di spinte, affezioni, forza, pressioni, movimenti tellurici non della lingua in sé, ma di un ambito che è il dispiegarsi del potere e di una governamentalità che fa presa e si incarna negli individui e nelle relazioni passando per affetti, economia, politica? E che ci spinge a dire, a tacere, a fare, ad accettare e spesso a occupare un posto che non è quello in cui vorremmo stare?

Verdini: il frutto dell’accordo

di Giuseppe Civati
Andrea Pertici mi ha fatto notare una cosa che davamo per scontata ma che in realtà ne spiega molte altre: “Verdini chi?”. È con questa domanda che oggi rispondono dal Pd sulla condanna del senatore di Ala (ex Pdl, ex Fi) al quale il governo deve la sua sopravvivenza. Si tratta di un copione già usato con Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia fino al giugno 2014. Anche di lui si affrettarono a dire che non era iscritto al partito (che pure lo aveva candidato e sostenuto – facendo parte dell’amministrazione – per quattro anni)… che non lo conoscevano, perché gli amici si vedono nel momento del bisogno. Il Pd no.
Ma tornando all’oggi, l’intervento da segnalare, nell’ambito della serie “Verdini chi?”, sembra quello del senatore Tonini sul Corriere della Sera, il quale dice, tra l’altro, che “Verdini è un senatore di un’altra formazione politica e non ha incarichi di governo”, ma che l’alleanza “è frutto dell’accordo stretto davanti a Giorgio Napolitano per appoggiare le riforme fra il Pd, tutto il Pdl di allora e i centristi.