La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 3 ottobre 2015

Governance europea: completare o rovesciare?

di Roberto Musacchio
Alfiero Grandi nell'articolo "Crisi dell'Unione Europea e sinistra" pone giustamente l'esigenza che la sinistra avanzi una propria proposta di ripensamento complessivo della UE. Ne offre l'occasione, scrive, l'autorevolezza con cui Mario Draghi pone la questione che ci si doti di un vero ministro dell'economia dell'area euro. Ciò consentirebbe di profittare dello spazio di riflessione che si è aperto anche in settori conservatori e di provarsi a modificare il quadro, compreso quello dei trattati, facendo perno sostanzialmente sull'area euro per un cambiamento politico di fondo. Chiedo scusa a Grandi per la sommarietà e forse l'imprecisione con cui ho riassunto la sua proposta.
Dico subito che condivido l'esigenza. Io stesso, per chi interessa, ho scritto in varie occasioni del lavorio in corso in materia di ripensamento della governance europea e in particolare del documento cosiddetto dei 4 Presidenti, della Commissione, del Consiglio, della BCE e dell'euro gruppo, poi diventato dei 5 per l'arrivo di quello del Parlamento e dell'interfaccia realizzato dallo stesso PE con un testo approntato dalla socialista francese Beres e recentemente votato.

Crisi dell’Unione europea e sinistra

di Alfiero Grandi
Mario Draghi ha rilanciato un confronto di straordinaria attualità. Finora un capo della Bce mai aveva posto l’esigenza di avere un Ministro dell’economia dell’area Euro. Questa proposta fa parte di un pacchetto in discussione per iniziativa dei cosiddetti 5 presidenti. Ora Draghi ha riproposto con forza il problema. Si può rifiutare questo terreno di confronto ma sarebbe un errore perché, nel bene o nel male, queste proposte riaprono la discussione sia sugli assetti istituzionali dell’Unione europea e inevitabilmente sui trattati che hanno via via costruito il viluppo che sorregge le politiche di austerità.
Queste proposte, consapevoli della gravità della crisi europea, tentano di rimediare dell’Unione. La parte più intelligente dei conservatori avverte la gravità della situazione anche se tenta di perpetuare nel cambiamento l’egemonia conservatrice. Tuttavia quando si aprono le porte a delle novità è difficile negare il diritto di proporne altre, di segno completamente diverso. Se ve ne saranno.

La guerra civile americana

di Guido Moltedo
L’Oregon, tra la Cali­for­nia e lo stato di Washing­ton, fa pen­sare alle fore­ste che lam­bi­scono il Paci­fico, al verde sereno di grandi spazi incon­ta­mi­nati pun­teg­giati da comu­nità tol­le­ranti e pro­gres­si­ste. Niente di più lon­tano dal far west che gio­vedì si è sca­te­nato nelle aule dell’Umpqua Com­mu­nity Col­lege di Rose­burg. Ma la guerra civile ame­ri­cana non cono­sce con­fini, si com­batte anche nei cam­pus, anche in quelli come l’Umpqua Com­mu­nity, che è gun free zone, un’area dove sono vie­tate pure le pistole ad acqua.
Guerra civile? Come altro defi­nire l’interminabile, quo­ti­diano, con­flitto che si com­batte dap­per­tutto, all’interno degli Usa? Chi ricorda le cen­ti­naia di migliaia di morti — solo per par­lare degli ultimi due decenni — morti inno­centi pro­prio come i nove stu­denti di Roseburg?
C’è un monu­mento per com­me­mo­rare i caduti del Viet­nam, a Washing­ton, ma non sono anch’essi caduti, come in guerra, i die­ci­mila cit­ta­dini ame­ri­cani uccisi da un pro­iet­tile, da un’arma da fuoco? In una spa­ra­to­ria, in una strage? Die­ci­mila morti nel corso dei mesi di quest’anno.

L’economia dell’inganno, il caso Volkswagen e il crony capitalism

di Maurizio Franzini
Il 22 settembre è stato pubblicato negli Stati Uniti il nuovo, e atteso, libro di due Nobel per l’economia, George Akerlof e Robert Shiller, dal titolo (singolare) “Phishing for Phools: The Economics of Manipulation and Deception” che potrebbe, un po’ liberamente, essere tradotto così: “A caccia di sprovveduti: l’economia della manipolazione e dell’inganno” .
La tesi centrale del libro è questa: l’idea di mercato che gli economisti hanno contribuito a diffondere è, quanto meno, parziale perché manca di considerare che il mercato (attraverso il profitto) fornisce un incentivo forte e sistematico a cercare vantaggi anche attraverso l’inganno e la manipolazione; peraltro, questi vantaggi si realizzano facilmente perché i consumatori possono essere manipolati e ingannati a causa sia delle limitate informazioni di cui dispongono sia delle falle che si aprono nella loro razionalità, – e che non sono né poche né occasionali come dimostrano numerose esperienze concrete (brillantemente documentate nel libro) e molti esperimenti di laboratorio.
Scrivono Akerlof e Shiller: “”Raramente i mercati liberi e non regolati premiano …l’eroismo di coloro che si astengono dal trarre vantaggio dalle debolezze psicologiche o informative dei consumatori.

Tre passi avanti e uno di scarto

di Antonio Negri e Marco Assennato
Uno spunto d’analisi perché la nostra ricerca di costruzione di potere nella crisi faccia qualche passo in avanti. Inutile insistere su quanto è acquisito: potere è immaginazione e pratica di rottura del comando neoliberale – nulla di riducibile all’anelito trascendente della semplice rappresentanza dei conflitti e men che mai alla meccanica identificazione in un qualche governo o all’abiura per i tradimenti dello stesso. Si tratta di dare corpo alla politica per spezzare l’unilateralità della governance e riaprire un campo largo in cui nuovi diritti, nuovo welfare, nuove quote di reddito possano tornare ad essere esigibili. Occorre forse sottolineare ancora una volta quanto ciò nulla abbia a che fare con vie di fuga esistenziali in illusori controspazi – nazionali, locali, comunitari? Pensiamo di no. Lo abbiamo ripetuto molte volte: realismo politico e un pizzico di coraggio basteranno a sbirciare nell’accumulazione del comando finanziario nuove contraddizioni, faglie, nelle quali la governance traballa se vi si pianta il cuneo delle coalizioni e dei conflitti sociali.

Ttip e commercio internazionale: chi detta le regole del gioco

di Leopoldo Tartaglia
Il tanto atteso voto del Parlamento europeo sulTransatlantic trade and investment parternship, meglio noto con il suo acronimo Ttip – il patto strategico su commercio e investimenti tra Unione Europea e Stati Uniti –, è stato alla fine rinviato(1). Il presidente Schulz si è avvalso di un articolo del regolamento per rispedire alla Commissione Inta la proposta di risoluzione (approvata in commissione con 29 voti contro 13, il 28 maggio, grazie al compromesso tra popolari e socialisti e democratici) e gli oltre duecento emendamenti che erano stati presentati in aula. Il casus belli è stato, in particolare, la questione del meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati (Investor-State dispute settlement – Isds), sul quale, per la verità, la contraddizione sembra attraversare soprattutto il gruppo socialisti e democratici. Questi ultimi, infatti, avevano votato a maggioranza, al loro interno, una posizione di netta esclusione dell’Isds dal Ttip – anche se lasciavano le porte aperte all’Isds nel già firmato accordo tra Ue e Canada (Ceta) (2).
Ma, grazie anche al ruolo decisivo della delegazione del Partito democratico, nella commissione Inta avevano poi votato un testo di compromesso coi Popolari che accoglieva la «nuova» proposta della commissaria Malmström per una sorta di Corte internazionale di arbitrato sugli investimenti.

