La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 11 novembre 2016

Con Trump e la politica in pezzi teniamo ferma la garanzia della Costituzione

di Raniero La Valle
Il 9 novembre al Centro Sociale di Salerno ho partecipato a un incontro sul referendum il cui titolo era: “Le ragioni del Sì, quelle del No, le ragioni del dubbio”. Il prof. Alfonso Conte che mi interrogava mi ha rivolto una domanda cruciale: “davvero se si vota Sì si innesca una deriva autoritaria, ed è a rischio la stessa democrazia? E si può pensare che un Renzi, che cita La Pira e vanta una formazione da scout, proponga una riforma che è contro i poveri e manca di lealtà verso la democrazia?”. A questa domanda ho risposto appellandomi alla terza delle tre ipotesi in discussione: le ragioni del dubbio.

Abbiamo un sacco di lavoro da fare

di Bernie Sanders
Donald Trump ha sfruttato la rabbia di una classe media in declino che sta male ed è stanca dell’ economia dell’establishment, della politica dell’establishment e dei media dell’establishment. La gente è stanca di lavorare più ore per salari più bassi, di vedere lavori pagati decentemente andare in Cina e in altri paesi a basso salario, di miliardari che non pagano alcuna imposta federale sul reddito e di non essere in grado di permettersi un istruzione superiore per i loro figli – il tutto mentre i più ricchi diventano molto più ricchi.

Do not agonize: Organize!

di Rosi Braidotti
«È nostro dovere – scriveva Viginia Woolf in Le Tre Ghinee – pensare: che società è questa in cui ci troviamo a vivere? Cosa significano queste cerimonie e perché dovremmo prendervi parte?» Non dobbiamo mai smettere di chiederci che prezzo siamo disposte a pagare per fare parte di questa civiltà e delle istituzioni al maschile che la sostengono. Queste parole risuonano oggi con rinnovato vigore. Bisogna sempre pensare contro il proprio tempo, soprattutto ora che ci troviamo a raccogliere i pezzi di un sogno infranto: la prima donna eletta alla presidenza degli Stati Uniti.

Referendum, il No che arriva d’Oltralpe

Noi guardiamo con attenzione e rispetto al voto sul referendum costituzionale in Italia e pensiamo che debba essere il popolo italiano a decidere sulla propria Costituzione. Siamo infatti colpiti dalla quantità di pressioni che arrivano sui popoli perché si adeguino al pensiero dominante. La JP Morgan ha scritto chiaramente che le Costituzioni dei Paesi europei sono a suo dire incompatibili con le esigenze dell’attuale capitalismo finanziario globalizzato. Analogamente si è espresso il presidente della Bce. Particolarmente sotto attacco sono i Paesi Mediterranei.

Costruiamo un grande movimento d'opposizione e prepariamoci all'impeachment

di Michael Moore
1. Bisogna formare un movimento d'opposizione come non se ne vedevano dagli anni '60, e bisogna farlo velocemente quanto risolutamente.
Dal canto mio farò il possibile per dare una mano a indirizzarlo, così come certamente tanti altri (Bernie, Elizabeth Warren, MoveOn, la comunità dell'hip-hop, la DFA, etc.). Lo zoccolo duro di questa forza d'opposizione sarà formato da tutti quei giovani che, com'è stato dimostrato da Occupy Wall Street e Black Lives Matter, non tollerano le "st...", e sono implacabili nel resistere all'autorità. Cioè coloro che non hanno alcuna intenzione di scendere a compromessi con razzisti e misogini.

Europa. Competizione globale e lavoratori poveri

di Lucia Pradella 
La disoccupazione ha raggiunto livelli senza precedenti in Europa occidentale. I salari sono in discesa e si intensificano gli attacchi all’organizzazione dei lavoratori. Nel 2013 quasi un quarto della popolazione europea, circa 92 milioni di persone, era a rischio povertà o di esclusione sociale. Si tratta di quasi 8,5 milioni di persone in più rispetto al periodo precedente la crisi. La povertà, la deprivazione materiale e il super-sfruttamento tradizionalmente associati al Sud del mondo stanno ritornando anche nei paesi ricchi d’Europa.

Nello specchio di Trump. Sette tesi sulle elezioni presidenziali negli Usa

del Collettivo Euronomade
Donald Trump è dunque il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Pochi se lo aspettavano: e non è la prima volta, in questo 2016, che sondaggisti e commentatori vengono clamorosamente smentiti da un risultato elettorale. Ma certo, queste erano niente meno che le elezioni presidenziali americane. Serve a poco, in questo momento, esprimere il disprezzo profondo che proviamo per Trump. E ancora meno servono esercizi retorici e apocalittici presagi di sventure. Prima di tutto si tratta di comprendere quel che è avvenuto, come è stato possibile e quali sono le conseguenze che si possono prevedere.

