La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 23 aprile 2016

Reddito e libertà

di Andrea Fumagalli
Il dibattito sul reddito di base (basic income) dura oramai da quasi venti anni. È infatti dell’agosto del 1997 la pubblicazione in rete (sul sito ecn.org) di un pamphlet intitolato “Dieci tesi sul reddito di cittadinanza” a cura di chi scrive. In tale testo, che ha avuto subito una fortunata circolazione, soprattutto underground, per essere poi editato nel volume “Tute Bianche”1, si faceva il punto della prima fase del dibattitto sulla proposta di introdurre in Italia un’ipotesi di reddito sganciato dal lavoro, ipotesi che aveva cominciato a circolare negli ambienti neo-operaisti nei due anni precedenti2.
A venti anni di distanza, occorre riconoscere che la definizione “reddito di cittadinanza” ha creato più danni che vantaggi, dal momento che all’epoca, pur essendo agli albori, il fenomeno migratorio non aveva ancora assunto le proporzioni di oggi. Così, colpevolmente, si è usato il termine “cittadinanza” senza pensare che il concetto di “cittadinanza” è tremendamente ambiguo.

DiEM & Co. Movimenti per la democrazia in Europa – ciascuno per sé o pratiche che connettano?

di Mario Candeias
La crisi europea sta portando a un dilagante sciovinismo, razzismo e alla disintegrazione. Sotto la spinta di questa dinamica lo stato d’emergenza si è fatto strumento di governo. In maniera autoritaria vengono portate avanti l’austerità, lo smantellamento dei diritti sociali e sul lavoro e un regime dei confini militarizzato e disumano, viene cancellato il diritto di asilo. Le affermazioni democratiche, che siano per una vita dignitosa per tutti e tutte, per la speranza di sopravvivere o per l’idea che le elezioni dovrebbero avere ancora un qualche influsso sulle decisioni politiche, queste affermazioni vengono respinte al mittente dalle istituzioni dominanti.
Dal 2011 in poi, a tutto ciò si sono contrapposti i movimenti per la democrazia, in prima battuta in Grecia in Spagna. Ora, dopo l’esperienza greca e la sottomissione del governo di Syriza a un nuovo memorandum, diverse iniziative stanno provando a portare avanti un movimento per la democrazia anche sul piano europeo, prima che sia troppo tardi e la distruzione ci riporti indietro agli anni Trenta. 

Come cambia il welfare italiano

di Franco Abidah
Trasformazione, cambiamento, crisi, sfida, opportunità. È difficile trovare un discorso sul welfare italiano ed europeo che non si apra con una combinazione di queste parole. Nella loro genericità e astrattezza queste parole sono pericolose e tendono a nascondere processi sociali e culturali molto profondi e per nulla generici e astratti. È dunque necessario chiedersi: trasformazione verso quale direzione? Opportunità per chi? Qual è la posta in gioco della sfida? Chi rischia che cosa?
Le recenti vicende politiche nazionali sono ricche di riferimenti a questi processi: la perdurante fedeltà del Governo alle politiche europee di austerità fiscale che impediscono non solo lo sviluppo ma perfino la tenuta delle politiche sociali nazionali e locali; la proposta di introduzione di nuove misure parziali e settoriali per il sostegno ai cittadini che vivono in condizioni di povertà assoluta; il cosiddetto Civil Act che propone un’ulteriore svolta imprenditorial-finanziaria del Terzo Settore.

La Costituzione, il plebiscito e la menzogna. Intervista a Nadia Urbinati

Intervista a Nadia Urbinati di Luca De Carolis
Renzi vuole trasformare il referendum di ottobre in un plebiscito perché deve semplificare tutto. Non può spiegare che la riforma cambierà circa 40 articoli della Costituzione, mutando la forma di governo: ma accettare la sua logica, quella del “o con me o il diluvio” sarebbe un errore. Nadia Urbinati, docente di Teoria politica presso la Columbia University di New York, neo-presidente di Libertà e Giustizia, boccia la riforma costituzionale: “Se finisse nelle mani sbagliate, con un’altra maggioranza, ci sarebbe da rabbrividire”.
Perché è così dura? Chi si oppone è solo un conservatore, obietterebbero i renziani.
"I pensatori del ‘700 dicevano che le buone Costituzioni sono quelle scritte per i demoni e non per gli angeli. Bene, questa riforma della Carta devono averla scritta pensando agli angeli, perché scardina il sistema parlamentare e concentra il potere nelle mani del presidente del Consiglio, del suo governo e della sua maggioranza. E quindi va maneggiata con molta cura."

Manuale antiretorico dell’Unione europea

di Luciana Castellina 
Cinquant’anni di Europa. Una lettura antiretorica è il titolo di un libro che pubblicai nell’anniversario – il 2007 – della firma del Trattato di Roma, 25 marzo 1957, data di nascita di quella che venne battezzata, con ragionevole modestia, Comunità Economica Europea, poi cresciuta per diventare, nel dicembre 1993, Unione Europea. (Gli inglesi, che comunque all’inizio restarono fuori, minimizzarono ulteriormente la dizione, chiamando la nuova entità ECM (MEC, mercato comune europeo). Il sottotitolo di quel libro – Una lettura antiretorica – stava a indicare che la nuova istituzione è stata narrata, e ha continuato a esserlo, con tale agiografica esaltazione, da coprire con un velo pietoso la sua vera storia. Pochissimo conosciuta dai più.
Quando scrissi eravamo all’indomani della solenne bocciatura, – nel 2005 – da parte di due paesi fondatori, del primo tentativo di fornire alla nuova creatura una Costituzione.