Europa, crisi della modernità, egemonia neoconservatrice

Intervista a Massimo D'Alemadi Matteo Giordano e Tommaso Sasso 
Il processo di costruzione giuridico-istituzionale dell’Unione Europea è stato caratterizzato in profondità da una lettura post-moderna e post-statuale della globalizzazione. Il fatto che la costruzione europea non prefigurasse una sicura evoluzione verso una forma statuale e, allo stesso tempo, riducesse le prerogative sovrane degli stati membri, affidandole ad una multilevel governance, non veniva ritenuto un problema. Al contrario, vi si guardava come al segno del carattere postmoderno dell’ingegneria istituzionale dell’Unione. La crisi dell’euro ha svelato la fragilità di questa impalcatura giuridica, tanto che il processo di integrazione politica, se non si è definitivamente interrotto, ha subito una pesantissima battuta d’arresto. A tuo giudizio può essere politicamente rilanciato? E se sì, su quali basi?
"Innanzitutto, vi confesso di avere qualche dubbio sulla definizione secondo cui il modello giuridico ed istituzionale dell’Unione europea sia un modello post-statuale, e non piuttosto un modello in equilibrio tra una dimensione sovranazionale ed una dimensione intergovernativa.

Laudato si’. Una Enciclica antisistemica: l’opinione di un marxista

di Michael Löwy
L’«Enciclica ecologica» di Papa Francesco è un evento di importanza planetaria, dal punto di vista religioso, etico, sociale e politico.
Considerando l’enorme influenza su scala mondiale della chiesa cattolica, è un contributo cruciale allo sviluppo di una coscienza ecologica critica. E’ stata accolta con entusiasmo dai veri difensori dell’ambiente, ha al contrario suscitato inquietudine e disprezzo da parte dei religiosi conservatori, rappresentanti del capitale e ideologi dell’«ecologia di mercato». Si tratta di un documento di grande ricchezza e complessità, che inaugura una nuova interpretazione della religione giudaico-cristiana – in rottura con «il sogno prometeico di dominio sul mondo» – e propone una riflessione profondamente radicale sulle cause della crisi ecologica. In diverse parti, come per esempio nell’inseparabile associazione del «grido della terra» con il «grido dei poveri», si percepisce che la teologia della liberazione – in particolare dell’eco-teologo Leonardo Boff – è stata una delle fonti d’ispirazione.

Il nostro sentiero dell’acqua pubblica

di Marta Bonafoni e Gino De Paolis
Non hanno vita facile, ma per i beni comuni c’è una strada per­cor­ri­bile all’interno dell’autostrada di asfalto e affari trac­ciata dallo Sblocca Ita­lia del governo Renzi. Il Lazio sta pro­vando a per­cor­rerla, alla voce “acqua pub­blica” e nel rispetto di quel refe­ren­dum che meno di cin­que anni fa ha por­tato 27 milioni di ita­liani a espri­mersi in modo incon­tro­ver­ti­bile su alcuni que­siti aggan­ciati al prin­ci­pio dell’acqua come “diritto umano fondamentale”.
In que­sti giorni il Con­si­glio regio­nale del Lazio ha appro­vato le modi­fi­che alla legge 5/2014 — la prima in Ita­lia ad aver attuato il refe­ren­dum — rispon­dendo così ai rilievi che Palazzo Chigi aveva mosso con­tro quel testo. “Inco­sti­tu­zio­na­lità”, diceva il governo, che nel frat­tempo con lo Sblocca Ita­lia da una parte e con la Legge di sta­bi­lità dall’altra ha sve­lato le sue vere inten­zioni, pun­tando senza se e senza ma a una gestione dell’acqua cen­tra­liz­zata, in mano ai pri­vati, alla fac­cia della par­te­ci­pa­zione dei Comuni e dei cit­ta­dini. L’aula della Pisana ha rispo­sto, ade­guando il testo senza smen­tire lo spi­rito refe­ren­da­rio, anzi met­tendo in sicu­rezza il con­cetto dell’esclusione della “fina­lità di lucro” quando si parla di acqua.

Alla ricerca delle radici filosofiche dell'ecologia politica

Intervista a Manlio Iofrida di Andrea Baldazzini, Paolo Missiroli e Gregorio Zanacchi Nuti
Il 2015 è un anno importante per la problematica ecologica. Molteplici eventi, dall’enciclica di Papa Francesco alla conferenza sul clima prevista a Parigi per dicembre, sono sintomo di come questa tematica si trovi ormai al centro dell’attenzione. Una molteplicità di interpretazioni si affacciano sulla scena: alcune caratterizzate da romantici tentativi di ritorno alla natura vergine, altre, vicine al liberalismo neo conservatore, pensano l’ecologia come una serie di limiti negoziabili, perfettamente coerenti con il sistema capitalistico. Per chiarire quale possa essere una valida lettura del termine ecologia, abbiamo intervistato il professor Manlio Iofrida, docente di Storia della Filosofia all’Università di Bologna. Nel corso della sua carriera accademica il prof. Iofrida si è occupato a fondo del pensiero fenomenologico, specialmente di ambito francese. Da questo ed altri percorsi di ricerca ha sviluppato un particolare interesse verso la tematica ecologica, che propone di pensare come paradigma filosofico ed anche politico.
Innanzitutto volevamo chiederle una chiarificazione, perché su questi temi si è sempre un po’ vaghi. Potrebbe fornirci la sua visione del rapporto tra filosofia ed ecologia?

La Nato prepara altre guerre

di Tommaso Di Francesco e Manlio Dinucci
Prende il via oggi in Ita­lia, Spa­gna e Por­to­gallo, dopo due anni di pre­pa­ra­zione, la Tri­dent Junc­ture 2015 (TJ15), una delle più grandi eser­ci­ta­zioni Nato. Vi par­te­ci­pano oltre 230 unità ter­re­stri, aeree e navali e forze per le ope­ra­zioni spe­ciali di 28 paesi alleati e 7 part­ner, con 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra, anzi­tutto cac­cia­bom­bar­dieri a duplice capa­cità con­ven­zio­nale e nucleare.
La prima fase (3–16 otto­bre) testerà la capa­cità stra­te­gica e ope­ra­tiva dei comandi Nato; la seconda (21 ottobre-6 novem­bre) si svol­gerà «dal vivo» con l’impiego delle unità mili­tari. La TJ15, annun­cia un comu­ni­cato uffi­ciale, «dimo­strerà il nuovo accre­sciuto livello di ambi­zione della Nato nel con­durre la moderna guerra con­giunta». Dimo­strerà in par­ti­co­lare «la capa­cità della Forza di rispo­sta della Nato nel pia­ni­fi­care, pre­pa­rare, dispie­gare e soste­nere forze nelle ope­ra­zioni di rispo­sta alle crisi non pre­vi­ste dall’articolo 5, al di fuori del ter­ri­to­rio dell’Alleanza».
Quale sia il rag­gio d’azione della «Grande Nato», che dal Nord Atlan­tico è arri­vata sulle mon­ta­gne afghane e mira oltre, lo dimo­stra il fatto che alla Tri­dent Junc­ture 2015 par­te­cipa l’Australia.

Egemonia, storia, capitalismo. Recensione a “Il lungo XX secolo” di Giovanni Arrighi

di Paolo Missiroli
La casa editrice Il Saggiatore ha ripubblicato da pochi mesi a questa parte, a vent’anni dalla prima pubblicazione in inglese, Il lungo XX Secolo, un testo di Giovanni Arrighi, storico dell’economia e sociologo italiano. Recentemente scomparso, Arrighi rappresenta una delle punte di diamante di quella scuola di teorici del “sistema-mondo”(al pari di Immanuel Wallerstein con cui ha collaborato in diverse occasioni), che affonda le sue radici nelle riflessioni del grande storico francese Fernand Braudel, appartenente a quella scuola strutturalista che tanta influenza ha avuto in Francia ed in Europa degli anni ’60 e ’70.
Lo scopo del testo di Arrighi è dare ragione della condizione di crisi all’interno della quale si trovava il sistema-mondo all’altezza dei primi anni ’90 e di leggerne le trasformazioni. La domanda di fondo è la seguente: la conversione in termini finanziari dell’economia e l’incrinatura dell’egemonia statunitense, lo scivolare nel caos del mondo, sono fenomeni estemporanei e di assoluta originalità o possono essere ricondotti a processi storici di più lungo periodo? Non si tratta semplicemente, per Arrighi, di tracciare la genesi della nostra condizione presente. Si tratta anche di leggere il nostro momento storico come coerente con una struttura determinata che è quella del sistema-mondo capitalistico e di negarne conseguentemente l’assoluta originalità.