Il governo sbandiera decimali e tace sull'enorme povertà

di Paolo Ferrero e Raffaele Tecce
Il rapporto SVIMEZ sul Mezzogiorno contiene dati drammatici sull’ aumento della povertà al SUD. Il Governo, invece, sbandiera un aumento nel 2015 dell1% del PIL, facendo finta di non leggere fra i dati del rapporto che tale aumento (che segue un calo del PIL in quest’ area del 12,3% dal 2007 al 2014 ) è dovuto prioritariamente a due contingenze di cui il Governo Renzi non ha alcun merito: l’aumento del turismo dovuto alle situazioni di guerra e di terrorismo nei paesi del sud del Mediterraneo e del Medio Oriente che hanno dirottato buona parte del flusso turistico verso il Mezzogiorno e ad un’eccezionale annata agraria dovuta in particolare a buone condizioni metereologiche.

Il liberismo xenofobo di Trump non aiuterà i lavoratori. Intervista a Emiliano Brancaccio

Intervista a Emiliano Brancaccio di Giacomo Russo Spena
Come interpretare la storica vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane? Per l’economista Emiliano Brancaccio siamo di fronte alla prima, vera incarnazione di quella nuova onda egemonica che egli ha più volte definito “liberismo xenofobo”, e sulla quale da tempo lancia l’allarme. Con Brancaccio discutiamo dell’esito delle elezioni statunitensi, della carta Sanders che i democratici non hanno voluto giocare, delle ricette economiche di Trump e dei loro possibili effetti sui rapporti tra gli Stati Uniti e il resto del mondo.

Perché non c’è nessuna «rivoluzione»

di Bruno Cartosio 
Nei numeri del voto non c’è nessuna «rivoluzione Trump»: gli esiti dicono che il paese è diviso a metà, come tutti sapevano anche prima delle elezioni. Più precisamente, se si guarda al voto popolare, la metà di Clinton è un po’ più abbondante di quella di Trump. Anche se i dati non sono definitivi in un terzo degli stati, Clinton risulta in vantaggio di circa 300.000 voti. Probabilmente alla fine saranno di più, e lo scarto a suo favore sarà superiore a un punto percentuale. Ma Clinton ha perso, così come aveva perso Gore nel 2000, nonostante mezzo milione di voti popolari in più rispetto a Bush jr.

Dalla sconfitta di Hillary Clinton una lezione per la sinistra

di Leonardo Paggi
Per un quarto di secolo la sinistra perbene, quella sedicente riformista, benpensante, e socialmente garantita, che si era impegnata a costruire un paradiso in terra sulle ceneri del comunismo ha ripetuto a se stessa e a noi tutti, popolo degli elettori progressisti, che il segreto di una vera e vincente strategia politica stava nella conquista del centro. Le elezioni americane mettono una pietra tombale su questa presunzione, se ce n’era ancora bisogno, e suonano come un campanello d’allarme per tutti coloro che non sono convinti che senza una sinistra forte e caratterizzata sia la stessa stabilità della democrazia ad essere messa seriamente in causa. 

Solidarity: organizziamoci per fronteggiare Trump

di Solidarity
Come milioni di persone qui e in tutto il mondo, ci siamo svegliati questa mattina sgomenti e spaventati dal fatto che Donald Trump è stato eletto presidente. La sua vittoria è parte di un modello globale di un ascendente destra populista, sulla scia del voto ugualmente inaspettato a favore della Brexit nel Regno Unito, e, come la Brexit, viene celebrata dall’ala destra dei leader nazionalisti in Europa come Marine Le Pen. Il risultato delle elezioni è, senza dubbio, in parte espressione del suprematismo bianco.

Perché ha vinto Trump. Intervista a Gregory Sholette

Intervista a Gregory Sholette di Global Project 
Gregory Sholette: è un artista, ricercatore e attivista statunitense. Vive a New York, è autore di “Dark Matter, Art And Politics in the Age of Enterprise Culture” (Pluto Press, 2011).
Quali sono, secondo te, i fattori principali alla base della vittoria di Donald Trump?
"Ci sono tre elementi principali dietro il successo di Trump e i primi due sono di natura locale. 1) Le tante debolezze del candidato democratico (mentre Sanders avrebbe quasi sicuramente fatto meglio, se non addirittura prevalso). 2) Il risentimento basato sull'abbandono della tradizionale working class sia da parte dei democratici che dei repubblicani.