A un anno dalla rivoluzione copernicana. Gli effetti occupazionali del Jobs Act

di Marco Elia
A poco più di un anno dall’entrata in vigore del Jobs Act è possibile una prima valutazione dell’impatto della riforma sull’andamento dell’occupazione e la sua composizione dal punto vista dei rapporti di lavoro. L’argomento è evidentemente di particolare interesse e rilevanza politica. Tanto che ha dato il via negli ultimi mesi a un acceso dibattito politico e mediatico contrassegnato da una lunga serie di articoli e dichiarazioni. Il governo e i media filogovernativi hanno cercato di presentare il provvedimento come una riforma capace di stimolare la crescita dell’occupazione e di migliorarne la qualità attraverso la crescita della quota di occupati a tempo indeterminato. Com’è noto, le fonti che hanno alimentato il confronto tra le varie interpretazioni sono da una parte i dati Istat – dati su base campionaria relativi agli stock e quindi riferiti ai livelli occupazionali – e dall’altra i dati dell’INPS e del Ministero del lavoro – dati amministrativi di flusso relativi agli andamenti di attivazioni e cessazioni di rapporti di lavoro.

Metalmeccanici e referendum

di Massimo Villone
I have a dream. Nel suo più famoso discorso, il 28 agosto 1963, Martin Luther King chiamava alle armi – della democrazia, beninteso – un popolo affamato di libertà, eguaglianza, diritti. Oltre cinquanta anni più tardi, quel discorso tuttora ci insegna che la battaglia non ha mai fine.
Anche noi abbiamo un sogno. Anzitutto, di un paese in cui la politica non sia fatta di ipocrisia, di menzogna, o di quarti di verità. Come è il caso con Renzi, che si compiace in Tv di aver affondato il referendum del 17 aprile per difendere i posti di lavoro. Dimenticando che la chiusura delle piattaforme non sarebbe venuta dal voto, ma dalla scadenza, prevista ab initio, delle concessioni. Dimenticando che posti in numero ben maggiore sono già stati – e probabilmente ancora saranno – persi per le incertezze della strategia governativa sulle rinnovabili. Dimenticando che la proroga sine die favorisce il petroliere che voglia mantenere artificiosamente in vita una piattaforma solo per evitare i costi di smantellamento e di ripristino dei luoghi.

In arrivo dagli Usa la nuova bolla finanziaria, non più mutui ma gas

di Luigi Pandolfi
Chi pensava che i problemi dell’economia mondiale si fermassero alla sua mancata ripresa (in Europa, a dire il vero, pendiamo ancora dalla bocca di Draghi), dopo il tonfo del 2007-2008, oggi è costretto prendere atto che dietro l’angolo potrebbe esserci addirittura un nuova crisi sistemica. Un altro terremoto finanziario, il cui epicentro sarebbe di nuovo negli Stati Uniti d’America. Questa volta, però, a dare fuoco alle polveri non sarebbe il settore immobiliare, come dieci anni fa, ma quello energetico.
Osservato speciale è, infatti, il mercato delle obbligazioni legate al comparto dello shale gas & oil, ovvero del gas e del petrolio estratti dalle rocce tramite perforazione idraulica (fracking).

Una firma per il clima e il multilateralismo

di Giuseppe Onufrio
Che in così tanti Paesi abbiano firmato alla prima occasione utile l’accordo di Parigi sul clima è un segno importante. Avviene mentre i segnali dei cambiamenti climatici continuano a essere allarmanti, con un altro record nelle temperature globali registrato appena a febbraio e nuovi dati sullo scioglimento dei ghiacci dalla Groenlandia all’Antartide.
Il recente sbiancamento del 97% osservato nella Grande Barriera Corallina in Australia è un altro fenomeno che non ha precedenti e che è legato al riscaldamento dell’oceano.
Dopo la Conferenza di Parigi, per fortuna, segnali di cambiamento positivo nelle politiche energetiche fanno sperare che davvero un’inversione di rotta sia in atto. Il 90% della nuova potenza elettrica installata nel mondo nel 2015 è stata da rinnovabile secondo l’International Energy Agency e, per il secondo anno consecutivo, le emissioni di CO2 non sono cresciute grazie alla flessione registrata in Cina.

La guerra come processo di trasformazione della modernità

di Gabriele Proglio
Tempo fa l’antropologo Robert Hertz aveva chiarito quali fossero le reazioni nella sfera pubblica di una morte violenta: tale evento mette in crisi il normale funzionamento del sistema sociale e le divisioni interne alla società, chiamando tutte e tutti all’unione, alla coesione sociale. Se il caso di studio di Hertz era ben diverso dalle vicende contemporanee, gli effetti sembrano, invece, essere del tutto compatibili con quanto è accaduto negli ultimi anni. Ed è evidente, da Parigi a Bruxelles, che la spettacolarizzazione degli attentati invisibilizza quei confini intorno ai quali si sono creati i presupposti per gli attacchi, ma anche provoca una paralisi dello sviluppo della storia – intesa come conflittualità – e un restringimento dello spettro dei diritti. L’illusione è di vedere uno scontro tra fazioni.

Tutti i provvedimenti del Governo contro le rinnovabili

di Annalisa Corrado
Eppure mi pareva di averla già sentita la storia delle rinnovabili elettriche al 50%… E non parlo di ieri in mondo visione da New York, parlo dell’autunno del 2013, nel corso delle primarie del partito di maggioranza del Paese, quando Renzi non era ancora né segretario del PD, né, tantomeno, presidente del Consiglio. Una fissazione che viene da lontano, la sua! Almeno parrebbe…
Peccato che da quando è al Governo di questo Paese le rinnovabili le abbia solo citate in alcuni contesti internazionali, ma che, provvedimenti alla mano, abbia nel frattempo sostanzialmente fatto peggio dei tre governi che l’hanno preceduto (e non era impresa semplice!).
Si inizia nel 2014 con lo “Spalma incentivi”, atto gravissimo, unilaterale (per cui sono in valutazione numerosissimi ricorsi, che il TAR ha portato alla Corte Costituzionale), che ha modificato al ribasso le condizioni contrattualizzate con i proprietari di impianti alimentati da fonti rinnovabili di taglia medio-grande provocando ingenti danni agli investimenti e immediata fuga degli investitori del settore.