Dimenticatevi il futuro: questa crisi è un attimo senza fine

di Matteo Giordano
Nel paragrafo 5 del Quaderno 15, scritto nel febbraio del 1933, Gramsci elabora un’originale teoria della crisi. Respinge ogni lettura riduzionista di tipo economicistico: sarebbe erroneo e fuorviante, dice, di fronte ad una crisi economica di dimensioni mondiali, ricercare od isolare una sola causa; si deve invece ricostruire un intero periodo storico, inquadrando al suo interno le manifestazioni economiche della crisi ed analizzando le strategie dei vari attori mondiali volte alla ricostruzione di un nuovo equilibrio.
Applicando questo criterio all’andamento della crisi tra il 1929 e il 1932, Gramsci ne individua l’origine nel contrasto tra “il cosmopolitismo dell’economia e il nazionalismo della politica”, e perciò propone di leggere quella fase all’interno di un periodo storico molto più lungo, caratterizzato dal manifestarsi di quella contraddizione e dalla incapacità delle classi dirigenti di risolverla nell’unico modo possibile, cioè adeguando le forme e gli spazi della regolazione politica a quelli di un’economia sempre più pienamente mondiale.

Egemonia americana, evoluzioni capitalistiche, resistenze globali

Intervista a Leo Panitch di Nicola Melloni
Leo Panitch è professore all’Università di York, a Toronto, editore del Socialist Register e, recentemente, autore, con Sam Gindin, di “The Making of Global Capitalism”, un libro di fondamentale importanza per capire le origini e le evoluzioni del capitalismo moderno e l’egemonia americana.
Iniziamo parlando delle tendenze del capitalismo globale alla luce della crisi finanziaria del 2007. Il capitalismo del XX secolo ha avuto diverse trasformazioni, scaturite da crisi sistemiche ma mai irreversibili. Nel vostro libro, tu e Sam Gindin sostenete che lo Stato moderno è comunque e sempre uno Stato capitalista le cui istituzioni sono costruite ed implementate per favorire gli interessi e la riproduzione del capitale: lo Stato Sociale è stato lo strumento per commodificare il lavoro, la finanziarizzazione è stata la risposta alla crisi degli Anni 70 per agevolare le occasioni di profitto e di consumo. Questa nuova crisi cosa modifica nel Capitalismo del XXI secolo?
"La prima e più importante considerazione da fare è che questa crisi ha soprattutto mostrato la forza strutturale, la capacità di resistenza e quella di contenimento della crisi dello Stato capitalista.

L’ultimo lampo del Novecento: appunti sull'itinerario di Mario Tronti

di Damiano Palano
Già dalla fine degli anni Sessanta, dopo la conclusione delle riprese di C’era una volta il West, Sergio Leone iniziò a progettare un film sull’assedio di Leningrado. La pellicola avrebbe dovuto ispirarsi a The 900 Days. The Siege of Leningrad, un libro in cui il giornalista Harrison E. Salisbury ricostruiva la vittoriosa resistenza dell’Armata Rossa e dell’intera città dinanzi all’offensiva tedesca, durata dal giugno 1941 fino al gennaio 1943. Più volte accantonata, l’idea non fu però mai abbandonata da Leone, che tornò a elaborarla dopo aver girato C’era una volta America. Di quel progetto ambizioso rimangono solo alcune cartelle dattiloscritte, da cui è possibile ricostruire solo molto vagamente la direzione che Leone avrebbe imboccato per trasferire sul grande schermo la cronaca di Salisbury.
Ma grazie a quegli appunti è possibile immaginare il lunghissimo, affascinante piano-sequenza che il regista aveva ideato come inizio. L’apertura doveva essere infatti un primo piano sulle mani di Dmitrij Šostakovič, che scivolavano sui tasti bianchi e neri del pianoforte, alla ricerca delle note della Sinfonia di Leningrado, la sinfonia che il musicista iniziò effettivamente a comporre nel 1941 e che fu eseguita per la prima volta, nella città assediata, un anno dopo.

Contro la disuguaglianza nelle opportunità si deve e si può intervenire

di Stefano Filauro e Elena Granaglia
Oggi, in molti paesi occidentali, e certamente in Italia, la disuguaglianza nelle opportunità registra livelli che paiono inaccettabili per una società che ambisca a essere aperta. Nonostante ciò la disuguaglianza nelle opportunità resta al di fuori dell’agenda politica e affiora spesso l’idea che il problema, quand’anche fosse considerato grave, si potrebbe risolvere con interventi relativamente semplici (in particolare sull’istruzione) o anche con il rilancio della crescita economica. Un recente convegno organizzato a Roma dal Ciret (Centre for Inter-university Research “Ezio Tarantelli”) ha fatto il punto sulla situazione e dagli interventi dei vari relatori sono emersi numerosi spunti in grado di mostrare i limiti di questo approccio.
Il convegno si è aperto con una riflessione su andamento e caratteristiche della disuguaglianza nel mercato del lavoro cui hanno partecipato Cortes, Naticchioni, Cristini, D’Amato, Lucifora, Sologon e Destefanis sulla quale non possiamo soffermarci.

La seconda delusione. Sulla svolta post-democratica del capitalismo

di Peter Sloterdijk
Signore e signori, vorrei condividere con Voi alcune riflessioni alle quali potrei dare il titolo “La seconda delusione. Sulla svolta post-democratica del capitalismo” e con le quali intendo anzitutto proporre un avvicinamento pragmatico all’entusiasmante tematica di questa sera. Quello che mi interessa è mostrare come oggi sia più facile che mai essere profeta. Per questa ragione, prenderò le mosse da una serie di idee, suggerendovi d’intenderle come se venissero pronunciate intorno all’anno 2200. Come immaginarci una cosa del genere? Un politologo del 2200 guarda all’inizio del XXI secolo e, impiegando il registro del profeta rivolto all’indietro e insieme dello storiografo, interpreta ciò che d’essenziale è avvenuto in quel periodo, peraltro non senza che i contemporanei più sensibili di quell’epoca l’avessero già colto grazie a premonizioni atmosferiche o esplicite constatazioni. Intorno al 2000 si poté infatti osservare un fenomeno che gli europei, nella misura in cui possedevano ancora una sufficiente memoria storica, avevano già incontrato una volta negli anni Trenta del XX secolo: parlo del passaggio delle società liberali al modello del capitalismo autoritario.

La strage che l’Europa non vuole vedere

di Annamaria Rivera
Sono pas­sati due anni dalla strage di Lam­pe­dusa, una delle più gravi cata­strofi nel Medi­ter­ra­neo, quella che indusse a pro­nun­ciare il fati­dico «mai più», poi siste­ma­ti­ca­mente tradito.
Nel corso di que­sto bien­nio gli eccidi di migranti e pro­fu­ghi si sono mol­ti­pli­cati con ritmo incal­zante: sono almeno 2.900 le vit­time della «For­tezza Europa» nel breve periodo che va dallo scorso gen­naio a oggi.
Non­di­meno, rispetto a due anni fa, è suben­trata non solo «una certa assue­fa­zione», come si dice.
A ren­dere ancor più cupo uno sce­na­rio in cui si mol­ti­pli­cano con­fini coraz­zati, vagoni blin­dati, campi d’internamento, depor­ta­zioni, vio­lenze poli­zie­sche con­tro inermi, rista­gna in Europa una certa aria di negazionismo.