Renzi demonizza ma non scendiamo in rissa

del comitato per il No
«Dopo di me il diluvio»: dalla personalizzazione alla drammatizzazione. La nuova strategia di Renzi per raccogliere qualche sì in più è spargere terrore (complici le Moody’s di turno), alzare i toni (vedi il braccio di ferro con Bruxelles o il «fuori fuori» della Leopolda), demonizzare gli avversari definendoli «accozzaglia». Un modo come un altro di trasformare il confronto in una rissa, malgrado il capo dello Stato abbia invitato tutti (quindi anche lui) ad abbassare i toni. 

Se viene l’uomo nero

di Domenico Gallo 
L’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti ha squarciato la tela della narrazione di quelli che – accecati dal pensiero unico - ci dicono che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Noam Chomsky ci aveva avvertito: se Trump sarà eletto sarà un disastro per il genere umano. Speriamo di no, perché, dopo l’Isis, è difficile immaginare un panorama internazionale ancora peggiore di quello che stiamo vivendo. Tuttavia la storia ci insegna che, quando un istrione bugiardo, razzista e megalomane si impadronisce della guida di un paese potente sul piano economico e militare, si crea una situazione molto pericolosa.

Renzi come la Clinton, serve nuova sinistra di governo. Intervista a Alfredo D’Attorre

Intervista a Alfredo D’Attorre di Marco Sarti 
Il premier Matteo Renzi è come Hillary Clinton. Un leader troppo vicino al potere economico e lontano dalle richieste di cambiamento dell’elettorato. Ne è convinto il deputato di Sinistra Italiana Alfredo D’Attorre, uno dei pochi parlamentari ad aver lasciato il Partito democratico in opposizione al presidente del Consiglio. A sentire lui, presto altri ne seguiranno l’esempio. «Bersani proverà a rimanere fino alla fine, ma la sua è un’impresa improba. Ormai Renzi ha stravolto l’identità del Pd».

Le elezioni americane tra rabbia latente e razzismo

di Global Project
«L’altra contraddizione, quella tra il capitalismo e le classi immiserite non contemporanee, […]spinge all’esterno il conflitto e lo rende poco affilato, diretto soltanto contro i sintomi, non contro il fulcro dello sfruttamento: il contenuto del conflitto è romanticamente, più o meno arcaicamente anticapitalista»  E. Bloch, Non contemporaneità e l’obbligo alla sua dialettica
Al di là delle analisi più o meno concordi sull’interpretazione della vittoria di Trump, una reazione ha accomunato la maggior parte dell’opinione pubblica e dei media mondiale: il profondo stupore per la vittoria dell’Apprentice.

Reprimendum. I pericolosi intrecci tra renzismo, neofascismo e gestione dell'ordine pubblico

di Osservatorio Contro I Fascismi Trentino A.a. Südtirol
Negli ultimi giorni sul nostro territorio nazionale sono avvenuti alcuni episodi di particolare rilevanza e gravità, esemplificativi di alcuni processi più ampi relativi alla ridefinizione delle relazioni esistenti tra movimenti antifascisti, neofascismo e istituzioni. 

Una voce pubblica come altoparlante per voci silenziate. Intervista a Erri De Luca

Intervista a Erri De Luca di Francesco De Luigi
A margine dello spettacolo “Solo andata”, realizzato assieme con il Canzoniere Grecanico Salentino, scrive: “Dopo avere difeso la mia parola contraria, é tempo di pronunciare parole favorevoli alla fraternità”. Dopo aver pubblicato il libretto “La Parola Contraria”, e difeso quindi la libertà di parola e di espressione, come stabilito tra l’altro nell’articolo 21 della Costituzione italiana, scaturito in seguito al processo, che ha subito nel settembre 2013, in cui stato incriminato per “istigazione a commettere reati”, in seguito a interviste in sostegno della lotta NOTAV in Val di Susa, concluso dopo cinque udienze il 19 ottobre 2015 con l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”, ora è giunto dunque il tempo di “pronunciare parole favorevoli alla fraternità”, come è lei stesso a scrivere.