Brasile, il Pt svolta a sinistra

di Geraldina Colotti
“Una farsa sessista”. Molte deputate di sinistra hanno definito così la gazzarra delle destre brasiliane durante il voto alla Camera contro Dilma Rousseff. Agli insulti maschilisti contro la presidente, urlati da una pletora di inquisiti, per l’occasione maestri di etica, hanno reagito però anche molti uomini, eletti in quelle formazioni che più premono sul Partito dei lavoratori (Pt) per un cambio di indirizzo politico.
Così, durante il voto d’impeachment, Jean Wyllys, deputato del Partito Socialismo e Libertà (Psol) ha sputato in faccia a Jair Bolsonaro, un militare in pensione ultraconservatore che ha dedicato il suo voto al defunto colonnello Brilhante Ustra, responsabile di torture, assassinii e scomparse durante la dittatura. Bolsonaro ha definito Ustra come “il terrore di Dilma Rousseff”, giacché la presidente, ex guerrigliera, è stata detenuta e torturata durante la dittatura. Wyllys, un parlamentare che si occupa di questioni di genere, diversità sessuali e minoranze, si è unito a quante hanno definito l’attacco a Rousseff “femminicidio simbolico”.

Oltre i referendum, la democrazia diretta

di Alberto Pantaloni e Andrea Fioretti
Non possiamo eludere il problema, e perciò negare che innanzitutto l'esito del referendum del 17 aprile rappresenta una sconfitta per i movimenti schierati contro le politiche liberistiche di austerità e un risultato favorevole incassato dal governo.
Ci siamo schierati da subito per il SI e per l’ottenimento (quasi impossibile) del quorum, così come per ogni battaglia giusta una volta che ci sia un appuntamento di questo tipo. L’atteggiamento da “anime belle” di chi critica i limiti e non partecipa non ci convince. Però occorre fare una seria riflessione visto che è già aperto un percorso che dovrebbe portare ai prossimi referendum (quelli sociali e quello costituzionale).

Pessimo Cantone, pessimissimo Legnini: che scandalo c’è nell’ovvia verità di Davigo

di Paolo Flores d'Arcais
Pessimo, pessimo, pessimo Cantone (inteso come Raffaele Cantone, il magistrato di renziana predilezione, investito dal premier del cruciale incarico di presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione”) che ha lanciato un’intemerata contro Piercamillo Davigo al grido di “dire che tutto è corruzione significa che niente è corruzione”. E pessimissimo Giovanni Legnini, plurisenatore Pd e plurisottosegretario, fortissimamente voluto da Renzi alla vicetesta del Consiglio superiore della Magistratura (a presiederlo, di diritto ma di fatto solo in circostanze eccezionali, è il Presidente della Repubblica) che ha bollato le parole di Davigo con un “rischiano di alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno”.
Quali parole false, diffamatorie, oscene, violente aveva infatti pronunciato l’ex magistrato di Mani pulite, da qualche giorno presidente dell’Associazione nazionale magistrati, da giustificare questo corale stracciarsi di vesti istituzionale? 

La Costituzione imposta che dividerà i cittadini

di Nadia Urbinati
Il testo riformato della Costituzione della Repubblica italiana è stato approvato in seconda lettura da una Camera semivuota e con i soli voti della maggioranza. Le opposizioni hanno lasciato l’aula. Il testo è nato e si è imposto come espressione di parte e che soddisfa prima di tutto e solo una parte. È un esempio di come la politica ordinaria voglia costituzionalizzarsi; di come il potere di una parte voglia e riesca ad imporre le sue regole a tutti e su tutti. Dichiarando che chi si oppone non capisce o, se capisce, è conservatore. A questa visione manichea del prendere o lasciare – per cui hanno ragione solo coloro che vincono – si adatta bene lo stile maggioritarista di questo testo rivisto della Costituzione, un testo scritto con lo scopo dichiarato di dare alla maggioranza un potere straordinario – a questo serve la propaganda del “fare” e del “decidere”-, senza troppo preoccuparsi di equilibrarlo con poteri di garanzia e di controllo adatti a questo sbilanciamento esecutivista dell’ordinamento istituzionale.

Espediente Atlante

di Marco Bertorello
Nell’era dell’ottimismo obbligatorio, utile più all’economia che alla politica, o solo di riflesso alla politica, Matteo Renzi ha twittato che «Atlante sarà la soluzione ai problemi delle banche italiane». Il capo del governo sembra ritenere le difficoltà del sistema creditizio italiano avulse da quelle continentali, ma è sufficiente leggere l’indice Stoxx, che misura gli andamenti di Borsa delle banche europee, per comprendere come il problema sia sovranazionale: – 26% nel 2016 e – 38% nell’ultimo anno.
La crisi ha dilatato le sofferenze, i controlli e gli aumenti di riserve richiesti aggiungono difficoltà, persino la stagione di tassi negativi non aiuta. La recente richiesta tedesca di scambiare la garanzia unica sui depositi con un tetto ai titoli di Stato posseduti da ogni istituto complica ulteriormente il quadro per i paesi periferici e sottolinea la fragilità del combinato banche-debito pubblico. Tant’è che viene ipotizzata una missione del Piano Juncker (quello che doveva servire per rilanciare gli investimenti) per soccorrere le traballanti banche europee.

L’Ue chiede ad Atene altri sacrifici

di Teodoro Andreadis Synghellakis 
L’Europa continua a chiedere sacrifici alla Grecia, e il governo di Syriza cerca di proteggere le classi sociali più deboli. È questo, in sostanza, il messaggio arrivato ieri dall’Eurogruppo e dal governo Tsipras. Per chiudere la fase di valutazione dei progressi compiuti finora da Atene, i ministri delle finanze Ue, chiedono all’esecutivo Tsipras di approvare delle misure straordinarie, che somigliano molto a quelle che in Italia ci si è abituati a chiamare clausole di salvaguardia: misure che verranno adottate solo nel caso in cui non dovessero venire centrati gli obiettivi di bilancio previsti, con particolare riferimento alle entrate.
Nei prossimi giorni dovrebbero venire definite nel dettaglio, in collaborazione con il ministro delle finanze, Efklidis Tsakalotos. Per il prossimo giovedì, 28 aprile, infine, si dovrebbe arrivare a un Eurogruppo straordinario per poter chiudere questa delicatissima fase. Il problema, ovviamente, è sotto gli occhi di tutti.