Non solo nuvole. Ingrao politico tra masse e Stato

di Tommaso Nencioni
Pietro Ingrao se n’è andato. Come in questi giorni ha sottolineato Gianpasquale Santomassimo più che sull’”eretico”, il “movimentista”, l’”acchiappanuvole” – come egli stesso si definirà in sede autobiografica – al momento di trarre un bilancio di una vita di militante del movimento operaio conviene forse soffermarsi sulla sua concretezza di comunista italiano della seconda metà del ventesimo secolo. La parabola politica di Ingrao si iscrive infatti a pieno, pur nella sua ovvia specificità, all’interno di quella straordinaria vicenda politica, intellettuale ed umana che fu il gruppo dirigente togliattiano del PCI. Circola, a proposito di quel gruppo dirigente, quando non dell’intera storia del PCI, una sorta di leyenda negra, partorita negli anfratti della pubblicistica conservatrice e poi, veicolata dai media mainstream, assurta a dignità diWeltanschauung egemonica. Una leyenda negra che vuole ridurre un percorso politico dei più complessi e radicati nella realtà sociopolitica italiana a poco più di un complotto, ordito a partire dall’età staliniana nelle gelide stanze del Cremlino, e poi dispiegatosi in epoca repubblicana grazie ai servili auspici di cattedratici compiacenti.

venerdì 2 ottobre 2015

Quando Gramsci non fu liberato. Storia politica di un fallimento

di Adriano Prosperi
Uno dice: Antonio Gramsci. E quel nome gli apre agli occhi della mente un grande paesaggio, come accade con pochi altri nomi dell’intera storia civile e vita intellettuale italiana. Di Gramsci si legge e su Gramsci si riflette nel mondo intero. E c’è almeno una cosa che tutti sanno di lui: che, chiuso in una prigione fascista e impedito di agire nella lotta politica e nei conflitti sociali del ‘900 europeo di cui era uno dei protagonisti, si dedicò a un’opera di pensiero destinata al futuro: fece insomma, si direbbe coi versi di Dante che Benedetto Croce dedicò a Palmiro Togliatti, «come quei che va di notte che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte». Di quell’opera si impadronì un esecutore testamentario, il Partito comunista di Togliatti, che ebbe il merito di conservarla ma ne fece un uso strumentale più o meno simile a quello che fece della figura dell’autore. C’è un rivolo di devozione che ha veicolato l’immagine di quel giovane uomo occhialuto con la grande testa incassata nelle spalle aureolandola della corona del martirio. Immagine adatta a un «santo leader morto in carcere», come scrive con amara ironia Giorgio Fabre nel suo nuovo e densissim libro Lo scambio.

Di questo passo. L’Europa nel 2030

di Francesco Ciafaloni
La cultura del mondo globalizzato sembra fondata su due dogmi: l’economia, per sua natura, cresce al 2-3% l’anno; gli indicatori economici e demografici convergono. Se in qualche momento, in qualche luogo, l’economia non cresce, vuol dire che qualcuno o qualcosa – tipicamente lo Stato, i sindacati, i lavoratori organizzati – ne impedisce il naturale sviluppo. Basta fare le riforme, cioè escludere lo Stato dalla gestione delle imprese, di qualsiasi tipo, ridurlo alla sua funzione militare; distruggere i legami sociali; ricondurre gli individui alla loro naturale condizione di concorrenti, impedendo la collaborazione e la contrattazione collettiva, e l’economia riparte. Se alcuni individui, o alcuni gruppi, o alcuni Stati diventano ricchi, la ricchezza si diffonde – trickles down – dai ricchi agli altri; se alcune popolazioni crescono perché le donne (tipicamente le povere e ignoranti) fanno troppi figli e altre popolazioni si contraggono perché le donne (tipicamente le agiate e istruite) ne fanno troppo pochi, basta che la ricchezza si diffonda perché le povere investano nei figli, e perciò ne facciano di meno, e le agiate, adeguatamente dotate di servizi, acquistino sicurezza e ne facciano di più.

Fame di verità sulla fame vera

Intervista a Martìn Caparròs di Simona Maggiorelli
Dalla Nigeria al Kenya, dall’India al Bangladesh, dagli Stati Uniti alla Spagna. Attraversa più continenti il lungo viaggio intrapreso da Martìn Caparròs per raccontare «lo scandalo del nostro secolo»: la fame, che ogni giorno uccide migliaia di persone. Per rompere il silenzio su questo stillicidio quotidiano il romanziere e giornalista argentino ha scritto una sorta di «opera mondo», un volume di oltre 800 pagine intitolato La fame pubblicato da Einaudi, in cui l’inchiesta sul campo si nutre di dialoghi, racconti, vividi spaccati di vita, ma anche di flash back di carattere storico e di molti riferimenti letterari.
Caparròs ha presentato a Ferrara il suo libro nell’ambito del Festival di Internazionale il 2 ottobre alle 19 e domenica 4 interverrà sul tema Argentina, giro di boa. Esule in Francia e in Spagna durante gli anni della dittatura argentina (1976-83), lo scrittore ha studiando storia alla Sorbona e appartiene alla grande scuola della crónica, sudamericana. Che non ha niente a che fare con quel che intendiamo noi per cronaca, ma fonde reportage e letteratura. Un genere portato ai più alti livelli da Rodolfo Walsh, giornalista argentino desaparecido nel 1977, autore di Operazione massacro (La Nuova Frontiera) in cui ricostruiva la storia di una strage di civili compiuta dalla prima giunta peronista.

San Francesco, le banche e il dono

Intervista a Luigino Bruni di Giuseppe Frangi
San Francesco come ispiratore dell’idea di banca. Sembra un’affermazione fuori luogo ma non lo è affatto. Perché proprio dall’ordine fondato dal Santo di Assisi prese avvio a inizio 1400 il primo sistema creditizio d’Europa. Ma cosa c’entra il santo che fece una radicale scelta di povertà con chi di professione maneggia denaro? «Non dobbiamo mai dimenticare che Francesco era figlio di mercanti e che per il primo periodo della sua vita aveva seguito le orme del padre. Quindi era uno che il know how degli scambi commerciali, con nessi e connessi, l’aveva acquisito», spiega Luigino Bruni, economista, docente alla Lumsa, tra i promotori delle esperienze di economia di comunione in Italia. Come aveva detto uno dei più importanti storci del santo, Jacques Le Goff, «Francesco è l’esempio sorprendente di un uomo aperto verso la nuova società, con tutti i suoi mali e le sue contraddizioni. È un uomo che osserva con simpatia, con amore, senza livore gli uomini del suo tempo, pieni allo stesso tempo di peccati e di bellezza creaturale.

Poveri “estremi”: ai margini della società e delle statistiche

di Eleonora Romano 
Secondo le stime diffuse dall’Istat lo scorso luglio, nel 2014 le persone residenti in Italia che si possono definire poveri “assoluti” erano 4 milioni e 102 mila (il 6,8%). Tali stime, però, sono incomplete perché, come si è già segnalato in una precedente scheda del Menabò , tra i poveri “assoluti” non rientrano “i più poveri tra i poveri”, quelli che potremmo chiamare poveri “estremi”. Più precisamente, esse non tengono conto degli homeless.
Infatti, le statistiche dell’Istat sulla povertà assoluta, ricavate dall’indagine sulle spese delle famiglie, si riferiscono ad una soglia di povertà basata sulla valutazione monetaria di un paniere di beni e servizi (di natura alimentare, abitativa e residuale) considerati essenziali affinché un individuo possa ritenersi al riparo da gravi forme di esclusione sociale. Il problema sorge perché la base di campionamento è data dalle abitazioni e, dunque, gli homeless sono sistematicamente esclusi.
Peraltro, la difficoltà nel raccogliere dati censuari o campionari in misura sufficiente su una popolazione che è fortemente mobile (“hard to reach population”) è la causa principale della scarsa attenzione della letteratura economica per il tema degli homeless.