Il paradosso delle regioni a statuto speciale

di Massimo Villone
Il nuovo senato è una miniera di affascinanti scoperte. L’ultima è che i consiglieri senatori delle regioni a statuto speciale non arriveranno nemmeno a sedersi sull’agognata poltrona. Il vigente articolo 122 della Costituzione dispone l’incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e quella di parlamentare. La legge Renzi-Boschi cancella l’incompatibilità per quanto riguarda i senatori, eletti dai consigli regionali nel proprio ambito. Sono dunque senatori in quanto consiglieri, e se cessano dalla carica regionale perdono anche il seggio in senato.g

Genealogia di Trump, popolarità di Sanders

di Michael Brull  
Nel 2008 il presidente George Bush (il secondo) era ferocemente impopolare. Aveva portato gli Stati Uniti in guerra in Afghanistan e in Iraq e la seconda si era dimostrata assolutamente disastrosa. Dopo aver presieduto alle liberalizzazioni e ai regali alle imprese Bush aveva portato al mondo la Crisi Finanziaria Globale. Era divenuto il presidente più impopolare della storia statunitense moderna, con la sua percentuale di approvazione precipitata al 25 per cento e quella di disapprovazione al 71 per cento. Bush era ancora il presidente vivente più impopolare.

Inventare il nuovo. Storia e politica in Jean-Paul Sartre

di Luca Basso
"Sappiamo che c’è soltanto un valore d’arte e di verità: la “prima mano”, l’autentica novità di ciò che si dice, la “piccola musica” con cui la si dice. Sartre è stato questo per noi (per la generazione che aveva vent’anni al momento della Liberazione). Chi seppe dire qualcosa di nuovo (nouveau) allora, se non Sartre? Chi ci insegnò dei nuovi modi di pensare? Per quanto fosse brillante e profonda, l’opera di Merleau-Ponty era professorale e per molti aspetti dipendeva da quella di Sartre [...] I temi nuovi [...], un certo nuovo stile, una nuova maniera polemica e aggressiva di porre i problemi venivano da Sartre.

Le proteste contro Ku Klux Trump

di Marina Catucci 
A meno di 24 ore dall’elezione di Trump come presidente, in più di venti città degli Stati uniti i cittadini sono scesi in piazza, numerosi, per manifestare la propria contrarietà e la propria preoccupazione. Migliaia di persone a Boston, Chicago, New York, Seattle, Oakland, Austin, Portland, Albuquerque, Los Angeles, si sono organizzate tramite un tam tam online e nel giro di poche ore sono arrivate nei luoghi di concentramento. 

The Donald, ovvero l’altra faccia della controrivoluzione "democratica"

di Danilo Del Bello
La vittoria di Donald Trump, nuovo presidente della nazione più potente del mondo, ha lasciato tutti stupiti. Il “mostro’’, in effetti, è veramente tale: sembra una caricatura uscita dai Simpson; un bambinone cattivo, volgare, maleducato e antipatico, altrimenti possiamo dire che assomiglia alla proiezione olografica di un altro membro della famiglia Addams. La brutta copia di Donald Reagan, di cui conserva i tratti istrionici da attore consumato e la protervia reazionaria del cow-boy suonato. Sicuramente pericoloso per la storia del mondo, sempre più dominato da pazzi furiosi, egocentrici, narcisisti, guerrafondai, mafiosi e dalla loro corte di nani e ballerini: i turbo-pazzi del turbocapitalismo, con la valigetta dell’atomica sotto il letto!

Il nostro cielo, la loro terra. Micro-ontologia di un conflitto locale

di Tommaso Guariento
“Crediamo che la distinzione più importante della sinistra di oggi si trovi tra coloro che si attengono ad una politica del senso comune [folk politics] basata su localismo, azione diretta ed inesauribile orizzontalismo e coloro che delineano ciò che deve dovrebbe chiamarsi una politica accelerazionista, a proprio agio con una modernità fatta di astrazione, complessità, globalità e tecnologia. I primi si ritengono soddisfatti con la creazione di piccoli spazi temporanei di relazioni sociali non capitalistiche, evitando i problemi reali connessi a nemici che sono intrinsecamente non locali, astratti, e profondamente radicati nelle infrastrutture di tutti i giorni.

No all'Europa dei muri. Costruiamo insieme la democrazia europea

Intendiamo agire affinché il 25 marzo 2017 si apra uno spazio pubblico sul futuro dell’Unione, nel quadro di un processo costituente che superi il principio dell’unanimità e che coinvolga comunità locali e regionali, attori sociali e organizzazioni della società civile insieme ai rappresentanti dei cittadini a livello nazionale ed europeo. L’Europa democratica si salverà se i suoi cittadini la faranno cambiare. Per queste ragioni, ci impegniamo a lavorare per coinvolgere cittadini, territori e movimenti in una forte iniziativa popolare il 25 marzo 2017.