Podemos contro il governo

di Paolo Rizzi
Podemos vota contro il governo
A chiudere l'ipotesi di un governo con i socialdemocratici del PSOE ed i nazionalisti di Ciudadanos è stato il referendum interno a Podemos. Abbiamo già scritto di come il leader Pablo Iglesias abbia licenziato uno dei maggiori dirigenti del partito tra quelli favorevoli all'accordo e, contemporaneamente, abbia lasciato la scelta sull'accordo ai militanti.
La risposta della base è stata netta: l'88,23% ha votato contro l'accordo già raggiunto tra Rivera (Ciudadanos) e Sanchez (PSOE). Nel secondo quesito il 91,79% si è detto favorevole al programma stilato da Podemos con i suoi alleati galiziani di Marea e catalani di En Comú, programma ovviamente irricevibile per Sanchez e Rivera.

Renzi è il capo di un governo fossile

Intervista a Loredana De Petris di Luca Fazio
Ha dato spettacolo anche a New York. A chiacchiere, non c’è dubbio: è lui, Matteo Renzi, il più green tra i 171 leader del mondo che ieri all’Onu hanno ratificato in pompa magna gli impegni presi alla Cop21 di Parigi. Il discorso visionario, la retorica sui “nostri figli”, l’orgoglio all’italiana e la vanteria per i “risultati ottenuti”. Poi, come da copione, la promessa che non costa niente: il suo governo sarà addirittura l’alfiere di una nuova politica ecologica (tracce non se ne vedono). “Continueremo a implementare gli accordi di Parigi e consideriamo questo punto una priorità, sia per le nostre politiche interne che per la presidenza del G7 del prossimo anno”, ha dichiarato il presidente del Consiglio.
Per la senatrice di Sinistra Italiana Loredana De Petris siamo alle solite: “Propaganda”.
Non è credibile? Ha anche detto di voler portare al 50% la quota di energia da fonti rinnovabili entro la fine della legislatura.

La rivincita a ottobre?

di Alba Vastano
Il sipario sulle trivelle non fa in tempo a calare che già il premier Renzi fa il discorso ufficiale agli Italiani, esprimendo personale soddisfazione sugli esiti referendari. E lo fa a reti unificate, affinché la maggioranza del popolo, a suo mal pensare “credulone”, possa ascoltare il “te l’avevo detto io” di un presuntuoso deus ex machina, depositario della verità assoluta sulla questione degli idrocarburi e sugli impianti di estrazione in mare, nonché su tutto quello che riguarda le sorti economiche e politiche di un paese messo allo sbando dalla sua tracotanza.
Il pinocchio fiorentino ha le spalle protette dai poteri forti europei, per l’occasione “bodyguard” della sua sfacciata politica antipopolare. Sedicente, saccente e dittatoriale tanto da permettersi di violare la costituzione avanzando la proposta di astensione al voto dal suo trono mediatico, nella piena trasgressione delle leggi costituzionali sul voto.

Effetto Jobs act e frottole di governo

di Carmine Tomeo
“I dati sui contratti di lavoro” diffusi dall’Inps, evidenziano “a febbraio 2016, un rallentamento complessivo delle assunzioni”, si legge in una nota del Ministero del Lavoro, che specifica come “la flessione può spiegarsi, essenzialmente, con la riduzione dei contratti a tempo indeterminato”. Interessante notare che secondo lo stesso ministero, questo rallentamento “era prevedibile” perché “il boom dei contratti a tempo indeterminato” di dicembre 2015 ha assorbito “assunzioni normalmente previste per i mesi successivi”. Motivo: lo scorso dicembre era l’ultimo mese “in cui si poteva usufruire dell'esonero contributivo triennale pieno”. E sembra di leggere tra le righe qualcosa che somiglia ad una ammissione circa il fatto che in questi mesi il mercato del lavoro è stato drogato dai lauti sgravi fiscali di cui le aziende hanno potuto godere.

Luci e ombre del Nuovo Codice Appalti

di Anna Donati
Dopo un anno di intenso lavoro del Parlamento e del Governo è arrivato dunque il nuovo Codice degli appalti, servizi e forniture pubbliche, pubblicato il 19 aprile 2016 in Gazzetta Ufficiale con il Decreto Legislativo n. 50, che recepisce anche tre nuove direttive europee (2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE). L’obiettivo dichiarato è di chiudere un ciclo di quindici anni nato con la Legge Obiettivo del 2001, poi proseguito con il codice De Lise del 2006 e le continue modifiche peggiorative approvate negli anni al codice appalti.
Il dibattito ed il testo che ne è scaturito risentono delle inchieste della magistratura che periodicamente hanno scoperchiato tangenti, mafia, deformazione dei progetti, costi lievitati delle opere, evasione della concorrenza e scarsa trasparenza del mercato, praticamente in tutti i settori di appalti, servizi e forniture, al nord come al centro ed al sud del Paese.

Finalmente l’argomento Israele e Palestina è entrato nelle elezioni statunitensi

di Robert Fisk
Edward Said, morto da 13 anni ma che non si può seppellire dal punto di vista intellettuale, era solito dire che c’era soltanto un “ultimo tabù” negli Stati Uniti. Si poteva parlare dei neri, dei gay – praticamente di ogni cosa che si voleva – ci diceva lo studioso, linguista, storico e musicista palestinese, ma non si può parlare dell’America e di Israele. Almeno non in senso critico.
Ma eccoci qui nell’anno di un’elezione americana e Bernie Sanders chiede un approccio più “imparziale” verso i palestinesi; il Vice Presidente Joe Biden ha espresso la sua “ enorme frustrazione” nei riguardi di Benjamin Netanyahu; perfino Hillary Clinton che, naturalmente sarà la prossima Presidente degli Stati Uniti – è riuscita (appena) a fare riferimento alle “azioni deleterie” di Israele, “comprese quelle riguardo agli insediamenti”.