Omosessualità e Sinodo 2015: psicoanalisi e teologia in dialogo verso nuovi paradigmi

di Beatrice Brogliato e Damiano Migliorini 
1. Una stagione culturale nuova 
La stagione culturale aperta dal Sinodo Straordinario dell’ottobre 2014 non può che condurci a esplorare nuovamente la realtà dell’omosessualità, sulla quale pesano ancora fraintendimenti e posizioni contrapposte. La Relatio post disceptationem ha dato slancio a questo momento di ascolto e di parresia, laddove si spinge a considerare che «il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partner [omosessuali]» (n. 52). Aperture che, come sappiamo, sono state poi ridimensionate nella Relatio Synodi. Tuttavia, ciò che è emerso nel dibattito sinodale – i numeri nelle votazioni finali lasciano a intendere la pluralità delle posizioni emerse nella discussione tra i vescovi – ha continuato a dare i suoi frutti. In questa fase inter-sinodale, infatti, teologi, vescovi, sacerdoti[2] e Conferenze Episcopali[3] si sono espressi con più libertà, mostrando come le posizioni interne alla Chiesa siano molto variegate. Con prese di posizione anche piuttosto dure, da parte di esponenti di rilievo della cultura cattolica: posizioni che – inutile nasconderlo – lasciano un po’ di amaro in bocca per il loro stile. 

Il protocollo d’intesa tra Fiom e Ig Metall

Intervista a Volker Telljohann di Tommaso Cerusici 
Il 24 e 25 settembre si è tenuto a Bologna il convegno “L’impatto dell’offensiva neoliberale sulle relazioni industriali in Italia e Germania”. L’iniziativa si è svolta all’interno delle attività previste dal protocollo d’intesa fa tra Ig Metall di Wolfsburg e Fiom di Bologna e dell’Emilia Romagna. In merito a questo importante momento di confronto fra i due sindacati e sugli sviluppi del protocollo in questione, Tommaso Cerusici (della redazione di Inchiesta) ha intervistato Volker Telljohann dell’Ires Emilia Romagna, responsabile del protocollo d’intesa tra Fiom e Ig Metall.
Quali sono le tue valutazioni in merito allo stato di avanzamento dell’accordo di cooperazione?
"Sono valutazioni più che positive. Rispetto al programma che avevamo definito nel giugno del 2014 abbiamo addirittura realizzato più iniziative di quelle previste. Ovviamente non si tratta solo di un dato quantitativo ma anche qualitativo, perché siamo andati in profondità sulla cooperazione.

Parole d'ordine

di Paolo Andreozzi
Oggi è il 3 ottobre. Oggi, due anni fa, trecentosessantotto migranti eritrei annegarono a pochi metri da Lampedusa.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) stima che nel 2015, e solo finora, quasi tremila tra donne, uomini e bambini sono morti in mare cercando di raggiungere l’Italia.
Il ‘3 Ottobre’ è un Comitato di recente costituzione; ne fanno parte, tra gli altri, Save The Children, Emergency, LIBERA!, Medici Senza Frontiere, Amnesty International e l’UNHCR. Chiede a livello simbolico l’istituzione, con legge della Repubblica, della Giornata della Memoria e dell’Accoglienza – appunto il 3 ottobre – per ricordare tutti i migranti morti nel tentativo di fuggire da persecuzioni, dittature, guerre e miseria, nonché tutti gli uomini che per salvarli mettono a rischio la propria vita.

Sviluppo Sostenibile: il disarmo deve essere l’obiettivo numero uno

di Javier Tolcachier
Dal 25 al 27 settembre si è tenuto a New York il vertice delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile 2015. L’organismo ha stabilito lì la nuova agenda che rimpiazzerà gli 8 Obiettivi dello Sviluppo del Millennio – progettati per essere raggiunti nel 2015. Il documento, che deve essere ancora approvato, ha come titolo “Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile” e consiste in 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile con 169 mete connesse.
L’immagine del futuro che si disegna nel preambolo dà spazio alla speranza: “Contempliamo un mondo senza povertà, né fame, malattie, né privazioni, dove tutte le forme di vita possano prosperare; un mondo senza timore né violenza; un mondo in cui l’alfabetizzazione sia universale, con accesso equo e universale ad una educazione di qualità a tutti i livelli, all’attenzione sanitaria e alla protezione sociale, in cui sia garantito il benessere fisico, mentale e sociale“.

Migliorare la vita delle assistenti familiari straniere

di Giselda Rusmini
Sono circa 830 mila le assistenti familiari che si prendono cura di anziani non autosufficienti in Italia, di cui il 90% straniere[1]. Donne che svolgono un intenso lavoro di relazione, dove sono in gioco non solo la competenza professionale, ma anche il capitale sociale e umano. La loro professione richiede una dedizione quasi esclusiva, comporta spesso la co-residenzialità con la persona assistita e viene sovente svolta in condizioni di impiego informali. Fattori che rendono estremamente difficile conciliare le esigenze lavorative con la vita personale e familiare. 
Nell’ambito del progetto Lavoro domestico e di cura: buone pratiche e benchmarking per l’integrazione e la conciliazione della vita familiare e lavorativa, realizzato da Soleterre e dall’Istituto per la Ricerca Sociale (Irs), è stato condotto un percorso sperimentale per favorire la conciliazione lavoro-famiglia-vita personale delle assistenti familiari straniere[2]. 

I nuovi senatori eletti due volte

di Alessandro Pace
A fronte della giusta richiesta della minoranza Pd di mantenere l’elettività diretta del Senato, prevista nella vigente Costituzione, il duo Renzi-Boschi ha eccepito che sul comma 1 della nuova versione dell’articolo 57 — secondo la quale i senatori sono eletti dai consigli regionali e provinciali di Trento e Bolzano «tra i propri componenti» — si era già verificata la “doppia conforme” a seguito del voto sull’identico testo del Senato e della Camera. Di qui, per il Governo, l’inammissibilità di eventuali ulteriori modifiche a tale comma.
Il Governo ha però concesso che avrebbe proposto la modifica non già del citato comma 1, ma del comma 5, là dove il “nuovo” articolo 57 disciplina la durata del mandato dei senatori. Di qui la nuova versione del comma 5 — accettata (non unanimamente) dalla minoranza Pd e recepita dall’emendamento Finocchiaro — secondo la quale i senatori vengono eletti «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma».

Smettiamo di parlare di genere o di gender

di Lea Melandri
Smettiamo di parlare di “genere” o “gender”. Diciamo: uomini e donne, maschi e femmine, mariti e mogli, fidanzati e fidanzate. Perché è di questo che si tratta: di rapporti di potere che sono andati confusi perversamente con l’amore, di una violenza che abita le case, le famiglie, la sessualità, così come la vita sociale in tutti i suoi aspetti.
Diciamolo ai bambini e alle bambine che hanno visto all’uscita da scuola un uomo armato uccidere la moglie – la loro maestra – e poi se stesso. Interroghiamoci, insieme a loro, sul perché gli uomini, nonostante le posizioni di privilegio che ancora hanno rispetto all’altro sesso, si rivelano così fragili e violenti, quando una donna decide di lasciarli.
Mostriamo loro il nostro smarrimento quando scopriamo che un sedicenne non sopporta la fine della relazione con una quattordicenne e viene accoltellato per questo dal fratello di lei.