Al di là della governance. La politica come riconoscimento

di Roberto Finelli 
1. Oltre il blocco heideggeriano
Antropologia e politica appaiono indistricabimente connesse. La loro connessione è la medesima che dire: individuazione e socializzazione fanno tutt’uno. Nel senso che ormai non si può più tornare indietro dalla coscienza definitivamente acquisita della loro congiunta valorizzazione, come due faccie della medesima questione. La politica quale esercizio del potere, quale tecnica della governamentalità, in questa sede non credo possa interessarci.

Riforma costituzionale e propaganda: Il vero “combinato disposto”

di Marco Nicastro 
Man mano che i giorni passano e ci avviciniamo alla fatidica data del 4 dicembre si fa sempre più serrato il confronto tra le parti del Si e del No al Referendum Costituzionale. Un confronto che in realtà molto spesso si risolve in uno scontro tra due posizioni emotivamente polarizzate, lasciando poco spazio all’approfondimento dei contenuti del dibattito. Questo, a dire la verità, mi pare avvenire più dalla parte dei sostenitori del Sì, che hanno da tempo impostato la loro battaglia sulla falsariga della semplificazione operata dal quesito che sarà riportato sulla scheda di voto; una ripetizione pura e semplice dei numerosi vantaggi della riforma, dinnanzi ai quali nessun cittadino di buon senso si sognerebbe di dire di no, se fossero veri o se fossero gli unici elementi oggetto di cambiamento della stessa.

In Italia esiste un problema di povertà sanitaria

C’è chi rinuncia a curarsi. E chi non ha soldi a sufficienza per comprare i farmaci di cui ha bisogno. Chi può spendere quasi 270 euro l’anno per acquistare medicinali (è questa la spesa media degli italiani) e chi invece ha in tasca solo 72 euro per la farmacia. Accade così che una fetta crescente di popolazione non abbia i soldi per curarsi come dovrebbe. Nel 2016 sono aumentate del 37% le persone assistite dal Banco Farmaceutico per avere medicinali. Oltre 557 mila persone hanno chiesto aiuto agli enti caritativi (più di 1600) sostenuti dalla Fondazione Banco Farmaceutico.

Grande Anpi: niente tessera ai provocatori del Sì

di Maria Teresa Accardo 
Scoppia un’altra polemica sull’Associazione nazionale dei partigiani. E scoppia all’indomani del falso caso del presidio comune con Casapound a Latina per il No al referendum, raccontato dalla stampa come un’iniziativa unitaria che invece unitaria non era. Un caso ’cercato’ da Casapound, che aveva volontariamente avvicinato i presidi, e poi montato con malizia. E che per giunta si era incrociato un’altra vicenda sgradevole: le parole in libertà di un associato («Renzi peggio del Duce») subito biasimate dal locale presidente dell’Anpi.

L'antropologo che studia il popolo No Tav. Intervista a Marco Aime

Intervista a Marco Aime di Paolo Griseri
Si schiera fin dal titolo: Fuori dal tunnel. Ma il viaggio dell’antropologo Marco Aime tra i No Tav della val di Susa ha esiti tutt’altro che scontati. Per la prima volta, ed è questo il maggiore pregio del libro che segna il ritorno in libreria di Meltemi, si studia il movimento come nucleo di una nuova comunità del tutto originale che ha saputo resistere per venticinque anni: è nata ai tempi di Tangentopoli e sopravvive ancora oggi, sia pure meno forte rispetto ai tempi d’oro.
Professor Aime, quanto ha viaggiato nel villaggio di Asterix, una delle tante metafore con cui sono stati dipinti i No Tav?

L’effetto Donald dentro palazzo Chigi

di Andrea Colombo
«Donald Trump siamo noi, e tutti gli altri, le cariatidi che si ribellano alla rottamazione, sono Hillary Clinton»: l’ordine di scuderia che parte dai piani alti del Nazareno è questo. Si può star certi che, sia pur in forma meno sfrontata, sentiremo ripetere il ritornello fino all’esasperazione. Oddio, e Obama, già alleato di ferro e altissimo protettore? La risposta s’impone da sé: «Obama chi?». Mentre il primo passo del nuovo corso donaldiano di palazzo Chigi è folklore puro: la bandiera europea dovrà scomparire dalla sala conferenze stampa di palazzo Chigi, per lasciare il posto solo al tricolore.