Brasile: perché il paragone con Mani Pulite non regge

di Fabio Marcelli
Come messo in luce dalla stampa di tutto il mondo, dal New York Times in poi, quello che succede in Brasile è davvero paradossale. Infatti, la presidente Dilma sta venendo messa sotto accusa, non certo per fatti di corruzione, da parte di un Parlamento pieno di corrotti, a cominciare dai due capibastone del Pmdb, partito fino a poco tempo fa alleato di governo del Pt, Cunha e Temer. Lo scopo di questi individui è duplice. In primo luogo mettersi in salvo ottenendo unsalvacondotto giudiziario. In secondo luogo rispondere agli ordini di scuderia provenienti dalla Confindustria brasiliana, e in particolare dalla sua sezione particolarmente reazionaria di Sao Paulo, stanca dei pur timidi tentativi di riforma e redistribuzione del reddito portati avanti prima da Lula e poi da Dilma. Non a caso l’accusa formulata nei confronti di quest’ultima è di aver trasferito dei fondi ai programmi sociali violando alcune norme regolamentari.

Ecowarriors. Si sollevano per la Terra

di Vandana Shiva
Negli ultimi quarant’anni, ho servito la Terra e i movimenti ecologisti di base, a cominciare dallo storico movimento Chipko (“Abbraccia gli alberi”) nell’Himalaya centrale. In ogni movimento a cui ho partecipato, ho notato che le donne erano le decisore, decidevano il corso dell’azione ed erano persistenti nel proteggere la terra e le fonti del loro sostentamento e della loro sopravvivenza.
Le donne che furono parte del movimento Chipko stavano proteggendo le foreste perché la deforestazione e i tagli per il ricavo di legname a Uttarakhand provocavano inondazioni, siccità, frane e altri disastri naturali di questo tipo. 
Generavano scarsità di alimenti e foraggio. Causarono la scomparsa di fonti e ruscelli, costringendo le donne e percorsi più lunghi e distanti per avere acqua.

Riforme, i moderati del No

di Andrea Fabozzi
Come il poeta, i cinquantasei giuristi che hanno firmato un nuovo appello sulla riforma costituzionale sanno ciò che non sono e ciò che non vogliono. «Non siamo fra coloro che indicano questa riforma come l’anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione e di una sorta di nuovo autoritarismo», scrivono, prendendo immediatamente le distanze dai colleghi costituzionalisti confluiti nel comitato del No al referendum sulla riforma. Ma subito dopo aggiungo di non volerla neanche loro, la legge Renzi-Boschi che può cambiare oltre un terzo della Costituzione. La considerano «una potenziale fonte di nuove disfunzioni del sistema istituzionale» nonché di «appannamento di alcuni dei criteri portanti dell’impianto e dello spirito della Costituzione».

Il dettato del Sultanello

di Anna Lombroso 
Lo so è disdicevole, lo so è deplorevole, ma ormai sono talmente posseduta dal pregiudizio che mi basta sapere che una misura viene dal governo, che è annunciata da Renzi, che subito mi schiero contro, che immediatamente mi crogiolo nell’avversione irrazionale. E se poi si tratta di qualcosa che trova entusiasti fiancheggiatori o che fa intuire la presenza più o meno occulta di suggeritori influenti e potenti burattinai, peggio ancora, allora divento una furia animata dal preconcetto e dalla cieca collera.
In questi giorni il bulletto a Palazzo Chigi ha copiato il compito di Erdogan e quindi vanta il sostegno benevolo del preside a Bruxelles, compiaciuto che dimostri buona volontà ed ubbidienza replicando la formula applicata mediante l’accordo infame tra Ue e sultano, quella del che consiste nel remunerare con soldi e affiliazione kapò spietati, in modo che eseguano il lavoro sporco, respingendo, reprimendo, rimandando i profughi che premono per attraversare l’inospitale protettorato, a vicini già provati, ottenendo così un duplice risultato: imporre un’ingombrante presenza che aizza animi e incendia malessere e rendere il paese contiguo più esposto a ricatti e intimidazioni.

La teoria marxiana del valore. Merce, denaro, lavoro

di Ascanio Bernardeschi
Merce, valore d'uso, valore di scambio, valore
"La ricchezza delle società, nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico, si presenta come una immane raccolta di merci e la singola merce si presenta come sua forma elementare" [1].
Così Marx, partendo dall'analisi della “cellula elementare” del capitalismo, la merce, inizia la sua critica dell'economia nella sua opera più importante.
La merce ha una duplice caratteristica, la prima legata alle sue proprietà naturali, quella di essere utile, di soddisfare bisogni umani, prescindendo dal suo costo sociale e in questa veste è un valore d'uso, in ciò non differenziandosi dai beni prodotti in tutte le civiltà fin qui esistite. L'altra caratteristica è che possiede un valore di scambio, ha cioè la proprietà di poter essere scambiata, secondo determinati rapporti, con altre merci, e tipicamente con la merce equivalente generale di tutti gli scambi, il denaro.

Regeni, una verità in ostaggio

di Alberto Negri
Il caso di Giulio Regeni rischia di essere sepolto a sangue freddo. Le nuove rivelazioni ci dicono quanto si sospettava (e si scriveva) dall’inizio: che la verità sull’assassinio del giovane ricercatore è anche ostaggio dei divergenti interessi geopolitici nella regione. A sangue freddo, così verrà sepolto il caso Regeni. Le ultime rivelazioni della Reuters confermano quanto si era banalmente scritto dal primo giorno, nonostante le continue smentite del Cairo: il giovane ricercatore italiano sarebbe stato prelevato dalla polizia che lo seguiva per la sua attività di indagine in campo sindacale, in quei settori della società civile egiziana dove era maturata la rivolta contro il regime di Mubarak. Giulio Regeni, torturato e ucciso al Cairo, era stato fermato dalla polizia e poi trasferito in un compound gestito dai servizi di sicurezza il giorno in cui scomparve: era il 25 gennaio, anniversario della rivolta di Piazza Tahrir del 2011. La Reuters cita sei fonti, tre della polizia e tre dell’intelligence, che smentiscono la versione ufficiale secondo cui i servizi segreti non avevano arrestato Regeni. Tutte notizie che, come da copione, sono state smentite dal ministero degli Interni egiziano.