“I gufi non sono quello che sembrano” L’editto bulgaro in salsa PD

di Nicola Lagioia
Devo confessare di non essere rimasto sorpreso quando Michele Anzaldi ha incluso anche me nello sgraziato editto bulgaro in salsa Pd con cui si torna a minacciare l’indipendenza (o ciò che ne resta) della televisione pubblica. Ogni potere ha bisogno della sua narrazione, e ogni storytelling di potere esaspera fino alla comicità perversa I vestiti nuovi dell’imperatore di Andersen: non solo vuole che il re non sia nudo, ma pretende che persino chi veste di stracci per necessità sia immaginato in smoking a conversare dolcemente di meteorologia in una realtà parallela. Nel nostro caso, un Chiantishire dell’anima.
Anzaldi è dispiaciuto per il mio intervento a Ballarò del 15 settembre. Mi si chiedeva di commentare l’estate appena trascorsa, e mi è sembrato normale parlare della mattanza dei migranti e del fatto che al sud (in Puglia in particolare) si sia tornato a morire nei campi come ai tempi di Giuseppe Di Vittorio.

Università, serve un miliardo per ripartire

Intervista a Gaetano Manfredi di Donatella Coccoli
«Serve almeno un miliardo di euro per garantire il diritto allo studio e per assumere giovani ricercatori. Altrimenti l’università italiana muore». È il professor Gaetano Manfredi, rettore dell’Università Federico II da poco eletto alla presidenza della Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane) a lanciare l’ennesimo appello per salvare la formazione universitaria in crisi. Ingegnere, 51 anni, Manfredi propone anche soluzioni per la formazione tecnica superiore, un modo per agganciare gli studenti degli istituti tecnici e professionali.
Professor Manfredi quali sono le maggiori storture nel sistema universitario italiano?
"Il primo punto è il numero molto basso dei giovani che si iscrivono all’università. Purtroppo è un dato molto sconfortante se confrontiamo l’Italia con altri Paesi industriali."

Il feticcio Marchionne travolto dagli operai americani

di Giordano Sivini
Gli operai delle fabbriche FCA degli Stati Uniti hanno bocciato la proposta di rinnovo del contratto quadtriennale di lavoro presentata dall’UAW e da Marchionne. Una dopo l’altra dalle grandi fabbriche è arrivata la conferma, nonostante l’insistenza dell’UAW di non ammettere la sconfitta. I margini sono rilevanti, dal 72 per cento di no degli operai di linea e al 65 per cento degli specializzati a Sterling Heights (3 mila dipendenti), all’87 e rispettivamente l’80 per cento di Toledo (5 mila dipendenti), al 77 e 65 per cento di Kokomo/Tipton con livelli che acquistano il significato di un’ondata di protesta liberatoria.
Il contratto avrebbe dovuto introdurre elementi che Marchionne ha definito trasformativi. In realtà la portata trasformativa è nascosta nelle pieghe della proposta, e riguarda i punti sui quali gli operai, nelle assemblee, hanno più insistito: ‘equal work, equal pay’, e ‘alternative work schedules’.

Immigrazione, arriva il dossier Watchdog

98 proposte di legge presentate dall’inizio della legislatura e 286 atti parlamentari non legislativi (tra interrogazioni, interpellanze, ordini del giorno, mozioni). Di immigrazione si parla sempre in termini di “emergenza” ma cosa fa chi potrebbe adottare i provvedimenti necessari per consentire il passaggio da interventi emergenziali e straordinari a misure più ordinarie e sistemiche? È a partire da questa domanda che ha preso le mosse il rapporto Watchdog. Un accurato monitoraggio svolto da Lunaria tra il 1 febbraio e il 5 agosto scorso, e corredato dai link a tutti gli atti legislativi, dell’attività politica parlamentare in materia di immigrazione, asilo, cittadinanza, discriminazioni e razzismo.
Emerge dal rapporto una intensa attività legislativa che però nella stragrande maggioranza dei casi non riesce a vedere la luce. Un gran numero di proposte di legge e atti di indirizzo che si perde nelle pieghe della burocrazia.

Quale futuro dopo Expo

di Esmeralda Rizzi
Quale futuro dopo Expo. Se lo chiedono i circa 15 mila lavoratori tra diretti e somministrati – cifra approssimativa perché Expo non ha mai diffuso dati ufficiali e forse nemmeno li ha – che in questi frenetici mesi dell’Esposizione di Milano ne hanno garantito servizi, aperture e funzionamento. Alcuni di loro fin da subito, hanno chiesto alla Cgil assistenza e supporto nelle difficoltà che incontravano, un gruppo che si è via via allargato e che è fatto di giovanissimi e meno giovani, italiani e non, alcuni alla prima esperienza lavorativa altri in cerca di un’occasione.
Come ha spiegato Juri Sbrana, Rsa Nidil Expo 2015, nel corso del direttivo della Cgil Lombardia del 24 settembre, che si è tenuto alla Cascina Triulza, dove era presente anche la leader della Cgil Susanna Camusso: “Noi siamo quel popolo di migliaia di ragazze e ragazzi che ogni giorno dalle 7 del mattino fino a tarda notte rendono possibile questa grande festa, definita da molti un successo e una straordinaria vetrina per il nostro paese.

Gender, pregiudizio e rifiuto della diversità

Intervista a Gustavo Pietropolli Charmet di Maria Novella De Luca
Una mistificazione di temi e concetti, eppure la presunta teoria del Gender spaventa genitori e insegnanti. E nonostante le dichiarazioni del ministro dell'Istruzione Giannini, sul fatto che il "Gender a scuola non esiste", il sospetto dilaga. "Perché colpisce tabù e paure profonde degli adulti, il cuore tradizionalista dell'Italia", spiega Gustavo Pietropolli Charmet, psicoanalista e attento osservatore dei fenomeni familiari.
Quali paure, professore?
"Prima di tutto la paura dell'omosessualità. Le cose stanno cambiando, ma per un genitore scoprire di avere un figlio o una figlia gay è ancora oggi un trauma".
E come potrebbe l'educazione al rispetto dei generi favorire l'omosessualità?
"È una concezione arcaica ma presente ancora in molti adulti. Si pensa cioè che spiegare ad un giovane che può scegliere l'identità di genere che preferisce potrebbe spingerlo ad attuare quelle scelte diverse, che altrimenti sarebbero rimaste sopite".

Come cambiano gli appalti

di Luca Martinelli
La Commissione ambiente della Camera dei deputati ha votato ieri notte la riforma del Codice degli appalti. Dopo il voto dell’Aula, darà mandato al governo di modificare la cornice entro la quale si svolgono le gare relative a concessioni, servizi e lavori pubblici. Sono le regole in base alle quali gli enti pubblici e i soggetti che gestiscono una infrastruttura pubblica scelgono come spendere le risorse che hanno a disposizione. Il testo prenderà forma di una legge delega, cioè demanderà all’esecutivo l’attuazione -entro il 31 luglio del prossimo anno- degli indirizzi espressi dai parlamentari, che sono chiamati a dare attuazione a tre direttive comunitarie. 
Il Codice degli appalti “tocca” anche il settore delle infrastrutture: in questo ambito le scelte della Commissione ambiente delineano un possibile cambio di direzione da parte di una maggioranza che ha convertito in legge, nel novembre del 2014, lo “Sblocca-Italia”, quello che noi di Altreconomia abbiamo definito “Rottama Italia”

Il più grande dipendente da gioco d’azzardo è lo Stato

di Francesco Cancellato
Se se ne occupa pure l'Economist, vuol dire che la situazione è seria. Secondo il Global Betting and Gaming Consultancy, gli italiani nel 2014 hanno perso al gioco d'azzardo qualcosa come 17,2 miliardi di euro. È una cifra mostruosa, ancor di più se si pensa che è triplicata dal 2001, in poco meno di quindici anni.
Nel frattempo siamo diventati più poveri, e questo dovrebbe indurci a una riflessione: che la dipendenza da macchinette e gratta e vinci (si calcola che in Italia se ne stampi il 20% di tutti quelli stampati al mondo) cresce al decrescere della ricchezza e della fiducia nel futuro. E che l'azzardo è una sorta di succedaneo della speranza che lo studio, il lavoro, la fatica possano davvero essere il viatico del benessere.
Quando questa speranza svanisce ci si affida alla sorte. E pazienza se si sa benissimo che non si vincerà mai.