Matteo come Hillary, e il finale è già scritto

di Paolo Cosseddu 
Beppe Grillo, prevedibilmente e pur con qualche distinguo, ha rivendicato di essere in sostanza il Donald Trump italiano, il che fa di Matteo Renzi la nostra Hillary Clinton: è una verità di per sé stessa evidente, come direbbe Thomas Jefferson. Il paragone non è azzardato, ma ha solide basi teoriche: Hillary Clinton si è infatti candidata a proseguire, vent’anni dopo, quella Terza via che caratterizzò la leadership di suo marito Bill negli Usa e di Tony Blair in Gran Bretagna, e a cui Matteo Renzi ha sempre detto di ispirarsi. Che consisteva, e consiste, in un posizionamento intermedio tra destra e sinistra, nella conciliazione tra politiche economiche liberiste e politiche sociali progressiste. Con uno scivolamento progressivo verso le prime, come si è visto nel tempo.

In nome del benessere Trump cancellerà l’Obamacare

di Ivan Cavicchi
Del primo discorso di Trump da presidente, mi ha colpito la rimozione rigorosa della parola «diritto» e l’uso ridondante salvifico della parola «benessere». L’antinomia tra «diritto» e «benessere» come è noto è tipica del liberismo e non vi è dubbio che con Trump essa segnerà la fine della riforma sanitaria voluta da Obama. Trump ci dice che i diritti come quello della salute sono funzione non di una tutela pubblica universale e solidale ma del grado di benessere che si riesce a creare in un paese quindi che il benessere economico individuale è la sola condizione attraverso la quale il diritto alla salute può essere soddisfatto.

Il fallimento delle élites

di Stefano Sylos Labini
Il fenomeno Renzi può essere considerato come la risposta dell'establishment all'ascesa folgorante del M5S: banche, Confindustria, Marchionne, De Benedetti e lo stesso Berlusconi hanno puntato sul ricambio del vecchio gruppo dirigente del PD ormai logoro e privo di qualsiasi spinta propulsiva. E così è stato creato Renzi il gran Rottamatore, una delle figure più reazionarie del periodo repubblicano. Renzi aveva il compito di fare esattamente quello che hanno fatto Monti e Letta però doveva sembrare diverso agli occhi della gente perché il tracollo di Monti alle elezioni del 2013 scottava ancora.

Pescara, precettati per applaudire Renzi, studenti e docenti dicono «No»

di Roberto Ciccarelli 
«Dobbiamo partire dalle scuole, dai licei. Ciascuno si faccia il suo elenco» per convincere gli italiani sul “Sì” al referendum, ha detto Matteo Renzi il 2 ottobre scorso alla scuola di formazione del Partito Democratico. «I ragazzi vengono avvicinati spesso da persone che spiegano che ci sarà una deriva autoritaria». È la vecchia storia di «non accettare le caramelle dagli sconosciuti». Oggi gli sconosciuti sono i sostenitori del «No». Detto, fatto. È successo ieri a Pescara, fuori e non nelle scuole dove l’evangelizzazione renziana si è fermata davanti ai cancelli.

Il 4 dicembre e oltre

di Giuseppe Civati
Cara concittadina, caro concittadino, è la vigilia di un momento importante: siamo, infatti, chiamati a votare sulla nostra Costituzione, la legge fondamentale per la democrazia della nostra Repubblica, quella in cui tutti si devono poter riconoscere, quella che ci definisce come comunità. E la Repubblica Italiana, per noi di Possibile, è un meraviglioso chiodo fisso: per questo con spirito repubblicano e costituente abbiamo affrontato la campagna referendaria con serietà, responsabilità, senza eccessi verbali e senza tatticismi. 

Brasile: migliaia di scuole e 152 università occupate contro la legge d'austerity

di Diagonal
Dopo l'ascesa al potere di Michel Temer, la dottrina dello shock si diffonde nel Paese, attraverso una legge che vuole congelare la spesa sociale in Brasile nei prossimi due decenni. La Proposta di Emendamento Costituzionale 55 (PEC 55) ha prodotto il rifiuto di buona parte della società brasiliana e l'occupazione di almeno 152 università nel Paese. La PEC 55 è il nuovo nome della Proposta 241, del «tetto alla spesa», con la quale il governo di Michel Temer vuole stabilire stabilire un mandato costituzionale che, secondo i critici, può portare al congelamento dei fondi per Educazione e Sanità, oltre ad altre spese sociali, per i prossimi 20 anni.