DDL Madia. Governo Renzi regala l'acqua ai privati

Renzi si dimostra ancora una volta ossequioso nei confronti di Confindustria, delle multinazionali e dei profitti privati in generale mentre calpesta la democrazia, vende i servizi pubblici e distrugge il lavoro. Sta in questa precisa collocazione di classe la sintesi di questa settimana di azione governativa.
Dopo aver messo in campo tutte le proprie forze per affossare il Referendum del 17 aprile, mercoledì 20 il governo Renzi ha scritto un’altra pagina della sua storia filo-padronale. Con il sostegno in aula del neo-candidato sindaco del PD a Roma, Roberto Giachetti, il governo ha fatto passare una versione stravolta (anzi capovolta) della Legge di Iniziativa Popolare sulla gestione pubblica del servizio idrico che, con oltre 400.000 firme, attendeva da 9 anni di essere votata.

Migranti, muri e cittadinanza

di Lorenzo Del Savio e Matteo Mameli 
Una cittadinanza di serie B per i migranti al fine di promuovere l’immigrazione e i suoi effetti benefici sui poveri del mondo: è questa la proposta apparentemente paradossale fatta sulle pagine del Financial Times da Branko Milanovic, noto economista ed esperto di disuguaglianze. 
Le ricerche sulle disuguaglianze globali mostrano che il principale determinante del reddito di un individuo è il paese di residenza. In altre parole, i cittadini dei paesi più ricchi godono, solitamente per il solo fatto di essere nati in un certo paese, di quello che Milanovic chiama il premium di cittadinanza. Questo include un reddito più elevato, accesso a servizi pubblici di qualità e ad altre importanti risorse, ecc. 
Le ricerche dicono anche che, tra i fattori che possono ridurre le disuguaglianze globali, il più efficace è la migrazione dai paesi meno sviluppati a quelli più sviluppati. Ma le migrazioni tendono anche a diluire il premium di cittadinanza.

Un firmamento

di Marina Catucci
I diplomatici di almeno 167 paesi si sono riuniti a New York nel palazzo delle Nazioni unite, per firmare l’accordo sul clima raggiunto lo scorso dicembre a Parigi.
Tra i firmatari ci sono i più grandi inquinatori del mondo, come Cina e Stati Uniti, e dalla coerenza con cui manterranno le loro promesse per rallentare le emissioni di gas a effetto serra, dipenderanno in gran parte le azioni nei prossimi anni.
Una buona notizia per il pianeta, su questo non c’è dubbio, dopo un quarto di secolo di sforzi diplomatici falliti, ci sono sempre più segnali concreti e sempre più nazioni che percepiscono ambiente e clima come punti cruciali dei propri programmi, ed esiste la volontà politica di affrontare il cambiamento climatico come un concetto non opinabile ne’ trascurabile.

L’immaginario irriducile al potere occupa le metropoli

di Enzo Scandurra
Di quale «disincanto» ci parla l’ultimo libro di Massimo Ilardi (Il tempo del disincanto, manifestolibri, pp. 140, euro 15)? La parola è molto impegnativa e vale la pena di ricordarne le origini recenti. Le fortune del termine disincanto risalgono a quelle condizioni di vita di estraniamento, stupore, spaesamento, descritte dai grandi scrittori e narratori dell’Ottocento di fronte al comparire della modernità e, in particolare, di fronte ad uno dei suoi aspetti più inediti e sorprendenti: la nascita della metropoli, con le sue luci, i primi incontri notturni favoriti dall’illuminazione pubblica, le vetrine dove vengono esposte le merci, lo spettacolo della folla. Mai, prima di allora, si erano osservate così tante persone a contatto ravvicinato tra loro e purtuttavia così estranee l’una all’altra.

Guatemala: il processo per il genocidio della popolazione maya ixil si trasferisce nel cuore del conflitto

di Iris Rastello
La legge non cancella una ferita ancora viva. Dopo essere stato il primo Paese in cui un tribunale nazionale giudicava un ex Capo di Stato golpista con l’accusa di genocidio, il Guatemala ha ottenuto in questi giorni un altro primato: diventare il primo Paese nel quale un tribunale nazionale, oltre a giudicare per genocidio un ex generale militare e Capo di Stato, si trasferisce nel cuore dei territori in cui quel genocidio è stato perpetrato.
Entrambi i primati però, nonostante l’indiscutibile portata storica degli eventi, rallegrano poco la popolazione maya ixil sopravvissuta al genocidio – la cui maggioranza non si è mai identificata in un sistema di giustizia alieno e imposto, né tanto meno nello Stato razzista e classista che da sempre la opprime e la discrimina – ma risvegliano comunque sentimenti contrastanti.

L’attendismo sterile di Bersani & Co. Ma il lamento logora

di Franco Monaco
Renzi ha reagito con il consueto tono sprezzante alla giusta decisione della minoranza Pd di non apporre le proprie firme alla richiesta di referendum sulla riforma costituzionale che è, per definizione, istituto concepito dal Costituente quale strumento cui semmai possano fare ricorso le minoranze sconfitte in parlamento. Non la maggioranza che l’ha votata. Evidentemente, il segretario-premier sa che si può permettere tale baldanza.
Ho trovato lucida e convincente la riflessione di Antonio Floridia dall’eloquente titolo «L’inutile attesa della minoranza Pd». Trattasi di un punto di vista in gran parte convergente con l’opinione che, da tempo, inascoltato, anche su queste pagine, vado sostenendo. Un’opinione che conclude con l’idea di una «separazione consensuale» tra l’anima renziana moderata e centrista del Pd e la minoranza interna di sinistra.