Quando l'accoglienza è un affare, ai danni dello Stato e dei diritti

di Raffaella Cosentino
C'è una foto emblematica sul mondo dell’accoglienza per i migranti. Al centro dell’inquadratura sorridono il ministro dell’Interno Angelino Alfano e, accanto, il governatore delle Misericordie di Isola Capo Rizzuto,Leonardo Sacco. Ai due lati ci sono i cugini Antonio e Fernando Poerio, imprenditori del catering, cui pochi anni fa è stato sospeso il certificato antimafia. In seguito, la società dei Poerio e delle loro mogli, "La Vecchia Locanda", è stata liquidata e la fornitura dei pasti del centro di accoglienza per migranti “Sant’Anna”, uno dei più grandi d’Italia, gestito appunto dalle Misericordie, è passata al "Quadrifoglio", con un trasferimento di azienda da Antonio a Pasquale Poerio. Il titolare è consigliere comunale di Forza Italia al comune di Isola Capo Rizzuto, primo eletto della lista dell’attuale sindaco Gianluca Bruno.
Le foto delle frequentazioni di Leonardo Sacco, pubblicate da lui stesso su Facebook, comprendono anche una cena a Roma con Domenico Giani, “guardia del corpo del Santo Padre e confratello delle Misericordie”, una stretta di mano a Silvio Berlusconi nel 2012, fino all’incontro con Papa Francesco.

Per non dimenticare: quando erano gli italiani ad emigrare

di Fernando D’Aliesio
Gli immigrati si prendono il lavoro e le case, mentre gli italiani non hanno nulla! Il governo dovrebbe pensare prima agli italiani.
Quante volte sentiamo queste frasi, sbandierate da televisione e stampa, soprattutto da quella più bieca, e dai demagoghi di destra?
Quelli che diffondono queste idee però non spiegano che, immigrati o no, il governo non aiuterà gli italiani, e che l’innalzamento dell’età pensionabile e i tagli al welfare non avvengono per colpa degli immigrati. La disoccupazione e la povertà non sono un prodotto dell’immigrazione; la verità è che la borghesia italiana ha per anni “importato” nel paese la forza lavoro a buon mercato per trarne vantaggio, allo stesso modo in cui, in passato, la esportava, creando grande fonte di reddito per lo Stato italiano.
Nel 1952 mio padre emigrò in Inghilterra. Conservo ancora il libricino che il “suo” governo gli diede: era firmato dal Ministro degli Affari Esteri, e ricordava agli emigranti che erano “ambasciatori che andavano a rappresentare l’Italia all’estero”.

Le migrazioni future, le multinazionali e l'Ocse

di Claudio Conti
Nulla come una migrazione sconvolge il senso comune. Un ormai vecchio profugo haitiano, fuggito alla fine degli anni '60 dalla dittatura di “Papà Doc” Duvalier, ricorda che allora tutti gli italiani gli volevano bene, incuriositi da quel giovane “negro” istruito, poliglotta, affabile. Oggi, con la testa e la barba imbiancate, deve camminare lungo i muri della stessa città, sempre in giacca e cravatta per far capire a tutti che non è arrivato ieri con un barcone, ma è un esponente di lunga data dellamiddle class locale.
In mezzo c'è la trasformazione sociale e culturale, la reazione a un mutamento della composizione sociale (etnica, religiosa, culturale, “cromatica”) che ai livelli più infimi prende le forme del razzismo fascioleghista. Ma guai a fare i deficienti di complemento, e dunque a non capire che ogni trasformazione è sì un arricchimento, ma al tempo stesso un problema. E i problemi della fusione inteculturale hanno bisogno di soluzioni efficaci, non di predicozzi ideologici, nemmeno di quelli benintenzionati.

Messico, come si uccide la democrazia. La petizione #MéxicoNosUrge

In Messico, Paese del G20, organizzatore di summit ambientali dell’Onu, alleato privilegiato degli Usa e dell’Ue, la democrazia è ormai un fantoccio e in molti cominciano a chiedersi perché in Europa non si parla della chiara violazione dei diritti umani verso la popolazione civile, gli attivisti e giornalisti, che mette il Messico in una posizione indifendibile dal punto di vista del Diritto Internazionale. L’Italia e l’Europa continuano a fare affari con il governo di un Paese che ha le mani macchiate di sangue e che i vede aumentare la corte di “amici” dopo la privatizzazione della Pemex, l’a compagni petrolifera messicana, e la scoperta di grandi giacimenti dio shale gas in alcune aree del Paese che hanno il “difetto” di essere abitate da popolazioni indigene o un po’ troppo consapevoli dei loro diritti. Ma fortunatamente anche in Italia c’è qualcuno che vuole dar voce a tutti coloro che hanno perso la vita nella ricerca di giustizia in Messico: in occasione del primo anniversario dalla scomparsa dei 43 studenti della Escuela Normal Rural di Ayotzinapa, è stato lanciato l’appello #MexicoNosUrge, rivolto alle istituzioni italiane, al Parlamento europeo e agli altri Paesi dell’Ue Membri, per chiedere il rispetto dell’articolo 1 del Trattato di libero commercio tra Messico e Unione Europea che recita trestualmente: «Fondamento dell’accordo.

Spazi di reinvenzione urbana crescono

di Adolfo Estalella
Negli ultimi anni cittadini e abitanti dei quartieri hanno occupato lo spazio pubblico urbano, riformulando in questo processo la nostra maniera di prendere parte alla città. Da una parte all’altra proliferano orti che rinverdiscono terreni sterili, progetti di vicinato che liberano edifici abbandonati e iniziative che arredano vuoti urbani. Di fronte alla città ufficiale e statica, l’iniziativa del vicinato reinventa la nostra relazione con l’urbe, e allo stesso tempo mette in pratica una politica diversa.
Ciò accade in modi diversi in città come Malaga, Barcellona, Bilbao e Madrid, tra le altre. Qui faccio riferimento solo a quest’ultima, poiché conosco le sue esperienze in maniera diretta. Le iniziative che si sono sforzate per condizionare materialmente i nuovi edifici della città si stanno ora concentrando sugli aspetti legali. Una rete emergente di spazi madrileni si sta affannando da mesi per disegnare un quadro comune che dia sostegno alla cessione di spazi e che offra sicurezza legale ai progetti di vicinato che in essi si sviluppano.
Ridisegnare la città intervenendo nel suo spazio legale ha un precedente eccezionale nella “okupación”, dove la trasgressione della legge ha permesso di evidenziare gli abusi della speculazione immobiliare.

Il Pd con la destra fascista in Venezuela


Apprendiamo dal Corriere della Sera di una mozione presentata dai deputati socialisti Marco Di bello, Leilo Di Gioia, con i deputati del Pd Roberto Rampi, Gea Schirò, Walter Verini, Salvatore Piccolo, Luigi Lacquaniti, Massimiliano Manfredi, Emiliano Minnucci. Si chiede testuale al governo italiano di impegnarsi «ad adottare con urgenza ogni iniziativa utile» perché vi sia una «soluzione positiva» per Leopoldo Lopez e gli altri “prigionieri politici” in Venezuela. Lopez condannato a quasi 14 anni in un processo «additato da gran parte del mondo come un atto di persecuzione politica da parte del governo di Nicolas Maduro».
«Additato da gran parte del mondo come un atto di persecuzione politica da parte del governo di Nicolas Maduro». Per "gran parte del mondo", in mancanza di una risoluzione Onu in materia, il Pd, e la stampa di regime che ha montato la questione, considera più o meno questi paesi da prendere sicuramente a modello.