La rivincita dell'anti-Gandhi, paladino degli "intoccabili"

di Raimondo Bultrini
La prima statua ufficiale del re dei dalit Bhimrao Ramji Ambedkar venne inaugurata a Bombay nel 1962, a sei anni dalla morte. Ma fin dal giorno della sua cerimonia funebre il 6 dicembre 1956, nelle più remote campagne dell'India e nei suburbi per gli "Intoccabili" delle nuove metropoli cominciò una frenetica gara per costruirne migliaia di diversa foggia e dimensione. Oggi ne svettano 60 mila nel solo Uttar Pradesh, la più popolare delle quali lo ritrae in abiti occidentali da avvocato, quale egli era, nonché filosofo detto affettuosamente Babasahev, il signor Padre.

Oltre l’eroe: il “processo” rivoluzionario

di Fabio Ciabatti
“La prassi di liberazione non è solipsista, effettuata da un soggetto unico e geniale: il leader… È sempre un atto intersoggettivo, collettivo, di consenso reciproco… È un’azione di ‘retroguardia’ dello stesso popolo”.1 Per quanto condivisibile, questa affermazione di Enrique Dussel appare in contrasto con il fatto che ogni rivoluzione sembra avere il suo eroe da cui le sue sorti appaiono, almeno in certa misura, dipendere: da Robespierre a Toussaint Louverture, da Lenin a Mao, per finire con Morales e Chavez. Per questo occorre decostruire la figura dell’eroe, non per negarne l’esistenza o l’importanza, ma per cercare di collocarla nella sua effettiva dimensione.

Una squadra di falchi per The Donald. E da Teheran all’Avana il mondo trema

di Guido Moltedo
Il cop, il poliziotto bianco che sparerà contro un africano americano disarmato d’ora in poi avrà ancor meno da temere di quanto non avvenga oggi. Sarà anzi premiato. L’agente assassino avrà convintamente dalla sua parte sia Rudy Giuliani, il sindaco-sceriffo della «tolleranza-zero», sia Chris Christie, il gaglioffo governatore del New Jersey che fece creare ad arte maxi ingorghi all’ingresso di un ponte che collega il suo stato con Manhattan per inguaiare il sindaco, democratico, della cittadina dove inizia quel ponte, colpevole di non essere passato dalla sua parte.

Svimez: «Industria 4.0 non ha misure per rilanciare il Sud»

di Antonio Sciotto 
Il Sud ha finalmente segnato una crescita positiva dopo 7 anni di crolli, ma questo non basta a rilanciarlo in maniera strutturale: +1% il Pil meridionale nel 2015, lo 0,3% in più di quello rilevato nell’intero Paese (0,7%). Evidentemente gli indicatori economici positivi non servono per il momento a trattenere la fuga degli abitanti – specie i più giovani e qualificati – verso altri lidi in cerca di fortuna. I numeri vengono dal Rapporto 2016 Svimez sull’economia del Mezzogiorno, e parlano anche di un «rischio desertificazione» negli ultimi 20 anni, con l’emigrazione di 1,113 milioni di persone, la maggior parte concentrate nelle fasce d’età 25-29 e 30-34 anni.

Suprematisti con Trump: «Salverà la razza bianca»

di Guido Caldiron
«Dio benedica Donald Trump. È venuto il tempo di fare le cose giuste, di rendere agli Usa il posto che meritano nel mondo. Voglio rendere omaggio a tutti i bianchi che hanno votato per la difesa della loro cultura e dei loro figli». Martedi sera, dal suo quartier generale in un sobborgo residenziale di New Orleans, l’ex Gran Dragone del Ku Klux Klan David Duke è stato tra i primi a congratularsi, via social network, con Trump, certo che «con questa vittoria sono le idee per le quali combattiamo da una vita ad essersi imposte». Per lui in realtà l’onda di piena che ha portato il miliardario newyorkese alla Casa Bianca non è stata sufficiente per ripetere l’exploit che all’inizio degli anni Novanta gli aveva consentito di sedere per un certo tempo nel Senato dello Stato della Louisiana.

Il motore della vita era l’amore. Che vita sarà senza Leonard Cohen

di Checchino Antonini
«A nessuno è concesso di padroneggiare i movimenti del cuore. Ci è dato solo di soffrirli. Qualcuno ogni tanto prova a trasformarli in qualcosa che altri chiamano arte». Così aveva detto ventitre anni fa e poche ore fa Leonard Cohen è morto. Aveva 82 anni, nell’annuncio non viene rivelata la causa nè il luogo della morte del poeta canadese. Nei prossimi giorni si terrà un ricordo pubblico a Los Angeles. Mi mancano le parole per un articolo di questo genere così decido di “consultare” Daniela Amenta, giornalista (anche) di musica e trovo solo una foto sul suo profilo fb: un uccello sul filo, like a bird on the wire…

La tessera dell’Anpi alla dem Puppato e la differenza tra il parteggiare e il servire

di Giulio Cavalli
"Non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me. "(Groucho Marx) Io vorrei davvero capire per quale oscuro motivo qualcuno (in questo caso l’onorevole DEM Laura Puppato) debba avere il diritto di iscriversi a un’associazione di cui non condivide i valori, davvero. Mi spiego: la Puppato ha acceso ieri l’ennesimo can can lamentandosi del fatto che l’Anpi le abbia rifiutato la domanda di iscrizione spiegando di non volere tra suoi associati un’esponente politica di rilievo nazionale che ha deciso di spendersi per una riforma costituzionale che l’associazione non condivide.