L’Eurogruppo gioca con il fuoco

di Roberto Romano
L’Eurogruppo (Jeroen Dijsselbloem) ha deciso che la Grecia deve approvare un pacchetto di contingenza, con nuove misure di austerità, che scatteranno se Atene non rispetterà i target di bilancio fissati per il 2015 e 2016. Il Governo greco deve adottare questo pacchetto, e se ci sarà anche un accordo con i creditori su tutte le altre misure, giovedì prossimo l’Eurogruppo potrebbe sbloccare gli aiuti. C’è un forte disaccordo tra la Grecia, la zona euro e il Fmi circa l’efficacia delle misure intraprese, tra cui la riforma delle pensioni, l’imposta sui redditi, la creazione di un fondo di privatizzazione e il piano per gestire i crediti in sofferenza.
Le novità pensate dal governo Tsipras potrebbero non essere sufficienti a raggiungere l’obiettivo. Un commento?

La Biblioteca di Buenos Aires

di Sandra Schmidt
A Buenos Aires, quando si parla della "Biblioteca“, si intende la Biblioteca Nacional de la República Argentina Mariano Moreno, cioè la biblioteca nazionale (BN) perché, oltre a essere un luogo dove si può leggere tutti i giorni dalle sette della mattina fino a mezzanotte, è un’istituzione culturale di primo piano.
A farla diventare tale negli ultimi dieci anni ha contribuito in modo determinante l'ex direttore Horacio González, benché non fosse né un bibliotecario di formazione né un organizzatore di eventi di cultura delle masse. González, nato a Buenos Aires nel 1944, prima di tutto è un noto sociologo, con una cattedra all’Università di Buenos Aires dove insegna Teoria Estetica e Pensiero Politico Argentino. Tra le sue tante opere spiccano La ética picaresca (1992) e numerosi saggi sulla lingua.

Un’umanità braccata dalla violenza

Intervista a Teresa Margolles di Manuela De Leonardis
Dparecchi anni Teresa Margolles (Culiacan, Sinaloa 1963, vive e lavora a Città del Messico) colleziona momenti della quotidianità strettamente connessi con la morte: fotografa, registra suoni. Lo avverte come un dovere nei confronti di tutte le vittime della violenza, soprattutto delle migliaia di donne assassinate la cui morte attraversa in silenzio la storia del Messico, più che altrove. Come quella della sua amica Karla, una prostituta transessuale di 65 anni che collaborava al progetto che l’artista avrebbe dovuto realizzare sui transessuali in occasione della prossima edizione di Manifesta a Zurigo «Karla è stata assassinata il 22 dicembre scorso – spiega l’artista – È stata colpita alla testa con un blocco di cemento. Il cadavere è stato ritrovato dopo una settimana in una casa abbandonata, a pochissimi metri dalla sua abitazione. La polizia non ha cercato il colpevole perché lei era transessuale, e l’assassino gira libero per il centro storico di Ciudad Juárez. Ora che Karla è stata uccisa il lavoro ha preso un altro aspetto, da opera d’arte è diventato cronaca sociale».

Etiopia: perché una"economia emergente" chiede aiuti umanitari

di Marina Forti
L’Etiopia sta affrontando la siccità più grave dell’ultimo mezzo secolo e all’inizio dell’anno ha lanciato un appello alle agenzie umanitarie internazionali: oltre 10 milioni di persone sono sull’orlo della fame. L’Etiopia però è anche uno dei «casi di successo» dell’economia mondiale, o almeno così viene descritta: l’economia è cresciuta in media del 10 per cento nell’ultimo decennio, Addis Abeba si popola di grattacieli, le imprese straniere fanno la coda per investire. Sembrano dati inconciliabili, ma stiamo parlando dello stesso paese.
L’Etiopia è il secondo paese africano per popolazione, 97 milioni di abitanti. In oltre un milione di chilometri quadrati di superficie comprende regioni molto diverse, più o meno densamente popolate, dagli altopiani fertili alle zone umide occidentali fino a regioni semi desertiche.

Le tante ombre del Jobs Act

Quali sono stati gli effetti della flessibilizzazione del mercato del lavoro in Italia ed in Europa? È a partire da questa domanda che ha preso il via il workshop organizzato dall’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna nell’ambito del progetto europeo ISIGrowth (Innovation-fuelled, Sustainable, Inclusive Growth), “Un anno dopo il Jobs Act: gli effetti della flessibilizzazione del mercato del lavoro”.
Uno degli obiettivi chiave del progetto europeo ISIgrowth, ha spiegato Andrea Roventini introducendo i lavori, è di fornire una risposta alle tante facce della crisi che abbiamo di fronte: dalla costante crescita delle disuguaglianze, alla voracità del settore finanziario fino alla crisi ambientale.

Quando il lavoro non c'era

di Livia Capponi 
Ogni epoca proietta sul mondo antico le aspirazioni e le preoccupazioni del presente. Lo storico Michael Rostovtzeff, quando pubblicò la "Storia economica e sociale dell'impero romano" nel 1926, aveva esperienza diretta sia della rivoluzione russa che del capitalismo americano. Teney Frank, curatore dello "Economic Survey of Ancient Rome" ("Indagine economica sull'antica Roma"), aveva vissuto la Grande Depressione. Moses Finley, storico e sociologo britannico, reagì all'eccessivo ottimismo degli anni Sessanta criticando nel suo "L'economia degli antichi e dei moderni" (1973) l'approccio capitalisitico all'economia antica e attirandosi l'accusa di marxismo. Oggi, l'ingresso di nuovi poteri economici come la Cina, la globalizzazione ed il credit crunch hanno stimolato nuove interpretazioni del mondo antico. Negli ultimi decenni, inoltre, nuove scoperte archeologiche e pubblicazioni di iscrizioni e papiri hanno gradualmente ovviato alla scarsità di informazioni di tipo economico e tecnico nella letteratura antica, sempre ed ossessivamente concentrata sulla storia politica e militare.