Soft power? L’ha inventato Confucio

Intervista a Maurizio Scarpari di Alessandra Cappelletti 
Riuscire a interpretare aspetti apparentemente complessi o incomprensibili della cultura e dell’attualità cinesi spesso significa possedere le “chiavi” giuste, quelle “chiavi” che aiutano ad aprire le tante porte che ci si trova davanti quando si studia quella parte di mondo. Una di queste è sicuramente la lingua cinese classica, i messaggi culturali della quale rappresentano per chi la studia tracce da seguire per trovare il senso di tanti eventi della Cina contemporanea. Maurizio Scarpari, autore del libro “Ritorno a Confucio. La Cina di oggi fra tradizione e mercato”, appena pubblicato nella collana “Saggi” de “Il Mulino” , ha dedicato gran parte della sua carriera allo studio della lingua cinese classica e della cultura cinese tradizionale, e possiede quella interessante prospettiva analitica che appartiene a coloro che studiano il presente consapevoli del “peso” del passato.

Un'altra lettura della posizione di Obama sulla Siria

di Dario Fabbri
Spesso le dichiarazioni di anonimi membri dell’amministrazione statunitense, rilasciate con scientifico tempismo ai media, valgono più dei proclami ufficiali del presidente.
Interrogato dal New York Times sull’intervento russo in Siria, pochi giorni fa un funzionario della Casa Bianca è ricorso al gergo pugilistico per comunicare il proprio sentimento. «Knock yourselves out», ha esclamato. Traslato in italiano: «Impiccatevi».
Al di là della propaganda, Washington ritiene funzionale ai propri interessi il coinvolgimento di Mosca, che nel migliore dei casi immagina risucchiata dalle sabbie mobili, oppure a lungo impegnata a puntellare il fronte alauita. Per Obama i danni collaterali riguarderanno unicamente le nazioni indigene. Mentre la superpotenza, che in Medio Oriente persegue il disimpegno, deve preoccuparsi solo di evitare incidenti con l’aviazione russa e presentare come oltraggiosa la manovra di Putin.

Immaginare il cambiamento

di Gaetano Azzariti
Ciò di cui più abbiamo biso­gno è pro­durre nuovi punti di vista, non arren­derci al pre­sente, riu­scire ad incri­nare l’unica nar­ra­zione rimasta.
La sini­stra è morta se non rie­sce ad imma­gi­nare il cam­bia­mento, ad inter­pre­tare non solo un gene­rico e dif­fuso males­sere, ma a pro­spet­tare un futuro diverso. Da troppo tempo, invece, il pen­siero cri­tico ha per­duto la sua radi­ca­lità, schiac­ciata dal peso del pre­sente. I diritti arre­trano, le nostre forze sce­mano. Se siamo giunti sin qui è inu­tile negare che sia anche per colpa nostra: non abbiamo saputo inter­pre­tare il reale, ci siamo chiusi in difesa. Ma non è ser­vito a nulla, nulla abbiamo difeso.
Ora, che poco abbiamo da per­dere, dovremmo cer­care di uscire dalla palude, per misu­rarci con le nostre idee e non più solo con la razio­na­lità del reale. Dovremmo ripren­dere seria­mente in con­si­de­ra­zione la distin­zione tra stra­te­gia e tat­tica (la dop­piezza togliat­tiana?). La prima per la rico­stru­zione di una pro­spet­tiva di sini­stra che sap­pia aggre­gare le forze poli­ti­che e i sog­getti sociali neces­sari per il cam­bia­mento futuro; la seconda per resi­stere e per con­tra­stare la poli­tica dominante.

Il precedente pericoloso

di Massimo Villone
Ave­vamo la Costi­tu­zione di De Gasperi, Togliatti, Nenni, Mor­tati, Cala­man­drei, Perassi e altri, a molti di noi cari. Una Costi­tu­zione che ha retto bene il paese per decenni, anche in momenti bui. Abbiamo da oggi la Costi­tu­zione di Renzi, Boschi e Cocian­cich. Ogni tempo ha gli eroi che si merita.
Quando fu pre­sen­tato per l’Italicum il noto emen­da­mento Espo­sito, fu chiaro che si poneva un pre­ce­dente peri­co­loso, tale da poter stron­care non solo l’ostruzionismo, ma qual­siasi dibat­tito o con­fronto par­la­men­tare. Rias­su­mere un det­tato nor­ma­tivo in un emen­da­mento da ante­porre e da votare prima degli altri ha infatti la con­se­guenza, secondo una let­tura nota­rile dei rego­la­menti, di far cadere ogni altro emen­da­mento per­ché l’Aula ha ormai deciso. Scrissi allora su que­ste pagine che il pre­si­dente avrebbe dovuto dichia­rare l’emendamento Espo­sito inam­mis­si­bile, per carenza di con­te­nuto nor­ma­tivo. Fece diversamente.
Vicenda simile abbiamo ora con l’emendamento Cocian­chic (1.203). Non importa chi l’abbia scritto. Cal­de­roli ha rife­rito in Aula voci per cui Cocian­cich «avrebbe detto a più per­sone che igno­rava il con­te­nuto ovvero la por­tata del suo emendamento».

Per una nuova epistemologia politica

di Raffaele K. Salinari
«C’è vita a sini­stra», dice Mr. Spock nell’azzeccatissima vignetta di Biani, ma di che «vita» parla il vul­ca­niano? La «vita», anche quella delle for­ma­zioni più o meno poli­ti­che, è un insieme com­plesso di fat­tori inter­con­nessi ed in equi­li­brio dina­mico tra loro, che non sem­pre danno come risul­tante la posi­ti­vità e l’efficienza di un orga­ni­smo in rap­porto alla sua sup­po­sta funzione.
E, in effetti, c’è vita a sini­stra, ma non si può certo dare per acqui­sito, anzi, che le forme di essa ser­vano tutte la causa che, secondo la clas­sica defi­ni­zione di Bob­bio è «sini­stra», cioè l’inclusione. Anche le forme neo­pla­sti­che, per restare nell’analogia bio­lo­gica, sono forme di vita ma, com’è noto, fini­scono per distrug­gere il corpo che le ha gene­rate, e dal quale le divide l’assenza di un fat­tore che, anche fuori di meta­fora, dovrebbe susci­tare un certo grado di rifles­sione. Que­sto feno­meno assente nelle neo­pla­sie si chiama «ini­bi­zione da contatto».
Il nostro corpo, fatto di miliardi di cel­lule, può rima­nere una entità orga­ni­ca­mente fun­zio­nante e fun­zio­nale poi­ché, ad un certo punto della loro evo­lu­zione, tutte le cel­lule dell’insieme fer­mano la loro cre­scita al con­tatto di altre cel­lule.

Referendum e opposizione a Renzi. Un percorso possibile

di Giuseppe D'Elia
Il mancato raggiungimento delle firme necessarie per la presentazione dei quesiti referendari, lanciati frettolosamente quest’estate, per abrogare alcune norme delle cosiddette riforme renziane, offre l’occasione per ragionare bene su come coordinare al meglio l’opposizione all’iniziativa governativa.
Pippo Civati, giustamente, ha sempre sostenuto che sui contenuti c’è un vasto accordo tra tutti quelli che non appoggiano il governo Renzi. Ma non basta essere critici del Jobs Act, dello Sblocca Italia, della Buona Scuola e dell’Italicum. Non solo perché, chiaramente, non tutte le critiche a queste leggi hanno lo stesso segno (la prospettiva critica di Lega e Forza Italia è verosimilmente diversa da quella di Sel e M5S). Ma perché se si vuole intervenire su queste leggi, con lo strumento del referendum abrogativo, bisogna fare molta attenzione alla scrittura dei vari quesiti: la forma in questo caso conta quanto la sostanza, se non si vuole rischiare che la Corte costituzionale li dichiari inammissibili.
Tuttavia, l’errore più grande che c’è stato in questa improvvisata campagna referendaria estiva è stato quello di sopravvalutare il peso effettivo del malcontento che c’è oggi nel Paese, verso l’azione governativa.
Questo è un punto fondamentale: oggi è vero che c’è una fetta consistente dell’elettorato attivo (intorno al 40%, stando ai sondaggi) che non sa chi votare o non vota, ma questo non significa solo ed esclusivamente sfiducia nel governo Renzi e nel PD.