Buona scuola, cattivi insegnanti

di Giorgio Mascitelli
Durante l’estate Matteo Renzi, lamentandosi della cattiva accoglienza riscossa dalla legge della cosiddetta buona scuola, ha dichiarato che probabilmente c’erano stati degli errori di comunicazione. E qui mi sembra che il presidente del consiglio abbia peccato d’ingenerosità nei confronti dei suoi collaboratori che, a mio avviso, hanno lavorato benissimo. Poi naturalmente ogni comunicazione, anche la migliore, si scontra con i limiti che la realtà le pone. Ad esempio se il ministro dell’istruzione Giannini, nel presentare il suo piano sulla formazione dei docenti, dichiara al settimanale Gente che tutti i docenti «torneranno sui banchi di scuola», è evidente che una simile espressione, riferita a lavoratori adulti, ha un evidente intento deprezzativo e allude a una totale incapacità professionale della categoria.

La morte dell’etica. Noi e i migranti

di Gianandrea Piccioli
"La Terra va diventando una fossa atroce per i deboli, i non aventi diritto. E abbiamo torto a identificare questa idea (di rifiuto di una legge per tutti, di una libertà per tutti, di rifiuto di una libertà come respiro di tutti), a identificarla con il vecchio nazismo. No, il nazismo – e il suo fiore malato, il culto della razza – è oggi un altro ed è universale, e in qualche modo, perché universale, invisibile. È la concezione della vita come privilegio della razza economica, dell’umanità come summa del valore economico, del valore economico come unica carta d’identità. Senza valore economico non vi è identità, né quindi riconoscimento, né quindi esenzione dal dominio e lo strazio esercitato dai forti sui deboli."

Non è il mio presidente e altre grida

di Alessandro Ghebreigziabiher
Trump non è il nostro Presidente. E fin qui dovrebbe essere scontato, visto che non siamo americani, ma non è così semplice, in realtà. Perché è difficile che lo siano stati quelli di diritto, ovvero autoctoni, ecco. E se non riusciamo a dirlo dei nostri, figuriamoci di quelli degli altri. Soprattutto di questo, degli altri. Tuttavia, se ci fermassimo qui, se tutto si riducesse al semplice grido, sarebbe importante, sarebbe l’inizio, sarebbe qualcosa di fondamentale, ma non tutto. Probabilmente non tanto. Di sicuro non quanto basterebbe ad esclamare l’opposto messaggio.

Così la Clinton ha perso le elezioni. Analisi dei flussi elettorali

di Martino Mazzonis 
La polvere si è depositata e possiamo guardare ai numeri dell’America che ha eletto Donald Trump. C’è una cosa che salta agli occhi e che abbiamo cercato di scrivere in altro modo parlando della incapacità di entrare in relazione con la gente e di costruire un messaggio forte e una narrazione: la sconfitta è soprattuto di Hillary Clinton. Donald Trump ha infatti preso meno voti di Mitt Romney nel 2012, ma ha vinto. Rispetto a Obama nello stesso anno, a Hillary mancano 5 milioni e mezzo di voti – ben nove rispetto al trionfo del 2008. La prima lettura da dare è quindi che la campagna democratica non è stata in grado di portare gente a votare.

L’anticolonialismo, ovvero la rimozione della colpa

di Fernando D'Aniello
Una mostra in un museo è l’occasione per fare il punto sulla ricerca scientifica, per aprire nuove ipotesi di lavoro, per guardare al passato e rivolgergli nuove domande, cosìda avere un quadro d’insieme completamente diverso da quello classico. È, dunque, meritorio che il Deutsches Historisches Museum abbia allestito una mostra sul colonialismo (Deutscher Kolonialismus – Fragmente seiner Geschichte und Gegenwart), tema che in Germania – anche per la sua durata tutto sommato limitata, visto che dopo la fine della Prima guerra mondiale le potenze europee si divisero i territori oltremare tedeschi – non è mai stato approfondito con la dovuta attenzione.