Vi parlo di un Paese lontano…

di Il Simplicissimus 
Aiutiamoli a casa loro. Oggi vi devo parlare, per ragioni di umanità, di un Paese disastrato, in un continente lontano dove un pugno di ricchi fa il bello e cattivo tempo e per di più pretende di comandare a bacchetta i Paesi vicini o li “terrorizza” nel senso più ampio della parola se per caso oppongono resistenza. Insomma è una situazione difficile nella quale è arduo anche portare quell’aiuto sanitario di cui la popolazione ha bisogno. Più della metà di essa, secondo gli stessi criteri stabiliti dai governi, è in stato di povertà o molto vicino ad esso (vedi nota 1) e questa metà anche quando ha un lavoro non può permettersi alcuna cura, nemmeno al pronto soccorso. Non è che manchino i farmaci o le strutture sanitarie, ma la maggior parte delle persone non ha i soldi per accedervi, non ha le risorse per pagarsi un’assicurazione sanitaria e speso deve vendersi qualcosa per farsi una visita medica.

Renzi, Davigo, lo stile Mourinho

di Alessandro Gilioli
"La classe dirigente di questo Paese quando delinque fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente da strada e fa danni più gravi". È questa la frase di Davigo che ha acceso lo scontro in atto, oggi argomento principale di tg, talk show, giornali, radio, social in cui si parla di politica.
Il significato della frase a me sembra evidente. È un confronto tra la criminalità che sta nell'establishment e quella che sta in strada. E vi si sostiene, con evidenti ragioni, che la prima sia di maggior nocumento. O qualcuno pensa seriamente che i ladri di strada facciano più danni al Paese di chi delinque nella classe dirigente?

Boris Johnson, il colonialista

di Moni Ovadia
Un recente articolo di grande interesse apparso sul Corriere della Sera riferisce delle ultime acquisizioni nel campo delle neuro scienze. Pare, secondo gli studi dei neuro scienziati, che la lingua e il tipo di linguaggio utilizzato dalle persone influisca sulla qualità dei loro pensieri. La temperie dei social network, in particolare di quelli che chiedono di esprimersi con estrema sintesi e con la loro lingua schematico-primitiva, deve verosimilmente esercitare effetti nefasti sulle capacità del cervello umano.
Gli esempi di decadenza antropologica mostrato dagli infimi livelli di espressione delle opinioni che si è instaurato nel cyberspazio planetario, oggi ci regala un riscontro perfetto di questo stato delle cose.

Panama papers: paradiso per i capitali speculativi

di Paola Parra
Di recente è emersa la quantità di denaro occultata nei paradisi fiscali, conosciuta come “Panama Papers”. Questi soldi vengono investiti attraverso imprese chiamate “offshore”, termine che letteralmente significa “sul mare” o “d’oltremare”, facendo con ciò riferimento al fatto che si tratta per lo più di isole. La caratteristica di queste imprese è che non hanno alcuna attività produttiva, pertanto sono un paradiso per il capitale finanziario e speculativo.
Ma perché si chiamano paradisi fiscali? Perchè sono paesi dove si pagano pochissime tasse. Secondo dati forniti dal SII, nel 2015 c’erano circa 400 contribuenti cileni che avevano investimenti in questi paesi per circa 11.000 milioni di dollari.

Il sogno di aspirare a pensioni normali

di Diego Repetto
La dichiarazione del presidente dell’Inps che prevede un’età pensionabile di 75 anni per le nuove generazioni dovrebbe far preoccupare parecchio. Ma come in ogni situazione, se da un lato c’è chi ci rimette, dall’altro c’è qualcuno che si frega le mani. Banche e compagnie assicurative che offrono pensioni integrative non possono che rallegrarsi del fatto che la gente andrà in pensione sempre più tardi. Per loro infatti significa più introiti (contributi versati per più anni) e meno uscite (pensione pagata per meno anni).
Un motivo in più per rifiutare la “truffa” del vitalizio integrativo, il cui ammontare dipende sì dai soldi versati, ma se consideriamo una cifra ragionevole di 50.000 euro, risulterà di qualche centinaio di euro al mese (nessuno si sbilancerà dicendovi una cifra precisa, ma l’ordine di grandezza è quello). In pratica come vitalizio verrà data una cifra pari, euro più o euro meno, agli interessi annui sulla cifra totale versata.

Lotta Comunista, il marxismo vive e lotta insieme a noi

di Lidia Baratta
Il primo passo da fare per tentare di capire come mai Lotta Comunista sia ancora un movimento così attrattivo per giovani e vecchi è comprare l’omonimo mensile. “Organo dei gruppi leninisti della sinistra comunista”, è scritto sotto la testata. E poi, a destra: “Opposizione proletaria all’imperialismo europeo e all’imperialismo unitario”. E a sinistra: “Proletari di tutti i Paesi unitevi!”.
Il numero di marzo 2016 apre con il titolo, tutto in maiuscolo, “LE BASI DI CLASSE DELLA RIVOLUZIONE DALL’ALTO”. L’attivista che distribuisce le copie in piazza San Babila a Milano, un ragazzo poco più che trentenne, spiega che questo è l’editoriale. Per questo non è firmato. Il tema è storico, il linguaggio trattatistico: si parla dell’unificazione della Germania nella seconda metà dell’Ottocento per arrivare alla conclusione che è necessaria una strategia rivoluzionaria europea. Gli articoli nelle pagine successive, invece, sono «di altri compagni», dice il ragazzo, «non sono giornalisti, per lo più lavoratori».

Ideologia millennial contro i pensionati, per conto di De Benedetti

di Dante Barontini
Non è facile discutere di pensioni, lo ammettiamo. Quando bisogna ragionare su un qualsiasi sistema complesso, a prescindere o quasi dal suo contenuto, pochi ci capiscono qualcosa. Se ci aggiungiamo l’immedesimazione individuale – generazionale, di genere, di mestiere, ecc – ecco che l’obiettivo della comprensione se ne va a benedire, favorendo articoli demenziali che sembrano pensati per scatenare guerre tra poveri, anziché illuminare il buio del presente e del futuro che ci aspetta.
Prendiamo ad esempio questo articolo apparso ieri sull’edizione online de L’Espresso. Una colonna “pensante” del gruppo di Carlo De Benedetti.
Procederemo come altre volte abbiamo fatto, intermezzando il discorso dell’articolista, con le nostre osservazioni.